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Autore: DAlessiana    04/07/2015    2 recensioni
“Cosa ti porta a Washington?” chiese, una volta incamminatosi con lei “Il BAU. Vorrei entrare nella squadra e, per miracolo, ho ottenuto un colloquio con l'agente Aaron Hotchner, che è a capo dell'unità. Devo sostenere il colloquio e se andrà bene e le mie preghiere verranno esaudite, lavorerò con la migliore squadra mai vista in campo!”
PRIMO CAPITOLO MODIFICATO!
Genere: Generale, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aaron Hotchner, Jennifer JJ Jareau, Nuovo personaggio, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Come ti senti?” chiese Roberto, per l'ennesima volta, alla sorella. Erano arrivati in ospedale tramite il pronto soccorso e subito dopo che Roberto aveva spiegato, anche se in linee generali, ciò che era successo, Aurora fu accolta tra le braccia di una dottoressa che l'aveva portata nel suo studio, mentre lui fu medicato per la ferita.
“La dottoressa dice che fisicamente sto bene. Ho solo qualche livido che dovrebbe sparire tra massimo qualche settimana. Il problema è che mentalmente sono a pezzi...” rispose, stavolta onestamente, Aurora dato che prima si era concentrata solo sul senso di colpa per la ferita del fratello. Si sentiva sporca, violata, anche se non totalmente, ma la sensazione di quelle mani sudice sul suo corpo difficilmente se ne sarebbe andata.

Qualche minuto più tardi arrivarono anche i loro genitori, che si precipitarono da Aurora.
“Piccola mia...” sussurrò il padre, baciandole i capelli, mentre la rabbia e l'impotenza presero possesso della sua anima.
“Sto bene. Roberto è ferito...” disse Aurora, come se fosse più importante la spalla sinistra del fratello che la sua aggressione. Roberto le sorrise e continuò a stringerle la mano, come a proteggerla dal mondo esterno. Sua sorella era stata violata e promise a se stesso che non l'avrebbe mai più permesso, che non avrebbe più lasciato la sua mano.


