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Autore: Evans92    03/07/2015    2 recensioni
Alex è un musicista, vive a New York in un appartamento che divide con altri due ragazzi. Le sue giornate sono all'avventura e lui ama la sua vita così: senza regole, senza legami. Fino al giorno in cui conosce Dylan, collega e amico di suo padre.
Nonostante vengano da due mondi opposti e siano profondamente diversi tra loro si creerà un legame, che sconvolgerà tutto quello che credevano di sapere e che insegnerà ad entrambi cosa vuol dire vivere.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quarto capitolo
 
- Un'altra birra Doug- urlai per sovrastare il rumore della musica nella discoteca. 
- Non mi chiamo Doug Alex- 
Sorrisi mezzo brillo al barista, mentre venivo spintonato da un numero considerevole di ragazzi e ragazze che di sicuro non erano molto pazienti 
- Oh andiamo tutti i baristi si chiamano Doug!- 
- Sai come mi chiamo?-
Sorrisi sornione
- Bob?-
- Sei un coglione- 
- Be... È un modo alternativo per essere affascinanti-
- No, sei un coglione e basta- 
Mi diede la birra e io scoppiai a ridere lasciando il posto a qualcun altro
- Grazie Rob!-
Tornai al mio tavolo dove il bassista del gruppo mi aggredì non appena mi vide
- Sei un coglione!- 
Guardai Ko con gli occhi sbarrati
- Credo di aver già vissuto questo momento..- Mi sedetti e eccitato esclamai - Oddio posso viaggiare nel tempo!!-
Il bassista anche detto Chris guardò un ragazzo con i capelli lunghi castani e diversi piercing sul viso e esasperato disse 
- È fatto.- Poi si rivolse a Ko - È fatto vero?- 
Lo guardai offeso
- Non sono fatto. Sono magico- 
Chris si battè una mano sul viso e rantolò 
- Sono nelle mani di un coglione strafatto, non posso crederci- 
Il ragazzo con i piercing finì la sua vodka e con voce profonda intervenne
- Non è fatto, non esagerare Chris- poi però sottovoce chiese a Ko -Non lo è vero?- 
Ko alzò le spalle 
- Francamente non lo so- 
- Smettetela non sono fatto- 
Chris esclamò all'improvviso 
- E invece sarebbe meglio! Almeno si spiegherebbero tutte le cazzate che fai!- 
- Che permaloso..- 
Chris mi scoccò uno sguardo omicida poi si alzò e si allontanò veloce, io tranquillo bevvi un lungo sorso di birra e mi guardai intorno. 
Il motivo di tanto nervosismo erano i 30 giorni trascorsi dal mio piccolo incidente con il nostro unico ingaggio e il fatto che non eravamo più riusciti a trovare un posto dove esibirci. A parte qualche karaoke bar. Ma gli altri non sembravano aver apprezzato la mia proposta. 
Chris era quello più polemico, di solito l'erba rendeva Alan (il ragazzo piercing) più mansueto, infatti non aveva fatto particolari storie, e Ko era Ko. Mi voleva bene, quindi anche se avrebbe voluto il mio cadavere come trofeo non me lo avrebbe mai detto. Eravamo un gruppo strano, i No name, perché non eravamo riusciti a metterci d'accordo nemmeno sul nome. Ci eravamo formati per caso dopo il mio arrivo a New York. Io e Ko, dividendo l'appartamento, avevamo scoperto di avere la musica in comune, e poi lui aveva contattato Chris e Alan, suoi grandi amici dai tempi del liceo, per il basso e la tastiera. Eravamo uniti... Finché io non facevo qualcosa che faceva infuriare Chris come quella volta.
- Dovresti andare a parlarci- 
Sorrisi a Ko 
- No-
- Andiamo Alex..- 
- Se vado da lui ora, ricomincerà solo a urlarmi contro.. E non sarebbe... Com'è che dici sempre tu Al?- 
Lui mi guardò paziente 
- Costruttivo- 
- Esatto, non sarebbe costruttivo- 
Ko mi guardò e sospirò voltandosi verso Alan 
- Hanno ragione tutti sei un coglione.- 
Alan scoppiò a ridere e io gli diedi un sonoro bacio a schiocco sulla tempia 
- Lo sai cosa sarebbe costruttivo Ko?-
- Cosa Alex?- mi chiese stanco come se sapesse già la risposta 
- Un pompino. Da quel bel ragazzone laggiù- 
Mi guardò paziente mentre io ridendo e barcollando cercavo solo un modo per non pensare. 
 
