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Autore: Rain of Truth    04/07/2015    2 recensioni
Dash the Hedgehog, figlio di Sonic the Hedgehog, è un riccio spensierato ed irresponsabile. Un giorno, durante il ritrovo di tutti gli amici del padre, Dash incontrerà una ragazza, Althea, futura regina della dimensione del Sol e figlia di Shadow the Hedgehog. Sotto richiesta dei genitori, Althea rimarrà nella dimensione di Sonic per ottenere le doti necessarie e la forza per diventare una sovrana ideale. Con il tempo, Althea imparerà ad apprezzare i suoi nuovi amici, in particolare Dash, che inizierà a provare qualcosa in più nei confronti della ragazza. Dopo l'arrivo di nuovi e pericolosi nemici, il gruppo di ragazzi sarà costretto ad affrontare la minaccia, che potrebbe mettere in pericolo entrambi i mondi.
Salve! Allora, questa storia avevo in mente già da un po' di tempo di pubblicarla. Se piacerà abbastanza, allora la continuerò. Spero che vi piaccia, e buona lettura!
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sunny

Note d'Autrice: Salve a tutti! Ebbene sì, ho deciso di aggiornare proprio prima di partire per l'Irlanda, fatto che avverrà il 6. Quindi per due settimane non mi sentirete più, eh già. MA, c'è un ma. Dopo numerosi tentativi sono riuscita a crearmi un dannato account su Twitter. L'ho fatto soprattutto perché ho deciso che voglio avere un rapporto più profondo con i miei lettori e per poter interagire con voi. Quindi, per chi è interessato, mi può trovare con il nome Rain_of_Truth. Se mai decideste di seguirmi anche lì, potremo finalmente interagire in modo migliore e più diretto, potrete vedere in modo più comodo quando ho fatto un aggiornamento e farmi domande o darmi consigli. O cosa cavolo altro volete :D Mi farebbe molto piacere e mi darebbe un aiuto enorme per riuscire ad accontentarvi nel modo giusto! Detto questo vi lascio alla lettura, e ci rivediamo tra due settimane, belli!

***

Sunny
Non avete idea di quanto quegli ultimi giorni siano stati intensi e non proprio piacevoli. Non fui d’accordo con papà quando decise di tenere con sé una perfetta sconosciuta, ma credo che lui fosse sempre stato troppo buono per ignorare le richieste d’aiuto di qualcuno.
Inoltre, credo si sentisse già più a suo agio rispetto a quando partecipai allo scambio interculturale tra studenti, quando ero più piccola: andai nella regione di Holoska, e qui in casa arrivò un giovane orso bianco. Per due settimane, pa’ dovette lavorare tre volte più del solito per potersi permettere tutto quel pesce. Non che io stessi molto meglio. Mi era sempre piaciuto viaggiare, ma Holoska aveva un clima troppo rigido persino per me. È da quel momento che io non volli più sentir parlare di igloo e mio padre ripudiò il pesce. Ma forse sto divagando rispetto al discorso iniziale. 
Quella mattina mi ero alzata presto come al solito ed ero scesa in cucina per fare colazione con la mia famiglia. Stranamente, quel giorno Dash non stava stuzzicando Althea come gli era solito fare, ma era in silenzio a fissare il suo piatto. Qualche volta lanciava delle occhiate fugaci alla gatta, ma il suo sguardo ritornava inesorabilmente sul suo cibo intatto. Althea ascoltava distrattamente i dialoghi amichevoli che Emily cercava di imporle, la quale era decisa ad entrare nelle grazie della solitaria nuova arrivata in famiglia. Forse le chiacchere di mia sorella erano l’unica cosa che riusciva a dissipare leggermente l’aria tesa che c’era quella mattina in cucina. La sera prima avevo ascoltato di nascosto una conversazione tra i miei genitori e Althea. Discutevano di come le cose fossero degenerate in quella giornata e di come poterle risolvere. Althea si vergognava terribilmente di quello che aveva causato in città e per quello che aveva fatto alla gamba di Dash, soprattutto dopo che aveva lui cercato di salvarla. Non sembrava che volesse davvero trovare una soluzione per quanto aveva fatto, quanto più che volesse chiedere un consiglio implicito a qualcuno. 
-So che ho sbagliato tutto. Ma troverò un modo per farmi perdonare da tutti voi e di ripagarvi- aveva detto Althea e, da quanto ero riuscita a vedere, visto che ero nascosta dal muro, aveva il capo chino e lo sguardo basso. Riuscii quasi a percepire il sorriso dolce di mio padre.
-Se una delle faccende che ti preme è Dash, perché non vai a ringraziarlo?-
Dopo quella frase c’era stato un momento di esitazione da parte di Althea, quasi timida. -…Lo farò-.
Ma il silenzio che era regnato a tavola era la prova evidente che non lo aveva fatto. Se Dash era riuscito a stare zitto per tutto il tempo, voleva dire che neanche lui sapeva esattamente cosa fare. Tra l’altro, ero assolutamente certa che anche lui avesse origliato la conversazione. Comunque stessero le cose, non erano affari miei e non mi ci sarei dovuta immischiare. Emily, al contrario, sembrava essere molto interessata. Aveva continuato a tartassare suo fratello e la gatta di domande, visto che quel giorno erano i più silenziosi a tavola. E visto la scarsa delicatezza di mia sorella, le sue domande erano state molto chiare ed esplicite nel loro genere. 
-Non è che voi due avete fatto insieme qualcosa di cui non volete parlarci?- aveva chiesto molto, molto ingenuamente Emily ad un certo punto, con un sorrisetto sulle labbra. Dopo aver sentito questo Althea si era bloccata, sbarrando gli occhi e tenendo le spalle più dritte e rigide del solito. Si era alzata violentemente, facendo strisciare con violenza le gambe della sedia, provocando un gran fracasso e rischiando di farla cadere. Era uscita a grandi passi dalla cucina, pestando con forza i piedi mentre saliva le scale. Poco dopo sentimmo la porta della sua camera sbattere e la serratura scattare, segno che si era chiusa a chiave dentro. Dash aveva sospirato, scuotendo la testa e poggiandosela sul palmo della mano mentre rivolgeva ad Emily un’occhiata piena di stizza. Dopo aver assistito a questi dialoghi muti apparentemente segreti e ai tentativi falliti di mia madre di alleggerire in qualche modo l‘atmosfera, sono uscita di casa per dirigermi in un luogo più consono alle mie necessità: Blue Ridge City. Ed era proprio lì che mi ritrovavo in quel momento, mentre ripensavo a tutti gli avvenimenti accaduti quella mattina. 
-Desiderate altro, signori?- chiesi ad un cliente abituale seduto insieme alla sua compagna ad un tavolo del ristorantino in cui lavoravo mentre tenevo abilmente in mano taccuino, penna e un piatto da portare a lavare nelle cucine insieme ad un calice che puzzava di vino.
-No, la ringrazio signorina. Però potrebbe portarci due caffè per favore?-.
-Certamente, arrivano-. Mi dileguai velocemente, visto il pieno di clienti di quella giornata soleggiata. Mentre mi stavo dirigendo verso le cucine, sentii qualcosa di una consistenza appiccicosa colpirmi la schiena. Quando mi girai vidi, tra i vari tavoli, uno con un gruppetto di sei ragazzini, quattro dei quali rimanevano seri, o quantomeno ci provavano, mentre gli ultimi due se la sghignazzavano per motivi a me sconosciuti. Non che una che faceva il mio mestiere potesse interessarsi ad ogni discorso che facevano i suoi clienti. Delle persone ai tavoli vicini mi guardarono in attesa di una reazione, uno strillo, qualsiasi cosa. Tirai fuori uno dei miei migliori sorrisi e mi rivolsi al gruppo di ragazzini.
-Desiderate?- chiesi con tono quasi smielato. Uno dei ragazzi guardò divertito quello che sembrava il più vecchio fra di loro, un massiccio husky marrone che avrà potuto avere al massimo quindici anni.
-Ci potresti portare un altro dolce per favore? Come puoi vedere, il mio mi è caduto per sbaglio- disse con fare fintamente teatrale e appoggiandosi allo schienale della sedia su cui era seduto con aria sbruffona. Uno dei suoi amici scoppiò a ridere, cercando di coprirsi la bocca. 
Sorrisi nuovamente, annuendo. -Subito-. Mi diressi il più velocemente possibile in cucina e strinsi i denti e pugni, cercando di trattenere il senso di rabbia furente e di disagio che mi aveva attanagliato. Portai gli ordini che avevo ricevuto al bancone, e dopo qualche minuto ricevetti il cibo. 
-E sentiamo, cosa ti avrebbero fatto?- sentii dire da una voce maschile e leggermente roca che ormai riconoscevo fin troppo bene. Vi presento Jorge, il cuoco. Era raro trovare un ristoratore con una pazienza come la sua che riuscisse a far andare avanti un ristorante nella maniera giusta. Nel senso che, se ce n’erano altri, io non li avevo mi incontrati.
Oh, ti prego, lasciamo perdere. Ero andata giusto ieri a ritirarli dalla lavanderia, non posso credere che mi abbiano lanciato il dessert addosso-. 
-Sono ragazzini, un giorno capiranno che hanno fatto una cavolata. Diciamo che lo faranno quando avrai circa vent’anni e ti sbaveranno dietro-. 
-Uff…sì, ma anch’io sono una ragazzina se guardiamo la loro età media…- 
-Vero. Beh, mettila così: sono anche clienti. Non ti arrabbiare, persone così ci sono ovunque, non solo qui-. Mi passò il piatto con il dolce, rivolgendomi uno dei suoi tipici sorrisi in cui c’era nascosto un implicito augurio di mantenere la calma, se volevo tenermi il lavoro. Ho detto che era paziente, non perfetto. 
-Già… ok, augurami buona fortuna-. 
-Tu non ne hai bisogno, Sunny. Lo sai bene. Ora sbrigati, non voglio perdere clienti! Forza, va’!- Mi affrettai a raggiungere quel tavolo pieno di cani rognosi, così da poter servire qualcuno un po’ più civile. Appoggiai delicatamente il piatto al centro del tavolo.
-Grazie cara- sghignazzò un membro di quella banda di mocciosi con un tono da anziano. I suoi amici ridacchiarono compiaciuti, scrutandomi. E io che avevo sempre creduto che Dash fosse un immaturo con le ragazze… ci sarà stato effettivamente un motivo se in diciassette anni di vita ce ne aveva portate a conoscere a casa solamente un paio.
Mi voltai e mi allontanai con passo svelto. Ma quando fui sul punto di sparecchiare uno dei tavoli da cui si era appena alzati dei clienti, sentii di nuovo qualcosa scontrarsi contro la mia schiena. Mi voltai di scatto, senza riuscire a reprimere un esclamazione scocciata, e mi ritrovai davanti di nuovo i visi dei ragazzi che mi ridevano in faccia, guardandomi con una certa soddisfazione. Riuscii però a reprimere tutto il resto. Mi voltai nuovamente e cercai di pensare alla grassa giornata di quel giorno, piena di clienti che volevano essere  serviti e che mi avrebbe permesso di guadagnare un po’ per conto mio.
Quel giorno Jorge mi aveva liberato un po’ prima del solito. Chissà cosa lo aveva spinto a farlo. Mi piaceva pensare che lo avesse fatto perché aveva capito ciò che era successo. Era questo che lo rendeva speciale: capire quando un dipendente non rende più abbastanza in certe giornate. Inoltre, aveva abbastanza personale da poter continuare senza di me, almeno quel giorno, senza doverlo necessariamente licenziare in blocco. Non era da me prendermela così tanto, non che lo avessi dato a vedere, ma lui poteva leggere gli stati d’animo delle persone, cosa che lo rendeva un grande imprenditore. Ma credo di aver speso davvero troppe parole parlando di lui, per quanto se lo meriti. Ora tocca a me.