Roberto guardò la sorella, stringendo ancor di più la sua mano. Aveva rischiato la sua vita e per poco non l'aveva persa, non avrebbe retto senza di lei. Come sarebbe andato avanti con la consapevolezza che non aveva mantenuto la sua promessa?
Osservava il suo sguardo teso, fisso verso la porta chiusa della camera dell'agente dell'FBI, che, a detta sua, le aveva salvato la vita. In mezzo a tutti gli agenti si sentì di troppo, una sorta d'intruso. Lui non era altro che un avvocato, mentre quelle persone ogni giorno mettevano in gioco la propria vita per salvarne altre. Erano degli eroi e sua sorella ne faceva parte, nonostante fosse contrario alla sua decisione era orgoglioso di lei e di ciò che era diventata. Sorrise e le baciò il palmo della mano, ma Aurora quasi non se ne rese conto, troppo impegnata a pensare a Reid ed a che cosa gli stesse dicendo il suo capo.
“Perché se la prende con Spencer? Lui non ha colpe!” esclamò verso il resto della squadra.
“Perché Reid gli ha mentito e ha disobbedito agli ordini” rispose JJ, preoccupata del fatto che Hotch non avesse detto niente neanche a loro di quello che avrebbe detto a Reid.
“E questo quanto è grave?” chiese a sua volta Aurora, sentendo un forte dolore alla tempia.
“In una scale normale da uno a dieci, direi sei. Nella scala di Hotch? Undici!” fu Morgan a rispondere ed Aurora trasalì. Derek si sedette accanto a lei, notando la sua faccia sofferente.
“Ti sei fatta vedere da un medico?” chiese, focalizzando lo sguardo sulla ferita alla fronte, medicata velocemente.
“No, ma non ne ho bisogno. Sto bene” rispose lei ed a questa frase Roberto scattò in piedi, preso dalla rabbia.
“Perché non ti sei fatta vedere da un medico?” domandò con sguardo apprensivo, ma allo stesso tempo severo. Aurora non ebbe neanche il tempo di rispondere che Roberto la trascinò dal medico di turno per accettarsi che la sorella stesse bene.
In altre circostanze, molto probabilmente, Derek sarebbe scoppiato in una calorosa risata vedendo la scena tra Aurora e Roberto.
Hotch uscì dalla camera di Reid con un espressione che non prometteva nulla di buona. Tutti rimasero in silenzio, aspettando la notizia che avrebbe gettato tutti nello sconforto.
“Andate in centrale. Ci vediamo lì, Dave vieni con me” disse Aaron, andando via con passo svelto.
“Hotch!” lo chiamò Derek “Che succede?” aggiunse, incrociando lo sguardo del suo superiore.
“Abbiamo una nuova vittima” rispose il capo, entrando nell'ascensore che Rossi aveva chiamato.
JJ e Derek si scambiarono uno sguardo di orrore puro.
***
I due agenti dell'FBI furono accolti sulla scena del crimine dal detective Brown, che aveva uno sguardo terrorizzato all'idea di un altro killer a piede libero.
“Aveva solo sedici anni” disse con disgusto. La ragazza giaceva a terra con varie ferite all'addome non ancora seccate ed un buco in fronte, dove prima doveva esserci il proiettile.
“E' stato veloce, meno accurato di Stephen. Non l'ha presa con sé per gustare della sua sofferenza” disse Hotch, si guardò attorno, era pieno pomeriggio in una zona affollata.
“E' più intraprendente di lui. Forse è un complice, oppure un imitatore” disse Rossi, osservando la vittima: capelli castano scuri, media lunghezza ed occhi del medesimo colore.
“Come si può uccidere una ragazzina?” chiese retoricamente il detective Brown e fu talmente disgustato dalla scena, che si allontanò di qualche metro.
“Sono persone senza scrupoli. Ai genitori penseremo noi, ci sono probabilità, anche se minime, che lei conoscesse il suo assassino” esclamò Rossi, affiancando il detective, sapeva quanto potesse essere difficile per qualcuno che non vedeva spesso queste scene. Loro erano abituati, ma l'impotenza non avevano ancora imparato ad ignorarla completamente.
“Dave. Guarda, ha inciso qualcosa sul palmo della mano destra” l'attenzione di Hotch fu attirata da una mano sporca di sangue, più del dovuto. L'aprì delicatamente ed esaminò la cicatrice, Rossi si chinò accanto a lui.
“Sembra una A...” disse l'italiano, mentre il detective Brown fece segno ad un tecnico della scientifica di avvicinarsi per fotografare il tutto.
“Che cosa vorrebbe significare? Perché una A?” chiese il detective agli agenti dell'FBI.
“Non lo so, ma questa storia non mi piace per niente” sentenziò Hotch andando verso il SUV, seguito da Rossi.
***
Reid continuava a rigirare il distintivo tra le dita della mano libera. Stephen Wilson era sicuramente un serial killer, altrimenti perché darsi la colpa degli omicidi? Che senso aveva? Non avrebbe dovuto fare ragionamenti sul caso, dato che ormai era sollevato da esso, ma il sentimento che provava non gli piaceva. Era distrutto, ma non fisicamente, se non fosse per qualche fitta alla spalla sarebbe stato in perfetta forma, purtroppo non mentalmente. Se Hotch aveva preso un provvedimento così severo nei suoi confronti allora significava che lui lo aveva profondamente deluso e la sensazione di averlo fatto non lo avrebbe abbandonato facilmente.
“Se continui a rigirarlo finirai per rovinarlo” una voce femminile lo distolse dai suoi pensieri e si voltò verso la porta. Sorrise vedendo Aurora che, timidamente, entrava pian piano nella stanza. Non sperava più che lei lo venisse a trovare, che si preoccupasse di lui.
“Non è fragile come credi” disse, ma nonostante questo smise subito di compiere l'azione e lo ripose sul tavolino.
“Senza offesa, ma credo che questo sia più resistente” replicò lei, indicando il suo distintivo che portava al lato della cintura.
“Punti di vista” ribatté Spencer, si mise in modo più composto sul lettino ed Aurora gli andò vicino, sedendosi sulla sedia libera.
“Come stai?” chiese la donna, con sguardo apprensivo, non avrebbe mai dimenticato che quel proiettile era destinato a lei.
“Bene. Non è colpa tua” rispose Reid ed Aurora sentì di nuovo come se qualcuno le avesse letto la mente. Era davvero così facile da decifrare?
“Invece sì. Spencer io...” le parole le morirono in gola, facendo bagnare i suoi occhi. Una lacrima finì sulla mano di Reid e lui, in modo innocente ed imbarazzato, le accarezzò una guancia, asciugandole le altre gocce di acqua salata.
I loro sguardi si incrociarono e ci fu un attimo di silenzio che sembrò un'eternità. Aurora strinse la mano di Spencer, per non farla andare via dalla sua guancia, come se avesse paura di lasciarla. Erano insieme, da soli, viso a viso, con le labbra a distanza minima, bastava solo una frazione di secondo per farle incrociare, ma entrambi erano troppo insicuri per fare quel salto.