Normalmente ero un tipo piuttosto logorroico ma mentre ero chiuso in un cesso con uno sconosciuto inginocchiato proprio davanti a me non avevo più una gran voglia di parlare, a meno che il tizio non facesse proprio pena, e quello era bravino. Doveva essere un abitudinario della situazione. 
Alla fine mi stancai e lo sollevai sbattendolo con la schiena al muro, lo baciai mettendoci più lingua del necessario e stavo per andare oltre quando qualcuno bussò alla porta. Sbuffai e tornai al mio piacevole diversivo ma i colpi si fecero più insistenti. 
- Mi serve il bagno! Sto male!- 
- Prendine un altro!- urlai mentre quel tipo se la rideva. La ragazza però non andò via come avevo sperato 
- Per favore! Sto malissimo!- 
Alzai gli occhi al cielo 
- Vomita vicino ai lavandini come tutti-
- Oddio no! Per favore!- 
Chiusi per un secondo gli occhi e poi guardai il ragazzo 
- Tu vieni con me- 
Aprii la porta con un calcio e lo trascinai fuori. Mi trovai davanti una ragazzina al massimo di 16 anni che arrossì non appena vide di aver interrotto due uomini. Scossi la testa, vogliono fare i grandi e poi non reggono una birra. 
- E comunque questo è il bagno degli uomini-
Sbottai e portai lo sconosciuto fuori dalla discoteca in un vicolo piuttosto appartato. Forse non proprio isolato ma sufficientemente al buio per finire. Lo spinsi contro una parete sudicia e lui gemette mentre iniziavo a frizionare il mio bacino contro il suo e a sbottonargli i pantaloni. 
Liberai i corpi di entrambi e lo baciai, poi decisi di ricambiare il favore di prima e mi inginocchiai, quando una luce mi accecò gli occhi. 
Mi voltai infastidito credendo fossero i fari di un auto e invece era la torcia di un uomo. Un uomo che aveva dei vestiti spaventosamente simili a una divisa. 
- Fermo li giovanotto, credo che tu sia appena finito nei guai- 
Guardai incredulo il poliziotto, che avanzando verso di me disse 
- Vi conviene rivestirvi andiamo in centrale- 
Oh merda. 
 
Ero stato davvero indeciso. 
Chiamare mio padre o non chiamare mio padre? 
Dirgli "ehi papà ricordi che ti avevo detto che la mia vita andava benissimo così com'è? Mi hanno arrestato per atti osceni in luogo pubblico, verresti a pagarmi la cauzione? Ah si mi serve anche un avvocato" o non dirglielo?
Marcire in galera per un pompino o non marcire in galera? 
Per quasi un'ora, dopo la lunga infinita chiacchierata con il poliziotto, mi ero posto quelle domande dubbioso sul da farsi, poi nel mio portafoglio avevo trovato un'alternativa. 
Potevo farlo. 
Potevo chiamare quel numero che non avevo buttato senza un motivo preciso. 
Potevo farlo, e uscire da lì senza coinvolgere mio padre però... Però quel numero mi rendeva agitato e inquieto, mi faceva sentire una pressione sul petto che non avevo mai provato prima e una strana sensazione alla bocca dello stomaco... Alla fine decisi che stavo male per colpa del pollo che aveva cucinato Matt a pranzo e lo chiamai
- Pronto?- 
Quando sentii la sua voce chiusi un secondo gli occhi e poi a fatica pronunciai le parole decisive 
- Dylan? Sono Alex, ho bisogno di aiuto..-
 