***
Cercai di mantenere il braccio teso senza farlo tremare e scoccai la freccia, mandandola a conficcarsi all’estremo del bersaglio.
-Maledizione…- ringhiai.
-Oggi non sembri proprio in forma o sbaglio?- La voce che mi aveva fatto questa domanda apparteneva ad uno dei ragazzi che spesso incontravo mentre facevo l’attività che più preferivo: il tiro con l’arco. Comunque si chiamava Robin. Non era malaccio. Pensavo che di li a qualche tempo mi avrebbe chiesto probabilmente di uscire, ma rimaneva  il fatto che restava inferiore a me con l’arco. 
-Ho avuto una giornataccia, ma poteva andare peggio-. 
-Forse. Ma con le prestazioni che stai dimostrando ora la stai effettivamente facendo andare peggio- disse con tono presuntuoso ma ironico, tipico di lui.
Estrassi un’altra freccia dalla faretra e la tirai, ma questa volta mancai addirittura il bersaglio. Reclinai la testa verso l’alto, ma mi voltai subito e sentii un lamento da dietro di me. 
-Aaah Dio! Il mio occhio!- Preferii non girarmi, limitandomi a fare una smorfia di dolore. Robin osservò la scena mostrando un’espressione disgustata e serrando la mascella, inspirando sonoramente fra i denti.
-Uhh… quello deve aver fatto male- mormorò arricciando il naso. Poi si rimise a guardarmi. 
-Oggi va proprio tutto da schifo- sputai, aumentando la presa che avevo sull’arco. Robin ridacchiò, stringendosi nelle spalle. 
-Guarda il lato positivo: la tua giornata sarà sempre migliore di quella di quel tizio- disse, indicando con un dito nella direzione in cui si era sentita quell’esclamazione di dolore. Roteai gli occhi e gemetti, rivolgendogli un’occhiata scocciata. 
-Taci Robin-.
-Sei davvero inconsolabile oggi, eh?- rise lui, scuotendo la testa. Poi il suo sguardo si illuminò, e mi fissò con un accenno di malizia sbarazzina. -Ti va di fare una scommessa?-
Le mie orecchie si alzarono inconsapevolmente, e mi voltai a guardarlo con un vago interesse. -Che genere di scommessa?-  
Lui piegò le labbra in un sorriso soddisfatto e mi fece cenno con la testa verso il bersaglio. -Se conficchi almeno una freccia esattamente al centro ti offro un caffè-. 
-Macchiato?- chiesi con un accenno di sarcasmo.
-Macchiato. O come cavolo lo preferisci-.
Presi una freccia dalla faretra e me la feci roteare tra le dita, pregustando già una vittoria. -E se manco il bersaglio?-
Robin sorrise con malizia, mentre cercava di mostrarsi abbastanza rilassato. -Hai programmi per domani sera?- mi chiese, mentre la voce lo abbandonò per un attimo dalla sua solita decisione. 
Alzai un sopracciglio e socchiusi gli occhi, incrociando le braccia al petto. Un appuntamento? Con lui? Una persona che consideravo al massimo come un mio “amichevole conoscente”? E poi non potevo crederci che ci stesse davvero provando in quel modo. Ma decisi di stare al gioco. Tanto, cosa avevo da perdere se non un po’ di dignità?
-Be’ Rob…- Mi grattai una guancia e mi posai una mano sul fianco, divertendomi nello stuzzicarlo in quel modo così crudele e forse un po’ sadico da parte mia. Decisamente un comportamento che non mi rispecchiava. Mi bacchettai delicatamente la punta della freccia sul labbro inferiore, ghignando con fare sbarazzino. -E va bene, ci sto-.
Mi girai verso i bersagli, prendendo subito posizione con le braccia. La corda era  già tesa, e la freccia tirava così tanto che sembrava non vedere l’ora di avventarsi contro la sua preda. 
-Sei sicura di potercela fare?- domandò Robin, forse in un tentativo di distrarmi così da poter aumentare le sue possibilità di incassare la scommessa. Di tutta risposta indietreggiai di cinque passi, aumentando la distanza. 
-Come preferisci…- mormorò. Chiusi l’occhio sinistro, stringendolo tra le palpebre mentre focalizzavo il mio obiettivo. La freccia scivolò rapidamente dalle mie dita, andando a scontrarsi contro la mia vittima. Colpii il contorno esterno del marchio centrale del bersaglio. Robin sospirò frustrato. -Ok, hai vinto-. 
Non mi voltai a guardarlo e incoccai un’altra freccia. Non era un centro perfetto quello che avevo fatto. Mi concentrai nuovamente e solo pochi secondi dopo un’altra freccia schizzò dall’arco contro il bersaglio, colpendolo esattamente dove volevo io. Quello era un centro perfetto.  Senza neanche fermarmi, scoccai in sequenza un altro dardo.
Centro. Tre colpi. Tre andati a segno. 
Solo allora mi ritenni davvero soddisfatta. Mi feci passare l’arma sopra la testa e me la misi in spalla. Poi mi voltai sorridente verso il ragazzo dietro di me, che mi guardava in un misto di stupore e delusione.
-Mi devi tre caffè-.  

***
Mi ero ormai incamminata verso casa, dopo aver vissuto quella controversa giornata. Mi era dispiaciuto lasciare Robin così deluso, ma una scommessa è sempre una scommessa. Pensai che forse, un giorno, gliela avrei concessa comunque una possibilità. Mi era sempre sembrato un bravo ragazzo e credevo che anche i miei avrebbero pensato lo stesso. Varcai la porta di casa, solo per percepire che un innaturale silenzio aleggiava in essa. 
Mia madre non mi salutò nemmeno. -Ciao anche a te mamma, la tua giornata com’è andata invece?- Lei si girò di scatto. 
-Ah! Ciao Sunny! Scusami, non mi ero accorta del tuo arrivo-. Mia madre tendeva ad essere sbadata e con la testa tra le nuvole, ma stavolta la sua faccia, a chi la guardava, poteva far pensare che avesse perso ogni contatto con il nostro mondo. 
-Si può sapere che cosa ti prende? Sono rimasta a fissarti per tre minuti esatti senza che tu ti accorgessi di nulla. Sul serio, li ho contati-. 
-Mi dispiace Sunny. È solo che non posso fare a meno di pensare a quei due. So di essere un’impicciona e che sono abbastanza grandi da risolversela da soli, ma è nella mia natura impicciarmi negli affari altrui!- 
-Ancora non si sono parlati!?- 
-No. Althea sembra avere la criniera alzata tanto è tesa, mentre Dash è come appallottolato su sé stesso. Mi spiace per loro-. Un po’ dispiaceva anche a me per quei due, ma ero più discreta di mia madre e decisi quindi di ritirarmi. 
-Anche a me, ma ora sono esausta. È  stata una giornata pesante oggi, ci sentiamo dopo. Vado nella mia stanza-. 
-Ok, a dopo!-
 Salii i gradini delle scale zampettandoci velocemente sopra. Quando passai davanti alle camere di Dash e di Althea, l’unica cosa che sentii fu un silenzio di tomba. La cosa mi inquietò leggermente. La mia non era mai stata una casa tranquilla, e non sentir volare una mosca per i suoi corridoi era quasi spaventoso. Ero quasi certa che Althea non avesse messo piede fuori dalla sua stanza da quella mattina pur di non incontrare l’individuo causa del suo nervosismo. E ora che ci prestavo attenzione, riuscivo a sentire un debole mormorio provenire dalla stanza di Dash. O si stava preparando il discorso con cui affrontare l’argomento tanto temuto sia da lui che dalla gatta, o era impazzito e aveva cominciato a parlare da solo. Non sapevo quale possibilità ritenere più attendibile. Decisi di sorvolare su quelli che non erano affari miei e mi diressi nella mia camera. Che per mia sfortuna condividevo con Emily. Quando aprii la porta, per fortuna notai che di mia sorella non c’era ancora traccia, quindi mi buttai violentemente sul mio letto e mi ci stravaccai sopra. 
Scalciai via le scarpe e mi rannicchiai contro il cuscino. Guardai per un attimo di fianco a me, e notai lo specchio nella parte di stanza di Emily. Mi alzai e mi ci posizionai davanti. Il mio riflesso mi innervosiva. Non avevo un minimo di fisico. Persino mia sorella minore aveva le curve più pronunciate delle mie. Il mio corpo era… strano. Sportivo, elastico, forse leggermente muscoloso. Assolutamente niente che mi facesse sentire in sintonia con le persone della mia età. Non ero femminile, non ero elegante e non ero raffinata. Ma non mi sentivo esattamente a disagio per questo. Più che altro mi infastidiva. Ma forse era il mio ego a impedirmi di farmici riflettere sopra. Forse era il mio stesso ego che mi impediva di avere dei veri rapporti con qualcuno. Chiunque mi stesse vicino e chiunque cercasse di conoscermi… credo non riuscisse davvero a farsi un’idea precisa della persona che aveva davanti. C’è chi mi vedeva come la ragazza più solare e simpatica che ci fosse. Altri percepivano una certa insicurezza in me, anche se non avevo mai cercato di ostentarla, anzi, la nascondevo come meglio potevo, tenendola occultata dentro al mio spirito. Robin…non ho mai capito che cosa provasse. Credo che mi considerasse una cara amica, potevo sentirlo. Quel giorno però, è stato come se si fosse tolto un peso, come se avesse cercato di dirmi che non ero solo un’amica. Ma io non… credo di aver provato le stesse cose. Come ho già detto, era un amichevole conoscente. Forse, non c’era davvero qualcuno che riuscissi a sentire abbastanza vicino a me da poterlo chiamare “amico” o “amica”. Certo non mi relegavo in casa a giocare a videogiochi e browser game tutto il giorno, ma forse mi sentivo persino più sola di quella categoria di persone. Uscivo, facevo quello che mi piaceva, ma in qualche modo ero sola. Io volevo trovare qualcuno che mi capisse davvero. Non mi interessava se quella persona sarebbe stata identica a me o completamente diversa. Volevo qualcuno che portasse delle emozioni nella mia vita, non mi importava se queste fossero state positive o negative.
Volevo un amico. Che mi avrebbe accettato, che mi avrebbe fatto divertire, piangere, ridere, infuriare. Volevo qualcuno che mi facesse davvero sentireviva. Forse era una cosa sbagliata ricercare delle emozioni che mi avrebbero potuto far soffrire quando si ha una vita pressoché perfetta. Infondo, questa è una cosa che mi ha sempre fatto disgusto. La perfezione… la perfezione non esiste. Nessuno è perfetto. Chi crede di esserlo è solo un arrogante megalomane. Io non ricercavo la perfezione. 
Io ricercavo il difetto. Il difetto nell’incanto.

