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Autore: destiel87    03/07/2015    7 recensioni
Isabelle e il suo gatto Strange stanno tornando nella vecchia casa sulla scogliera dei suoi genitori, dopo che il ragazzo della sua vita l'ha lasciata perchè era troppo strana, e troppo immersa nel suo mondo di pittrice.
Un giorno mentre nuota ha un malore e rischia di affogare, verrà salvata da una misteriosa sirena, Astrea, con cui nascerà un rapporto strano e magico, che stravolgerà per sempre le loro vite.
"Strana, diversa, brutta, mostro, puttana, pazza, animale.
Le parole non fanno male, le parole non possono ferirti.
Continuo a ripetermelo da quando sono partita da casa, o dovrei dire dalla mia ex casa, la casa dove ho donato a Jonathan tre anni della mia vita, ma non riesco a convincermene."
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1: LA LUNGA STRADA VERSO CASA

 
Voglio vivere in un mondo dove normale è un insulto.
Misha Collins.


 

Strana, diversa, brutta, mostro, puttana, pazza, animale.
Le parole non fanno male, le parole non possono ferirti.
Continuo a ripetermelo da quando sono partita da casa, o dovrei dire dalla mia ex casa, la casa dove ho donato a Jonathan tre anni della mia vita, ma non riesco a convincermene.
In quella casa, a sud di Seattle, abbiamo guardato film fino a fare mattino, l'uno tra le braccia dell'altra con una pizza davanti. Abbiamo riso delle litigate dei vicini, pianto quando lui ha perso il lavoro, abbiamo fatto l'amore, ci siamo fatti del male, abbiamo lanciato piatti e slacciato vestiti. Ho dipinto il sole che si specchiava sui palazzi, ho accarezzato il suo corpo che dormiva, ho divorato libri interi con Strange appisolato sulle mie gambe, in quel terrazzo che profumava di fiori.
Abbiamo condiviso un mondo, un mondo strano e imperfetto, disordinato e caotico, ma era il nostro mondo. Fino al giorno in cui trovai le valigie accanto alla porta.
"Non funziona - Mi disse lui a testa bassa, senza concedermi neanche un ultimo sguardo - Tu stai sempre nel tuo mondo, sei sempre a dipingere... Non mi lasci entrare Isabelle. E poi non lo so, sei strana. Troppo strana, i miei genitori dicono che non vai bene per farsi una famiglia, sai per crescere dei figli. Ti chiedo scusa, avrei dovuto capirlo prima, ma sai com'è l'amore, ti rende ceco. Ti auguro buona fortuna, sul serio."
Gli lanciai il libro che avevo in mano, centrandolo in testa.
Ripensandoci non avrei dovuto farlo, ci tenevo a quel libro, e ora ha la copertina rovinata.
Strange continua a miagolare, non ha praticamente smesso da quando siamo partiti.
Non che possa dargli torto, cinque ore di viaggio in una macchina calda e rumorosa, chiuso in una gabbietta gialla.
Dicono che gli animali abbiamo un sesto senso per i disastri, che sappiano quando arrivano le tempeste. Forse stà cercando di dirmi che dovrei tornare indietro, che questo posto non mi porterà altro che disgrazie.
D'altro canto, non mi ha portato altro che disgrazie e dispiaceri quando abitavo qui da bambina, perchè le cose dovrebbero essere diverse adesso che ho 25 anni?
Sospiro e alzo il volume dello stereo, ho fatto una compilation per il viaggio, per darmi la carica. Ora c'è Don't Stop Believing dei Journey. Dio, quanto amo questa canzone.
Mi metto a cantare con tutta la voce che ho, Strange dalla sua gabbietta emette vari miagolii di protesta, così gli dò qualche croccantino per calmarlo.
"Non ho una voce così terribile cattivone!" Gli dico accarezzandogli il muso.
Io adoro quel suo musetto, ma chiunque lo veda mi dice sempre la stessa cosa: Che strano!
Anche la prima volta che lo vidi, la prima parola che associarono a lui fu quella.
Strange arrivò nella mia vita in un giorno di pioggia in cui sembrava che il mondo dovesse crollare da un momento all'altro. Richard mi aveva appena lasciata per correre dietro alla sua segretaria dalle tette rifatte, e io mi sentivo veramente a pezzi.
Per qualche inspiegabile motivo mi ero illusa che fosse il ragazzo giusto per me: era divertente, intelligente, bello, carismatico. E stronzo.
Quando mi lasciò ero da sola, mi ero trasferita da poco a Seattle e non avevo ancora legato con nessuno in particolare, insomma avevo qualche amica, ma non di quelle che puoi chiamare alle 3 del mattino perchè il tuo ragazzo ti ha lasciato e tu stai mangiando tutto il contento del frigo singhiozzando.
Non sapevo cosa fare, vagavo nella gelida notte della città senza una meta precisa, avvolta nei miei pensieri e in tre pesanti cappotti di lana.