Quando uscii lo trovai che parlava con un poliziotto, lo osservai per un po prima che si accorgesse di me. Aveva l'aria stanca, dovevo averlo svegliato, chissà che ore erano.. Portava solo un maglioncino nero su dei jeans scuri, la giacca anch'essa nera era arrotolata sul suo braccio. Era carino. Sembrava più giovane senza completo da lavoro. 
Dylan forse sentendosi osservato si voltò e quando mi vide, i suoi occhi azzurri rimasero fissi nei miei senza mostrare rimprovero o fastidio. 
Mi guardavano e basta. Poi salutò il suo amico e mi fece cenno di seguirlo. Veloce lo affiancai e lo vidi aprire una Lamborghini grigia con la chiava elettronica. Entrammo nell'abitacolo sempre in silenzio, ma li quando lui non partì, e invece accese il riscaldamento sentii l'esigenza di dire qualcosa, che spezzasse quell'atmosfera carica di tensione, diventata ormai irrespirabile.
- Ti ridarò tutti i soldi della cauzione- 
Dylan mi guardò sorpreso come se si fosse addirittura dimenticato che c'ero anch'io con lui, poi scosse la testa
- Non pensarci ora-
- No sono serio te li ridarò!- 
- Come vuoi-
- Mi dai ragione solo per chiudere la questione ma io sono davvero davvero serio- 
- Voglio chiudere la questione perché sei ubriaco e domani non ricorderai nemmeno mezza parola di questa notte- 
Ma io non lo ascoltai e ribadii il concetto 
- Te li restituirò con gli interessi- 
Dylan alzò gli occhi al cielo e accese l'auto
- Dove abiti?- 
- In un appartamento- 
Lo vidi sollevare un sopracciglio e poi spegnere il motore dell'auto, si guardò intorno e mormorò 
- Sei un ragazzino complicato- 
- Non ti aveva avvertito Oliver?- chiesi con una mezza risata appoggiando la testa contro il sedile in pelle, socchiusi gli occhi. Li dentro il suo profumo era davvero forte. Era così piacevole... 
- Ehi non ti addormentare! Devi dirmi dove..- 
Ma era troppo tardi. Cullato dal suo odore ero già nel mondo dei sogni.
 
Da quando il mio letto era così comodo?
Schiacciai il viso sul cuscino, l'ammorbidente alla rosa mi solleticò le narici e mi fece sorridere, mentre distendevo ogni muscolo del mio corpo. 
Eh si era davvero comodo.... Aprii un occhio ancora perso in quel mare di beatitudine quando seduto su una poltrona proprio davanti a me trovai Dylan che mi osservava impassibile.
Cacciai un urlo e mi tirai a sedere quando vidi che A) non ero nel mio letto e B) ero nudo. Mi coprii velocemente e lo guardai spaventato. 
Aveva le gambe incrociate e delle profonde occhiaie sul viso. Non doveva aver riposato molto.. 
- Che diavolo ci fai tu qui?!- 
Dylan piegò un lato della bocca verso l'alto e mormorò 
- Come previsto, non ricordi nulla- 
Mi riguardai, ero proprio nudo! 
- Cosa avevi previsto??? Oddio non dirmi che abbiamo..- 
Dylan sospirò e con due dita si pizzicò il naso
- Sei stato arrestato per atti osceni in luogo pubblico, eri ubriaco, hai insultato la moglie di un poliziotto, mi hai chiamato per venire a prenderti, non ricordavi dove vivi, ti sei addormentato, ti ho dovuto trascinare nel mio appartamento e a un certo punto, non ho la più pallida idea del perché, ti sei spogliato- 
Mi coprii il viso con le mani e ricaddi indietro sul cuscino. Avrei dovuto capirlo subito. Quanto mai a casa nostra si usava l'ammorbidente? 
- Quando sono ubriaco mi spoglio- dissi fissando il soffitto bianco, poi guardai lui che con un sorriso esclamò 
- Mistero risolto- 
Lo osservai e borbottai 
- Dev'essere stata una nottata infernale per te- 
- È stata.. Interessante- 
- Sei il mio baby sitter- 
Sorrisi mesto e lui si alzò venendo a sedersi accanto a me, il letto rimbalzò leggermente e io arrossii rendendomi conto della situazione. Insomma ero nudo su un letto con lui. Era decisamente imbarazzante. 
- ehm..-
- Alex non dirò nulla a tuo padre di ieri- 
Lo guardai sorpreso e poi mormorai 
- Grazie-
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi e lui mi chiese 
- Era la prima volta?- 
- Che facevo un pompino? No- ridacchiai teso ma lui si spiegò
- Che ti arrestavano- 
- Si..- 
Sorrise e io iniziai a sentirmi davvero a disagio, era orgoglioso perché era la prima volta che mi arrestavano per atti osceni? Li il più strano non ero di certo io
- Quindi questa è casa tua? Emma..-
- Emma è nella villa a Fort Hale.. Ho questo appartamento a New York per comodità, lavoro spesso in città- 
Mi guardai intorno sollevato di non incontrare sua moglie una volta in piedi con le chiappe al vento 
- I miei vestiti...- 
- Ah non ti ho detto che a un certo punto hai vomitato e delirato contemporaneamente.. Sono nella lavatrice-
Mi coprii con il lenzuolo
- Mi dispiace tantissimo- 
Lo sentii ridere
- Riesci a perdere davvero il controllo da ubriaco-
- Ho già detto che mi dispiace?-
- In realtà mi fa piacere che hai chiamato me- 
Mi scoprii per guardarlo perplesso e lui alzò le spalle - Quando ti ho dato quel numero non credevo lo avresti usato- 
- Neanch'io- 
Le sue iridi azzurre puntarono le mie e per un attimo mi fu impossibile distogliere lo sguardo e indirizzarlo su altro o anche semplicemente pensare. Erano così chiare che davano l'impressione che ti ci potessi specchiare, ma era solo un'illusione. Non erano uno specchio. Erano le acque di un oceano che ti inghiottivano se osavi avvicinarti troppo.
Distolsi lo sguardo imbarazzato e dissi frettoloso 
- Ho bisogno di una doccia- 
Ma non mi alzai mostrandomi con spavalderia come facevo con i miei amici. Con lui non riuscivo a fregarmene e basta. 
Dylan si schiarì la gola e si alzò dal letto, poi uscì dalla camera senza aggiungere altro.
Chiusi gli occhi e ricaddi sul letto frastornato e con il cuore che batteva un ritmo inusuale. Veloce e irregolare. 
Come eravamo noi, senza neanche capirlo. 
 