 ***
Charmy
Ci sono cose nella vita che si apprezzano più di altre. Finire di svolgere un lavoro importante anziché posticiparlo continuamente è una di queste. Imparare a fare cose nuove ogni giorno è un altro ottimo esempio. Per me, tuttavia, le cose risultano molto più semplici. Avere un lavoro da fare e non farlo? Sìììì... veramente fantastico. Non era la prima volta che Vector mi dava un lavoro da fare. Non era la prima volta che lo evitavo come la peste. Dovevo andare a ritirare i suoi vestiti in lavanderia. Se per “vestiti” si intendono i suoi guanti e le sue scarpe, ben inteso. Supposi che avrebbe potuto sopravvivere per un po’ anche con quelli di riserva. Infatti ero lì, sul tetto dell’edificio, a leggere il mio romanzo di culto preferito:“Dr.Slump e Arale”, che come poche altre cose al mondo riusciva a mettere in movimento le cellule cerebrali. Un capolavoro, ancora enfatizzato se letto, come quel giorno, sotto il sole, in una giornata serena come quella. Alzai per un attimo gli occhi dal manga e mi venne quasi un infarto.
-Ciao Charmy-. Espio mi guardava con fare scocciato, a braccia incrociate. Mi portai una mano sul petto, cercando di capire se il cuore fosse ancora nel pieno della sua funzionalità.
-Devi smetterla di apparirmi davanti in questo modo- ansimai. -E poi come facevi a sapere che ero sul tetto?-
Lui mi sorrise con fare canzonatorio. -Ho i miei metodi. E tu non avevi un lavoro da fare?-
-Sì, certo. Stavo giusto per andare-. 
Alzò un sopracciglio. -Ne sono sicuro…- borbottò. -Comunque. Vector ti vuole parlare, quindi è meglio che ti dia una mossa-.
Io grugnii, reclinando all’indietro la testa. -Non potresti dirgli che ho da fare? Tra cinque minuti sono da lui- farfugliai, ricominciando a leggere subito dopo, come se nulla fosse successo. 
Espio sospirò sonoramente. -Slump e Midori si sposano alla fine del capitolo-.
Il manoscritto mi scivolò inconsapevolmente dalle mani. -Oh, stai scherzando. E come fai a sapere in che punto…-
-Ho i miei metodi. Vai-.
Mi alzai da terra con un mugolio svogliato e mi avviai verso la scala che portava in soffitta. Espio mi parò una mano davanti. 
-A-ah-. Fece un cenno verso il mio prezioso manga. -Il fumetto-. 

***
Bussai alla porta dell’ufficio di Vector e aprii lentamente la porta, infilando la testa all’interno della stanza. 
-Heilà?- 
-Sbrigati Charmy- ringhiò la voce scura del mio amico coccodrillo. 
-Calma amico! Come mai sei così nervoso? Vanilla ti ha dato buca per la cena di stasera?-
Vector si alzò di scatto dalla poltrona dietro la sua scrivania. -Vanilla non c’entra niente in questa storia, lo sai benissimo!- strillò. ‘’Wow… nervosetto oggi il rettile.’’
-Sei tu quello che mi fa uscire di testa!- Spostò bruscamente la sua tanto amata sedia girevole nera e mi si piazzò davanti. -Sei in assoluto la persona più irresponsabile che conosca. Ogni volta che ti affido un incarico o lo rimandi, o non lo fai proprio. Se non ci fossero Cream ed Espio questo posto sarebbe già allo sbando! Ho dovuto mandare Espio a ritirare la roba in lavanderia, ti rendi conto? Espio!-
-Ad essere completamente sinceri, quella sarebbe la tua roba- ridacchiai.
Vector mugugnò infuriato, camminando nervosamente per tutta la stanza. -Si può sapere come…-
‘’Bla, bla, bla. Sempre la solita ramanzina. Ma non l’ha capito che non lo sto più ascoltando? Sto già pensando in quale posizione sdraiarmi quando ritornerò sul tetto. A proposito… chissà come faceva Espio a sapere come finiva il fumetto. Non lo avrà mica…”
-Mi stai ascoltando sì o no?!- urlò Vector sbattendo un pugno sul muro. Poi scosse desolato la testa. -Mi hai stufato. Ti ho chiamato nel mio ufficio per dirti che Gibson ci ha invitati a tornare di nuovo alla base oggi-. 
-Davvero? Finalmente! Se sarà semplice come la scorsa volta, non avremo problemi-.
-L’altra volta ti hanno quasi ucciso-. Si sedette con un tonfo sulla sedia, facendomi gesto di uscire. -Vai a chiamare Cream e poi andiamo-.
-Ed Espio?-
-Sono sicuro che sappia già dove dobbiamo andare. Ora datti una mossa e vai a fare almeno questo-. Annuii in risposta e uscii dalla stanza. Ma riuscii a sentire Vector mentre borbottava un ultimo: Dove ho sbagliato con lui?

***
Sbadigliai sonoramente, affondando nel sedile posteriore dell’auto. 
-Siamo arrivati?- chiesi a Vector, aspettandomi la sua tipica risposta. 
-No-. 
-Oh…- Rimasi deluso da ciò che mi disse. Saremmo dovuti andare a piedi, sarebbe stato più divertente. 
-Siamo arrivati?- chiesi dopo venti secondi di assoluto silenzio da parte di Cream e Vector. 
-No-. 
-…Siamo arrivati?-
-No…!- 
-Sia…- 
-Ascoltami bene Charmy, finisci quella frase e ti faccio scendere dalla Vector-mobile, e ti continui il viaggio fino in centro a piedi!- urlò lui, furioso come raramente l’ho visto. Ci fu un silenzio di tomba per un minuto circa. -…Siamo arrivati?- Oltre a Vector, anche Cream mi rispose con decisione. -No!- 
Sentii una voce alla mia sinistra lamentarsi in maniera non usuale. Era Espio, che fino a pochi secondi prima non si trovava accanto a me. 
-Dio, no! Non siamo ancora arrivati, sta zitto Charmy, chiudi la bocca!- urlò. Non risposi per diversi istanti, poi replicai. -…Quando sei arrivato qui?- 
-Uff…- Fu uno sbuffo la sua risposta. 
-Piaciuto il fumetto?- sghignazzai, ricevendo in cambio solo un mugolio pieno di aggressività.
-Ehi, siamo arrivati?- chiesi un’altra volta. 
-Sì-. Vector si slacciò velocemente la cintura, stizzito. -Giù dalla macchina. Pensavo di offrire un caffè a tutti, ma mi si è chiuso lo stomaco-. 
-Offrire un caffè a tutti? È un pensiero molto gentile, considerando che avresti dovuto rinunciare alle spese delle prossime settimane per farlo. Ti ringrazio a nome di tutti-. Ci dirigemmo nuovamente verso quel grosso edificio, pronti al nostro nuovo colloquio con quell’infido uomo. 
Vector si fermò per un attimo a guardare la base davanti a noi, poi si voltò, guardandoci con della determinazione pura negli occhi. -Ok ragazzi, sapete come funziona. Voi zitti, io parlo-. 
Mi sentii di intervenire anche quella volta. -Vector, non credi che potrei parlare io stavolta?- Prima di passo spedito, il gruppo rallentò leggermente il proprio andamento. 
-No-.La risposta, anche se ritardata, fu secca e unanime da parte di Vector e Espio. 
-Cosa?! Perché no?- 
-Due parole: Banca. Rotta.- 
Cream non ci mise molto ad intromettersi nella conversazione. -In teoria hai appena separato un’unica parola di uso comune in due diverse, anche se, grammaticalmente, sono effettivamente parole differenti…- 
-Dopo, Cream-  replicò il capo.
-Oh, ti prego Vector, lo sai che scherzavo prima. Voglio solo provarti le mie capacità. Non potresti darmi fiducia? Ti prego-. 
-Charmy. Io ti rispetto molto, sei un amico e un collaboratore, ma… c’è un ma…ti lascerò gestire una faccenda così complicata solo quando vedrò il buon Dio che balla il moonwalk. Capito il concetto?-. Incrociai le braccia al petto e misi il broncio migliore di cui fui capace. Vector scosse la testa ridacchiando e ricominciò a camminare. 
-Il trucco del broncio non funziona più da quando hai superato i quattordici anni-.
Sbuffai scocciato. -Un giorno dovrai pur lasciarmi le redini dell’agenzia! Sai, quando sarai vecchio, la pelle comincerà a diventarti giallognola e a penderti dalle braccia e le scaglie a diventare ruvide... cose che succederanno quando arriverai ai cinquant’anni. Cioè tra non molto-.
Il coccodrillo si voltò di scatto. -A cinquant’anni non si è ‘’vecchi’’! Si diventa solo maturi!- strillò. Si mise i pugni sui fianchi, alzando il mento e sorridendo sornione. -E alle donne piacciono gli uomini maturi-.
Cream si sbatté una mano in faccia, mugolando un verso imbarazzato. -Vector, ti prego…-
Il nostro capo si fece un grassa risata. -Visto? Per esempio, Vanilla esce con me per il mio fascino-. "Ti prego, fai che non ricominci questa storiaÈ imbarazzante quasi quanto quando gli ho chiesto come nascono i bambini". Poi si rivolse nuovamente a me. -Comunque sia, la risposta è no, Charmy. Mentre parlo con Gibson devi stare muto-. Io e il resto della comitiva ricominciammo a camminare verso il nostro obbiettivo, ma non riuscii a nascondere una punta di delusione dopo le parole di Vector. Tenni lo sguardo rivolto verso il terreno. Mi considerava davvero in quel modo così scadente? Sentii qualcuno darmi un colpetto sul braccio. Alzai gli occhi e vidi Cream sorridermi allegra. 
-Sai, penso che ci siano momenti, come questo per esempio, in cui avresti bisogno del gadget più potente e utile che esista al mondo-. Lei sospirò, quasi fingendosi addolorata. -Purtroppo io non sono in grado di fornirtelo-. 
Alzai un sopracciglio, sorridendole di rimando. -Cioè?-
Lei ridacchiò con fare furbetto, socchiudendo le palpebre con un fare che mi sembrò terribilmente seducente. -Il buonsenso-.
Sbuffai come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo e mi battei fieramente un pugno sul petto. -Non preoccuparti Bambolina, non ne ho bisogno- dissi con tono virile. Cream rise allegramente, scuotendo con aria falsamente esasperata la testa.
Qualche metro davanti a noi, Vector ed Espio si trattennero a malapena dallo scoppiare a ridere. -Datevi una mossa voi due- ordinò Vector con voce più acuta del solito a causa delle risate trattenute. -Abbiamo un colloquio che ci aspetta!- 
Una volta dentro alla Base, nulla era cambiato rispetto all’ultima volta in cui ci eravamo stati: grosso edificio, persone impegnate, ciao. Una volta alla reception, Vector aveva ovviamente in mente di parlare per primo. Il mio inequivocabile talento nel non-ascoltarlo tuttavia, stava per prendere nuovamente il sopravvento. Finché non mi resi conto che, malgrado le mie corde vocali si stessero sforzando e tendendo, dalla mia bocca non usciva una parola. Dapprima pensai al nervosismo. Poi mi guardai in giro. Vidi Cream che mi salutò vivacemente e dietro di lei Espio, che stava facendo degli strani segni con le mani mentre pronunciava sottovoce parole a me incomprensibili. 
-La ringrazio, signorina- concluse infine il nostro capo prima di farci segno con la mano di dirigerci verso l’ascensore. Nel corso della camminata, chiesi spiegazioni per l’accaduto. 
-Da quando hai imparato quella tecnica?- 
-Da un po’- rispose Espio, che come sempre manteneva il riserbo su tutte le risposte che dava a chiunque. 
-Ma…perché?!- 
-Perché sapevo che avresti cercato di intrometterti, Maia-. 
-Non osare…!- La mia voce si bloccò nuovamente, mentre Espio ripeteva quella tecnica Ninja. -…Smettila subito! Sembra che tu l’abbia inventata solo per me!- 
-No. In certi casi bisogna tirare fuori la propria abilità persuasiva per far parlare le persone. Altre volte si rivela necessario chiuder loro la bocca-. 
‘’Touché, Espio. Per stavolta. Sto leggendo anche Naruto, e quando avrò imparato lo Sharingan te la farò vedere. Preparati. Io conquisterò il mondo. Io, Charmy, sarò l’imperatore più potente che…’’
-
Charmy, premi il maledetto pulsante dell’ascensore!- gridò Vector. 
-Sì, capo!- E mentre nelle nostre orecchie scorreva sinuosamente il suono della musica da ascensore, sapevo che, forse, non ero davvero ancora pronto a dialogare con quell’uomo dagli occhi di ghiaccio. Per ora.

