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Autore: Delirious Rose    04/07/2015    2 recensioni
Sbatté le palpebre un paio di volte e poi aggiunse, forse più a se stesso: “Non sapevo che tu fossi una Podestaria. Questo cambia molte cose.”
Lei lo guardò confusa, come se stesse parlando una lingua che suonava familiare ma che non riusciva a capire. “Pode-che?”
“Magus, strega o qualsiasi altro termine comune per indicare una persona iscritta nel Registro: Podestarius – o Podestaria, al femminile – è il termine più corretto.”

Virginia Bergman è una ragazza come tante: le piacciono i dolci di sua madre, la Matematica e, come il 15% della popolazione, ha dei poteri che considera come un'accessorio fuori moda. Tuttavia, quando al suo penultimo anno di scuola una supplente mette in pericolo la sua media, IContiNonTornano l'aiuterà a superare le sue difficoltà: chi si cela dietro questo username, un geek grassoccio e brufoloso o... un ragioniere azzurro? E di certo ignora ciò che questo incontro porterà nella sua semplice vita.
Svegliati, bambina, e guardati dall'Uomo dalle Mille Vite.
{Nuova versione estesa de "RPN"}
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Sovrannaturale
Capitoli:
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Podestaria

 

 

Capitolo 14

 

Biagio alzò di scatto lo sguardo sulla finestra della biblioteca, corrugando la fronte. Pose in malo modo il diario sulla poltrona e raggiunse la finestra: oltre il cortile anteriore e la piazza orlata di alberi spogli, intravide un’ambulanza svoltare in una strada vicina, le sirene spiegate. Controllò che l’infisso fosse chiuso, maledicendo il vetro singolo, e tornò sbuffando alla sua poltrona. Dopo tre anni trascorsi a Oxford, Biagio trovava appena sopportabile il trambusto di Londra, sensazione accentuata dalla tensione costante che caratterizzava da anni la casa di famiglia nella Capitale.

Osservò con la coda dell’occhio Linda, impegnata a terminare i propri compiti per le vacanze natalizie: percepiva in sua sorella la stessa tensione e nervosismo che lo pervadeva, il desiderio di tornare a Oxford prima possibile. Kathleen non faceva nulla per nascondere la disapprovazione che nutriva nei loro confronti, neppure in quelle occasioni in cui avrebbe dovuto ingoiare il proprio orgoglio e fingere che fossero una famiglia unita e felice. Biagio conosceva e comprendeva le sue ragioni, ma non l’avrebbe giustificata.

Tornò alla poltrona, estraendo da una tasca il proprio cellulare.

[ Concerto jazz alle 8. Vieni? – D. ]

Biagio lesse di nuovo il messaggio, esitando sulla risposta da inviare. Dopo quello che era accaduto a Capodanno, era palese che Devi cercasse di crearsi un’occasione per restare sola con lui. La cosa più logica da fare era accettare l’invito, poiché Biagio aveva in programma di tornare a Oxford nel tardo pomeriggio, eppure l’istinto gli suggeriva di desistere. Decise di rispondere dopo il pranzo e ricominciò a leggere il vecchio taccuino.

Il diario dello Zauberergraf Leopoldo Tricano del 1814 terminava con delle opinioni personali su alcuni membri della delegazione francese al Congresso di Vienna e nessuna informazione utile per la sua tesi. Biagio si stiracchiò, quindi pose il diario fra la coscia e il bracciolo della poltrona e cercò dallo zaino quello del 1815. Mentre frugava fra le sue cose, si ritrovò fra le mani il libro di Economia. Se un tempo aveva trovato ristoro nella risoluzione di un’equazione o nella dimostrazione di un teorema complicato, adesso la vista dei numeri non faceva altro che evocare l’immagine di Virginia nel suo studio, fra il mobile basso e la porta che conduceva alla sua camera.

Su, Biagio, devi resistere fino a luglio, e vedrai che sarà molto più facile dimenticarla una volta lasciato questo piano di realtà, si disse allontanando quei pensieri con un gesto della mano, come se fossero insetti fastidiosi.

Biagio si abbandonò all’abbraccio della poltrona e iniziò a leggere il diario corrugando la fronte. Annotazioni sugli incontri fra le varie delegazioni si alternavano ad aneddoti più personali – la trascrizione fedele del commento che l’osservatore di Faërie aveva fatto sulla Santa Alleanza gli strappò un sorriso – e poi, come un fulmine a ciel sereno, un passaggio che rimandava agli auspici per quell’anno e alla loro interpretazione.