Il cellulare di lei squillò e la magia si ruppe. Spencer fece scivolare la mano sul lenzuolo e lei allontanò il viso da lui, entrambi fuggendo dagli occhi dell'altro.
***
Morgan e JJ, insieme agli agenti della centrale di polizia di Toronto, aspettavano il ritorno di Hotch insieme al detective Brown e Rossi. Quando entrarono nel comando le loro espressioni facciali non promettevano niente di buono.
“Ditemi che non è lui, che non è vero che Stephen aveva un complice che si è messo ad uccidere vittime a caso.” disse JJ, l'unica cosa che desiderava era solo abbracciare il suo bambino e crollare tra le braccia di Will, ancora con un briciolo di speranza nell'umanità.
“Vorrei tanto, ma dovremmo cambiare il profilo e valutare seriamente l'idea di un complice” disse Rossi e con questa frase gettò nell'abisso tutti i presenti.
“Che cosa avete fatto per tutto questo tempo? Voi non eravate la migliore squadra dell'FBI?! Forse hanno sbagliato a giudicarvi!” esclamò un agente, in preda alla rabbia. Possibile che bisognava perdere altre vite prima che l'FBI prendesse in considerazione l'idea di un complice?
“Ha ragione! Ed il vostro agente, quello che tutti considerano un genio, non ha fatto altro che uccidere l'unica persona che ci potesse portare da lui!” si unì al grido di rabbia quello che doveva essere il suo partner, dato che le scrivanie erano collegate.
“Il mio collega non ha fatto altro che sparare per salvare la vita della vostra collega e la sua!” replicò Morgan a denti stretti. Una parte di lui poteva comprendere la rabbia dei poliziotti, dato che aveva prestato servizio a Chicago, ma attaccare in questo modo Reid e la squadra lo faceva andare fuori di testa.
“Siete liberi di abbandonare se volete, ma io avrei bisogno della vostra completa collaborazione, per favore” intervenne il detective Brown, senza durezza nella voce, solo la richiesta d'aiuto di un capo in difficoltà, che chiedeva ai suoi agenti di non lasciarlo solo.
I borbotti cessarono e tutti tornarono a scavare nella vita di Stephen Wilson, lanciando occhiatacce verso la squadra dell'FBI.
“Ignorateli e continuate a fare il vostro lavoro. Io conto su di voi e non mi pento di avervi chiamato” disse il detective Brown e gli agenti lo ringraziarono con un cenno del capo.
“Almeno lui ha fiducia in noi” mormorò Morgan verso JJ, seduta accanto a lei. La bionda sorrise con occhi stanchi e terrorizzati da quello che sarebbe potuto accadere.
“Questa ragazza ha delle caratteristiche così familiari. Mi sembra di averle già viste da qualche parte” disse Rossi tenendo tra le mani la foto della vittima, e quando l'agenti Bianchi varcò la soglia della stazione di polizia, accolta da calorosi abbracci da parte dei colleghi, David aggiunse “Ecco dove” continuando a fissarla.
Tutti si voltarono verso Aurora pregando che la deduzione di Rossi fosse solo un errore.

***

“Non vedo l'ora che dimettano Reid, almeno con lui sarà più veloce leggere tutti questi fascicoli!” esclamò Derek, JJ sorrise insieme a lui ed anche Rossi si unì con una silenziosa risata.
“Reid non ci darà una mano” disse Hotch, ancora non aveva comunicato ai suoi agenti la decisione che aveva preso nei confronti di Spencer.
“Che cosa stai dicendo, Hotch? Lui sarà dimesso domani mattina” chiese JJ, costatando l'ovvio, forse il loro capo non sapeva ancora che sarebbe potuto tornare a lavoro tranquillamente.
“Reid non prenderà più parte a questo caso.” sentenziò Aaron, li guardò per pochi istanti negli occhi e poi tornò sul fascicolo che stava esaminando.
“Scherzi?” replicò Morgan, trovandosi spiazzato come gli altri, sperando vivamente che non fosse altro che uno scherzo.
“Ti sembro uno che scherza?” ribatté a sua volta Hotch, con espressione dura in volto, guardando dritto negli occhi il mulatto.
“Tu hai sollevato dal caso Reid solo perché, per la prima o forse seconda volta nella sua vita, ha commesso un errore?” stavolta Derek si alzò dal tavolo, sfidando il suo supervisore apertamente.
“Non solo per questo. Sarebbe potuto morire!” anche Hotch si alzò, accettando la sfida del suo agente senza timori.
Rossi e JJ si scambiarono uno sguardo tra il preoccupato ed il rassegnato, da una parte si trovavano d'accordo con Morgan, ma dall'altra non avrebbero mai sfidato Hotch, almeno non in quel momento, e sapevano che non avrebbero potuto fermare Derek.
“Ma non è successo. E' vivo, Hotch. Già ci manca un membro, non possiamo continuare a fare bene il nostro lavoro senza un secondo!” esclamò l'agente di colore, nessuno dei due accennava ad abbassare lo sguardo.
“Io sono il capo di questa squadra e sta a me decidere che cosa possiamo e non possiamo permetterci! Se non ti piacciano i miei ordini, sei libero di andare, ma per adesso il tuo compito è eseguirli!” ribatté Aaron, e questo fece crollare per un attimo la scorza dura di Derek. Che cosa stava succedendo ad Hotch per comportarsi in questo modo? Per dire queste cose?
“Lo hai appena detto. Sei tu il capo!” si arrese Morgan, buttando il fascicolo sul tavolo in malo modo. Si voltò verso gli altri e nessuno disse niente, allora lui girò i tacchi ed uscì, a denti stretti per la rabbia, dalla centrale, sentendo lo sguardo di Hotch su di sé. Aveva bisogno di fare due passi.



-Salve a tutti! ^^
Come vedete sto facendo capitoli più lunghi del solito e spero che questo non vi crei noia nel leggerli.
Come sempre ringrazio tutti quelli che mi seguono <3
Alla prossima! :33

  
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