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Autore: melianar    03/07/2015    13 recensioni
Eol ha abbandonato la sicurezza dei boschi di Nan Elmoth per seguire sua moglie e suo figlio che, contro la sua volontà, sono fuggiti alla volta di Gondolin.
Giunto all'entrata esterna della città viene catturato, interrogato e condotto verso il palazzo di Turgon.
Ho qui cercato di immaginare i pensieri, le riflessioni, i sentimenti che accompagnano Eol mentre attraversa Gondolin, ed osserva, suo malgrado, la più bella e inaccessibile città dei Noldor.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eöl
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Per un istante non vedi che luce. Violenta, accecante.
Feroce ti trafigge gli occhi, come una lama splendente forgiata da mani possenti e spietate.  
Ma non vacilli. Non serri le palpebre, non chini il capo. Né pronunci a voce alta le maledizioni che già ti affiorano alle labbra in un grido adirato.
Raddrizzi invece le spalle e procedi orgoglioso, accanto a quei Quendi che ti lanciano occhiate sprezzanti e di tanto in tanto si scambiano brevi frasi nella loro maledetta lingua.
Forse ti insultano. Forse ti deridono. Ma che importanza può avere lo scherno dei Golodhrim?
Pagheranno. Ogni tradimento, ogni stoltezza. Ogni maledetta guerra che la loro alterigia ha saputo scatenare.
Dei loro regni non resterà che cenere, e l’ombra del disprezzo non aleggerà più sui loro volti.
Tutto ciò non potrà che accadere presto. E non vi saranno sontuosi cancelli, né armature scintillanti, in grado di fermare la rovina.   
Ridono, i Golodhrim, mentre passi loro accanto. Ma oggi scopriranno che non è bene scherzare, con Eol di Nan Elmoth.       
  
La città ti stordisce con il suo incessante brusio: è come il frinire di mille cicale.
O il ronzio affaccendato di api al lavoro.
C’è troppa gente per le strade. Troppi rumori, nell’aria.     
Eppure è bella, Gondolin. Di una bellezza luminosa e sfrontata, che non si può far a meno di guardare con una punta d’ammirazione.
La stessa bellezza, ora te ne rendi conto, che catturò il tuo sguardo quel giorno tra le fronde di Nan Elmoth, quando per la prima volta i tuoi occhi si posarono su quel volto di un candore ineffabile, meraviglioso e terribile a un tempo. Come questa terra. Come tutti i Golodhrim.
E tu, proprio tu ti facesti ingannare.
Ti lasciasti irretire dal suo corpo di donna, dalla sua inquieta grazia di cerva in fuga.
Eppure in fondo al cuore sapevi che da lei non avresti potuto aspettarti altro che inganni e tradimenti.
Sapevi che nel fondo dei suoi occhi covava un fuoco cupo, un fuoco che nulla avrebbe mai potuto estinguere.
Oh sì, hai provato a domarla. Con le carezze, le gemme, le percosse anche. Ma nulla è servito.
Non ha esitato a tradire la sua gente, Ireth, per vivere al tuo fianco e soddisfare le inquietudini del suo corpo troppo a lungo frenato.
E ora non esita a tradire te, tornando al suo popolo senza scrupoli o rimpianti.
Così sicura. Così sciocca.
Se suo fratello avesse solo un po’ d’orgoglio non le permetterebbe neppure di tornare.
Ma i Golodhrim non le sanno custodire, le donne.
Non sanno educarle, non sanno proteggerle.
Sono troppo assorbiti dalla loro gloria, per occuparsi di simili inezie.
E se anche a Ireth sarà concesso l’onore del ritorno, a te poco importa: marmi e cristalli lucenti presto le saranno prigione.
Una prigione magnifica e soffocante, da cui non potrà fuggire una seconda volta. E morirà, di rabbia e d’amarezza. Quale miglior vendetta?
Ma tuo figlio… Un fremito d’ira violenta percorre il tuo corpo al sol pensiero e i Quendi che ti scortano ti fissano sgomenti, quasi intimoriti.
Poco importa.
Maeglin, il tuo Maeglin.
Il figlio a cui hai insegnato i segreti della forgia, il bambino che sulle tue ginocchia apprendeva paziente la lingua segreta dei Naugrim.
Una vipera. Tuo figlio non è altro che una vipera. Una piccola serpe che trama nell’ombra e colpisce alle spalle chiunque, perfino chi lo ha generato.
Sì, solo ora comprendi ogni cosa: i sorrisi, gli sguardi complici, le risate sommesse che si spegnevano di colpo al tuo arrivo.
Avresti dovuto portarglielo via subito, impedire che succhiasse il germe del tradimento dal latte materno, come uno qualunque dei Golodhrim.
Avresti dovuto incatenarlo, il giorno in cui espresse il folle desiderio di incontrare i discendenti di Faenor.
Avresti dovuto ucciderlo il giorno in cui è nato, tranciargli la testa di netto, come si fa con le serpi.
Ma non lo hai fatto.
E ora non restano che rimedi tardivi alla troppa indulgenza.
Contro il serpente, non resta che il veleno.

