Note d'Autrice: Salve a tutti! Ebbene sì, ho deciso di aggiornare proprio prima di partire per l'Irlanda, fatto che avverrà il 6. Quindi per due settimane non mi sentirete più, eh già. MA, c'è un ma. Dopo numerosi tentativi sono riuscita a crearmi un dannato account su Twitter. L'ho fatto soprattutto perché ho deciso che voglio avere un rapporto più profondo con i miei lettori e per poter interagire con voi. Quindi, per chi è interessato, mi può trovare con il nome Rain_of_Truth. Se mai decideste di seguirmi anche lì, potremo finalmente interagire in modo migliore e più diretto, potrete vedere in modo più comodo quando ho fatto un aggiornamento e farmi domande o darmi consigli. O cosa cavolo altro volete :D Mi farebbe molto piacere e mi darebbe un aiuto enorme per riuscire ad accontentarvi nel modo giusto! Detto questo vi lascio alla lettura, e ci rivediamo tra due settimane, belli!
***
Sunny
Non avete idea di quanto quegli ultimi giorni siano stati intensi e non
proprio piacevoli. Non fui d’accordo con papà
quando decise di tenere con sé una perfetta sconosciuta, ma
credo che lui fosse sempre stato troppo buono per ignorare le richieste
d’aiuto di qualcuno.
Inoltre, credo si sentisse già più a suo agio
rispetto a quando partecipai allo scambio interculturale tra studenti,
quando ero più piccola: andai nella regione di Holoska, e
qui in casa arrivò un giovane orso bianco. Per due
settimane, pa’ dovette lavorare tre volte più del
solito per potersi permettere tutto quel pesce. Non che io stessi molto
meglio. Mi era sempre piaciuto viaggiare, ma Holoska aveva un clima
troppo rigido persino per me. È da quel momento che io non
volli più sentir parlare di igloo e mio padre
ripudiò il pesce. Ma forse sto divagando rispetto al
discorso iniziale.
Quella mattina mi ero alzata presto come al solito ed ero scesa in
cucina per fare colazione con la mia famiglia. Stranamente, quel giorno
Dash non stava stuzzicando Althea come gli era solito fare, ma era in
silenzio a fissare il suo piatto. Qualche volta lanciava delle occhiate
fugaci alla gatta, ma il suo sguardo ritornava inesorabilmente sul suo
cibo intatto. Althea ascoltava distrattamente i dialoghi amichevoli che
Emily cercava di imporle, la quale era decisa ad entrare nelle grazie
della solitaria nuova arrivata in famiglia. Forse le chiacchere di mia
sorella erano l’unica cosa che riusciva a dissipare
leggermente l’aria tesa che c’era quella mattina in
cucina. La sera prima avevo ascoltato di nascosto una conversazione tra
i miei genitori e Althea. Discutevano di come le cose fossero
degenerate in quella giornata e di come poterle risolvere. Althea si
vergognava terribilmente di quello che aveva causato in
città e per quello che aveva fatto alla gamba di Dash,
soprattutto dopo che aveva lui cercato di salvarla. Non sembrava che
volesse davvero trovare una soluzione per quanto aveva fatto, quanto
più che volesse chiedere un consiglio implicito a qualcuno.
-So che ho sbagliato tutto. Ma troverò un
modo per farmi perdonare da tutti voi e di ripagarvi- aveva
detto Althea e, da quanto ero riuscita a vedere, visto che ero nascosta
dal muro, aveva il capo chino e lo sguardo basso. Riuscii quasi a
percepire il sorriso dolce di mio padre.
-Se una delle faccende che ti preme è
Dash, perché non vai a ringraziarlo?-
Dopo quella frase c’era stato un momento di esitazione da
parte di Althea, quasi timida. -…Lo
farò-.
Ma il silenzio che era regnato a tavola era la prova evidente che non
lo aveva fatto. Se Dash era riuscito a stare zitto per tutto il tempo,
voleva dire che neanche lui sapeva esattamente cosa fare. Tra
l’altro, ero assolutamente certa che anche lui avesse
origliato la conversazione. Comunque stessero le cose, non erano affari
miei e non mi ci sarei dovuta immischiare. Emily, al contrario,
sembrava essere molto interessata. Aveva continuato a tartassare suo
fratello e la gatta di domande, visto che quel giorno erano i
più silenziosi a tavola. E visto la scarsa delicatezza di
mia sorella, le sue domande erano state molto chiare ed esplicite nel
loro genere.
-Non è che voi due avete fatto insieme qualcosa di cui non
volete parlarci?- aveva chiesto molto, molto ingenuamente
Emily ad un certo punto, con un sorrisetto sulle labbra. Dopo aver
sentito questo Althea si era bloccata, sbarrando gli occhi e tenendo le
spalle più dritte e rigide del solito. Si era alzata
violentemente, facendo strisciare con violenza le gambe della sedia,
provocando un gran fracasso e rischiando di farla cadere. Era uscita a
grandi passi dalla cucina, pestando con forza i piedi mentre saliva le
scale. Poco dopo sentimmo la porta della sua camera sbattere e la
serratura scattare, segno che si era chiusa a chiave
dentro. Dash aveva sospirato, scuotendo la testa e
poggiandosela sul palmo della mano mentre rivolgeva ad Emily
un’occhiata piena di stizza. Dopo aver assistito a questi
dialoghi muti apparentemente segreti e ai tentativi falliti di mia
madre di alleggerire in qualche modo l‘atmosfera, sono uscita
di casa per dirigermi in un luogo più consono alle mie
necessità: Blue Ridge City.
-Desiderate altro, signori?- chiesi ad un cliente abituale seduto
insieme alla sua compagna ad un tavolo del ristorantino in cui lavoravo
mentre tenevo abilmente in mano taccuino, penna e un piatto da portare
a lavare nelle cucine insieme ad un calice che puzzava di vino.
-No, la ringrazio signorina. Però potrebbe portarci due
caffè per favore?-.
-Certamente, arrivano-. Mi dileguai velocemente, visto il pieno di
clienti di quella giornata soleggiata. Mentre mi stavo dirigendo verso
le cucine, sentii qualcosa di una consistenza appiccicosa colpirmi la
schiena. Quando mi girai vidi, tra i vari tavoli, uno con un gruppetto
di sei ragazzini, quattro dei quali rimanevano seri, o quantomeno ci
provavano, mentre gli ultimi due se la sghignazzavano per motivi a me
sconosciuti. Non che una che faceva il mio mestiere potesse
interessarsi ad ogni discorso che facevano i suoi clienti. Delle
persone ai tavoli vicini mi guardarono in attesa di una reazione, uno
strillo, qualsiasi cosa.
-Desiderate?- chiesi con tono quasi smielato. Uno dei ragazzi
guardò divertito quello che sembrava il più
vecchio fra di loro, un massiccio husky marrone che avrà
potuto avere al massimo quindici anni.
-Ci potresti portare un altro dolce per favore? Come puoi vedere, il
mio mi è caduto per sbaglio- disse con fare fintamente
teatrale e appoggiandosi allo schienale della sedia su cui era seduto
con aria sbruffona.
Sorrisi nuovamente, annuendo. -Subito-. Mi diressi il più
velocemente possibile in cucina e strinsi i denti e pugni, cercando di
trattenere il senso di rabbia furente e di disagio che mi aveva
attanagliato. Portai gli ordini che avevo ricevuto al bancone, e dopo
qualche minuto ricevetti il cibo.
-E sentiamo, cosa ti avrebbero fatto?- sentii dire da una voce maschile
e leggermente roca che ormai riconoscevo fin troppo bene. Vi presento
Jorge, il cuoco. Era raro trovare un ristoratore con una pazienza come
la sua che riuscisse a far andare avanti un ristorante nella maniera
giusta. Nel senso che, se ce n’erano altri, io non li avevo
mi incontrati.
Oh, ti prego, lasciamo perdere. Ero andata giusto ieri a ritirarli
dalla lavanderia, non posso credere che mi abbiano lanciato il dessert
addosso-.
-Sono ragazzini, un giorno capiranno che hanno fatto una cavolata.
Diciamo che lo faranno quando avrai circa vent’anni e ti
sbaveranno dietro-.
-Uff…sì, ma anch’io sono una ragazzina
se guardiamo la loro età media…-
-Vero. Beh, mettila così: sono anche clienti. Non ti
arrabbiare, persone così ci sono ovunque, non solo qui-. Mi
passò il piatto con il dolce, rivolgendomi uno dei suoi
tipici sorrisi in cui c’era nascosto un implicito augurio di
mantenere la calma, se volevo tenermi il lavoro. Ho detto che era
paziente, non perfetto.
-Già… ok, augurami buona fortuna-.
