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Autore: Maty66    03/07/2015    4 recensioni
Può un'amicizia sopravvivere a tutto il dolore che a volte la vita ci riserva? Al senso di colpa che ti attanaglia per aver lasciato il tuo migliore amico solo nel momento del bisogno? O al dolore di vedere la propria vita travolta da menomazioni fisiche che forse mineranno la tua indipendenza per sempre?
E cosa si nasconde nel luogo in cui Ben si è rifugiato per sfuggire a tutto? Possono le persone che incontrerà sul suo cammino aiutarlo a riprendere in mano la tua vita?
Sequel di "Il paradiso può attendere". E' consigliabile anche se non necessario, leggere la storia precedente.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA CLINICA DEGLI ORRORI DI MATY66 e CHIARABJ
Capitolo 2
Arrivo e nuove conoscenze
 
“Bene allora mi pare che abbiamo preso tutto” disse Max mentre finiva di sistemare le valigie in auto.
“Semir, sei di turno oggi, non c’è bisogno che mi accompagni anche tu,  lo fa Max”
La voce di Ben era leggermente incrinata dall’emozione, ma il piccolo turco provò una fitta di dolore sentendo la frase.
Ora ne era più che sicuro, Ben  voleva soprattutto allontanarsi da loro.
Ma comunque non poteva negargli  la possibilità di recuperare.
Anche se questo voleva dire lasciarlo solo e soprattutto non poterlo vedere se non nel fine settimana.
“Ho già chiamato la Kruger che mi ha dato il giorno libero, quindi vengo anch’io“
Ben non replicò spingendo la sedia a rotelle verso le auto parcheggiate sul vialetto.
“Zio Ben aspetta… stai dimenticando questa”
Aida richiamò lo zio preferito correndo verso di lui con la chitarra.
“Volevi lasciarla qui?” chiese sorpreso Semir, con una fitta al cuore.
La chitarra era praticamente un prolungamento fisico di Ben quando non era al lavoro.
“No, l’ho solo dimenticata.  Ma non credo che lì ci sarà occasione per suonare” rispose il giovane con voce roca.
Semir capì all’istante che stava mentendo e la cosa lo preoccupò ancor di più.
Con animo pesante prese lo strumento dalle mani della figlia e lo mise nel bagagliaio.
Non ebbe il coraggio di stare a guardare i saluti della sua famiglia al giovane.
Gli sembravano troppo un addio.
 
 
La clinica ‘Felsen’era un edificio enorme, risalente ai primi del novecento, di ben cinque piani.
Arrivando Semir si meravigliò del tempo che ci voleva per percorrere il lungo viale alberato dal cancello d’ingresso all’edificio in pietra bianca.
“Ehi… è proprio enorme” fece a Max che stava aiutando Ben a scendere ed a sistemarsi sulla sedia a rotelle.
“Già ed è una delle migliori cliniche riabilitative al mondo, credimi, Semir”
“Io vado ad organizzare dentro” disse poi il medico avviandosi all’entrata.
“Ok…” Semir si sentiva sempre più depresso sentendo avvicinarsi il momento del distacco.
“Ehi Ben… tu sai che in qualsiasi momento puoi tornare a casa, oppure se vuoi solo parlare… basta una chiamata e ci metto meno di un’ora…”  disse il piccolo turco avvicinandosi al giovane in sedia a rotelle che si stava guardando intorno.
“Sì lo so Semir… ma ci sono cose che devo fare da solo, non puoi aiutarmi in tutto”
“Ma…”
“Niente ‘ma’… andrà tutto bene vedrai” concluse Ben con voce dura, anche se Semir vi intuì una disperazione profonda.
Il piccolo ispettore turco sospirò triste mentre andava al portabagagli per prendere le valigie. 
 