 
 
 
 

Note
 
Che dire? Con questa storia temo di aver fatto il passo più lungo della gamba, e di aver decisamente messo il piede in fallo.
Innanzitutto, è la prima storia scritta in seconda persona che pubblico, e temo si avverta che ho camminato in terreni non miei.
Poi c’è la scelta del personaggio… Non soltanto è la prima volta che oso sottoporvi una mia storia scritta da un punto di vista maschile, ma addirittura Eol… Non solo è a dir poco detestabile, ma si tratta di un personaggio assolutamente difficile da trattare. La scena però mi ronzava in testa da settimane e non ho potuto non darle corpo.
Il risultato temo sia un po’ “asettico”… Ho paura  di dovermi aspettare parecchi pomodori, con questo caldo saprò ben impiegarli!
 
Ireth è la traduzione Sindarin del Quenya Irisse, nome paterno di Aredhel. Ho preferito utilizzarlo perché Aredhel contiene il termine “nobile”, e dato che Eol non riconosce alcuna nobiltà ai Noldor mi sembrava più appropriato.
Faenor è la forma originaria Sindarin del nome Feanor.
Golodhrim è un termine Sindarin indicante i Noldor: veniva utilizzato da coloro che li disprezzavano come, ad esempio, gli abitanti del Doriath, ed Eol ne fa uso nel Silmarillion.
Quanto agli accenni al fatto che Eol picchiasse Aredhel: il Professore non ne fa menzione, tuttavia dal Silmarillion sappiamo che lei lo considerava pericoloso, cosa di cui abbiamo ahimè conferma.
Inoltre un padre che minaccia il figlio di metterlo in catene se solo proverà ad avvicinarsi ai Noldor direi che è capace di qualsiasi cosa.
La fine del racconto lascia intuire che Eol meditasse di uccidere Maeglin quando ancora doveva essere condotto al cospetto di Turgon, mentre nel Silmarillion il suo atto non sembra premeditato… Tuttavia al solito mi sono presa qualche piccola libertà e ho reso Eol peggiore di quanto già non sia (il che non è difficile) in più ho pensato che, anche qualora Maeglin avesse deciso di seguirlo e tornare in Nan Elmoth, forse Eol gli avrebbe comunque riservato un trattamento analogo per aver disobbedito ai suoi ordini.
Non so quanto si evinca dal testo, né quanto sia importante ai fini della storia, ma per ciò che riguarda Eol preferisco seguire versioni più tarde rispetto a quella contenuta nel Silmarillion pubblicato, perciò non lo considero appartenente alla stirpe dei Sindar, bensì un Avar del clan dei Tatyar a cui appartengono anche i Noldor.
Per questo ho voluto fargli utilizzare il termine Quendi per designare gli Elfi di Gondolin.
 
Al solito ringrazio la splendida Tyelemmaiwe, che sopporta ogni mio sclero ed è la miglior beta che si possa desiderare, Benni (Leila91) che sopporta le mie assurde incompetenze informatiche e rende i miei scritti leggibili, cosa di cui non le sarò mai sufficientemente grata.
Ringrazio inoltre Kanako91, per le innumerevoli chiacchierate intorno a Eol and family e per l’aiuto che, più o meno consapevolmente, mi ha fornito. C’è molto dei nostri dibattiti in queste righe, almeno, credo.
La pianto di annoiarvi con le mie note, come sempre assurdamente lunghe.
Grazie a chiunque leggerà, a chiunque vorrà recensire… E anche a chi eventualmente tirerà pomodori!
A presto
 
Melianar              
    
  
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