***
Vector
Dopo aver ottenuto il permesso di poter ricevere Gibson e dopo aver bussato alla porta del suo ufficio, entrammo.
-Buongiorno signori-. L’alta e slanciata figura del Comandante ci accolse in quella stanza fredda e quasi sterile, molto diversa dalle camere disordinate della nostra agenzia.
-Buongiorno Comandante-. Davanti alla sua scrivania erano posizionate quattro sedie sulle quali io e la mia squadra ci sedemmo immediatamente. Passò un minuto buono in cui, tranne Charmy, non volò una mosca, nel quale Gibson continuò a leggere con indifferenza delle scartoffie piene di appunti. Lanciai delle rapide occhiate ai miei compagni, che sembravano spaesati quanto me. Charmy stava già muovendo nervosamente le gambe, snervato dall’attesa. Avevo il terrore che di li a poco avrebbe cominciato a parlare.
-Ovviamente vi starete chiedendo il perché della vostra convocazione qui- proruppe Gibson dopo un paio di minuti.
-È ovvio…- mormorò Charmy sottovoce, emettendo un sussulto di dolore subito dopo.
-Lo scusi, Comandante-. Il tono angelico con cui Cream disse quella frase era la prova evidente che era stata lei a tirare un calcio all’ape. Gibson si alzò dalla sua poltrona, incrociando le mani dietro la schiena e osservando con sguardo vacuo fuori dalla finestra. Con la luce proveniente dall’esterno puntata sul volto, riuscii a notare quanto i suoi lineamenti fossero tesi e le rughe d’espressione pronunciate.
-Altre due delle nostre basi sono state attaccate- disse. L’aria già tesa della stanza sembrò appesantirsi ancora di più. Riuscivo persino a sentire il lieve ticchettio delle lancette dell’orologio appeso al muro. -Sono stati rubati altri due Smeraldi. Abbiamo esaminato il luogo dell’accaduto e abbiamo constatato che le caratteristiche di questi due attacchi coincidono con quello precedentemente avvenuto-.
Gibson ruotò lievemente la testa, scrutandoci tutti attentamente. -Quindi, sono state ritrovate anche le stesse munizioni di cui vi avevo già parlato. Ma questa volta c’è di più-. 
Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. -Spero che vi ricordiate del nostro ospite, Nack-. Io annuii, spronandolo a continuare. -Bene. Diciamo che abbiamo trovato un compromesso con lui-.
-Sarebbe?- chiese Espio.
-Una riduzione della pena in cambio della lista di tutti i suoi clienti. Ha accettato, così ora siamo in possesso dei suoi contatti. E siamo venuti a conoscenza del fatto che soltanto una manciata di tutti i suoi abituali clienti hanno comprato quel tipo di munizioni. Abbiamo trovato il maggiore acquirente tra di essi-. Ci fece cenno ai fogli presenti sulla scrivania. Cream iniziò a leggerli velocemente, prima di fermarsi di scatto.
-Eggman?!-esclamò.
-Sì, lui.- Persino Charmy si zittì.
-Qual è il nostro compito a riguardo?- chiesi.
-È molto semplice: trovatelo.- Ci fu un ALTRO attimo di silenzio, il che cominciava a diventare tedioso, considerando che questa storia ne è piena. 
-…tutto qui?- 
-Sì. Cioè indagare, interrogare testimoni, trovarlo, picchiarlo, le cose che fate di solito-. 
-Sentendo questo mi viene il sospetto che Nack non vi abbia detto nulla riguardo la posizione attuale del Dottore-. 
-È ovvio. Non credo che quei due abbiano contrattato nel covo segreto di Robotnik. E anche se così fosse, è possibile che l’abbia cambiato. E se per caso non fosse il Dottore il colpevole, voglio che mi troviate chi c’è dietro tutto questo schifo. Dopo che lo avrete fatto riceverete il resto della ricompensa-. Dopo che ci ebbe ordinato quale sarebbe stato il nostro incarico, io e i miei ragazzi gli stringemmo la mano e ci congedammo.
-Se c’è Robotnik dietro tutto questo vuol dire che stiamo andando incontro a qualcosa di grosso- rifletté Cream preoccupata. 
-Naah, non credo ci sia da preoccuparsi molto- risi, cercando di tranquillizzarla.
-Infondo stiamo sempre parlando di Eggman, no? L’uomo che cattura adorabili animaletti per costruire robot altrettanto adorabili- disse Charmy, cercando di dissipare la tensione. 
Espio incrociò le braccia al petto, fissando preoccupato il suolo. -L’uomo che pur di raggiungere il suo obbiettivo ha diviso in più parti il pianeta-.
Dopo che lo ebbe detto, nessuno di noi ebbe più il coraggio di aprire bocca. Non c’era nient’altro che potessimo dire. Per quanto evitassimo di parlarne esplicitamente, eravamo tutti in pericolo in quel momento. 