Berthille ed io abbiamo deciso di fuggire, dato che suo padre si oppone così fermamente a noi.
E a pensarci bene, le Grigie Dame mi avevano avvertito, il “Padre Giove” non può che riferirsi a Monsieur de la Tourelle-Langlois.

Biagio poteva quasi sentire il rumore degli ingranaggi mettersi in moto. L’immagine di Mrs. Bergman che usciva dalla cucina della sala da tè, con un’espressione preoccupata e gli avambracci bianchi di farina si stagliò netta nella sua mente come se l’avesse davanti agli occhi.

Biagio rilesse il passaggio più volte, poi riprese il diario del 1814 e ritornò sulle pagine dedicate ai mesi di maggio e giugno, divorandole avidamente con gli occhi. Era tanto concentrato che non sentì né la porta aprirsi, né il rumore dei passi attutito dal tappeto.

 “Sua Signoria ti manda questo,” sibilò sua nonna con un tono avvelenato, lanciandogli in malo modo un pacchetto avvolto in carta da imballaggio sulle ginocchia. “Come se non avessi altro da fare che essere il suo galoppino.”

Biagio sbatté le palpebre un paio di volte, guardandola con un’espressione intontita. “Grazie tante, Kathleen,” disse meccanicamente, riprendendo il suo zaino e cercando la propria Moleskin. Non aveva né tempo da sprecare litigando con lei né tantomeno la voglia. Si mordicchiò nervosamente il labbro e, quando l’occhio gli cadde sul pacchetto, non poté non notare il messaggio scritto con la calligrafia perfetta della Contessa Zia.

So che ti tornerà utile per trovare la tua bella.
Berengére Orsola Tricano, in Weatherby

Biagio scartò il pacco in fretta: all’interno vi era un libro dalla copertina anonima in marocchino e con alcuni nastri usati come segnalibro, di cui uno recava una piccola etichetta con 1 segnato sopra. Biagio aprì proprio la pagina indicata da quel segnalibro.

È curioso notare come le profezie che ci guidano verso la nostra compagna di vita ci diano indizi sul nome, sia esso quello pronunziato dal sacerdote durante il sacramento del battesimo che quello da preziosa, vestendone in metafore et allegorie il significato.

“Ma chi si crede di essere?” sibilò Linda, stringendo gli occhi a due fessure. “Dovrebbe essere grata che la Contessa Zia le permetta di vivere qui.”

Biagio aprì la propria moleskine alla pagina in cui aveva trascritto le due profezie: non era ancora riuscito a riflettere sulla nuova, tuttavia quella frase gli apriva nuove porte per entrambe, facendolo dubitare sull’interpretazione che aveva dato alla vecchia. Le rilesse attentamente, con uno sguardo diverso, poi lesse ogni pagina segnata del libro che gli aveva mandato la Contessa Zia.

Chiesi a Messer d’Aiolfo perché il nome Virginia non dovrebbe essere dato alla leggera: secondo lui, solo una Varglion dovrebbe essere nominata in tal modo, poiché non deriverebbe solo dal latino virgo come suole supporre il popolo, ma anche da virga – e mi fece notar come le due parole siano nate dal medesimo etimo – oppur da vercna, con cui le genti d’Etruria indicavan la fiamma. Supposi di potermi fidare – non ha fors’egli assistito alla nascita di Roma? – e rinunziai a chiamar così la neonata.

“Davvero, sei un idiota, Biagio: perché non hai pensato a qualcosa di così semplice?” rise, quindi si alzò di scatto e fece scostare sua sorella dal portabile. “Scusami Linda, sarò veloce.”

Cercò il significato sia del nome sia del cognome di Devi, ma entrambi avrebbero calzato la profezia solo con delle grosse forzature. Biagio cercò d’ignorare quel germoglio di speranza che iniziava a gonfiarsi nel suo petto, mentre ripeteva la ricerca per il nome completo di Virginia. . Fu anche troppo facile trovare conferma che Uomo di Montagna non fosse altro che il significato di Bergman, e aveva saputo fin dal primo giorno che Ragna significava consiglio o aiuto. Tuttavia, non trovò conferma di quello che era scritto nel libro mandatogli dalla Contessa Zia sul nome Virginia e la ragione gli imponeva di non credere a qualcosa che non poteva essere confermato, eppure…

Dovresti pensare di meno e agire di più: il tuo nome non è forse Audacia? Lo sfidò una voce che era e non era la sua – la voce di suo padre.