Uscii dalla doccia con un paio di boxer che erano comparsi magicamente fuori dalla porta della bagno, trovai Dylan, in quella che doveva essere la cucina, al telefono, ma quando mi vide riattaccò e sorrise versandomi del cafe. Non lo presi e invece gli chiesi 
- Mio padre?-
Lui mi guardò sorpreso poi rispose solo 
- Emma- 
Mi rilassai e andai a sedermi davanti a lui. 
- Chiamo qualcuno per farmi venire a prendere- 
- Posso riaccompagnarti io- 
- No, grazie, credo di avere già troppi debiti con te- 
Dylan sorrise con una smorfia che nascose nella sua tazza 
- Allora qualcosa ricordi-
- No ma vengo da una famiglia di avvocati, so che mi hai tirato fuori pagando- 
- Non importa-
- Importa a me- 
Chiusi li la conversazione. Per un po tra noi cadde un silenzio pesante, carico d'imbarazzo. Non avevamo punti in comune, non potevamo semplicemente sederci e parlare.
Lo vidi leggere le e mail, perdere tempo col telefono, e nel frattempo in me cresceva la voglia di scappare da li, da quella casa perfetta col letto comodo e la doccia calda. 
Mi sentivo fuori posto e piccolo. Un bambino che non può competere con un adulto. 
Sbuffai e mi alzai facendogli sollevare lo sguardo chiaro verso di me.
- I miei vestiti?- 
- Non sono asciutti- 
- Non importa devo proprio andare-
- Alex calmati- 
- Io sono calmissimo!-
- Non lo dai a vedere allora!- 
Lo guardai accigliato
- Senti ti ringrazio per quello che hai fatto, ma ora non ho proprio voglia di restare qui.-
- Hai tanta fretta di tornare in qualche vicolo a ubriacarti e rimorchiare uomini? Siediti, fa colazione e calmati!-
Ero senza parole. 
Come si permetteva di parlarmi in quel modo? Se volevo, potevo anche scopare sul parabrezza di un poliziotto. Non erano affari suoi. 
- Non darmi ordini!-
Dylan sospirò. E questo mi irrito. Stavo perdendo il controllo. Più lui mi trattava come se fossi un moccioso capriccioso più io mi sentivo in dovere di comportarmi proprio come se lo fossi.
Strinsi i pugni e lo guardai rosso in viso
- Non sono affari tuoi quello che faccio o non faccio. Ti ho chiamato, mi hai aiutato ma la cosa finisce lì. Ti ridarò i soldi e questi stupidi boxer firmati! Come se a qualcuno importasse che paghi 200$ per delle mutande! Ora voglio solo i miei vestiti e andarmene via.- 
Dylan scosse la testa e buttò il telefono sul tavolo 
- Perché non puoi semplicemente aspettare che si asciughino i vestiti? Non ti caccio, chiama i tuoi amici e dì loro che stai bene, rilassati Alex! Nessuno ti giudica, nessuno vuole darti ordini! Voglio solo che ti riprendi dalla nottata!-
- Non devo riprendermi da nessuna nottata!-
- Ti hanno arrestato ubriaco! Si che devi riprenderti!!-
Feci mezzo passo indietro colpito da quella frase.
Ora voleva prendersi cura di me? Ma chi si credeva di essere, il Gandhi dell' Upper East Side?!
- Tu sei peggio di mio padre! E per la cronaca. Mi basta e mi avanza lui-
Mi girai e andai veloce verso la sua camera, deciso a prendergli una t shirt e un paio di jeans, glieli avrei rispediti indietro. Ora dovevo solo uscire da quel posto.
