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Autore: Duir    24/02/2005    6 recensioni
questa è la prima Fan Fiction che scrivo, spero di non averla buttata troppo sul tragico, ma ero molto triste quando l'ho scritta. Spero in ogni caso vi piaccia, fate i commenti che volete.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte trascolorava dolcemente nelle prime luci dell’alba

Il mistero di Usop

 

La notte trascolorava dolcemente nelle prime luci dell’alba. L’orizzonte non troppo lontano si tingeva ora di rosa, di bianco, cangiava dalle tinte del giallo tenue all’ancor cupo viola della notte passata.

Il cielo magicamente spegneva le sue luci notturne per accenderne altre: quelle di un nuovo giorno.

E mentre il sole, ormai sorto, prende vigore nel cielo turchino lo sguardo ci porta al verde profondo di acque quiete su cui contrasta il bianco e il grigio delle piume dei gabbiani.

Attraccata in acque non molto profonde, protette da una piccola baia antistante una rigogliosa isola, la Going Merry fluttuava su e giù, portata dalla dolce risacca.

La bandiera col “minaccioso” teschio sventolava fiera nella brezza mattutina, sbatacchiando contro il pennone a cui era ancorata, cosicché un rumore metallico ma argentino si udiva di tanto in tanto.

In sottofondo il tenue fruscio delle foglie d’arancio rendeva l’atmosfera ancora più quieta, nonostante fossero già le sette del mattino.

-EEEEEECCCCIIIIIUUUUU’!!!!!!-. Un fragore improvviso ruppe il silenzio e dalla coffa fece capolino un ciuffo di capelli neri e ricciuti; di lì uno sbadiglio e uno stiracchiamento, Una volta resosi conto di dove si trovava, Usop sbattè le palpebre ancora pesanti e fece per alzarsi in piedi.

Ancora anchilosato per la innaturale posizione in cui aveva dormito iniziò la discesa per recarsi in cucina, da dove si espandeva già un delizioso profumo di frittelle.

Salendo le scale gli venne spontaneo volgere lo sguardo verso il mare. Fisso intensamente il punto più lontano dell’orizzonte, che ora era chiaro e distinto laggiù, a spezzare o congiungere le acque col cielo. Stette alcuni minuti lì, con la mano destra appoggiata alla ringhiera, forse a pensare, ma anche quello gli risultava difficile quella mattina. Fece scorrere lievemente il palmo sul legno venato e liscio. Quella sensazione…….era la stessa che provava quando, seduto vicino a sua madre, giocava sulla sua grande sedia a dondolo di frassino. Quello era un legno che a lui era sempre piaciuto. In tutto. Il colore, la consistenza, la superficie venata e macchiata di gocce più scure……l’aroma così intenso e particolare. Tutto gli piaceva della sua casa, ma più di tutto la sedia di sua madre, dov’ella di solito si sedeva a cucire, a rammendare mentre lui giocava con i suoi amichetti …nella speranza che tornasse suo padre…….

La brezza gli baciò i capelli ed egli chiuse gli occhi, come per prolungare quella sensazione. Come quando per l’ultima volta la dolcezza di sua madre lo aveva avvolto prima di sparire come in un sogno. Il suo volto si era avvicinato ed egli aveva potuto sentire il calore del suo corpo, il profumo della sua pelle, la morbidezza di due dolci labbra. “Sii forte figlio mio…..pensa a quando sarai un uomo…..smettila con le bugie, cresci tesoro…..e non aver paura di…..” …Aprì gli occhi e la visione sparì. Al suo posto una linea bianca di una nube che intanto aveva iniziato a formarsi proprio sopra il punto in cui i suoi occhi cercavano rifugio.

Tutto aveva perduto della sua vita passata….ma non i ricordi. Quelli no, erano rimasti ancorati al suo cuore come edera sul tronco di quercia. La colpa forse era sua…..tutte quelle bugie nella speranza di farsi grande al più presto, tanta era la voglia di crescere……ed ora che aveva diciassette anni….non era cambiato nulla. Si sentì tremendamente egoista. Verso i suoi amici, verso coloro che lo avevano accolto come un fratello….verso coloro che gli avevano creduto….