Biagio guardò l’ora sul monitor: mancavano poco meno di due ore al pranzo e Kathleen non tollerava ritardi, soprattutto da parte sua e di Linda. Per prima cosa, verificò che lo Scarlett’s Cafè fosse aperto: la domenica era giorno di chiusura. Cercò su Google Maps Rana’s Farm – non ricordava l’indirizzo, ma sapeva dov’era rispetto a Sweet Waters Cottage – e verificò quale fosse il tragitto più breve per raggiungere la fattoria con l’auto – suo nonno era uno dei pochi folli a circolare dentro Londra con un mezzo proprio – e soffiò di rabbia nel vedere che gli ci sarebbe voluta almeno un’ora, senza contare possibili ingorghi stradali. La sua parte più ragionevole gli suggeriva di aspettare il pomeriggio, mentre sfregava leggermente l’avambraccio destro.

Biagio si alzò di scatto, uscendo dalla libreria. “Nonno?” chiamò con una nota d’urgenza nella voce e quando vide comparire Mr. Tricano ai piedi della scalinata non gli diede neanche il tempo di chiedergli se ci fosse un problema. “Nonno, hai lasciato un’auto al cottage?”

Mr. Tricano inarcò entrambe le sopracciglia. “Ci sarebbe Marisa la Gia--”

“Ti spiace prestarmela?” lo interruppe, dirigendosi verso lo studio privato di suo nonno.

“No, non mi dispiace! Mi fa piacere quando porti fuori una delle mie ragazze,” rispose con una punta di curiosità, raggiungendolo. Quando lo vide frugare in un armadio, tuttavia, la sua voce perse ogni frivolezza. “Che diamine hai intenzione di fare, Biagio? Non vorrai andare al cottage attraverso un portale!”

“Ho già perso troppo tempo,” rispose Biagio, calciando via il tappeto esponendo l’intricato intarsio circolare.

“Non puoi essere così di fretta!” lo rimproverò suo nonno.

Biagio si limitò a dargli un sorriso tagliente e a dire, audace: “Tu non avresti fatto lo stesso per Estela?”

L’espressione di Mr. Tricano si rabbuiò, mentre osservava suo nipote concentrarsi, iniziando a percepire un sapore metallico ed elettrico sulla lingua. “A parte che quelli erano altri tempi e lei viveva sull’altra sponda dell’Atlantico, tu hai il numero della ragazza, no? Chiamala se davvero non vuoi perdere tempo.” Vedendo che Biagio non desisteva, sbuffò: “Io non ti copro.”

Biagio sapeva che avrebbe avuto dei problemi per aver aperto un portale non autorizzato, anche se per coprire una distanza così breve: sarebbe stato convocato sia dall’UNARNH e che dal Dipartimento di Crimine Paranormale, ma non gli importava. Quello che contava era raggiungere Virginia nel minor tempo possibile. Si chiese se dovesse arrivare direttamente a Rana’s Farm e poi raggiungere a piedi il cottage, oppure andare al cottage per prendere la macchina di suo nonno.

“Aspetta un attimo!” ansimò Linda entrando di colpo nello studio. Prede un paio di respiri, poi gli passò il caban, la sciarpa e un quaderno dalla copertina un po’ sporca di cioccolato, sorridendo complice. “Devi pur sempre avere una scusa, no?”

Biagio la guardò dubbioso, un’espressione che si mutò in muta gratitudine quando riconobbe la calligrafia del quaderno. Si piazzò al centro del cerchio e, preso un respiro profondo, iniziò a cantilenare.

 

——— • ———

 

Virginia avvolse la ghirlanda delle luci di Natale attorno al braccio e la pose dentro la scatola di cartone assieme alle altre decorazioni natalizie, quindi osservò il salotto puntando i pugni sulle anche: tutte le tracce delle feste appena trascorse erano sparite, tranne la ghirlanda di cartoline d’auguri –più tardi Finn ne avrebbe selezionato le più belle od originali – e un abete un po’ rinsecchito. Sentiva un certo sollievo in quello che stava facendo, come se mettendo via le palline di vetro e le ghirlande stesse materialmente girando una pagina: l’anno vecchio era finito con il suo bagaglio di piccoli e grandi dolori che non aveva intenzione di portare in quello nuovo.