-Tu non ne hai bisogno, Sunny. Lo sai bene. Ora sbrigati, non voglio
perdere clienti! Forza, va’!- Mi affrettai a raggiungere quel
tavolo pieno di cani rognosi, così da poter servire qualcuno
un po’ più civile. Appoggiai delicatamente il
piatto al centro del tavolo.
-Grazie cara- sghignazzò un membro di quella banda di
mocciosi con un tono da anziano. I suoi amici ridacchiarono
compiaciuti, scrutandomi. E io che avevo sempre creduto che Dash fosse
un immaturo con le ragazze… ci sarà stato
effettivamente un motivo se in diciassette anni di vita ce ne aveva
portate a conoscere a casa solamente un paio.
Mi voltai e mi allontanai con passo svelto. Ma quando fui sul punto di
sparecchiare uno dei tavoli da cui si era appena alzati dei clienti,
sentii di nuovo qualcosa scontrarsi contro la mia schiena. Mi voltai di
scatto, senza riuscire a reprimere un esclamazione scocciata, e mi
ritrovai davanti di nuovo i visi dei ragazzi che mi ridevano in faccia,
guardandomi con una certa soddisfazione.
Quel giorno Jorge mi aveva liberato un po’ prima del solito.
Chissà cosa lo aveva spinto a farlo. Mi piaceva pensare che
lo avesse fatto perché aveva capito ciò che era
successo. Era questo che lo rendeva speciale: capire quando un
dipendente non rende più abbastanza in certe giornate.
Inoltre, aveva abbastanza personale da poter continuare senza di me, almeno
quel giorno, senza doverlo necessariamente licenziare in blocco. Non
era da me prendermela così tanto, non che lo avessi dato a
vedere, ma lui poteva leggere gli stati d’animo delle
persone, cosa che lo rendeva un grande imprenditore. Ma credo di aver
speso davvero troppe parole parlando di lui, per quanto se lo meriti.
Ora tocca a me.
***
Cercai di mantenere il braccio teso senza farlo tremare e scoccai la
freccia, mandandola a conficcarsi all’estremo del bersaglio.
-Maledizione…- ringhiai.
-Oggi non sembri proprio in forma o sbaglio?- La voce che mi aveva
fatto questa domanda apparteneva ad uno dei ragazzi che spesso
incontravo mentre facevo l’attività che
più preferivo: il tiro con l’arco. Comunque si
chiamava Robin. Non era malaccio. Pensavo che di li a qualche
tempo mi avrebbe chiesto probabilmente di uscire, ma rimaneva il
fatto che restava inferiore a me con l’arco.
-Ho avuto una giornataccia, ma poteva andare peggio-.
-Forse. Ma con le prestazioni che stai dimostrando ora la
stai effettivamente
facendo andare peggio- disse con tono presuntuoso ma ironico, tipico di
lui.
Estrassi un’altra freccia dalla faretra e la tirai, ma questa
volta mancai addirittura il bersaglio. Reclinai la testa verso
l’alto, ma mi voltai subito e sentii un lamento da dietro di
me.
-Aaah Dio! Il mio occhio!- Preferii non girarmi, limitandomi a fare una
smorfia di dolore. Robin osservò la scena mostrando
un’espressione disgustata e serrando la mascella, inspirando
sonoramente fra i denti.
-Uhh… quello deve aver fatto male- mormorò
arricciando il naso. Poi si rimise a guardarmi.
-Oggi va proprio tutto da schifo- sputai, aumentando la presa che avevo
sull’arco. Robin ridacchiò, stringendosi nelle
spalle.
-Guarda il lato positivo: la tua giornata sarà sempre
migliore di quella di quel tizio- disse, indicando con un dito nella
direzione in cui si era sentita quell’esclamazione di dolore.
Roteai gli occhi e gemetti, rivolgendogli un’occhiata
scocciata.
-Taci Robin-.
-Sei davvero inconsolabile oggi, eh?- rise lui, scuotendo la testa. Poi
il suo sguardo si illuminò, e mi fissò con un
accenno di malizia sbarazzina. -Ti va di fare una scommessa?-
Le mie orecchie si alzarono inconsapevolmente, e mi voltai a guardarlo
con un vago interesse. -Che genere di scommessa?-
Lui piegò le labbra in un sorriso soddisfatto e mi fece
cenno con la testa verso il bersaglio. -Se conficchi almeno una freccia
esattamente al centro ti offro un caffè-.
-Macchiato?- chiesi con un accenno di sarcasmo.
-Macchiato. O come cavolo lo preferisci-.
Presi una freccia dalla faretra e me la feci roteare tra le dita,
pregustando già una vittoria. -E se manco il bersaglio?-
Robin sorrise con malizia, mentre cercava di mostrarsi abbastanza
rilassato. -Hai programmi per domani sera?- mi chiese, mentre la voce
lo abbandonò per un attimo dalla sua solita decisione.
Alzai un sopracciglio e socchiusi gli occhi, incrociando le braccia al
petto. Un appuntamento? Con lui?
Una persona che consideravo al massimo come un mio
“amichevole conoscente”? E poi non potevo crederci
che ci stesse davvero provando in quel modo. Ma decisi di stare al
gioco. Tanto, cosa avevo da perdere se non un po’ di
dignità?
-Be’ Rob…- Mi grattai una guancia e mi posai una
mano sul fianco, divertendomi nello stuzzicarlo in quel modo
così crudele e forse un po’ sadico da parte mia.
Decisamente un comportamento che non mi rispecchiava.
Mi girai verso i bersagli, prendendo subito posizione con le braccia.
La corda era già
tesa, e la freccia tirava così tanto che sembrava non vedere
l’ora di avventarsi contro la sua preda.
-Sei sicura di potercela fare?- domandò Robin, forse in un
tentativo di distrarmi così da poter aumentare le sue
possibilità di incassare la scommessa. Di tutta risposta
indietreggiai di cinque passi, aumentando la distanza.
-Come preferisci…- mormorò. Chiusi
l’occhio sinistro, stringendolo tra le palpebre mentre
focalizzavo il mio obiettivo. La freccia scivolò rapidamente
dalle mie dita, andando a scontrarsi contro la mia vittima. Colpii il
contorno esterno del marchio centrale del bersaglio. Robin
sospirò frustrato. -Ok, hai vinto-.
Non mi voltai a guardarlo e incoccai un’altra freccia. Non
era un centro perfetto quello che avevo fatto. Mi concentrai nuovamente
e solo pochi secondi dopo un’altra freccia schizzò
dall’arco contro il bersaglio, colpendolo esattamente dove
volevo io. Quello era un
centro perfetto. Senza
neanche fermarmi, scoccai in sequenza un altro dardo.
Centro. Tre colpi. Tre andati a segno.
Solo allora mi ritenni davvero soddisfatta. Mi feci passare
l’arma sopra la testa e me la misi in spalla. Poi mi voltai
sorridente verso il ragazzo dietro di me, che mi guardava in un misto
di stupore e delusione.
-Mi devi tre caffè-.
***
Mi ero ormai incamminata verso casa, dopo aver vissuto quella
controversa giornata. Mi era dispiaciuto lasciare Robin così
deluso, ma una scommessa è sempre una scommessa. Pensai che
forse, un giorno, gliela avrei concessa comunque una
possibilità. Mi era sempre sembrato un bravo ragazzo e
credevo che anche i miei avrebbero pensato lo stesso. Varcai la porta
di casa, solo per percepire che un innaturale silenzio aleggiava in
essa.
Mia madre non mi salutò nemmeno. -Ciao anche a te mamma, la
tua giornata com’è andata invece?- Lei si
girò di scatto.
-Ah! Ciao Sunny! Scusami, non mi ero accorta del tuo arrivo-. Mia madre
tendeva ad essere sbadata e con la testa tra le nuvole, ma stavolta la
sua faccia, a chi la guardava, poteva far pensare che avesse perso ogni
contatto con il nostro mondo.
-Si può sapere che cosa ti prende? Sono rimasta a fissarti
per tre minuti esatti senza che tu ti accorgessi di nulla. Sul serio,
li ho contati-.
-Mi dispiace Sunny. È solo che non posso fare a meno di
pensare a quei due. So di essere un’impicciona e che sono
abbastanza grandi da risolversela da soli, ma è nella mia
natura impicciarmi negli affari altrui!-
-Ancora non si sono parlati!?-
-No. Althea sembra avere la criniera alzata tanto è tesa,
mentre Dash è come appallottolato su sé stesso.
Mi spiace per loro-. Un po’ dispiaceva anche a me per quei
due, ma ero più discreta di mia madre e decisi quindi di
ritirarmi.
-Anche a me, ma ora sono esausta. È stata
una giornata pesante oggi, ci sentiamo dopo. Vado nella mia stanza-.