Strinse istintivamente un pugno abbassando la testa. Una grossa lacrima gli scivolò giù per una guancia. Tornò a fissare l’orizzonte e i gabbiani che ora volavano in circolo. – come vorrei essere anch’io un uccello….- pensò -…per potermene andare in silenzio….-. Colmo di amarezza invidiò quelle creature leggere e incontaminate, semplici….essi non avevano pensieri……vivevano la loro vita inconsapevoli di tutto e di tutti…..meglio così non sapere nulla di nulla e di nessuno……per non avere poi rimorsi….senza voce…senza parole….senza sentimenti…..Nascere, evolversi e morire.

La nuvola era ora nuovamente una striscia che lambiva l’orizzonte. Leggiadra, eterea……fatta di vapore…di gocce d’acqua…..acqua mutevole e cangiante…ghiaccio…la stessa del mare…..un ciclo continuo ed infinito….ma senza dolore.

La brezza nuovamente soffiò sul suo volto. Vento…..una spira inconsistente….un attimo…che può cambiare il mondo…….che può alimentare il fuoco…….che può distruggere ……la vita.

In fondo in fondo…si arrivava sempre lì, al nulla, alla perdita, all’annullamento totale. Tutto quello che aveva ottenuto nella sua vita era questo.

Con occhi tristi salutò l’orizzonte e si accinse a salire gli ultimi gradini. L’aria cristallina gli portò alle narici odore salmastro. Respirò nuovamente, più a fondo, quasi per far penetrare in fondo all’anima quegli istanti di quiete e dolcezza. Poi, mentre i gabbiani s’involavano nel cielo emettendo acuti stridii, si accinse ad entrare in cucina.

- Giorno – sussurrò con un tono che non pareva nemmeno il suo. La piccola cucina era fumosa e impregnata di odore di fritto. Sanji stava trafficando con una padella e una paletta d’acciaio a rivoltare delle frittelle dorate. Nel sentirlo posò gli utensili, si pulì le mani sul grembiule e si volse all’amico.Subito si accorse del brutto aspetto e dell’aria sconsolata che egli aveva. Sul volto pallido spiccavano due vistose occhiaie rosse, segno evidente di un repentino pianto. Le labbra erano screpolate e i capelli arruffati. Essendo poi vestito ne dedusse che aveva dormito con gli abiti…..che non erano molto freschi.

Abbassò la fiamma del gas e gli si avvicinò. –Tutto bene Usop?- chiese preoccupato. Lì per lì l’unica risposta fu il silenzio di un’anima impenetrabile. Sanji aspettò un attimo, che parve molto di più, poi alzò un po’ la voce – Hei! Sto parlando con te! Tutto a posto? Ti senti bene?-. Nessuna risposta anche sta volta. Usop si limitò solamente a strofinarsi un occhio col palmo della mano, senza troppa grazia.

Sanji non desistette e gli venne spontaneo di emettere un sospiro che sembrò scuotere Usop dal suo torpore almeno per un istante. Fissandolo con occhi severi, ma comprensivi gli chiese nuovamente

- Cosa ti è capitato? Perché sei in questi stati?- Usop lo fissò con occhi velati di un’ombra di stanchezza mescolata alle lacrime che sentiva ormai prossime. Nel suo petto qualcosa si stava gonfiando, ma lo lasciava come vuoto e spossato. Poi volse l’attenzione alle venature del legno scuro del tavolo, seguendone i contorni con l’indice della mano sinistra.

- C’è qualcosa che ti turba? Ti prego Usop rispondimi!-. La situazione non sembrava affatto normale. Un ragazzo come Usop non era certo solito fare così. Dov’erano finiti la gaiezza e il brio che era solito portare? Come mai una simile espressione? Certo, era solito piangere per sciocchezze, ma poi al minimo segno di attenzione tutto si chiariva e il sorriso tornava a risplendere sul suo volto di ragazzo.