No, Vir’, non pensare né al sogno né a lui, si disse scuotendo la testa e sollevando la scatola per portarla in soffitta.

Mentre saliva le scale, sentì sua madre in cucina rispondere al proprio cellulare con il classico: “Lo staff dello Scarlett’s Cafè vi augura una buona giornata. Come possiamo aiutarvi?” E mentre Virginia armeggiava con la scaletta che conduceva alla soffitta, Mrs. Bergman la chiamò: “Vir’, io devo uscire un attimo: lascia le decorazioni e vieni a girare la crema!”

“Subito!” rispose, spingendo con un piede la scatola contro il muro e scendendo di corsa in cucina, per prendere il posto di sua madre ai fornelli.

Mrs. Bergman uscì sul cortile anteriore, per poi tornare una decina di minuti dopo in compagnia di Mr. Bergman. Virginia inarcò un sopracciglio, osservando l’espressione un po’ stupita e un po’ compiaciuta di sua madre, e quella arrabbiata di suo padre.

“Faccia tosta!” borbottò Mr. Bergman, lanciando a sua figlia un’occhiataccia tale che Virginia si chiese che cosa lei avesse potuto fare per far arrabbiare suo padre in quel modo.

“Tesoro, te lo posso giurare sulla tomba di Sarah: è sincero. Anche se non ho capito neanche la metà di quello che mi ha mostrato,” rispose Mrs. Bergman con un tono di voce conciliatore – qualunque fosse la ragione dietro la loro discussione, Virginia sapeva che, se sua madre doveva essere più che seria nella sua opinione. Eppure, quando entrò nella cucina, sua madre le rivolse un sorriso incoraggiante. “Hai una visita.”

“Ah?” rispose Virginia, inarcando entrambe le sopracciglia per lo stupore mentre si affacciava sul corridoio.

Le sue guance arrossirono mentre un misto di speranza, rabbia e un altro sentimento che non voleva nominare le esplose nel basso ventre. Davanti al portico c’era Biagio col suo solito sorriso sul volto, che agitava una mano in segno di saluto e premeva un lembo di fazzoletto contro il naso sporco di sangue.

“Non ho niente da dirgli,” sibilò secca, distogliendo immediatamente lo sguardo da Biagio. Virginia sapeva che, se lo avesse guardato negli occhi, se avesse sentito la sua voce, sarebbe stato difficile ignorare quel sentimento che aveva ripreso a bollire dentro di lei.

Tuttavia, sua madre alzò gli occhi e sbuffò. “Ma lui sì. È venuto qui apposta da Londra!”

Suo padre, invece, le sorrise orgoglioso e le scompigliò i capelli. “Questa è la mia bambina.”

Virginia tornò a occuparsi della scatola con le decorazioni natalizie, a passare l’aspirapolvere nel salotto, a spolverare le cornici con le foto di Leonor e Marcos affollate sui ripiani dei mobili e sulle pareti. Oltre il tessuto semitrasparente delle tende, poteva vedere la sagoma di Biagio che aspettava. Una parte di lei voleva gettarsi fra le sue braccia, lasciarsi andare a quel sentimento di cui non si credeva più capace. Con stizza, riprese ad affaccendarsi per ignorare quella pulsione, Biagio che continuava ad aspettare in cortile e Lady Déa che miagolava per attirare la sua attenzione.

Sentì un’auto arrivare, delle portelle schioccare, le risate argentine dei suoi nipotini e, dopo pochi istanti, la voce di suo fratello Pat chiedere: “Chi è quel tizio là fuori?”

“Uno sfacciato – un amico di Vir’,” sentì suo padre e sua madre rispondere quasi all’unisono.

“Un amico o un amico?” domandò a sua volta Ines, comparendo fra gli stipiti della porta del soggiorno. Volse la testa e fissò Virginia con aria curiosa. “Perché non lo fai entrare?”

“Non ho niente da dirgli,” ripeté Virginia, spostandosi in corridoio per dispensare coccole e moine ai suoi nipotini, un’attività che la metteva sempre di buon umore.

“È il tuo Principe Azzurro?” Leonor chiese, guardando la zia con i suoi grandi occhi a mandorla color ghiaccio, che spiccavano sulla pelle mulatta.