Con la coda dell’occhio vide una donna in bici che si avvicinava a velocità folle.
“Ehi…”
Provò ad avvertire accorgendosi che continuando  la bici avrebbe investito in pieno  Ben sulla sedia a rotelle,  visto che nel frattempo il giovane si era spostato per guardare meglio l’edificio.
“Ehi!!!” urlò di nuovo  cercando di attirare l’attenzione della donna che non sembrava minimamente sentirlo.
Semir si preparò a gettarsi verso Ben, che si era appena accorto del pericolo, per spostarlo dalla traiettoria di quella pazza.
Ma per fortuna con un gran stridore di freni la bici si fermò a meno di mezzo metro dalla sedia a rotelle.
“Dica un po’ per caso è pazza? Non lo ha visto?”  urlò Semir alla giovane donna che si levò il cappuccio della felpa rilevando una magnifica capigliatura bruna.
La ciclista lo guardò perplessa togliendosi dalle orecchie le cuffiette dell’ iPod.
“E voi non avete visto che siete sulla pista ciclabile?” rispose la ragazza indicando i segnali a terra.
Effettivamente nessuno ci aveva fatto caso, ma Semir era ancora furibondo.
“E con questo? Che voleva fare? Investirlo in pieno? Non ha sentito che stavo urlando?”
“No, mi spiace questo tizio alla radio urlava più di lei…” rispose acida la donna.
Dalle cuffiette usciva flebile un canto e anche da lontano Semir riconobbe le note di ‘This Time’
“Bella canzone, peccato che l’abbiano usata per la pubblicità della carta igienica…” borbottò la donna.
Semir arrossì all’istante per la vergogna, ricordando l’ira di Ben quando aveva scoperto che aveva ceduto i diritti della canzone scritta per lui per una pubblicità di quel tipo.
“Comunque lei è il signor Jager?” continuò la donna rivolgendo la sua attenzione a Ben, che era rimasto per tutto il tempo in silenzio.
Il giovane annuì perplesso, per poi accorgersi che sotto la felpa la  ragazza indossava un camice medico.
Aveva dei magnifici occhi  blu, ma il tono della voce e l’atteggiamento suggerivano subito che era una dura.
“Salve, ho saputo del suo arrivo. Mi chiamo Chiara Beck e sono  il capo equipe del reparto di fisioterapia” fece la donna sorridendo per la prima volta.
Aveva un bellissimo sorriso, ma questo non bastò a Semir per superare la prima impressione.
Quella donna non gli stava simpatica.
 
Chiara, aveva parcheggiato la bici nell’apposita rastrelliera.
“Bene, allora l’aspetto all’interno” disse a Ben mentre s’avviava all’interno.
“Scusi… non è che potrebbe arrivare qualcuno ad aiutarci?” chiese leggermente indispettito Semir.
Ma come era una specie di medico e neppure si prendeva la briga di aiutare Ben ad entrare?
E lui aveva due valigie e la chitarra da portare.
“Beh…  a quanto vedo  il signor Jager può tranquillamente entrare spingendo da solo  la sedia. Anzi questa la può portare lui” rispose la ragazza prendendo la valigia più piccola dalle mani di Semir e piazzandola sul grembo di Ben.
Semir rimase a bocca aperta a guardare la donna che entrava a passo svelto.
“Ma che str…” pensò mentre furibondo la seguiva.
“Ben aspetta qui,  deposito dentro i bagagli e vengo ad aiutarti”
“Non c’è bisogno” rispose il giovane che lo stava già seguendo, spingendo la sedia e tenendo in  equilibrio sulle gambe la valigia.
 
Semir stava sistemando  i vestiti nella stanza che avevano assegnato a Ben.
Il giovane e Max erano ancora al piano terra a completare le formalità per il ricovero.
Era una bella stanza luminosa, a due letti, ma Semir non aveva ancora incontrato il compagno di stanza del suo migliore amico.
Mentalmente si augurò che fosse almeno simpatico e giovane come Ben.
Era sempre più preoccupato all’idea di lasciare il ragazzo in quel posto.
Se erano tutti come la pazza che avevano incontrato all’entrata non c’era d’aspettarsi nulla di buono.
“Perché sta svuotando lei la valigia?”
La voce alle sue spalle fece trasalire Semir, che si voltò spaventato.
Chiara era  sulla porta e lo guardava con aria severa.
“Beh voglio solo rendermi utile. Ben è ancora impegnato di sotto…”
“Il signor Jager può farlo benissimo dopo, c’è un sacco di tempo…”
“Il signor Jager è su una sedia a rotelle, se non l’ha notato” Semir stava davvero perdendo la pazienza.
“I cassetti sono tutti ad altezza giusta. Sono fatti apposta” rispose la donna con calma.
La reazione della giovane mandò ancor più Semir fuori dai gangheri.
“Dica un po’… per caso l’ha punta una tarantola? Non mi pare molto comprensiva infermiera Beck.”
“Non sono un’infermiera, ma una fisioterapista… e noi incoraggiamo i pazienti all’autonomia, anche quelli in condizioni ben peggiori del signor Jager”
Semir non ebbe il tempo di replicare.
Si zittì vedendo Ben che arrivava, seguito da Max.
               