Ad un tratto in un vicoletto alla mia sinistra udì una coppia che parlava. Lui le stava dicendo di non toccare qualcosa, e lei rispose che non lo avrebbe mai fatto perchè "la cosa" era troppo strana.
Se ne andarono via inorriditi, con quell'espressione che hanno spesso le persone quando incontrano un vagabondo o un malato: di pena e di disgusto.
La mia solita curiosità mi spinse ad andare a vedere di cosa stessero parlando quei due, girai il vicolo con un po' di agitazione, non sapendo cosa mi sarei trovata davanti.
E poi lo vidi, una piccola palla di pelo nera raggomitolata su se stessa, bagnata e tremante.
Mi chinai per vedere meglio, e lui alzò la testa verso di me. Fu allora che notai la grossa cicatrice che aveva sul muso, partiva dall' orecchio sinistro, che era semi mozzato, ed arrivava fino al naso, l'occhio sinistro era completamente chiuso, probabilmente l'aveva perso in giorno in cui si era procurato quella cicatrice.
Il suo occhio destro invece, verde e curioso, mi guardava spaventato. Miagolava appena e si schiacciava contro il muro, quasi avesse paura che gli facessi del male.
Avvicinai lentamente la mano al suo musetto, facendogli sentire il mio odore.
Lui mi annusò timidamente, e poi mi lecco l'indice.
Mi fece ridere. Nonostante tutto il dolore che avevo provato in quella giornata, c'era ancora qualcosa in grado di farmi ridere.
"Ciao Strange!" Gli dissi dolcemente prendendolo in braccio.
Lui miagolò e mi leccò la mano, e da quel giorno niente ci ha più separati.
Ed ora eccoci qua, io e lui, l'unico essere che non mi ha mai abbandonato, nonostante tutte le mie stranezze e i miei casini. In fuga da una città che non ci vuole verso una che ci vuole ancora di meno.
Ma non abbiamo scelta, la casa dove vivevo è dei genitori di Jonathan, quindi non posso restarci, e sono completamente al verde.
Le tele e i colori che uso per dipingere hanno prosciugato quasi tutto quello che avevo messo da parte lavorando nei fast food, e devo ammettere che le mie action figures di Game of Thrones, i dvd dei miei film preferiti e i miei indispensabili libri non hanno certo aiutato il bilancio. 
Guardo con rassegnazione la mia macchina, è strano pensare come un intera vita possa essere racchiusa in uno spazio così piccolo. Dagli scatoloni vedo sbucare i miei pelushes, eterni compagni di vita, i vestiti che non ho mai usato e quelli che sono diventati una seconda pelle, le tele dei miei dipinti, i miei libri di Harry Potter, e i miei diari, ai quali ho raccontato tutta me stessa, giorno per giorno, da quando ho imparato a scrivere. Sotto i sedili c'è la mia collezione di dvd, tra cui quello del Signore Degli Anelli in edizione speciale con la miniatura della spada di Aragorn. 
Ho dovuto digiunare un giorno interno per riuscire a comprarmela, ma ne è valsa la pena.
Guardando i miei tesori mi sento un po' più tranquilla, dopotutto sono circondata dalle  cose che mi fanno felice e da una palla di pelo che riesce sempre a farmi sorridere, posso farcela. Posso superare tutto questo, si tratta solo di resistere un paio di mesi, il tempo necessario per sistemare la vecchia casa dei miei e rivenderla al miglior offerente.
Sarà triste vivere li, sopratutto tutto ora che mamma e papà non ci sono più, ma del resto, non ho altra scelta.
Frugo nella borsa alla ricerca di un po' di cioccolato, Dio solo sà quanto ne ho bisogno in questo momento.
Davanti a me i cartelli che indicano che Monterey è vicina mi fanno venire voglia di buttarli giù con la macchina.
L'unica cosa positiva di questo viaggio è il panorama, il Big Sur della California è uno spettacolo meraviglioso, che ti rapisce il cuore.
La strada che porta a Monterey passa attraverso le colline, sotto di noi il mare che si infrange sotto le scogliere, sopra di noi il cielo azzurro e limpido, tutto intorno il verde dell'erba.
Non vedo l'ora di dipingerlo, ho già individuato alcuni posti che sarebbero perfetti, vicino alle scogliere o più in alto sulle colline, in modo da avere una visione completa del paesaggio.
Il mio sesto senso da pittrice si stà già attivando, e sembra quasi che Strange riesca a fiutare la mia eccitazione, i suoi miagolii disperati si sono trasformati in piccoli gridolini di gioia. Almeno credo!
"Resisti piccoletto, siamo quasi arrivati!" Gli dico con voce incoraggiante, quasi potesse capirmi.

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