-Ok, a dopo!-
Salii i gradini delle scale
zampettandoci velocemente sopra. Quando passai davanti alle camere di
Dash e di Althea, l’unica cosa che sentii fu un silenzio di
tomba. La cosa mi inquietò leggermente. La mia non era mai
stata una casa tranquilla, e non sentir volare una mosca per i suoi
corridoi era quasi spaventoso. Ero quasi certa che Althea non avesse
messo piede fuori dalla sua stanza da quella mattina pur di non
incontrare l’individuo causa del suo nervosismo. E ora che ci
prestavo attenzione, riuscivo a sentire un debole mormorio provenire
dalla stanza di Dash. O si stava preparando il discorso con cui
affrontare l’argomento tanto temuto sia da lui che dalla
gatta, o era impazzito e aveva cominciato a parlare da solo. Non sapevo
quale possibilità ritenere più attendibile.
Decisi di sorvolare su quelli che non erano affari miei e mi diressi
nella mia camera. Che per mia sfortuna condividevo con Emily. Quando
aprii la porta, per fortuna notai che di mia sorella non
c’era ancora traccia, quindi mi buttai violentemente sul mio
letto e mi ci stravaccai sopra.
Scalciai via le scarpe e mi rannicchiai contro il cuscino. Guardai per
un attimo di fianco a me, e notai lo specchio nella parte di stanza di
Emily. Mi alzai e mi ci posizionai davanti. Il mio riflesso mi
innervosiva. Non avevo un minimo di fisico. Persino mia sorella minore
aveva le curve più pronunciate delle mie. Il mio corpo
era… strano. Sportivo, elastico, forse leggermente
muscoloso. Assolutamente niente che mi facesse sentire in sintonia con
le persone della mia età. Non ero femminile, non ero
elegante e non ero raffinata. Ma non mi sentivo esattamente a disagio
per questo. Più che altro mi infastidiva. Ma forse era il
mio ego a impedirmi di farmici riflettere sopra. Forse era il mio
stesso ego che mi impediva di avere dei veri rapporti con qualcuno.
Chiunque mi stesse vicino e chiunque cercasse di conoscermi…
credo non riuscisse davvero a farsi un’idea precisa della
persona che aveva davanti. C’è chi mi vedeva come
la ragazza più solare e simpatica che ci fosse. Altri
percepivano una certa insicurezza in me, anche se non avevo mai cercato
di ostentarla, anzi, la nascondevo come meglio potevo, tenendola
occultata dentro al mio spirito. Robin…non ho mai capito che
cosa provasse. Credo che mi considerasse una cara amica, potevo
sentirlo. Quel
giorno però, è stato come se si fosse tolto un
peso, come se avesse cercato di dirmi che non ero solo
un’amica. Ma io non… credo di aver provato le
stesse cose. Come ho già detto, era un amichevole
conoscente. Forse, non c’era davvero qualcuno che riuscissi a
sentire abbastanza vicino a me da poterlo chiamare
“amico” o “amica”. Certo non mi
relegavo in casa a giocare a videogiochi e browser game tutto il
giorno, ma forse mi sentivo persino più sola di quella
categoria di persone. Uscivo, facevo quello che mi piaceva, ma in
qualche modo ero sola. Io volevo trovare qualcuno che mi capisse
davvero. Non mi interessava se quella persona sarebbe stata identica a
me o completamente diversa. Volevo qualcuno che portasse delle emozioni
nella mia vita, non mi importava se queste fossero state positive o
negative.
Volevo un amico. Che mi avrebbe accettato, che mi avrebbe fatto
divertire, piangere, ridere, infuriare. Volevo qualcuno che mi facesse
davvero sentireviva. Forse era una cosa sbagliata
ricercare delle emozioni che mi avrebbero potuto far soffrire quando si
ha una vita pressoché perfetta. Infondo, questa è
una cosa che mi ha sempre fatto disgusto. La perfezione… la
perfezione non esiste. Nessuno è perfetto. Chi crede di
esserlo è solo un arrogante megalomane. Io non ricercavo la
perfezione.
Io ricercavo il difetto. Il difetto nell’incanto.
Charmy
Ci sono cose nella vita che si apprezzano più di altre.
Finire di svolgere un lavoro importante anziché posticiparlo
continuamente è una di queste. Imparare a fare cose nuove
ogni giorno è un altro ottimo esempio. Per me, tuttavia, le
cose risultano molto più semplici. Avere un lavoro da fare e
non farlo? Sìììì...
veramente fantastico. Non era la prima volta che Vector mi dava un
lavoro da fare. Non era la prima volta che lo evitavo come la peste.
Dovevo andare a ritirare i suoi vestiti in lavanderia. Se per
“vestiti” si intendono i suoi guanti e le sue
scarpe, ben inteso. Supposi che avrebbe potuto sopravvivere per un
po’ anche con quelli di riserva. Infatti ero lì,
sul tetto dell’edificio, a leggere il mio romanzo di culto
preferito:“Dr.Slump e Arale”, che come poche altre
cose al mondo riusciva a mettere in movimento le cellule cerebrali. Un
capolavoro, ancora enfatizzato se letto, come quel giorno, sotto il
sole, in una giornata serena come quella. Alzai per un attimo gli occhi
dal manga e mi venne quasi un infarto.
-Ciao Charmy-. Espio mi guardava con fare scocciato, a braccia
incrociate. Mi portai una mano sul petto, cercando di capire se il
cuore fosse ancora nel pieno della sua funzionalità.
-Devi smetterla di
apparirmi davanti in questo modo- ansimai. -E poi come facevi a sapere
che ero sul tetto?-
Lui mi sorrise con fare canzonatorio. -Ho i miei metodi. E tu non avevi
un lavoro da fare?-
-Sì, certo. Stavo giusto per andare-.
Alzò un sopracciglio. -Ne sono sicuro…-
borbottò. -Comunque. Vector ti vuole parlare, quindi
è meglio che ti dia una mossa-.
Io grugnii, reclinando all’indietro la testa. -Non potresti
dirgli che ho da fare? Tra cinque minuti sono da lui- farfugliai,
ricominciando a leggere subito dopo, come se nulla fosse successo.
Espio sospirò sonoramente. -Slump e Midori si sposano alla
fine del capitolo-.
Il manoscritto mi scivolò inconsapevolmente dalle mani. -Oh,
stai scherzando. E come fai a sapere in che punto…-
-Ho i miei metodi. Vai-.
Mi alzai da terra con un mugolio svogliato e mi avviai verso la scala
che portava in soffitta. Espio mi parò una mano davanti.
-A-ah-. Fece un cenno verso il mio prezioso manga. -Il fumetto-.
***
Bussai alla porta dell’ufficio di Vector e aprii lentamente
la porta, infilando la testa all’interno della stanza.
-Heilà?-
-Sbrigati Charmy- ringhiò la voce scura del mio amico
coccodrillo.
-Calma amico! Come mai sei così nervoso? Vanilla ti ha dato
buca per la cena di stasera?-
Vector si alzò di scatto dalla poltrona dietro la sua
scrivania. -Vanilla non c’entra niente in questa storia, lo
sai benissimo!- strillò. ‘’Wow…
nervosetto oggi il rettile.’’
-Sei tu quello che mi fa uscire di testa!- Spostò
bruscamente la sua tanto amata sedia girevole nera e mi si
piazzò davanti. -Sei in assoluto la persona più
irresponsabile che conosca. Ogni volta che ti affido un incarico o lo
rimandi, o non lo fai proprio. Se non ci fossero Cream ed Espio questo
posto sarebbe già allo sbando! Ho dovuto mandare Espio a
ritirare la roba in lavanderia, ti rendi conto? Espio!-
-Ad essere completamente sinceri, quella sarebbe la tua roba-
ridacchiai.
Vector mugugnò infuriato, camminando nervosamente per tutta
la stanza. -Si può sapere come…-
‘’Bla, bla, bla. Sempre la solita
ramanzina. Ma non l’ha capito che non lo sto più
ascoltando? Sto già pensando in quale posizione sdraiarmi
quando ritornerò sul tetto. A proposito…
chissà come faceva Espio a sapere come finiva il fumetto.
Non lo avrà mica…”
-Mi stai ascoltando sì o no?!- urlò Vector
sbattendo un pugno sul muro. Poi scosse desolato la testa. -Mi hai
stufato. Ti ho chiamato nel mio ufficio per dirti che Gibson ci ha
invitati a tornare di nuovo alla base oggi-.
-Davvero? Finalmente! Se sarà semplice come la scorsa volta,
non avremo problemi-.
-L’altra volta ti hanno quasi ucciso-.