 
“Questo posto sembra un lager, Max!”
Semir era letteralmente fuori dai gangheri ed aveva praticamente aggredito Max non appena Ben si era allontanato per andare a fare i primi esami preliminari.
“Non esagerare Semir, capisco che è difficile per te lasciare qui Ben, ma è per il suo bene e ti assicuro che questo posto non è un lager. Hanno i migliori specialisti e se c’è una speranza che Ben possa tornare a camminare qui…”
“Ma l’hai vista la fisioterapista? Sembra una strega acida! Per poco non l’accoppava lì fuori” lo interruppe il piccolo turco.
Max non poté fare a meno di sorridere.
“Forse sei tu che non hai un buon rapporto con il personale medico…” ridacchiò ricordando i litigi furibondi che Semir aveva avuto con Henrietta l’infermiera americana di Ben.
Ma Semir rimase serio.
“E poi cosa significa che le visite non sono consentite se non la domenica? E se per caso…”
“Starà bene Semir. E le visite non sono consentite perché i pazienti devono concentrarsi sul processo di guarigione” spiegò il medico con voce calma, intuendo il tormento di Semir nel lasciare l’amico.
Il senso di colpa che il piccolo turco provava per quello che era successo col tempo si era forse attutito, ma era sempre lì, pronto a tormentarlo.
“E’ ora di andare… cerco Ben così lo salutiamo” disse poi il medico uscendo dalla stanza.
Semir si sedette sconsolato sul letto; un senso di angoscia lo prese allo stomaco.
Doveva lasciare di nuovo solo Ben, anche se aveva giurato di non farlo mai più.
Un colpo di tosse alle sue spalle lo fece tornare alla realtà.
Voltandosi vide un uomo che si sorreggeva sulle stampelle che lo guardava con aria torva.
Un solo sguardo bastò a Semir per provare inquietudine.
Barba brizzolata, sguardo fisso e braccia completamente tatuate.
“E tu chi saresti? Hai la tipica aria da sbirro” chiese con voce roca l’uomo.
“Semir Gerkan” si presentò Semir cercando di vincere la prima impressione e porgendo la mano.
Ma l’uomo non la prese né si presentò.
“Mica sei il nuovo compagno di stanza? Non mi avevano detto che dovevo avere a che fare con un turco. Anche se mi sembra che cammini e ti muovi benissimo” replicò con aria disgustata.
“No in realtà sono il suo migliore amico… di Ben cioè… il nuovo paziente” rispose Semir balbettando leggermente.
Quell’uomo faceva paura solo a guardarlo.
“Sei uno sbirro? Confessa” fece di nuovo l’uomo.
Stavolta Semir reagì, doveva farlo, visto che anche Ben in fondo era un poliziotto.
“Perché le interessa tanto? E se anche lo fossi?” chiese duro.
L’uomo si limitò a guardarlo con aria torva.
“Niente non mi piacciono gli sbirri” concluse trascinandosi verso il suo letto.
Quell’uomo non gli piaceva ed era il compagno di stanza di Ben.
Provò un senso di profonda angoscia mentre usciva dalla stanza richiamato da Max.
Prima d’incamminarsi verso il corridoio prese nota mentalmente del nome dell’uomo scritto sulla targhetta a lato della porta della stanza: Alexander Brummer.
 
“Semir cosa hai?” chiese Max vedendolo arrivare con aria cupa e preoccupata.
“Niente ho appena conosciuto il compagno di stanza di Ben. Sembra  uno che fino a poco fa ha soggiornato a ‘Sing Sing” borbottò il piccolo turco.
Max sorrise di nuovo.
“Esagerato. Invece a Ben farà bene avere qualcuno che condivide i suoi problemi con cui parlare”
“Sì come no…  parla con Jack lo Squartatore…” borbottò di rimando Semir scendendo le scale.
 