Tu e la tua fissazione per le principesse Disney.

“Ma cosa ti salta in mente, Nonô – Sì: è venuto apposta da Londra per chiedere alla zia se vuole essere la sua fidanzatina,” risposero quasi all’unisono Virginia e sua madre.

Ines corrugò la fronte mentre toglieva il cappotto di Marcos. “Quello sarebbe il ragazzo di cui mi hai parlato?” Virginia strinse le labbra e guardò altrove, annuendo infastidita. A quella muta risposta, Ines sbuffò esasperata. “No, fammi capire una cosa, Vir’. Ti lamenti che non ti ha dato una spiegazione e non si è scusato, ti fai una marea di paturnie, e quando lui viene qui, a casa tua, facendosi un’ora di auto senza contare il traffico, tu cosa fai? Lo lasci lì fuori, con questo freddo, ad aspettare per…”

“Per mezz’ora.”

“Per mezz’ora, grazie Scarlett.” Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Ines sgranò gli occhi allibita. “Mezz’ora? Ma stiamo scherzando?!” si volse verso la porta e fischiò, stupita. “È persistente, il ragazzo.” Tornò a guardare Virginia e prese Marcos in braccio, annusandogli il sedere. “Lungi da me immischiarmi nella tua vita sentimentale, ma al tuo posto una chance gliela darei.”

“E se poi mi lasciasse?” Virginia sputò, rendendosi conto di quello che aveva detto un secondo troppo tardi.

“In quel caso, mia cara, t’ingozzerai di gelato per una settimana, ti iscriverai in una palestra per smaltire i kili accumulati e incontrerai il tuo Mr. Right.” ribatté Ines seria, poi fece un occhiolino a Pat e aggiunse con un sorriso malizioso. “Esattamente com’è successo a me.”

 Virginia masticò l’interno delle guance, voleva e non voleva dar ascolto a Ines. Sbuffò, decisa a non lasciarsi accecare una seconda volta dai suoi sentimenti e aprì la bocca per dirlo, ma tutto quello che le uscì dalla bocca fu un Nonô torna dentro quando vide sua nipote uscire sul portico, senza cappotto. Leonor la ignorò e continuò a salterellare verso il cortile, non lasciando a sua zia altra scelta che inseguirla.

Leonor si piazzò davanti a Biagio, che si accovacciò per essere allo stesso livello. “Tu sei un principe, vero?” disse, inclinando la testa su un lato.

Virginia si schiaffeggiò mentalmente la fronte. Biagio, invece, non rispose subito: studiò Leonor con stupore, e poi le sue labbra s’incurvarono nel più dolce dei sorrisi.

 “Ma devi promettermi di non dirlo a nessuno.” Fu la risposta inaspettata di Biagio, mormorata come se fosse un segreto troppo grande per una bambina di cinque anni.

“Nonô, entra o ti beccherai un raffreddore,” disse Virginia guardando con cipiglio Leonor, che corse all’interno dell’edificio.

Trasalì quando Biagio alzò lo sguardo su di lei: per un attimo, Virginia ebbe una sensazione di déjà-vu e cercò di non guardare i suoi occhi, le sue labbra leggermente tremanti per il freddo – gli guardò le narici ancora orlate di sangue, e si chiese se suo padre non gli avesse mollato un pugno in faccia.

“Buongiorno, Virginia,” la salutò Biagio, con una leggera incrinazione quando pronunciò il suo nome, alzandosi lentamente.

Virginia si strinse nella felpa e incrociò le braccia sul petto, in un gesto difensivo contro il freddo e contro Biagio. “Se sei venuto per il gatto, avresti dovuto mandarmi un messaggio per avvertirmi,” borbottò dopo un po’.

“Dovevo chiedere una cosa a tua madre,” rispose lui scuotendo la testa.

Virginia inarcò un sopracciglio, e solo allora si rese conto che si era avvicinato, che indossava la sciarpa che gli aveva regalato. Vedergliela addosso le fece attorcigliare le viscere di rabbia e piacere. “Se… se volevi ordinare una torta, bastava chiamare: il numero del caffè lo trovi su internet,” rispose, cercando di mantenere un tono professionale.

“Si tratta di qualcosa che tenevo a chiederle di persona: te l’ho detto, no, che sono vecchio dentro. E poi…” Prese da una tasca un quaderno, che Virginia riconobbe immediatamente. “Linda mi ha chiesto di restituirti questo.”