-Ed Espio?-
-Sono sicuro che sappia già dove dobbiamo andare. Ora datti
una mossa e vai a fare almeno questo-. Annuii in risposta e uscii dalla
stanza. Ma riuscii a sentire Vector mentre borbottava un ultimo: Dove
ho sbagliato con lui?
Sbadigliai sonoramente, affondando nel sedile posteriore
dell’auto.
-Siamo arrivati?- chiesi a Vector, aspettandomi la sua tipica risposta.
-No-.
-Oh…- Rimasi deluso da ciò che mi disse. Saremmo
dovuti andare a piedi, sarebbe stato più divertente.
-Siamo arrivati?- chiesi dopo venti secondi di assoluto silenzio da
parte di Cream e Vector.
-No-.
-…Siamo arrivati?-
-No…!-
-Sia…-
-Ascoltami bene Charmy, finisci quella frase e ti faccio scendere dalla
Vector-mobile, e ti continui il viaggio fino in centro a piedi!-
urlò lui, furioso come raramente l’ho visto. Ci fu
un silenzio di tomba per un minuto circa. -…Siamo arrivati?-
Oltre a Vector, anche Cream mi rispose con decisione. -No!-
Sentii una voce alla mia sinistra lamentarsi in maniera non usuale. Era
Espio, che fino a pochi secondi prima non si trovava accanto a me.
-Dio, no! Non siamo ancora arrivati, sta zitto Charmy, chiudi la
bocca!- urlò. Non risposi per diversi istanti, poi replicai.
-…Quando sei arrivato qui?-
-Uff…- Fu uno sbuffo la sua risposta.
-Piaciuto il fumetto?- sghignazzai, ricevendo in cambio solo un mugolio
pieno di aggressività.
-Ehi, siamo arrivati?- chiesi un’altra volta.
-Sì-. Vector si slacciò velocemente la cintura,
stizzito. -Giù dalla macchina. Pensavo di offrire un
caffè a tutti, ma mi si è chiuso lo stomaco-.
-Offrire un caffè a tutti? È un pensiero molto
gentile, considerando che avresti dovuto rinunciare alle spese delle
prossime settimane per farlo. Ti ringrazio a nome di tutti-. Ci
dirigemmo nuovamente verso quel grosso edificio, pronti al nostro nuovo
colloquio con quell’infido uomo.
Vector si fermò per un attimo a guardare la base davanti a
noi, poi si voltò, guardandoci con della determinazione pura
negli occhi. -Ok ragazzi, sapete come funziona. Voi zitti, io parlo-.
Mi sentii di intervenire anche quella volta. -Vector, non credi che
potrei parlare io stavolta?- Prima di passo spedito, il gruppo
rallentò leggermente il proprio andamento.
-No-.La risposta, anche se ritardata, fu secca e unanime da parte di
Vector e Espio.
-Cosa?! Perché no?-
-Due parole: Banca. Rotta.-
Cream non ci mise molto ad intromettersi nella conversazione. -In
teoria hai appena separato un’unica parola di uso comune in
due diverse, anche se, grammaticalmente, sono effettivamente parole
differenti…-
-Dopo, Cream- replicò
il capo.
-Oh, ti prego Vector, lo sai che scherzavo prima. Voglio solo provarti
le mie capacità. Non potresti darmi fiducia? Ti prego-.
-Charmy. Io ti rispetto molto, sei un amico e un collaboratore,
ma… c’è un ma…ti
lascerò gestire una faccenda così complicata solo
quando vedrò il buon Dio che balla il moonwalk. Capito il
concetto?-. Incrociai le braccia al petto e misi il broncio migliore di
cui fui capace. Vector scosse la testa ridacchiando e
ricominciò a camminare.
-Il trucco del broncio non funziona più da quando hai
superato i quattordici anni-.
Sbuffai scocciato. -Un giorno dovrai pur lasciarmi le redini
dell’agenzia! Sai, quando sarai vecchio, la pelle
comincerà a diventarti giallognola e a penderti dalle
braccia e le scaglie a diventare ruvide... cose che succederanno quando
arriverai ai cinquant’anni. Cioè tra non molto-.
Il coccodrillo si voltò di scatto. -A
cinquant’anni non si è
‘’vecchi’’! Si diventa solo
maturi!- strillò. Si mise i pugni sui fianchi, alzando il
mento e sorridendo sornione. -E alle donne piacciono gli uomini maturi-.
Cream si sbatté una mano in faccia, mugolando un verso
imbarazzato. -Vector, ti prego…-
Il nostro capo si fece un grassa risata. -Visto? Per esempio, Vanilla
esce con me per il mio fascino-.
"Ti prego, fai che non ricominci questa storia. È imbarazzante quasi
quanto quando gli ho chiesto come nascono i bambini". Poi
si rivolse nuovamente a me. -Comunque sia, la risposta è no,
Charmy. Mentre parlo con Gibson devi stare muto-. Io e il resto della
comitiva ricominciammo a camminare verso il nostro obbiettivo, ma non
riuscii a nascondere una punta di delusione dopo le parole di Vector.
Tenni lo sguardo rivolto verso il terreno. Mi considerava davvero in
quel modo così scadente? Sentii qualcuno darmi un colpetto
sul braccio. Alzai gli occhi e vidi Cream sorridermi allegra.
-Sai, penso che ci siano momenti, come questo per esempio, in cui
avresti bisogno del gadget più potente e utile che esista al
mondo-. Lei sospirò, quasi fingendosi addolorata. -Purtroppo
io non sono in grado di fornirtelo-.
Alzai un sopracciglio, sorridendole di rimando. -Cioè?-
Lei ridacchiò con fare furbetto, socchiudendo le palpebre
con un fare che mi sembrò terribilmente seducente. -Il
buonsenso-.
Sbuffai come se avesse detto la cosa più ovvia del mondo e
mi battei fieramente un pugno sul petto. -Non preoccuparti Bambolina,
non ne ho bisogno- dissi con tono virile. Cream rise allegramente,
scuotendo con aria falsamente esasperata la testa.
Qualche metro davanti a noi, Vector ed Espio si trattennero a malapena
dallo scoppiare a ridere. -Datevi una mossa voi due- ordinò
Vector con voce più acuta del solito a causa delle risate
trattenute. -Abbiamo un colloquio che ci aspetta!-
Una volta dentro alla Base, nulla era cambiato rispetto
all’ultima volta in cui ci eravamo stati: grosso edificio,
persone impegnate, ciao. Una volta alla reception, Vector aveva
ovviamente in mente di parlare per primo. Il mio inequivocabile talento
nel non-ascoltarlo tuttavia, stava per prendere nuovamente il
sopravvento. Finché non mi resi conto che, malgrado le mie
corde vocali si stessero sforzando e tendendo, dalla mia bocca non
usciva una parola. Dapprima pensai al nervosismo. Poi mi guardai in
giro. Vidi Cream che mi salutò vivacemente e dietro di lei
Espio, che stava facendo degli strani segni con le mani mentre
pronunciava sottovoce parole a me incomprensibili.
-La ringrazio, signorina- concluse infine il nostro capo prima di farci
segno con la mano di dirigerci verso l’ascensore. Nel corso
della camminata, chiesi spiegazioni per l’accaduto.
-Da quando hai imparato quella tecnica?-
-Da un po’- rispose Espio, che come sempre manteneva il
riserbo su tutte le risposte che dava a chiunque.
-Ma…perché?!-
-Perché sapevo che avresti cercato di intrometterti, Maia-.
-Non osare…!- La mia voce si bloccò nuovamente,
mentre Espio ripeteva quella tecnica Ninja.
-No. In certi casi bisogna tirare fuori la propria abilità
persuasiva per far parlare le persone. Altre volte si rivela necessario
chiuder loro la bocca-.
‘’Touché, Espio. Per stavolta.
Sto leggendo anche Naruto, e quando avrò imparato lo
Sharingan te la farò vedere. Preparati. Io
conquisterò il mondo. Io, Charmy, sarò
l’imperatore più potente
che…’’
-Charmy, premi il maledetto pulsante
dell’ascensore!- gridò Vector.
-Sì, capo!- E
mentre nelle nostre orecchie scorreva sinuosamente il suono della
musica da ascensore, sapevo che, forse, non ero davvero ancora pronto a
dialogare con quell’uomo dagli occhi di ghiaccio. Per ora.
***
Vector
Dopo aver ottenuto il permesso di poter ricevere Gibson e dopo aver
bussato alla porta del suo ufficio, entrammo.
-Buongiorno signori-. L’alta e slanciata figura del
Comandante ci accolse in quella stanza fredda e quasi sterile, molto
diversa dalle camere disordinate della nostra agenzia.