L'ultima cosa che volevo, era che qualcuno iniziasse a preoccuparsi per me e a dirmi che fare una buona colazione ti dava le energie sufficienti per affrontare al meglio la giornata. L'ultima cosa che volevo era sentirmi a disagio e in imbarazzo. E Dylan mi faceva sentire proprio così. 
Mi guardava come se non capissi. Come se stessi puntando i piedi per uno stupido giocattolo. Era la mia vita; non un pupazzo dei power ranger visto in una vetrina, cazzo.
Dylan mi raggiunge e mi trovò mentre rovistavo nel suo armadio, e annaspavo cercando di non respirare il suo odore fra i suoi completi di Gucci e Armani. Mi superò, aprì un cassetto e mi prese un paio di pantaloni di una tuta e una maglietta bianca, me li porse in silenzio e io lo guardai allibito. Ma allora il suo era proprio un vizio. 
- Li avrei trovati da solo!-
Li afferrai e mi vestii velocemente, sotto i suoi occhi impassibili. Feci per uscire quando con un braccio mi sbarrò la strada.
- Hai frainteso Alex. Non sto cercando di controllarti, e non sono tuo padre.. Voglio solo farti capire, che accettare un aiuto qualche volta non è sbagliato, non vuol dire che hai fallito. Significa solo che anche tu hai bisogno di fidarti di qualcuno di tanto in tanto- 
Era vicino, ma cercai di non distrarmi. Non potevo soffermarmi sulla sua bocca o sulle sue ciglia o peggio dalla barba che ancora non tagliava sul collo. Dovevo restare concentrato sul mio obiettivo e cioè fargli capire che gli amici della mia famiglia, non potevano essere anche amici miei.
- Io so già di chi posso fidarmi- 
Dylan mi guardò e sembrò quasi frustrato dalla mia risposta, forse di solito a lui bastava sbattere gli occhioni azzurri per averla vinta. Non lo dubitavo. Persino io che ero testardo peggio di un mulo, stavo faticando a non crollargli davanti completamente soggiogato da lui. La sua mascella si contrasse e il suo sguardo divenne severo, quando pronunciò il mio nome lo disse con una nota di rimprovero che mi fece rabbrividire, e non per i motivi giusti. Stava per riattaccare con qualche sermone infinito e io non potevo permetterlo.
Dovevo liberarmi. Dargli un motivo per farmi andare via senza ritrovarmelo intorno dopo una dozzina di metri. 
Così feci l'unica cosa che mi riusciva bene, quella che dopotutto sognavo di fare sin dal primo istante in cui lo avevo visto. 
Mi accostai a lui e lo baciai.
Fu un bacio rapido, a fior di labbra, che mi bastò per capire che avrei voluto averne ancora e in quantità maggiori. La sua bocca era più morbida del previsto e mi chiesi, in un attimo di follia, come sarebbe stato morderla. 
Dylan s'irrigidì e si allontanò da me di un passo guardandomi decisamente sorpreso. Non credeva che avrei avuto il coraggio di farlo, questo perché non mi conosceva. Io non avevo limiti, non se qualcuno mi piaceva. 
Gli sorrisi, felice di essere tornato ad essere me stesso. Lo stronzo e scandaloso Larsen, così irrispettoso da baciare il migliore amico sposato del padre. 
Guardai un secondo le sue iridi azzurre e poi me ne andai, senza ringraziarlo come avrei dovuto fare, e portando via con me i suoi vestiti, il suo odore, la sua schifosa moralità. 
 
 
 
 
   
 
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