Mai pensò avrebbe visto una tale tristezza e angoscia sul suo volto, nei suoi occhi, furbi, ma innocenti, gentili e ingenui. Si portò una mano al mento, continuando a fissare l’amico che evitava ogni contatto oculare. Allungò una mano per toccarlo, ma poi  fu come incapace di portare a compimento l’azione. Il suo cervello ora era troppo confuso e impegnato a comprendere quell’assurda situazione.

Uno sfrigolio improvviso ed un odore di burro bruciato lo fecero trasalire. –Maledizione!- esclamò correndo ai fornelli dove oramai il burro sciolto nella padella aveva assunto un colore nero plumbeo. Velocemente spense il gas e pose la padella nel lavello, sotto il getto dell’acqua fredda.

Un fumo grigio scuro si levò, andando ad aggiungersi agli odori del luogo. Usop per un istante si perse in quella nube…..fumo…..più inconsistente di lui! Una nube di fumo che si dissolve in un istante…..ecco cosa avrebbe voluto essere più di ogni altra cosa….

Sanji si accorse con la coda dell’occhio che l’amico stava guardando in quella direzione ma non lo diede a vedere. Passò uno straccio con del sapone sul fondo della padella e lo strofinò vigorosamente. Dalla schiuma si levarono due grosse bolle, che s’involarono verso il soffitto. Usop le seguì con gli occhi fino a che non scoppiarono. Inutile fu il suo sforzo di trattenere il monologo che la sua mente ora stava per iniziare……una bolla di sapone…-Usop?-……fragile, istantanea….-Usop?!- ….leggera e….-USOOOP!!!-. La voce di Sanji lo scosse e lo fece trasalire. Il ragazzo nuovamente lo fissò, con occhi ora supplichevoli. Sanji non potè resistere di più alla situazione. Lasciando stare la pastella che aveva preparato e che era pronta da friggere e si accostò ad Usop.

-Usop?- gli disse ora con tono più dolce –Dimmi cos’hai-. Segui un altro silenzio, poi un colpo di tosse e finalmente potè avere un cenno di risposta. – Io…..- ad incoraggiarlo Sanji gli prese le mani e gliele strinse, come sovente faceva con Nami. In quell’istante provò una sensazione di tremendo dispiacere per l’amico ferito. Il suo aspetto, i suoi occhi, le sue mani fredde trasparivano palesi segni che qualcosa di davvero brutto e ignoto gli era capitato. Prossimo anche lui alle lacrime, nuovamente gli domandò il perché di quella situazione. –Sanji……- infine sussurrò il ragazzo, con un filo di voce stremata, -ho ……- -si?-. I loro occhi ora erano gli uni negli altri, le loro mani strette – io…….ho…..- deglutì – litigato con Chopper- fu infine l’amara confessione. A quelle parole Sanji non seppe come reagire. Se sorridere o farsi ancora più serio di quanto non lo fosse già. Prese un sospiro – Cos’è successo? Me lo vuoi dire?-. Sorrise alla volta dell’amico, in segno di fiducia ad aprirsi. Di nuovo il velo di lacrime fu prossimo negli occhi di Usop. –Io…..non lo so. E’ solo colpa mia…- si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia. – E’ SOLO COLPA MIA!!!- urlò, stringendo i pugni. Sanji cercò di calmarlo. –Usop. Adesso basta! Spiegami cos’è successo! Piangersi addosso non serve in questi casi!-. Usop a quelle parole lo fissò intensamente, ora con occhi in cui si percepiva una sottile rabbia, mescolata alla sempre presente angoscia. Lacrime trattenute a stento iniziarono a rigargli le guance. –A…addio….- e così dicendo corse via. Sanji lo rincorse giù per le scale e per un attimo riuscì a prenderlo per un lembo della maglietta, ma invano. Giunto alla balaustra di legno, aprì la porticina ove erano soliti piazzare la passerella e saltò giù, nelle acque spumeggianti.  –USOOOP!!!!!!- .

  
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