***
Espio
Mi sentivo strano. Era così da qualche tempo. Ero consapevole del fatto che stesse per succedere qualcosa. Non sapevo quando. Non sapevo come. Ma stava per succedere. Stavo meditando sul pavimento della mia stanza nel bel mezzo della notte. Era una cosa che mi faceva rilassare, che mi distendeva i nervi. Quello era un periodo in cui il mio animo era inquieto, ma la meditazione mi faceva ritrovare la pace che tanto avevo agognato in giovinezza. Però qualcosa era cambiato quella notte. Non riuscii a ritrovare il sonno perduto né a calmare il battito frenetico e irrequieto del cuore. Avevo paura che tutti i miei presentimenti fossero fondati.
Un improvviso scricchiolio secco risuonò all’interno della stanza, facendomi sobbalzare. Lanciai rapidamente degli shuriken in direzione di quello strano suono e immediatamente il rumore del metallo conficcato nel mio obbiettivo mi riempì le orecchie. Riaprii gli occhi e notai con mio grande sollievo che il mio nemico non era un qualcosa di vivo, ma uno dei bersagli che si attivavano ogni decina di minuti che aveva creato Cream appositamente per i miei allenamenti. Solitamente li utilizzavo quando Charmy non era nei paraggi.
Tirai un sospiro di sollievo. ‘’Seriamente, hai bisogno di calmarti. Torna a meditare e poi vattene a dormire’’. Abbassai nuovamente le palpebre. Calmati. Inspira. Espira. Rilassati. Strinsi con più decisione il tomo che tenevo nella mano sinistra e chiusi a pugno la mano destra, lasciando alzati l’indice e il medio e posizionandola davanti al mio muso. ‘’Rilassati…’’. Poi spostai la mano verso l’elsa di una delle mie due spade. Un’altra azione che solitamente mi rilassava. Le mie spade erano come le due facce di una stessa moneta. Una di queste apparteneva al mio clan, che mi venne donata dopo che dimostrai il mio valore. Poco tempo dopo decisi di lasciare il luogo in cui ero nato, dopo che mi resi conto che il mio posto non poteva limitarsi ad un piccolo villaggio e che non era quello il luogo in cui i miei tormenti avrebbero avuto fine. Gli abitanti chiamavano quell’arma “Reiseina”. Ero un giovane impulsivo allora, perciò ci misi un po’ di tempo per imparare ad usarla. Ma ero inevitabilmente attratto dallo splendore argenteo di quell’arma che per me, in realtà, era sempre stata più una compagna. Si diceva che fosse talmente potente che persino la roccia più spessa potesse essere tagliata come burro sotto la sua potenza. Questo se la si sa usare. E io la sapevo usare. La modernità della seconda contrastava con le antiche origini della prima. Era stata Cream a forgiarla per me. Non avevo la più pallida idea di come avesse fatto, ma so per certo che il materiale di cui era composta era principalmente metallo di Ring, da cui era dovuto il suo colorito dorato. Straordinariamente, non era meno forte di Reiseina. Erano come oro e argento. Mi piaceva chiamarla “Ring Sword”. Entrambe le lame riposavano all’interno delle loro else e, grazie ad un meccanismo retrattile ad alta velocità grazie al quale, se si faceva pressione su di un piccolo pulsante, esse si mostravano.
Poi, il lievissimo cigolio di una trave di legno. Estrassi la katana al mio fianco e a sfoderai dall'elsa, puntandola verso la porta. Questa volta, quando riaprii gli occhi, mi ritrovai davanti Vector con le mani protese davanti a lui, mentre guardava terrorizzato la lama vicino alla sua gola.
-Calma amico, sono io- disse sottovoce. Il suo sguardo si rivolse alla mia mano sinistra. -Ehi, è un fumetto quello?- Chiusi di scatto il giornalino, gemendo innervosito. 
-Perché sei venuto qui?-
-Cream mi ha mandato a svegliarvi tutti. Dice di aver fatto una scoperta e di volerci parlare-. Annuii, alzandomi dal terreno. 
-Ok. Arrivo-.
Quando arrivai nel salotto della nostra piccola agenzia, la prima cosa che vidi fu la gracile figura di Cream seduta su una sedia e chinata sul suo computer portatile. Sbadigliò sonoramente e si appoggiò il mento sul palmo della mano. Mi avvicinai lentamente a lei, stringendole delicatamente una spalla. 
-Tutto bene?-
Si voltò verso di me, sorridendo debolmente e guardandomi con occhi gonfi e stanchi. -Sì. Sono solo stata sveglia più del dovuto-.
-Tutta la notte, vero? Ormai abbiamo ampiamente superato l'ora dell'alba-.
Lei ridacchiò, stringendosi nelle spalle. -Abbiamo bisogno di quei soldi-. Poi si guardò intorno. -E dov’è Charmy?-
Neanche due secondi dopo sentimmo un pesante strisciare sul pavimento. -Ok, ok, smettila! Lasciami andare Vector, cavolo!- strillò Charmy, divincolandosi tra le coperte che ancora aveva addosso e dalla presa di Vector sulle sue caviglie mentre lo trascinava a forza con sé. 
-Come vuoi-. Il coccodrillo lo lasciò di scatto, facendo sbattere gli stinchi di Charmy sul pavimento. L’ape fece un esclamazione di dolore, alzandosi a fatica. -Si può sapere che cosa c’è di tanto urgente? Ho sonno- grugnì, ravvivandosi i capelli neri pece liberi dal solito casco che gravava su di loro. Poi guardò Cream. -Hai davvero un’aria orribile. Che hai fatto tutta la notte?-
Cream lo fulminò con lo sguardò. -Stai zitto o giuro che ti ammazzo-. Vector si spolverò le mani, appoggiandosi allo schienale della sedia su cui era seduta la coniglia. -Quindi, cosa ci volevi comunicare?- domandò, cercando di evitare una probabile rissa.
Cream si schiarì la voce, sistemandosi in una posizione più comoda. -Ho fatto un paio di ricerche. Visto che Gibson sostiene che il responsabile dei furti degli Smeraldi sia Eggman, ho voluto cominciare a dare un’occhiata alle varie statistiche-.
-Che genere di statistiche?- chiesi.
-Eggman è solito creare le sue armate di robot grazie a esseri come i Flickies, giusto? Quindi ho ricercato i vari luoghi in cui ci sono stati il maggior numero dei loro rapimenti-. Schiacciò un paio di pulsanti sulla tastiera del computer e fece apparire sullo schermo un grafico che indicava quali zone fossero state sotto l’interesse dello Scienziato.
-Green Hill è stato il luogo più colpito-. Cheese e Chocola, che fino a quel momento erano rimasti accucciati nel grembo di Cream, cominciarono a svolazzare per la stanza con fare inquieto, schiamazzando i loro versetti. Charmy sembrò volersi mettere le mani davanti. 
-Giuro che stavolta non gli ho dato le noccioline per cena-. 
Cream rispose subito a questo tentativo di discolparsi. -Non è colpa tua. In questo periodo sono particolarmente agitati, anche se non ne capisco il motivo-. Evidentemente non ero l’unico ad essere spaventato. Ad ogni modo, Vector riprese subito a parlare e a fare domande. 
-Comunque sia… Cream, non ci sarebbe qualche altro posto da cui cominciare?- 
-Perché mi fai questa domanda?-
-Questioni di tempo, insomma… Non c’è un luogo più vicino da cui cominciare?- 
-Green Hill è il posto più vicino a Station Square che esista, non so…- 
-Beh, c’è sì o no?- Vector odiava quel luogo. Non nel senso stretto del termine, però. Diciamo che non poteva più sentirlo nominare da quando, qualche anno prima, un “Vento Blu” gli aveva portato via il sandwich. Una brezza che poi si è fermata a salutarlo e a dargli del tonto, almeno da come la raccontava lui. 
-Beh… ci sarebbero posti come Marble Zone, o la Mushroom Hill Zone… ma il numero dei rapimenti di Flickies è notevolmente inferiore a quello di Green Hill. Quindi credo che sia meglio iniziare proprio con quest’ultima-.
Vector mugolò scocciato, ma si entusiasmò subito dopo, indicando la porta. -Ok ragazzi, sembra proprio che sia ora di andare! Alla Vector-Mobile!- 

***
Vector
Fu così che ci ritrovammo nuovamente in quel pacifico posto dimenticato da Dio. Durante il nostro viaggio in macchina era spuntato in cielo un Sole che spaccava le pietre, nonostante fosse mattina presto. Erano tutti particolarmente rallegrati dal trovarsi in quel luogo così naturale e assolato, completamente ricoperto dal verde. Cream aveva gli occhi che brillavano dall’emozione, Charmy svolazzava da un fiore all’altro senza tregua, come un gatto attratto dall’omonima erba, ed Espio…lui meditava come sempre, ma ero certo che lo facesse in modo molto più allegro del solito. Anche se non sembrava. 
-Ok, ragazzi, è il momento di mettersi al lavoro. Per prima cosa…- Uno dei motivi per cui odiavo quel posto, era che i miei uomini non mi ascoltavano più una volta arrivati, ninja compreso. Era come liberare un branco di piccoli animaletti morbidi e coccolosi in un luogo morbido e coccoloso, scatenando un’esplosione atomica di morbidezza e coccolosità devastante. Erano davvero spaventosi. Però una volta li avevo trovati così divertenti che li avevo fotografati e li avevo postati su Facebook, ricevendo una cinquantina di “Mi piace”. 
-Ragazzi!- Fu a quel punto che cominciarono a svegliarsi e a disporsi in fila, pronti a ricevere ordini. -Ritengo opportuno ricordarvi che proprio in questo momento ci troviamo coinvolti nel più importante affare della nostra vita! Quindi vi voglio PRONTI! SVEGLI! Il meno TENERI possibile! E OBBEDIENTI! Soprattutto OBBEDIENTI. Questo vale soprattutto per te Charmy-. Quest'ultimo sembrava distratto da qualcosa in lontananza, che subito ci illustrò con linguaggio colto. 
-Laggiù c’è una pazza che guida una macchina per le colline, fa dei salti incredibili-. Ovviamente cercai subito di rimetterlo in riga. 
-Naturalmente non hai ascoltato una singola *Uh, wow, hai ragione, quella è matta forte*, ma permane il fatto che non mi ascolti mai!- Tirai un sospiro nervoso e cominciai a fare il punto della situazione. 
-Ok ragazzi, abbiamo bisogno di testimoni. Qualche idea?- Espio fu il primo ad alzare la mano, come previsto. 
-Bene Espio, sputa il rospo-. 
-Potremmo provare in quella casa laggiù-. Mi girai e vidi una capanna ad una ventina di metri da noi. 
-Oh…ma certo, quella che avevo avvistato da quando siamo qui… Ahah! Volevo solo vedere quanto tempo ci avreste messo voi a notarla!- Lo sapevo che non sarebbe stata la mia giornata…-Forza ragazzi, alla Vector-mobile!- 
Cream mi guardò confusa e intervenne subito. -Vector, è molto vicina, possiamo farla a piedi…- 
-Alla Vector-mobile!- ripetei come risposta. Sono io il Boss, piccola.  