-Buongiorno Comandante-. Davanti alla sua scrivania erano posizionate
quattro sedie sulle quali io e la mia squadra ci sedemmo
immediatamente. Passò un minuto buono in cui, tranne Charmy,
non volò una mosca, nel quale Gibson continuò a
leggere con indifferenza delle scartoffie piene di appunti. Lanciai
delle rapide occhiate ai miei compagni, che sembravano spaesati quanto
me. Charmy stava già muovendo nervosamente le gambe,
snervato dall’attesa. Avevo il terrore che di li a poco
avrebbe cominciato a parlare.
-Ovviamente vi starete chiedendo il perché della vostra
convocazione qui- proruppe Gibson dopo un paio di minuti.
-È ovvio…- mormorò Charmy sottovoce,
emettendo un sussulto di dolore subito dopo.
-Lo scusi, Comandante-. Il tono angelico con cui Cream disse quella
frase era la prova evidente che era stata lei a tirare un calcio
all’ape. Gibson si alzò dalla sua poltrona,
incrociando le mani dietro la schiena e osservando con sguardo vacuo
fuori dalla finestra. Con la luce proveniente dall’esterno
puntata sul volto, riuscii a notare quanto i suoi lineamenti fossero
tesi e le rughe d’espressione pronunciate.
-Altre due delle nostre basi sono state attaccate- disse.
L’aria già tesa della stanza sembrò
appesantirsi ancora di più. Riuscivo persino a sentire il
lieve ticchettio delle lancette dell’orologio appeso al muro.
-Sono stati rubati altri due Smeraldi. Abbiamo esaminato il luogo
dell’accaduto e abbiamo constatato che le caratteristiche di
questi due attacchi coincidono con quello precedentemente avvenuto-.
Gibson ruotò lievemente la testa, scrutandoci tutti
attentamente. -Quindi, sono state ritrovate anche le stesse munizioni
di cui vi avevo già parlato. Ma questa volta
c’è di più-.
Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza. -Spero
che vi ricordiate del nostro ospite, Nack-. Io annuii, spronandolo a
continuare.
-Sarebbe?- chiese Espio.
-Una riduzione della pena in cambio della lista di tutti i suoi
clienti. Ha accettato, così ora siamo in possesso dei suoi
contatti. E siamo venuti a conoscenza del fatto che soltanto una
manciata di tutti i suoi abituali clienti hanno comprato quel tipo di
munizioni. Abbiamo trovato il maggiore acquirente tra di essi-. Ci fece
cenno ai fogli presenti sulla scrivania. Cream iniziò a
leggerli velocemente, prima di fermarsi di scatto.
-Eggman?!-esclamò.
-Sì, lui.- Persino Charmy si zittì.
-Qual è il nostro compito a riguardo?- chiesi.
-È molto semplice: trovatelo.- Ci fu un ALTRO attimo di
silenzio, il che cominciava a diventare tedioso, considerando che
questa storia ne è piena.
-…tutto qui?-
-Sì. Cioè indagare, interrogare testimoni,
trovarlo, picchiarlo, le cose che fate di solito-.
-Sentendo questo mi viene il sospetto che Nack non vi abbia detto nulla
riguardo la posizione attuale del Dottore-.
-È ovvio. Non credo che quei due abbiano contrattato nel
covo segreto di Robotnik. E anche se così fosse,
è possibile che l’abbia cambiato. E se per caso
non fosse il Dottore il colpevole, voglio che mi troviate chi
c’è dietro tutto questo schifo. Dopo che lo avrete
fatto riceverete il resto della ricompensa-. Dopo che ci ebbe ordinato
quale sarebbe stato il nostro incarico, io e i miei ragazzi gli
stringemmo la mano e ci congedammo.
-Se c’è Robotnik dietro tutto questo vuol dire che
stiamo andando incontro a qualcosa di grosso- rifletté Cream
preoccupata.
-Naah, non credo ci sia da preoccuparsi molto- risi, cercando di
tranquillizzarla.
-Infondo stiamo sempre parlando di Eggman, no? L’uomo che
cattura adorabili animaletti per costruire robot altrettanto adorabili-
disse Charmy, cercando di dissipare la tensione.
Espio incrociò le braccia al petto, fissando preoccupato il
suolo. -L’uomo che pur di raggiungere il suo obbiettivo ha
diviso in più parti il pianeta-.
Dopo che lo ebbe detto, nessuno di noi ebbe più il coraggio
di aprire bocca. Non c’era nient’altro che
potessimo dire. Per quanto evitassimo di parlarne esplicitamente,
eravamo tutti in pericolo in quel momento.
***
Espio
Mi sentivo strano. Era così da qualche tempo. Ero
consapevole del fatto che stesse per succedere qualcosa. Non sapevo
quando. Non sapevo come. Ma stava per succedere.
Un improvviso scricchiolio secco risuonò
all’interno della stanza, facendomi sobbalzare. Lanciai
rapidamente degli shuriken in direzione di quello strano suono e
immediatamente il rumore del metallo conficcato nel mio obbiettivo mi
riempì le orecchie. Riaprii gli occhi e notai con mio grande
sollievo che il mio nemico non era un qualcosa di vivo, ma uno dei
bersagli che si attivavano ogni decina di minuti che aveva creato Cream
appositamente per i miei allenamenti. Solitamente li utilizzavo quando
Charmy non era nei paraggi.
Tirai un sospiro di sollievo. ‘’Seriamente,
hai bisogno di calmarti. Torna a meditare e poi vattene a
dormire’’. Abbassai
nuovamente le palpebre. Calmati. Inspira. Espira. Rilassati. Strinsi
con più decisione il tomo che tenevo nella mano sinistra e
chiusi a pugno la mano destra, lasciando alzati l’indice e il
medio e posizionandola davanti al mio muso. ‘’Rilassati…’’. Poi
spostai la mano verso l’elsa di una delle mie due spade.
Un’altra azione che solitamente mi rilassava. Le mie spade
erano come le due facce di una stessa moneta. Una di queste apparteneva
al mio clan, che mi venne donata dopo che dimostrai il mio valore. Poco
tempo dopo decisi di lasciare il luogo in cui ero nato, dopo che mi
resi conto che il mio posto non poteva limitarsi ad un piccolo
villaggio e che non era quello il luogo in cui i miei tormenti
avrebbero avuto fine. Gli abitanti chiamavano quell’arma
“Reiseina”. Ero un giovane impulsivo allora,
perciò ci misi un po’ di tempo per imparare ad
usarla. Ma ero inevitabilmente attratto dallo splendore argenteo di
quell’arma che per me, in realtà, era sempre stata
più una compagna. Si diceva che fosse talmente potente che
persino la roccia più spessa potesse essere tagliata come
burro sotto la sua potenza. Questo se la si sa usare. E io la sapevo
usare. La modernità della seconda contrastava con le antiche
origini della prima. Era stata Cream a forgiarla per me. Non avevo la
più pallida idea di come avesse fatto, ma so per certo che
il materiale di cui era composta era principalmente metallo di Ring, da
cui era dovuto il suo colorito dorato. Straordinariamente, non era meno
forte di Reiseina. Erano come oro e argento. Mi piaceva chiamarla
“Ring Sword”. Entrambe le lame riposavano
all’interno delle loro else e, grazie ad un meccanismo
retrattile ad alta velocità grazie al quale, se si faceva
pressione su di un piccolo pulsante, esse si mostravano.
Poi, il lievissimo cigolio di una trave di legno. Estrassi la katana al
mio fianco e a sfoderai dall'elsa, puntandola verso la porta. Questa
volta, quando riaprii gli occhi, mi ritrovai davanti Vector con le mani
protese davanti a lui, mentre guardava terrorizzato la lama vicino alla
sua gola.
-Calma amico, sono io- disse sottovoce. Il suo sguardo si rivolse alla
mia mano sinistra. -Ehi, è un fumetto quello?- Chiusi di
scatto il giornalino, gemendo innervosito.
-Perché sei venuto qui?-
-Cream mi ha mandato a svegliarvi tutti. Dice di aver fatto una
scoperta e di volerci parlare-. Annuii, alzandomi dal terreno.
-Ok. Arrivo-.
Quando arrivai nel salotto della nostra piccola agenzia, la prima cosa
che vidi fu la gracile figura di Cream seduta su una sedia e chinata
sul suo computer portatile. Sbadigliò sonoramente e si
appoggiò il mento sul palmo della mano. Mi avvicinai
lentamente a lei, stringendole delicatamente una spalla.
-Tutto bene?-
Si voltò verso di me, sorridendo debolmente e guardandomi
con occhi gonfi e stanchi. -Sì. Sono solo stata sveglia
più del dovuto-.
-Tutta la notte, vero? Ormai abbiamo ampiamente superato l'ora
dell'alba-.
Lei ridacchiò, stringendosi nelle spalle. -Abbiamo bisogno
di quei soldi-. Poi si guardò intorno. -E
dov’è Charmy?-
Neanche due secondi dopo sentimmo un pesante strisciare sul pavimento.