Virginia aspettò che lui le porgesse il ricettario, poi sbuffò irritata e dovette avvicinarsi a sua volta per prenderlo. Tuttavia, Biagio lo allontanò dalla sua mano.

“E poi dovevo parlarti. Urgentemente.” Il modo con cui Biagio aveva pronunciato quell’ultima parola la fece arrossire suo malgrado.

Virginia distolse lo sguardo, fissandolo su un cespuglio spoglio. “Spi-spicciati, allora: si gela.”

“Sì, certo. Dunque…” Per la prima volta da quando lo conosceva, Biagio sembrava faticare a trovare le parole. Qualcuno avrebbe potuto azzardare che fosse perfino imbarazzato. “Stai tremando,” disse infine, sfilandosi il caban e posandolo sulle sue spalle, lasciando che l’unica barriera contro il freddo fosse la sciarpa e un maglioncino.

Virginia fu tentata di indulgere nel leggero tepore del caban, nel suo odore di Biagio. Durò una frazione di secondo. Virginia cercò di allontanare il caban, solo per avere le mani di Biagio stringere il bavero con più fermezza. 

“Grazie per la sciarpa, Virginia: l’hai fatta tu, nevvero? È molto morbida… e calda.” Il come te rimase sospeso fra loro, non detto ma presente.

Virginia detestava quando Biagio giocava a quel modo con le parole, assegnando loro significati e sottintesi non comprensibili. “Mi hai già mandato un SMS,” ringhiò, cercando di mantenere sotto controllo la sua rabbia e la sua gioia.

“È stato un errore,” ammise Biagio dopo un attimo di silenzio, “non avrei dovuto…”

“E sei venuto qui per dirmi qualcosa che già sapevo?” lo interruppe Virginia, sentendo la rabbia crescerle dentro. “Come se non bastasse quello che mi hai detto l’ultima volta? Ma non ti vergogni?”

Biagio la guardò inespressivo. “Vergogna e imbarazzo sono gramigne da estirpare: ho dimenticato quando è stata l'ultima volta che ho provato uno di questi sentimenti. E tu non mi hai lasciato finire di parlare, Virginia.” Si chinò in avanti, in modo che i loro occhi fossero allo stesso livello, e sorrise dolcemente. “È stato un errore lasciarti andare.”

Virginia sbatté le palpebre, incredula. Una parte di lei che credeva morta voleva credere alle parole di Biagio, le parole che aveva voluto sentire quel pomeriggio, stringerlo a sé, sentire la sua bocca sulla propria e le sue dita callose contarle le vertebre. Tuttavia la ragione le diceva di non farlo, ricordandole tutte le volte che era accaduta la stessa cosa con Liam, tutte le volte che si era illusa e aveva spento il cervello nel sentire quei perdonami non accadrà più e ti amo così tanto accorati. Ripensò a tutto quello che era successo fra lei e Liam, fra lei e Biagio, al suo bacio con Matt ed ebbe paura di ricadere in quel baratro.

Virginia prese un respiro profondo e lo guardò con aria di sfida, ma fu capace di sostenere il suo sguardo solo per una frazione di secondo. “Non ti facevo così presuntuoso. Un presuntuoso che si diverte a giocherellare con i sentimenti degli altri.” Disse freddamente, usando un tono atto più a ferire che a riconciliare.

“Sei ingiusta, Virginia,” rispose Biagio con la voce che tremava forse per il freddo e forse per qualsiasi sentimento stesse provando in quel momento. “Se stessi giocando con te, non sarei venuto qui con un Ponte, sapendo in quali guai mi sarei messo pur conoscendone le conseguenze. Se stessi giocando con te non avrei permesso a tua madre di entrare nel mio giardino segreto per rassicurarla della mia serietà.”

“Pretendi che ti creda?!” esclamò Virginia, più ferita che lusingata dalle sue parole e dai ricordi che queste rievocavano – sono andato a Londra apposta per comprartela… il prezzo non rappresenta neanche un centesimo del mio amore. Prese un respiro profondo per calmarsi, chiudendo gli occhi per cacciare dentro le lacrime. “E poi… sto con qualcun altro.”

Non era esattamente la verità, poiché non aveva dato nessuna risposta a Matt e lui non aveva insistito più di tanto per averla. Avevano solo convenuto di riallacciare la loro amicizia e vedere dove sarebbero andate le cose fra loro.