***
Dopo essere saliti e scesi dalla macchina per l’ennesima volta in quella giornata e dopo aver ascoltato le lamentele di Cream su quanto fossi incosciente nello sprecare in quel modo la benzina che per riuscire a pagare ogni volta che andavamo a fare un pieno dovevamo cavarci un occhio, arrivammo davanti a quella piccola casetta trasandata in cima alla collina. Charmy si fece avanti e bussò alla porta, però non ci rispose nessuno. Charmy continuo imperterrito nella sua impresa. 
-Ehi! C’è qualcuno sì o no?- urlò, battendo con violenza il pugno contro la superfice legnosa dell’uscio della casa. La porta si aprì all’improvviso. Davanti a noi comparve un anatra che avrà avuto al massimo sui trentacinque anni con un becco piccolo e stretto, dalle piume di un verde scuro e gli occhi neri pece. Un ciuffo di capelli gli ricadeva sulla fronte mentre ci guardava scocciato. 
-Che diavolo…!- Charmy sussultò alla vista di quell’uomo trasandato e inquietante, e svolazzò velocemente dietro la schiena di Espio.
-È da dieci minuti che questo moccioso sta bussando alla dannata porta. Si può sapere chi diamine siete?- sputò, stringendo tra le labbra una cicca di sigaretta. Cream mi guardò allarmata, mentre Espio sembrava pensieroso mentre osservava il nostro simpaticissimo collaboratore.
-Buongiorno anche a lei- dissi con un falso sorriso, estraendo dal mio portafoglio il biglietto da visita della nostra agenzia e porgendoglielo. L’anatra la guardò per qualche secondo per poi lanciarmi un’occhiata scettica. -Qui c’è un coccodrillo che si taglia le unghie-.
Charmy trattenne a malapena una risata, sputacchiando nel trattenersi. -Oh, scusate. Questa è mia- ridacchiò, prendendo dalle mani dell’uomo una foto che mi ritraeva in uno dei miei momenti di riflessione profonda. Mugugnai sottovoce delle offese, lanciai un’occhiata di profondo odio verso Charmy e porsi all’anatra l’altra carta. -Questa, è quella giusta-.
L’anatra la prese, guardandola. -Qui c’è un coccodrillo che sta mangiando pane e marmellata-.
Cream gliela sfilò dalle mani, sorridendo nervosamente e nascondendo la foto dietro la schiena. -Heh. Scusate. Quella è mia-.
La guardai umiliato. -Questa davvero non me l’aspettavo da te-.
Presi di nuovo mano al portafoglio e estrassi l’ultimo pezzo di carta che ci fosse dentro e lo misi direttamente nel palmo del volatile. Dentro di me sperai profondamente che non mi ritraesse in situazioni peggiori di quelle di prima.
-Qui c’è un logo scritto con il pastello- disse.
Ridacchiai, incrociando le braccia al petto. -Sì, è decisamente quella giusta-.
-…Team Chaotix…? Ora ho capito chi siete. Che volete?- chiese lui con aria molto svogliata e scocciata, come se avesse sperato per tutto il giorno di non ricevere visite di alcun genere. 
-Informazioni-. 
-Che genere di informazioni?- 
-Dobbiamo sapere il maggior numero di dettagli possibili relativi ai risaputi fenomeni di sparizioni che avvengono in questa zona da un po’ di tempo a questa parte. Ha mai assistito a qualcuno di questi? Ci dica tutto quello che le viene in mente, anche ciò che sembra trascurabile-. 
-Io? Cosa potrei sapere io di quello che sta succedendo?- 
-Le stesse cose che sanno tutti gli altri che abitano stabilmente questa zona-. 
-Ah, certo. La verità è che tutti quanti non hanno la più pallida idea di ciò che sta succedendo-. 
Espio si mise a guardarlo più attentamente, come per riconoscere dei particolari a lui famigliari. Ad un certo punto quel pazzoide riprese a parlare nel suo scorbutico tono. 
-E comunque, per quanto ne so io, potreste essere dei malintenzionati. Non sarei l’unico a pensarlo infondo, vista la vostra reputazione. Quindi perché dovrei sprecare solo un altro minuto del mio tempo per voi? Arrivederci-. Fece per chiudere la porta, quando Espio la bloccò con la sua mano, riaprendola lentamente. 
-Se vuole mandarci via, lo faccia pure, poiché è nei suoi diritti impedirci l’ingresso alla sua dimora. Ma quantomeno mostri un po’ d’educazione nei nostri confronti-. Anche quell’uomo sembrava guardare Espio con curiosità. Il suo sguardo cambiò, mostrandosi leggermente spaventato. 
-Beh, ripensandoci, vediamo cosa può fare per voi questo eremita-. L’anatra aprì completamente la porta, appoggiandosi allo stipite con un gomito. -Non posso darvi un’informazione precisa riguardo al luogo dei rapimenti. Sarebbe impossibile. Tutta Green Hill è stata colpita, non c’è una zona in cui sia successo di più rispetto ad un’altra. Non che questo sia mai stato un posto tranquillo… ma negli ultimi tempi è degenerato. Ci sono sempre meno animali qui intorno-. Lui sospirò, facendo un’alzata di spalle. -Non saprei cos’altro dirvi-.
-Non c’è proprio nient’altro che ci possa essere d’aiuto?- chiese speranzosa Cream, facendo un passo avanti. -Qualunque cosa-.
Il volatile grugnì. -Perché mi state chiedendo queste cose? Perché vi serve saperlo?-
-Questioni private- rispose secco Espio.
Dopo il suo intervento, il nostro interlocutore tornò nuovamente a fare il bravo bambino, stando dove doveva stare e chiudendo la bocca. -Però… in effetti è successo qualcosa interessante-.
Tirai una lieve gomitata nel fianco ad Espio dicendogli con lo sguardo: ''In questo momento ti sto adorando''.
-Esiste una foresta nel confine tra Green Hill e la Marble Zone nella quale si dice che succedano fatti strani. Alcuni di quelli che vi si addentrano ricevono risposte e verità a lungo cercate, inenarrabili da chiunque altro. Altri ci rimangono dentro per giorni nonostante si siano segnati la strada che hanno fatto per entrare e poi puff!, come per magia trovano l’uscita dove prima non c’era. La foresta non lascia uscire nessuno fino a che non lo vuole lei, fino a che ha ancora qualcosa da dirti-. L’uomo ci guardò lentamente, uno ad uno. -O almeno questo dicono le voci-.
-E cos’ha a che fare tutto questo con noi?- chiesi.
-Negli ultimi tempi qualcuno ha detto di aver udito dei rumori molto forti provenire dalla foresta. La maggior parte delle persone crede che siano spiriti o entità di vario genere. Ma vi posso assicurare che gli spettri non utilizzano mitragliatrici e missili. E io conosco bene il rumore delle esplosioni, anche perché ero da quelle parti quando le ho sentite-. 
-Cosa dobbiamo fare, quindi?- disse Cream.
-Non vi preoccupate, nel momento in cui sarete lì dentro troverete ciò che state cercando. Non vi è dato sapere quando, basta che cerchiate-. Quello strano pennuto indietreggiò di un passo, e cominciò a chiudere lentamente la porta, ridacchiando.
Espio inarcò un sopracciglio, sbuffando. -Grazie mille per l’aiuto Bean-.
-No, dannazione, mi hai riconosciuto!- urlò l’anatra chiudendo con un calcio la porta. Cream aprì la bocca almeno un paio di volte, ma senza proferire parola, troppo stranita per emettere anche il più stridulo dei suoni.
-Ok, questo era strano, andiamocene- disse sbrigativo Charmy, incamminandosi il più velocemente possibile verso la nostra macchina.
Mi rivolsi ad Espio, confuso. -Conoscevi quel tizio?-
Lui non si tolse un ghigno soddisfatto dalle labbra per qualche minuto. -È un vecchio amico-.