“Ricordati… qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, un’ora e sono qui per riportarti a casa”
Semir aveva le lacrime agli occhi, ma non voleva deprimere ancor più l’atmosfera.
Conosceva fin troppo bene il suo migliore amico per non accorgersi che  quella che mostrava era finta allegria.
“Non sarà necessario. Andrà tutto bene” rispose Ben sorridendogli.
“Allora ci vediamo domenica” disse Semir cercando di abbracciarlo.
“Non è necessario. Piuttosto porta le bambine allo zoo, te lo stanno chiedendo da tanto tempo” rispose Ben  restando rigido all’abbraccio dell’amico.
Semir rimase malissimo al comportamento  di Ben, ma fece finta di nulla.
“Ci vediamo domenica” ripeté con convinzione.
Mentre s’avviava all’auto dove lo stava aspettando Max il piccolo turco aveva il cuore di ghiaccio.
Si  girò per salutare ancora una volta Ben, ma il giovane stava già spingendo la sedia verso l’ingresso ed entrò nell’enorme edificio senza voltarsi indietro.
  
I due medici stavano assistendo alla scena dalle tende dell’ampia finestra a piano terra.
“Sai chi è il nuovo paziente vero?” chiese il più giovane.
“Certo il figlio di Konrad Jager. Il padre ha appena fatto una donazione molto generosa alla nostra fondazione” rispose l’uomo più anziano con aria calma.
“Non solo. E’ anche un poliziotto. O meglio lo era”
“Ti posso assicurare che la cosa non sarà di ostacolo ai nostri piani”
“Sei sicuro? In ballo ci sono interessi molto più grandi di me o di te” chiese ancora il medico più giovane.
 Il medico anziano si limitò a guardarlo con i suoi gelidi occhi azzurri.
“Nulla mi fermerà, questo lo sai anche tu” sibilò.
 
 
 
 ANGOLINO MUSICALE: Vi siete immaginati Ben che si allontana volutamente e nuovamente da Semir (ma non in sella alla sua Harley e senza chitarra a tracolla)?  Molto bene, perché è arrivato il momento d’ascoltare la canzone che è stata il ‘motivo conduttore’ di tutta la serie, canzone che accompagna l’arrivo e la conoscenza di un personaggio,  cui una delle due perfide autrici tiene molto, mentre l’altra non vede l’ora di ‘sfogare’ tutta la sua ‘creatività’. Non fatevi ingannare o intimidire dal nome, quel che pensate di lei scrivetelo pure nelle recensioni…Dunque tornando a noi…Ladies and gentlemen Tom Beck ‘This time’ (questa volta)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=a16HAk3bQCY
 
 …le stagioni cambiamo questa volta ho intenzione di attraversarle le persone cambiano questa volta ho intenzione di cercare la verità, baratto il mio tesserino per un paio di logori Jeans scambio la mia pistola per una sei corde (chitarra) una parte di me resterà sempre con te i re dell’autostrada tu sai tutto quello che so l’ho imparato da te Questa volta Oh io sono più forte dentro ho avuto modo di lasciarmi andare verso le luci brillanti questa volta nei miei occhi troverai che va tutto bene dobbiamo lasciarci andare verso le luci brillanti chiudo la porta lascio andare tutto nessun rimpianto perché ho deciso questa volta volo via con te ora ho deciso questa volta resterò con te sì, oh abbiamo una sola vita, cerchiamo di viverla bene abbiamo avuto modo di lasciar andare tutto e voglio lasciarti andare questa volta nei miei occhi tu troverai che va tutto bene dobbiamo lasciarci andare verso le luci brillanti...
 


Angolino personale di Maty
Ora vi starete chiedendo, ma è proprio lei? Sì è proprio lei…
Chiara ed io abbiamo discusso a lungo sulla possibilità di inserire un personaggio ispirato ad una delle due in una  nostra ff e dopo vari (finti) attacchi di modestia e (veri)  attacchi di narcisismo ci siamo dette… ma sì dai, dopo tante storie ce lo possiamo permettere.
Ovviamente la scelta è ricaduta sulla cattivona, perché Maty sarebbe stata troppo una Mary Sue (per chi non sapesse chi è una Mary Sue nelle ff prego consultare wikipedia) mentre Chiara… beh lei è molto più interessante proprio perché non sarà Mary Sue.
 E posso farla anche un po’ stronzetta come vedrete (sul punto ho carta libera, la coautrice non può mettere bocca, e sono aperta anche a suggerimenti purchè cattivi).
  
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