“Davvero?” chiese Biagio, con il tono di chi abbia riconosciuto la menzogna del proprio interlocutore. “Non è un incantesimo banale, quello con cui ti chiamo nel Sogno: non funziona se il richiamato prova dei sentimenti per qualcun altro. Tuttavia ci possono essere le eccezioni alla regola: dammi tre buone spiegazioni e non ti importunerò più.”

Virginia sgranò gli occhi e il ricordo del sogno e della sensazione di realtà la colpì come uno schiaffo. “Questo… questo è stalking! Dovrei denunciarti.”

“Denunci chiunque ti telefoni, Virginia? Io ti ho chiamata, tu mi hai risposto: nulla di più, nulla di meno.” Insinuò lui con un sorriso tagliente.

“Va’ a quel paese!” singhiozzò infine, lanciandogli il cappotto con rabbia e voltandosi verso la porta. (chiedo venia, ma non riesco a rinunciare al ma vaffa XD)

Ma quando strinse la maniglia fra le dita, lo sentì dire: “Aspetterò fino a quando non mi darai le tre spiegazioni.”

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Virginia si volse quanto bastava per lanciargli un’occhiata di brace. “E cosa vorreste sentirsi dire, Vostra Altezzosità? Che mi sono innamorata di voi? Spiacente, ma questa soddisfazione non… Stupida!” sibilò, rendendosi conto troppo tardi che aveva fatto il suo gioco. “Stupida stupida stupida! Vir’ sei la più grande idiota --”

Le sue parole furono bloccate dall’abbraccio di Biagio. Sentì le sue dita affondare nelle pieghe della maglia, le sue braccia tirarla a sé fermamente, e le sue labbra premere con disperazione in quel punto appena sotto l’orecchio, dove la giugulare s’inseriva fra la mascella e il collo come aveva fatto tre settimane prima – come aveva sempre fatto nel sogno. E suo malgrado, Virginia sentì le proprie ginocchia cedere ancora una volta, obbligandola a cercare sostegno nelle sue braccia.

“Non sarà per niente facile stare con me e ci potrebbero essere momenti in cui potresti rimpiangere questa decisione: mentirei se dicessi il contrario.” sussurrò Biagio, serio, poi la fece voltare verso di sé e la guardò negli occhi. “Mi sei mancata, Virginia.”

Le labbra di Biagio erano fredde e tremanti sulle sue, e per un attimo Virginia fu combattuta fra il desiderio di cacciarlo a pedate nel sedere e la voglia di render loro il calore.

“Ines ha ragione, sei persistente,” sibilò Virginia sulle sue labbra, afferrando il bavero del caban per tirare Biagio a sé.

Fu un bacio liberatorio, in un certo senso, poiché man mano che diventava più profondo, Virginia sentiva le proprie incertezze e paure affievolirsi. Era come se non le importassero più di tanto, così come non le importava che forse i suoi genitori e Ines la stessero spiando in quel momento, né che lei indossasse solo una felpa di pile e che la temperatura fosse vicina allo zero. E qualcosa nel profondo le diceva che nessuno l’aveva mai baciata a quel modo.

 

 

L’inutileangolo dell’autrice

 

 Questa volta, facciamo un po' di pubblicità ;-)
La versione inglese di Podestaria partecipa ai Wattys Awards 2015, per cui, se siete iscritti anche su Wattpad e volete che Virginia e Biagio abbino una chance in più di vincere, vi invito caldissimamente a votare la loro storia! Infatti, uno dei fattori che peseranno maggiormente nella scelta delle storie vincitrici sono proprio le statistiche (intese come numero di letture complete, voti e suppongo anche commenti), per cui il vostro sostegno è essenziale!

Detto questo, non posso che ammettere che questo è uno dei miei capitoli preferiti. Biagio è romantico e testardo al tempo stesso: non avete avuto anche voi voglia di strapazzarlo di coccole e di mandarlo ad amene località al tempo stesso? XD

Vi ricordo la pagina FB dedicata a “Podestaria”: mipiaciatela e non esitate a lasciare una parolina o due, aiutatemi a farla crescere perché è molto, molto importante per me e per i programmi che ho per questa storia!

Grazie a chi, non solo ha letto queste righe, ma lascerà anche un commento.

 

Kindest regards,

D. Rose

   
 
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