 ***
Espio
In una giornata così soleggiata e rovente, le fronde degli alberi non facevano altro che regalare sollievo grazie alla frescura che creavano. 
-È scuro là dentro, eh?- scherzò Charmy. Si vedeva benissimo che era teso. Aveva le spalle rigide e la schiena drizzata in un modo degno di un nobile. Evidentemente gli erano rimaste ben salde in mente le storie dell’orrore che gli raccontavamo io e Vector nelle sere d’estate, quando aveva cinque anni. Se il racconto lo aveva particolarmente turbato, sgusciava nel mio letto o in quello del mio amico coccodrillo per dormire con noi. A volte glielo permettevo, ma di solito lo buttavo fuori dalla mia stanza a calci.
-Forza, muoviamoci- esordì Vector, incamminandosi all’interno dell’oscura foresta. Gli altri eseguirono subito l’ordine. 
Io invece aspettai ancora un secondo e forse, a mia insaputa, fermai anche l’avanzata degli altri. Estrassi dalla mia cintura uno di quelli che, insieme alla mia spada, erano i miei doni più preziosi. Una vecchia collana formata esclusivamente da una cordicella da cui pendeva un gioiello verde acqua, simile ad un artiglio o ad una zanna, grosso come un pollice. Quel ciondolo... nessuno conosceva la sua storia, il perchè avrei dato la mia vita pur di tenermelo stretto al petto. Lo strinsi nella mano destra, pregandolo di prestarmi un'altra po’di fortuna. C’era qualcosa di cui non ero a conoscenza in quella foresta. E per una volta, il fascino della scoperta che spesso mi caratterizzava aveva lasciato il posto al terrore più nero. 
-Espio, muoviti, abbiamo meno tempo di quel che credi!- mi intimò il mio capo per spingermi ad andare avanti. E più avanzavamo, più la luce sembrava un lontano ricordo. 
Avvertii gli altri.  -Tenete gli occhi aperti-.
I minuti passavano lenti e inesorabili, ma all’interno di quel luogo, tutto sembrava essersi fermato. Non il fruscio di una foglia, non il canto degli uccelli, non lo scrocchiare delle foglie sul terreno potevano essere sentiti. Niente. Era come trovarsi nel vuoto assoluto. 
Charmy si strofinò le mani sulla braccia. -Sbaglio o comincia a fare più freddo?- 
Cream abbassò lo sguardo e si fermò di colpo. -Sta scendendo la nebbia-.
Charmy gemette, voltandosi con gli occhi sbarrati verso Vector. -Ti prego, andiamocene subito-.
Vector si portò in testa al gruppo, ridendo. -Ragazzi, vi siete fatti condizionare dalle storie di quel vecchio pazzo! Neanche dei ragazzini reagirebbero come voi-. 
Dopo un eterno paio d’ore di ricerca, alzai lo sguardo verso il cielo. Le ombre erano così fitte da impedirmi di vedere la luce filtrare tra i rami. Poi sentii qualcosa muoversi rapidamente nelle vicinanze. Mi fermai di scatto e misi in allerta i sensi. I resto del gruppo mi guardò confuso. 
-Cosa c’è?- chiese Cream, visibilmente tesa.
-Silenzio-. Con passo lento e felpato e con la mano sulla mia elsa, mi sforzavo di capire cosa si muovesse nei dintorni. 
-Aaah!- Charmy emise uno schiamazzo di terrore e cominciò a parlarci ad alta voce, completamente allarmato. -Attenti! Laggiù vedo un gruppetto formato da Freezer, Megatron e il Teschio Rosso! Scappate!- Completamente terrorizzato, si mise a svolazzare, cominciando ad allontanarsi da noi. Vector intervenne subito con diligenza 
-Charmy. Sono degli alberi.- A dire la verità lo avevamo notato tutti fin dall’inizio. Era Charmy ad essere facilmente influenzabile. Sentita la rivelazione, l’insetto tornò velocemente indietro, ansante.
-Uff…davvero?...Sì, è vero…oh, wow, e per un attimo mi è sembrato che il Joker si fosse unito alla combriccola-. 
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Cream cominciò a ridere come una matta, ignorando il lato del suo carattere solitamente ligio al dovere, seguita subito a ruota da Vector. Sorrisi dopo aver visto che il muso di Charmy era arrossito pesantemente dopo che la coniglia aveva cominciato a ridere. Rilassato, ritirai l’elsa. Grazie a quella piccola uscita da parte dell’ape, l’atmosfera si era alleggerita. Mi voltai verso il punto in cui avevo sentito dei movimenti poco prima. C’era qualcosa, ne ero certo. Mi allontanai di qualche metro dai ragazzi, esaminando attentamente dietro il tronco di ogni albero. Prima qualcosa ci era passato vicino. Forse mi stavo immaginando tutto, la faccenda era nella mia mente. Forse ero solo stanco. Forse… forse. Sfiorai la corteccia dell’albero alla mia destra.
-Falso allarme ragazzi. Qui non c’è niente- dissi, voltandomi per essere accolto dai visi sorridenti dei miei compagni. Ma non fu così. Le risate erano scomparse. Così come loro. -Ragazzi?- Tornai dove poco prima tutti e tre si stavano reggendo l’uno con l’altro per non rotolarsi a terra per le troppe risa.
-Charmy, se è uno scherzo giuro che stanotte ti faccio dormire per strada- dissi a voce più alta. No… c’era qualcosa di strano, di sbagliato. Percepii un ramo di un albero spezzarsi. Misi rapidamente mano sulla spada e mi voltai rapidamente. Era impossibile riuscire a vedere qualsiasi cosa che fosse distante da me più di due metri. Strinsi gli occhi, sforzandomi. E la vidi. In lontananza, protetta dall’oscurità, si stagliava una gracile sagoma, gobba su sé stessa. Senza occhi, senza naso, senza volto, così nera che la si poteva distinguere a malapena tra la tenebra. Solo una bocca da cui scaturì un flebile sorriso. Un sudore freddo e appiccicaticcio mi imperlò la fronte. Quello, si avvicinava ostinatamente a me, anche se a fatica. Era come se zoppicasse. A volte cadeva su sé stesso, come se ancora non avesse imparato a camminare bene. La mia mano tremava, pur essendo ben pronta a sfoderare la lama. Quell’essere ansimava, potevo capirlo dalla nebbiolina che fuoriusciva dai suoi aguzzi denti, provocata dal drastico e improvviso abbassamento della temperatura. Notai che stava sussurrando qualcosa mentre, poco a poco, cominciava ad acquisire sempre maggiore sicurezza nella camminata. -…vidi…-. Il mio cuore accelerò nella sua corsa, e lo sentii rimbombare fino alle orecchie.
Continuava a ripeterlo, ma non capivo tutta la frase. Non era il mio primo pensiero. La mia mente poi mi mise in allerta ancora più di quanto già non fossi. Infatti, quando girai la testa poco più a sinistra, vidi un altro essere. Mi voltai a destra e ne vidi un terzo. -…ividi…- continuavano a sussurrrare, in modo scoordinato  e disorganizzato tra loro. Tre creature dallo stesso identico comportamento. Ansimanti, zoppicanti, e nere più della tenebra stessa. Nonostante la tensione, potei chiaramente sentire qualcosa dietro di me. Quando mi girai, ne trovai altri cinque che si avvicinavano. -…vidi…dividi…vidi…-insistevano, cercando di comunicarmi qualcosa. All’improvviso, le loro teste cominciarono ad essere preda di improvvisi e continui spasmi. Cominciarono a svanire, per poi ricomparire più vicini a me. Erano come delle luci ad intermittenza. Agli otto che già c’erano se ne aggiungevano sempre di più: dieci, quindici, venticinque, quaranta... mi avevano circondato, senza lasciarmi via d’uscita Un brivido che non riuscii a controllare mi attraversò la spina dorsale, che causò ad un tremito di terrore di squotermi tutto il corpo. Poi una delle creature apparve proprio davanti a me. Mi scrutava dall’alto verso il basso, e così facevo io dal basso verso l’alto. Poi ripeté quella parola che prima non ero riuscito a recepire. -…Condividi…- 
Alzò rapidamente un braccio, pronto ad abbassarlo con violenza contro di me, così da colpirmi con i suoi acuminati artigli disposti sulle sue mani grosse e affusolate. Senza neanche rifletterci sopra, feci scattare la lama dorata della spada e nel giro di qualche attimo quell’essere si fermò di colpo, mentre la parte superiore del suo corpo scivolava lentamente per terra dal punto in cui avrebbe dovuto avere le costole, affettato da un mio fendente. Il mio braccio era teso verso destra mentre impugnava la spada, che era l’unica fonte di luce in quel contesto. Il mio respiro stava riprendendo il suo ritmo regolare e il mio sguardo era nuovamente fisso e concentrato. I miei osservatori si fermarono per un attimo, come stupiti da ciò che si era appena verificato. Poi ricominciarono a fare rumore. Uscivano strani rumori gutturali dalla loro bocca, mentre in coro sembrava che… ridessero. Poi si misero ad urlare, come a ruggire in modo molto acuto, puntandomi con la loro faccia senza occhi. Avevo già impugnato la spada a due mani. Come ad eseguire un tacito comando, mi si lanciarono tutti contro ringhiando sempre la stessa parola. Cominciai a colpirli uno ad uno, uccidendoli senza riguardo. Erano ovunque. Mi avevano circondato su ogni fronte, non lasciandomi la speranza di poter trovare un’uscita da quell’incubo. Provavano a colpirmi, a mordermi, a squarciarmi la pelle. Ma non riuscivano ad avvicinarsi che di qualche misero millimetro al mio corpo che erano già stesi a terra senza vita. Dopo che cadevano al suolo morti, si scioglievano in una strana e disgustosa sostanza nera. Non passò che qualche minuto, e il mio corpo era ricoperto dalla stessa sostanza. Ma quando mi guardai intorno, mi accorsi con terrore che il loro numero non era diminuito, anzi, erano addirittura aumentati. Avevano cominciato a saltarmi addosso da qualunque direzione. Sfoderai l’altra elsa e ne estrassi la lama d’argento. Portai questa in orizzontale davanti al petto e feci la stessa cosa con quella dorata, ma dietro la mia schiena. Cominciai a girare su me stesso il più velocemente possibile, e i nemici che mi si avvicinavano finivano inevitabilmente per essere lacerati da entrambe le spade. Ma sentii un brivido di paura quando vidi una goccia di liquido nero cadere dall’alto di un albero. Alzai di scatto la testa giusto per vedere uno di quegli esseri accovacciato su un ramo che si era buttato nel vuoto per mordermi il volto. Alzai Reiseina e gli trafissi la gola facendogli ingoiare la lama, lasciandolo sospeso per aria. Mi voltai velocemente verso i suoi compagni e feci un violento fendente, scaraventando il suo cadavere contro di loro. Decine di mostri cominciarono a scendere dagli alberi, aggiungendosi agli altri e cominciando ad avvicinarsi pericolosamente. Tentando di tenere a bada il panico, infilzai la Ring Sword nel terreno arido e secco. Mi afferrai fermamente ad essa, e con la mano libera impugnai Reiseina. Cominciai a girare intorno alla spada dorata, continuando a mantenerla stretta nella mia presa come se fosse il mio unico appiglio per la vita e, dopo essermi dato un potente slancio con i piedi contro un albero, mi allontanai dal suolo e iniziai a girare molto velocemente intorno alla Ring Sword, mantenendo teso il braccio con Reiseina e colpendo tutti i nemici intorno a me. Fu un piccolo luccichio che mi passò davanti agli occhi a distrarmi. La mia collana. Il laccio che la teneva legata al mio polso si era strappato, e ora era a terra, a qualche metro di distanza. ''No...!'' 
Mi bloccai di scatto e saltai sopra l’estremità dall’elsa della Ring Sword, standoci accovacciato sopra. Pur di non perdere quel ciondolo mi sarei tagliato una mano. Mi diedi lo slancio e balzai in direzione del mio gioiello, caduto tra due creature. Quando stetti per atterrare, trafissi il cranio di uno dei due e, mentre ancora la lama era incastrata nel mio nemico, puntai la mia polsiera verso l’altro. La mano destra girò l’apposita rotellina, e partì un proiettile a velocità immensa, che portò via al mio nemico tutta la testa e parte del torace. Poi rimossi la spada dal cranio dell’altro, e poggiai subito la mano sul punto in cui era caduta la mia collana. Quando rialzai lo sguardo, tutto era calmo. Attorno a me non c’era anima viva. Tutti gli esseri che avevo combattuto fino a pochi istanti prima, tutti i corpi in liquefazione, erano spariti nel nulla, come se non fosse mai successo niente. Mi guardai intorno, mentre le mie orecchie udivano ormai un silenzio assordante per la sua intensità. Quando portai lo sguardo davanti a me, uno di loro era lì, di nuovo a fissarmi dall’alto al basso. Afferrai Reiseina, ma lui fu più veloce. Vidi i suoi artigli muoversi verso il mio cuore a tutta velocità. 
-Espio!- Charmy mi apparve davanti all’improvviso, chiamandomi con insistenza. -Espio, ci sei?!- 
Sentii le pupille restringersi improvvisamente e la schiena ricoperta di un sudore gelido. -Charmy? Dove eravate finiti?- sussultai. 
Lui mi guardò piuttosto confuso. -Stai scherzando? Sono almeno sette secondi che ti sto chiamando. Sembravi addormentato-. Quello che aveva detto mi aveva fatto rimanere di sasso. Tanto che, per una volta, non fu per saccenza che ritardai a rispondere. 
-Sette secondi, eh? Scusatemi. È solo che credo che questo posto abbia qualcosa che non va-. Cercavo con tutte le mie forze di mostrarmi disperatamente tranquillo. Il battito del cuore non aveva ancor accennato a dimuire, e sembrava che non avesse alcuna intenzione di farlo.
Vector mi raggiunse e continuò la conversazione insieme a Charmy. -Questo lo credevi già da prima, amico. Si vedeva che eri teso. Non come Charmy, ma avevi la guardia ben alzata. Dio, hai una brutta cera…-. Per quanto odiassi ammetterlo, aveva ragione: ero turbato. Ora sapevo da cosa. 
-Ugh… avete trovato qualcosa?- Vector, come suo solito, tendeva a rispondere a domande stupide in maniera inconsapevolmente ancora più stupida. 
-Ah. Negli ultimi istanti, dici? No. Non io e Charmy almeno-. Dovevo spronare gli altri ad allontanarci da quel posto. Non è comune per un asceta avere tali visioni. Ci vuole qualcuno o qualcosa di abbastanza potente da penetrare una mente allenata ad affrontare qualsiasi tipo di situazione. E forse l’avevo appena incontrata. Mi rivolsi a Cream, inginocchiata a qualche metro da noi, sperando che almeno lei avesse scoperto qualcosa. -Novità?- 
Lei non mi rispose subito. Non mi aveva sentito, oppure trovato qualcosa. 
-Ragazzi…abbiamo un indizio-. 
All’udire  quelle parole, ci avvicinammo subito, e vedemmo ciò che ci interessava. 
-Una macchia?- domandai. Dal sorriso che aleggiava sulle labbra della ragazza capii che non aspettava altro che una domanda del genere
-Non una macchia qualunque. È olio da motore. Per di più, guardatevi intorno-. Vicino a dov’era accucciata Cream, c’erano sparsi vari piccoli pezzi di quella che sembrava il rimasuglio di una ferraglia rossa cremisi. Ma i resti erano così pochi e così malridotti che veniva impossibile riconoscere a chi o a che cosa potessero appartenere. 
-Dei bulloni? Tutto qui?- sbottò innervosito Vector.
-Ma non capisci? Ora almeno sappiamo che le esplosioni che sono state sentite dagli abitanti delle Valli sono state causate da un essere meccanico e non da qualche strano spirito presente nelle leggende popolari- spiegò la coniglia. -E poi guardate qui-. Si rialzò dandosi la spinta con le ginocchia e fece qualche passo in avanti, puntando un dito sul terreno. In una scia continua erano presenti numerose goccioline di olio che si susseguivano l’una all’altra in un percorso che continuava oltre il nostro campo visivo. Vector era senz’altro incuriosito, non mi era difficile capirlo, ma era anche piuttosto dubbioso. 
-Notevole Cream, ben fatto. Chaotix, in marcia!- Seguimmo a ruota l’incedere del boss, senza indulgere ulteriormente. Cream si portò davanti a tutti e piegò la schiena, stringendo una lente d’ingrandimento tra le mani e continuando ad marciare avanti e a seguire le tracce con il naso appiccicato al terreno. L’unico motivo per cui riuscivo a distinguere le macchie nere in quell’oscurità era perché i miei occhi erano altamente addestrati a questo. Lo avevo confermato fino a pochi istanti e sette secondi prima. Più proseguivamo più, all’opposto di prima, la luce trapassava le fronde degli alberi, formando tanti sprazzi chiari a ridosso del terreno intorno a noi. E più avanzavamo, più il nostro indizio si faceva flebile e invisibile, mostrandosi sempre più di rado. L’aria, fresca e portatrice di serenità, finalmente cominciava a tornare, sferzandomi sulla faccia e portando via con sé tutta la paura. Poi la luce mi colpì con tutta la sua delicata forza, spingendomi a chiudere gli occhi prima di riaprirli per poter ammirare il meraviglioso paesaggio davanti a me. Alberi, prati e cielo azzurro. Ma non tutto era rose e fiori, come ci comunicò Cream di lì a poco. 
-Ragazzi, cattive notizie-. 
Lo notai prima che lo dicesse apertamente. -Già. Il sole deve aver cancellato le macchie con il passare del tempo- proruppi, pur sempre rasserenato per l'essere uscito da quell’incubo. Vector nonostante tutto sembrava piuttosto ottimista, tant’è che sorrideva sornione. 
-Cream, sai cosa fare-. 
-Sì, capo.- Cream afferò dalla sua cintura uno strano apparecchio che, osservandolo meglio, assomigliava a degli occhiali da sole. Cream premette un bottone e dalle lenti avanzò una copertura che finì col ricoprire completamente tutta la testa dell’inventrice. Almeno finché, poco dopo, non si aprirono automaticamente due fori che fecero fuoriuscire violentemente le sue orecchie. Charmy si avvicinò subito, incuriosito come una mosca da una lampada a gas. 
-Come pensi che ci possa servire un Oculus Rift in una situazione del genere?- 
-Questi…- cominciò con il spiegargli -…sono occhiali a visione organica avanzata.- Charmy, io e probabilmente anche Vector, che sembrava però sapere della funzione di quell’oggetto, eravamo piuttosto preoccupati di come Cream ci avrebbe riempito la testa delle sue nozioni di meccanica. Soprattutto Charmy. -Traduzione?- 
-Occhiali che isolano tutto quello che passa per il loro punto focale, rendendolo inosservabile… tranne la materia organica. L’ho progettato perché visionasse diversi tipi di sostanze a seconda di come lo calibro, anche quelle poco recenti. Cellulosa, carne, sangue… o, se giro questa rotellina nella maniera giusta… combustibili fossili e derivati-. 
Vector continuò per lei. -Che sono esattamente ciò che stavamo seguendo-.
Cream annuì con entusiasmo. -Esatto!- 
Vector sembrava piuttosto eccitato dalla piega che stavano prendendo gli eventi -Sapete tutti questo cosa significa, non è vero?- Tutti ci sbattemmo una mano sulla fronte, sapendo cosa stava per accadere. 
-Alla Vector-mo…- Charmy lo interruppe prima di lasciargli finire la frase, cosa molto coraggiosa da parte sua. 
-Vector, dove? Non l’avevamo parcheggiata qui-. 
-Ah no? E cos’è quella?- Indicò con l’indice alla nostra destra e tutti, con immenso stupore, vedemmo quel ridicolo mezzo di trasporto che così spesso negli ultimi anni ci aveva sempre accompagnato nei nostri spostamenti. Davvero molto spesso. Strano che si trovasse proprio lì. Eravamo usciti dallo stesso punto da cui eravamo entrati? Allora come mai prima nessuno di noi, nemmeno io, aveva notato quelle macchie d’olio prima? Era probabile che la foresta avesse giocato con noi tutto il tempo. Se così fosse stato, quanto di quello che avevo visto era reale?