-Come vuoi-. Il coccodrillo lo lasciò di scatto, facendo
sbattere gli stinchi di Charmy sul pavimento. L’ape fece un
esclamazione di dolore, alzandosi a fatica. -Si può sapere
che cosa c’è di tanto urgente? Ho sonno-
grugnì, ravvivandosi i capelli neri pece liberi dal solito
casco che gravava su di loro. Poi guardò Cream. -Hai davvero
un’aria orribile. Che hai fatto tutta la notte?-
Cream lo fulminò con lo sguardò. -Stai zitto o
giuro che ti ammazzo-. Vector si spolverò le mani,
appoggiandosi allo schienale della sedia su cui era seduta la coniglia.
Cream si schiarì la voce, sistemandosi in una posizione
più comoda. -Ho fatto un paio di ricerche. Visto che Gibson
sostiene che il responsabile dei furti degli Smeraldi sia Eggman, ho
voluto cominciare a dare un’occhiata alle varie statistiche-.
-Che genere di statistiche?- chiesi.
-Eggman è solito creare le sue armate di robot grazie a
esseri come i Flickies, giusto? Quindi ho ricercato i vari luoghi in
cui ci sono stati il maggior numero dei loro rapimenti-.
Schiacciò un paio di pulsanti sulla tastiera del computer e
fece apparire sullo schermo un grafico che indicava quali zone fossero
state sotto l’interesse dello Scienziato.
-Green Hill è stato il luogo più colpito-. Cheese
e Chocola, che fino a quel momento erano rimasti accucciati nel grembo
di Cream, cominciarono a svolazzare per la stanza con fare inquieto,
schiamazzando i loro versetti. Charmy sembrò volersi mettere
le mani davanti.
-Giuro che stavolta non gli ho dato le noccioline per cena-.
Cream rispose subito a questo tentativo di discolparsi. -Non
è colpa tua. In questo periodo sono particolarmente agitati,
anche se non ne capisco il motivo-. Evidentemente non ero
l’unico ad essere spaventato. Ad ogni modo, Vector riprese
subito a parlare e a fare domande.
-Comunque sia… Cream, non ci sarebbe qualche altro posto da
cui cominciare?-
-Perché mi fai questa domanda?-
-Questioni di tempo, insomma… Non c’è
un luogo più vicino da cui cominciare?-
-Green Hill è il posto più vicino a Station
Square che esista, non so…-
-Beh, c’è sì o no?- Vector odiava quel
luogo. Non nel senso stretto del termine, però. Diciamo che
non poteva più sentirlo nominare da quando, qualche anno
prima, un “Vento Blu” gli aveva portato via il
sandwich. Una brezza che poi si è fermata a salutarlo e a
dargli del tonto, almeno da come la raccontava lui.
-Beh… ci sarebbero posti come Marble Zone, o la Mushroom
Hill Zone… ma il numero dei rapimenti di Flickies
è notevolmente inferiore a quello di Green Hill. Quindi
credo che sia meglio iniziare proprio con quest’ultima-.
Vector mugolò scocciato, ma si entusiasmò subito
dopo, indicando la porta. -Ok ragazzi, sembra proprio che sia ora di
andare! Alla Vector-Mobile!-
***
Vector
Fu così che ci ritrovammo nuovamente in quel pacifico posto
dimenticato da Dio. Durante il nostro viaggio in macchina era spuntato
in cielo un Sole che spaccava le pietre, nonostante fosse mattina
presto. Erano tutti particolarmente rallegrati dal trovarsi in quel
luogo così naturale e assolato, completamente ricoperto dal
verde. Cream aveva gli occhi che brillavano dall’emozione,
Charmy svolazzava da un fiore all’altro senza tregua, come un
gatto attratto dall’omonima erba, ed Espio…lui
meditava come sempre, ma ero certo che lo facesse in modo molto
più allegro del solito. Anche se non sembrava.
-Ok, ragazzi, è il momento di mettersi al lavoro. Per prima
cosa…- Uno dei motivi per cui odiavo quel posto, era che i
miei uomini non mi ascoltavano più una volta arrivati, ninja
compreso. Era come liberare un branco di piccoli animaletti morbidi e
coccolosi in un luogo morbido e coccoloso, scatenando
un’esplosione atomica di morbidezza e coccolosità
devastante. Erano davvero spaventosi. Però una volta li
avevo trovati così divertenti che li avevo fotografati e li
avevo postati su Facebook, ricevendo una cinquantina di “Mi
piace”.
-Ragazzi!- Fu a quel punto che cominciarono a svegliarsi e a disporsi
in fila, pronti a ricevere ordini. -Ritengo opportuno ricordarvi che
proprio in questo momento ci troviamo coinvolti nel più
importante affare della nostra vita! Quindi vi voglio PRONTI! SVEGLI!
Il meno TENERI possibile! E OBBEDIENTI! Soprattutto OBBEDIENTI. Questo
vale soprattutto per te Charmy-. Quest'ultimo sembrava distratto da
qualcosa in lontananza, che subito ci illustrò con
linguaggio colto.
-Laggiù c’è una pazza che guida una
macchina per le colline, fa dei salti incredibili-. Ovviamente cercai
subito di rimetterlo in riga.
-Naturalmente non hai ascoltato una singola *Uh, wow, hai ragione,
quella è matta forte*, ma permane il fatto che non mi
ascolti mai!- Tirai un sospiro nervoso e cominciai a fare il punto
della situazione.
-Ok ragazzi, abbiamo bisogno di testimoni. Qualche idea?- Espio fu il
primo ad alzare la mano, come previsto.
-Bene Espio, sputa il rospo-.
-Potremmo provare in quella casa laggiù-. Mi girai e vidi
una capanna ad una ventina di metri da noi.
-Oh…ma certo, quella che avevo avvistato da quando siamo
qui… Ahah! Volevo solo vedere quanto tempo ci avreste messo
voi a notarla!- Lo sapevo che non sarebbe stata la mia
giornata…
Cream mi guardò confusa e intervenne subito.
-Alla Vector-mobile!- ripetei come risposta. Sono io il Boss, piccola.
***
Dopo essere saliti e scesi dalla macchina per l’ennesima
volta in quella giornata e dopo aver ascoltato le lamentele di Cream su
quanto fossi incosciente nello sprecare in quel modo la benzina che per
riuscire a pagare ogni volta che andavamo a fare un pieno dovevamo
cavarci un occhio, arrivammo davanti a quella piccola casetta
trasandata in cima alla collina. Charmy si fece avanti e
bussò alla porta, però non ci rispose nessuno.
Charmy continuo imperterrito nella sua impresa.
-Ehi! C’è qualcuno sì o no?-
urlò, battendo con violenza il pugno contro la superfice
legnosa dell’uscio della casa. La porta si aprì
all’improvviso. Davanti a noi comparve un anatra che
avrà avuto al massimo sui trentacinque anni con un becco
piccolo e stretto, dalle piume di un verde scuro e gli occhi neri pece.
Un ciuffo di capelli gli ricadeva sulla fronte mentre ci guardava
scocciato.
-Che diavolo…!- Charmy sussultò alla vista di
quell’uomo trasandato e inquietante, e svolazzò
velocemente dietro la schiena di Espio.
-È da dieci minuti che questo moccioso sta bussando alla
dannata porta. Si può sapere chi diamine siete?-
sputò, stringendo tra le labbra una cicca di sigaretta.
Cream mi guardò allarmata, mentre Espio sembrava pensieroso
mentre osservava il nostro simpaticissimo collaboratore.
-Buongiorno anche a lei- dissi con un falso sorriso, estraendo dal mio
portafoglio il biglietto da visita della nostra agenzia e
porgendoglielo.
Charmy trattenne a malapena una risata, sputacchiando nel trattenersi.
-Oh, scusate. Questa è mia- ridacchiò, prendendo
dalle mani dell’uomo una foto che mi ritraeva in uno dei miei
momenti di riflessione profonda.
L’anatra la prese, guardandola. -Qui c’è
un coccodrillo che sta mangiando pane e marmellata-.
Cream gliela sfilò dalle mani, sorridendo nervosamente e
nascondendo la foto dietro la schiena. -Heh. Scusate. Quella
è mia-.
La guardai umiliato. -Questa davvero non me l’aspettavo da
te-.
Presi di nuovo mano al portafoglio e estrassi l’ultimo pezzo
di carta che ci fosse dentro e lo misi direttamente nel palmo del
volatile. Dentro di me sperai profondamente che non mi ritraesse in
situazioni peggiori di quelle di prima.
-Qui c’è un logo scritto con il pastello- disse.
Ridacchiai, incrociando le braccia al petto. -Sì,
è decisamente quella giusta-.