 ***
Sbuffai infastidito. -Smettila-.
-Di fare cosa?-
-Lo sai cosa- ringhiai, guardando con fare truce Charmy. L’ape sbuffò, alzando gli occhi al cielo e ritirando il gomito che per sbaglio continuava a puntarmi nelle costole. -Ok, ok-.
Non erano passati neanche quindici secondi da quello che gli aveva detto che il suo gomito scivolò di nuovo vicino a me, sfiorandomi in modo fastidioso.
-Piantala!- sibilai, triandogli uno schiaffo sulla mano e spingendolo il più possibile all’opposto del sedile della macchina. 
-Non lo faccio apposta!- 
Affondai la schiena tra i sedili, chiudendo gli occhi e sospirando frustrato. Non ero nel migliore degli umori per poter scherzare con un essere così irritante. Charmy cominciò a muovere la gamba ad un miglio al minuto. Non riuscii più a trattenermi.
-Dio, Charmy, piantala!- urlai.
-Non ho fatto niente, piantala tu!- 
Cream emise un gemito frustrato dai sedili davanti. Era sporta con la metà superiore del corpo fuori dal finestrino per poter osservare meglio le macchie d’olio che c’erano sull’asfalto. -Volete cortesemente stare zitti?- disse ad alta voce, cercando di sovrastare il rumore della nostra auto.
Charmy incrociò le braccia al petto, guardandomi con stizza. Dopo qualche minuto di sacrosanto silenzio e relativa tranquillità, sentii di nuovo che qualcosa mi stava puntellando le costole. Charmy sorrise compiaciuto, osservando con falso interesse il paesaggio fuori dal suo finestrino.
-Ok, questo è troppo!-
-Cosa stai…?!- strillò quando gli afferrai il collo, trascinandolo a forza fuori dal finestrino e avvicinando la sua faccia all’asfalto in movimento. Cominciò a gridare, terrorizzato. -Okokokok! Espio! Lasciami! Stai calmo!- continuò ad urlare e a divincolarsi. 
-È l’ultima volta che viaggio vicino a te, chiaro?!-
-STATE ZITTI!- urlò Vector, girandosi violentemente verso di noi e lasciando il volante. La macchina sbandò pericolosamente, facendo sbilanciare Cream più verso l’esterno che verso l’interno della vettura e costringendomi a ritirare su Charmy. La coniglia strillò, e Charmy e io ci slanciammo, afferrandola per la vita. Per ricambiare il favore all’ape, sorrisi sornione e lo guardai.
-Dillo che questo era uno dei tuoi sogni da sempre-. Sbarrò gli occhi, sperando che Cream non avesse sentito nulla e poi, dopo essere leggermente arrossito, se ne stette zitto. Grazie ancora, Vector, per aver corrotto l’esaminatore di scuola-guida per farti dare la patente. Mi hai salvato. 
-Vi siete calmati?! Sì?!- Vector sembrava seriamente innervosito quella volta. -Un uomo adulto e saggio e un altro che dovrebbe esserlo da un pezzo ormai, che litigano come due poppanti! Ecco che cosa vedo!- Abbassammo entrambi la testa, e nel frattempo mi ricordai che Vector non era solo un fratello per me, ma anche un leader. Un leader che a volte non rispettavo abbastanza, visto tutto quello che faceva per noi. E anche piuttosto avido, ad essere sinceri. 
-Sapete cosa stiamo facendo!?- Si fermò per un secondo, aspettando una risposta da parte nostra, la quale non arrivò. -Ci stiamo dirigendo nel luogo che forse, e dico forse, ci permetterà di ristrutturare il locale, vivere una vita dignitosa e chissà, magari anche di ripulire leggermente la nostra reputazione per non sentirmi dire da ogni persona che incontriamo che siamo dei detective da strapazzo o, nel migliore dei casi, dei mascalzoni! Voi credete di esserlo?! Pensate di essere degli incompetenti? Dei mascalzoni?- Charmy, un po’ dimesso, gli rispose. -No-. 
-Allora fate i bravi e fate almeno finta di prendere seriamente la situazione! Sono stato abbastanza chiaro?- Annuimmo entrambi con riverenza. -Bene. Ritrova le tracce, Cream-.
La ragazza si sporse nuovamente fuori dalla vettura ed emise un sospiro. -Nord-Est, Vector-. 
-Bene- disse lui subito prima di far ripartire l’auto e di derapare violentemente nella direzione indicatagli da Cream. Dopo aver tratto un sospiro di sollievo e aver notato che Charmy si era seriamente calmato, almeno per il momento, pensai quanto fosse strano che le tracce si prolungassero per un così lungo periodo, e che le colline e i prati stessero lasciando il posto a palazzi e grattacieli. 
-Station Square- pronunciai quando capii dove ci trovavamo. Molte erano le domande che ci stavamo ponendo. Anche Charmy era stranito. 
-Ma è assurdo. Perché mai una macchina di Eggman si sarebbe dovuta avvicinare ad un luogo così popolato?- 
-Hai mai patito la sete, Charmy? O sei mai stato ferito a morte?- disse Vector. Charmy, strabuzzò leggermente gli occhi, ascoltandolo. -Quando stai per morire, non puoi che comportarti in due maniere: Arrenderti e attendere la morte, aspettando che finisca tutto. Oppure continuare ad andare avanti, anche senza sapere ciò che ti aspetta, anche continuando per chilometri pur di sfruttare l’ultima speranza che ti resta, l’ultima possibilità per sopravvivere. Non importa che tu sia fatto di carne, di metallo, o di chissà che altro tipo di materia.-. 
Nel frattempo, Cream continuava a seguire delle tracce che sembravano proseguire all’infinito e che solo grazie a lei riuscivamo a tenere bene d’occhio, poiché persino io cominciavo a perderle di vista. Poi Vector si fermò in un parcheggio vicino e ci fece scendere tutti. 
-Ok ragazzi, tutti giù. Continuiamo a piedi-. Dopo esserci sgranchiti un po’ le gambe per riprenderci dal lungo viaggio, continuammo a seguire Cream. Charmy espresse il suo personale parere riguardo a ciò che poteva essere successo. 
-Quel robot è stato furbo. Probabilmente, se lo troveremo, sarà proprio qui in periferia. Addentrarsi oltre gli avrebbe reso impossibile nascondersi alla vista di tutti-. 
Era più intelligente di quanto a volte volesse lasciar intendere. Nessuno di noi aveva il diritto di sottovalutarlo. Solo che a volte era così fastidioso… 
-FERMI!- avvisò la coniglietta con decisione. -Le tracce arrivano fin là.- Guardando avanti, una casa piuttosto grande e con un bel giardinetto si delineava di fronte al nostro sguardo. Cream, dopo essersi tolta gli occhiali, non distolse nemmeno un attimo lo sguardo da quell’edificio. Charmy fece lo stesso, socchiudendo le palpebre e concentrando lo sguardo.
-Ma…quella casa non è anche l’officina…- fece Cream. 
Vector la interruppe subito, per dire ciò che tutti sapevamo -Sì. È proprio la sua-.

  
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