-…Team Chaotix…? Ora ho capito chi siete. Che
volete?- chiese lui con aria molto svogliata e scocciata, come se
avesse sperato per tutto il giorno di non ricevere visite di alcun
genere.
-Informazioni-.
-Che genere di informazioni?-
-Dobbiamo sapere il maggior numero di dettagli possibili relativi ai
risaputi fenomeni di sparizioni che avvengono in questa zona da un
po’ di tempo a questa parte. Ha mai assistito a qualcuno di
questi? Ci dica tutto quello che le viene in mente, anche
ciò che sembra trascurabile-.
-Io? Cosa potrei sapere io di quello che sta succedendo?-
-Le stesse cose che sanno tutti gli altri che abitano stabilmente
questa zona-.
-Ah, certo. La verità è che tutti quanti non
hanno la più pallida idea di ciò che sta
succedendo-.
Espio si mise a guardarlo più attentamente, come per
riconoscere dei particolari a lui famigliari. Ad un certo punto quel
pazzoide riprese a parlare nel suo scorbutico tono.
-E comunque, per quanto ne so io, potreste essere dei malintenzionati.
Non sarei l’unico a pensarlo infondo, vista la vostra
reputazione. Quindi perché dovrei sprecare solo un altro
minuto del mio tempo per voi? Arrivederci-. Fece per chiudere la porta,
quando Espio la bloccò con la sua mano, riaprendola
lentamente.
-Se vuole mandarci via, lo faccia pure, poiché è
nei suoi diritti impedirci l’ingresso alla sua dimora. Ma
quantomeno mostri un po’ d’educazione nei nostri
confronti-. Anche quell’uomo sembrava guardare Espio con
curiosità. Il suo sguardo cambiò, mostrandosi
leggermente spaventato.
-Beh, ripensandoci, vediamo cosa può fare per voi questo
eremita-. L’anatra aprì completamente la porta,
appoggiandosi allo stipite con un gomito. -Non posso darvi
un’informazione precisa riguardo al luogo dei rapimenti.
Sarebbe impossibile. Tutta Green Hill è stata colpita, non
c’è una zona in cui sia successo di più
rispetto ad un’altra. Non che questo sia mai stato un posto
tranquillo… ma negli ultimi tempi è degenerato.
Ci sono sempre meno animali qui intorno-. Lui sospirò,
facendo un’alzata di spalle. -Non saprei cos’altro
dirvi-.
-Non c’è proprio nient’altro che ci
possa essere d’aiuto?- chiese speranzosa Cream, facendo un
passo avanti. -Qualunque cosa-.
Il volatile grugnì. -Perché mi state chiedendo
queste cose? Perché vi serve saperlo?-
-Questioni private- rispose secco Espio.
Dopo il suo intervento, il nostro interlocutore tornò
nuovamente a fare il bravo bambino, stando dove doveva stare e
chiudendo la bocca. -Però… in effetti
è successo qualcosa interessante-.
Tirai una lieve gomitata nel fianco ad Espio dicendogli con lo sguardo:
''In questo momento ti sto adorando''.
-Esiste una foresta nel confine tra Green Hill e la Marble Zone nella
quale si dice che succedano fatti strani. Alcuni di quelli che vi si
addentrano ricevono risposte e verità a lungo cercate,
inenarrabili da chiunque altro.
-E cos’ha a che fare tutto questo con noi?- chiesi.
-Negli ultimi tempi qualcuno ha detto di aver udito dei rumori molto
forti provenire dalla foresta. La maggior parte delle persone crede che
siano spiriti o entità di vario genere. Ma vi posso
assicurare che gli spettri non utilizzano mitragliatrici e missili. E
io conosco bene il rumore delle esplosioni, anche perché ero
da quelle parti quando le ho sentite-.
-Cosa dobbiamo fare, quindi?- disse Cream.
-Non vi preoccupate, nel momento in cui sarete lì dentro
troverete ciò che state cercando. Non vi è dato
sapere quando, basta che cerchiate-. Quello strano pennuto
indietreggiò di un passo, e cominciò a chiudere
lentamente la porta, ridacchiando.
Espio inarcò un sopracciglio, sbuffando. -Grazie mille per
l’aiuto Bean-.
-No, dannazione, mi hai riconosciuto!- urlò
l’anatra chiudendo con un calcio la porta. Cream
aprì la bocca almeno un paio di volte, ma senza proferire
parola, troppo stranita per emettere anche il più stridulo
dei suoni.
-Ok, questo era strano, andiamocene- disse sbrigativo Charmy,
incamminandosi il più velocemente possibile verso la nostra
macchina.
Mi rivolsi ad Espio, confuso. -Conoscevi quel tizio?-
Lui non si tolse un ghigno soddisfatto dalle labbra per qualche minuto.
-È un vecchio amico-.
Espio
In una giornata così soleggiata e rovente, le fronde degli
alberi non facevano altro che regalare sollievo grazie alla frescura
che creavano.
-È scuro là dentro, eh?- scherzò
Charmy. Si vedeva benissimo che era teso. Aveva le spalle rigide e la
schiena drizzata in un modo degno di un nobile. Evidentemente gli erano
rimaste ben salde in mente le storie dell’orrore che gli
raccontavamo io e Vector nelle sere d’estate, quando aveva
cinque anni. Se il racconto lo aveva particolarmente turbato, sgusciava
nel mio letto o in quello del mio amico coccodrillo per dormire con
noi. A volte glielo permettevo, ma di solito lo buttavo fuori dalla mia
stanza a calci.
-Forza, muoviamoci- esordì Vector, incamminandosi
all’interno dell’oscura foresta. Gli altri
eseguirono subito l’ordine.
Io invece aspettai ancora un secondo e forse, a mia insaputa, fermai
anche l’avanzata degli altri. Estrassi dalla mia cintura uno
di quelli che, insieme alla mia spada, erano i miei doni più
preziosi. Una vecchia collana formata esclusivamente da una cordicella
da cui pendeva un gioiello verde acqua, simile ad un artiglio o ad una
zanna, grosso come un pollice. Quel ciondolo... nessuno conosceva la
sua storia, il perchè avrei dato la mia vita pur di
tenermelo stretto al petto. Lo strinsi nella mano destra, pregandolo di
prestarmi un'altra po’di fortuna. C’era qualcosa di
cui non ero a conoscenza in quella foresta. E per una volta, il fascino
della scoperta che spesso mi caratterizzava aveva lasciato il posto al
terrore più nero.
-Espio, muoviti, abbiamo meno tempo di quel che credi!- mi
intimò il mio capo per spingermi ad andare avanti. E
più avanzavamo, più la luce sembrava un lontano
ricordo.
Avvertii gli altri. -Tenete
gli occhi aperti-.
I minuti passavano lenti e inesorabili, ma all’interno di
quel luogo, tutto sembrava essersi fermato. Non il fruscio di una
foglia, non il canto degli uccelli, non lo scrocchiare delle foglie sul
terreno potevano essere sentiti. Niente. Era come trovarsi nel vuoto
assoluto.
Charmy si strofinò le mani sulla braccia. -Sbaglio o
comincia a fare più freddo?-
Cream abbassò lo sguardo e si fermò di colpo.
-Sta scendendo la nebbia-.
Charmy gemette, voltandosi con gli occhi sbarrati verso Vector. -Ti
prego, andiamocene subito-.
Vector si portò in testa al gruppo, ridendo. -Ragazzi, vi
siete fatti condizionare dalle storie di quel vecchio pazzo! Neanche
dei ragazzini reagirebbero come voi-.
Dopo un eterno paio d’ore di ricerca, alzai lo sguardo verso
il cielo. Le ombre erano così fitte da impedirmi di vedere
la luce filtrare tra i rami. Poi sentii qualcosa muoversi rapidamente
nelle vicinanze. Mi fermai di scatto e misi in allerta i sensi. I resto
del gruppo mi guardò confuso.
-Cosa c’è?- chiese Cream, visibilmente tesa.
-Silenzio-. Con passo lento e felpato e con la mano sulla mia elsa, mi
sforzavo di capire cosa si muovesse nei dintorni.
-Aaah!- Charmy emise uno schiamazzo di terrore e cominciò a
parlarci ad alta voce, completamente allarmato. -Attenti!
Laggiù vedo un gruppetto formato da Freezer, Megatron e il
Teschio Rosso! Scappate!- Completamente terrorizzato, si mise a
svolazzare, cominciando ad allontanarsi da noi. Vector intervenne
subito con diligenza
-Charmy. Sono degli alberi.- A dire la verità lo avevamo
notato tutti fin dall’inizio. Era Charmy ad essere facilmente
influenzabile. Sentita la rivelazione, l’insetto
tornò velocemente indietro, ansante.
-Uff…davvero?...Sì, è
vero…oh, wow, e per un attimo mi è sembrato che
il Joker si fosse unito alla combriccola-.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Cream
cominciò a ridere come una matta, ignorando il lato del suo
carattere solitamente ligio al dovere, seguita subito a ruota da
Vector. Sorrisi dopo aver visto che il muso di Charmy era arrossito
pesantemente dopo che la coniglia aveva cominciato a ridere. Rilassato,
ritirai l’elsa. Grazie a quella piccola uscita da parte
dell’ape, l’atmosfera si era alleggerita. Mi voltai
verso il punto in cui avevo sentito dei movimenti poco prima.
C’era qualcosa, ne ero certo. Mi allontanai di qualche metro
dai ragazzi, esaminando attentamente dietro il tronco di ogni albero.
Prima qualcosa ci era passato vicino. Forse mi stavo immaginando tutto,
la faccenda era nella mia mente. Forse ero solo stanco.
Forse… forse.
Sfiorai la corteccia dell’albero alla mia destra.
-Falso allarme ragazzi. Qui non c’è niente- dissi,
voltandomi per essere accolto dai visi sorridenti dei miei compagni. Ma
non fu così. Le risate erano scomparse. Così come
loro. -Ragazzi?- Tornai dove poco prima tutti e tre si stavano reggendo
l’uno con l’altro per non rotolarsi a terra per le
troppe risa.
-Charmy, se è uno scherzo giuro che stanotte ti faccio
dormire per strada- dissi a voce più alta. No…
c’era qualcosa di strano, di sbagliato. Percepii un ramo di
un albero spezzarsi. Misi rapidamente mano sulla spada e mi voltai
rapidamente. Era impossibile riuscire a vedere qualsiasi cosa che fosse
distante da me più di due metri. Strinsi gli occhi,
sforzandomi. E la vidi. In lontananza, protetta
dall’oscurità, si stagliava una gracile sagoma,
gobba su sé stessa. Senza occhi, senza naso, senza volto,
così nera che la si poteva distinguere a malapena tra la
tenebra. Solo una bocca da cui scaturì un flebile sorriso.
Un sudore freddo e appiccicaticcio mi imperlò la fronte. Quello, si avvicinava
ostinatamente a me, anche se a fatica. Era come se zoppicasse. A volte
cadeva su sé stesso, come se ancora non avesse imparato a
camminare bene. La mia mano tremava, pur essendo ben pronta a sfoderare
la lama. Quell’essere ansimava, potevo capirlo dalla
nebbiolina che fuoriusciva dai suoi aguzzi denti, provocata dal
drastico e improvviso abbassamento della temperatura. Notai che stava
sussurrando qualcosa mentre, poco a poco, cominciava ad acquisire
sempre maggiore sicurezza nella camminata.
-…vidi…-. Il mio cuore accelerò nella
sua corsa, e lo sentii rimbombare fino alle orecchie.
Continuava a ripeterlo, ma non capivo tutta la frase. Non era il mio
primo pensiero. La mia mente poi mi mise in allerta ancora
più di quanto già non fossi. Infatti, quando
girai la testa poco più a sinistra, vidi un altro essere. Mi
voltai a destra e ne vidi un terzo. -…ividi…-
continuavano a sussurrrare, in modo scoordinato e
disorganizzato tra loro. Tre creature dallo stesso identico
comportamento. Ansimanti, zoppicanti, e nere più della
tenebra stessa. Nonostante la tensione, potei chiaramente sentire
qualcosa dietro di me. Quando mi girai, ne trovai altri cinque che si
avvicinavano.
-…vidi…dividi…vidi…-insistevano,
cercando di comunicarmi qualcosa. All’improvviso, le loro
teste cominciarono ad essere preda di improvvisi e continui spasmi.
Cominciarono a svanire, per poi ricomparire più vicini a me.
Erano come delle luci ad intermittenza. Agli otto che già
c’erano se ne aggiungevano sempre di più: dieci,
quindici, venticinque, quaranta... mi avevano circondato, senza
lasciarmi via d’uscita Un brivido che non riuscii a
controllare mi attraversò la spina dorsale, che
causò ad un tremito di terrore di squotermi tutto il corpo.
Poi una delle creature apparve proprio davanti a me. Mi scrutava
dall’alto verso il basso, e così facevo io dal
basso verso l’alto. Poi ripeté quella parola che
prima non ero riuscito a recepire. -…Condividi…-
Alzò rapidamente un braccio, pronto ad abbassarlo con
violenza contro di me, così da colpirmi con i suoi acuminati
artigli disposti sulle sue mani grosse e affusolate. Senza neanche
rifletterci sopra, feci scattare la lama dorata della spada e nel giro
di qualche attimo quell’essere si fermò di colpo,
mentre la parte superiore del suo corpo scivolava lentamente per terra
dal punto in cui avrebbe dovuto avere le costole, affettato da un mio
fendente. Il mio braccio era teso verso destra mentre impugnava la
spada, che era l’unica fonte di luce in quel contesto. Il mio
respiro stava riprendendo il suo ritmo regolare e il mio sguardo era
nuovamente fisso e concentrato. I miei osservatori si fermarono per un
attimo, come stupiti da ciò che si era appena verificato.
Poi ricominciarono a fare rumore. Uscivano strani rumori gutturali
dalla loro bocca, mentre in coro sembrava che… ridessero.
Poi si misero ad urlare, come a ruggire in modo molto acuto, puntandomi
con la loro faccia senza occhi. Avevo già impugnato la spada
a due mani. Come ad eseguire un tacito comando, mi si lanciarono tutti
contro ringhiando sempre la stessa parola. Cominciai a colpirli uno ad
uno, uccidendoli senza riguardo. Erano ovunque. Mi avevano circondato
su ogni fronte, non lasciandomi la speranza di poter trovare
un’uscita da quell’incubo. Provavano a colpirmi, a
mordermi, a squarciarmi la pelle. Ma non riuscivano ad avvicinarsi che
di qualche misero millimetro al mio corpo che erano già
stesi a terra senza vita. Dopo che cadevano al suolo morti, si
scioglievano in una strana e disgustosa sostanza nera. Non
passò che qualche minuto, e il mio corpo era ricoperto dalla
stessa sostanza. Ma quando mi guardai intorno, mi accorsi con terrore
che il loro numero non era diminuito, anzi, erano addirittura
aumentati. Avevano cominciato a saltarmi addosso da qualunque
direzione. Sfoderai l’altra elsa e ne estrassi la lama
d’argento. Portai questa in orizzontale davanti al petto e
feci la stessa cosa con quella dorata, ma dietro la mia schiena.
Cominciai a girare su me stesso il più velocemente
possibile, e i nemici che mi si avvicinavano finivano inevitabilmente
per essere lacerati da entrambe le spade. Ma sentii un brivido di paura
quando vidi una goccia di liquido nero cadere dall’alto di un
albero. Alzai di scatto la testa giusto per vedere uno di quegli esseri
accovacciato su un ramo che si era buttato nel vuoto per mordermi il
volto. Alzai Reiseina e gli trafissi la gola facendogli ingoiare la
lama, lasciandolo sospeso per aria. Mi voltai velocemente verso i suoi
compagni e feci un violento fendente, scaraventando il suo cadavere
contro di loro. Decine di mostri cominciarono a scendere dagli alberi,
aggiungendosi agli altri e cominciando ad avvicinarsi pericolosamente.
Tentando di tenere a bada il panico, infilzai la Ring Sword nel terreno
arido e secco. Mi afferrai fermamente ad essa, e con la mano libera
impugnai Reiseina. Cominciai a girare intorno alla spada dorata,
continuando a mantenerla stretta nella mia presa come se fosse il mio
unico appiglio per la vita e, dopo essermi dato un potente slancio con
i piedi contro un albero, mi allontanai dal suolo e iniziai a girare
molto velocemente intorno alla Ring Sword, mantenendo teso il braccio
con Reiseina e colpendo tutti i nemici intorno a me. Fu un piccolo
luccichio che mi passò davanti agli occhi a distrarmi. La
mia collana. Il laccio che la teneva legata al mio polso si era
strappato, e ora era a terra, a qualche metro di distanza. ''No...!''
Mi bloccai di scatto e saltai sopra l’estremità
dall’elsa della Ring Sword, standoci accovacciato sopra. Pur
di non perdere quel ciondolo mi sarei tagliato una mano. Mi diedi lo
slancio e balzai in direzione del mio gioiello, caduto tra due
creature. Quando stetti per atterrare, trafissi il cranio di uno dei
due e, mentre ancora la lama era incastrata nel mio nemico, puntai la
mia polsiera verso l’altro. La mano destra girò
l’apposita rotellina, e partì un proiettile a
velocità immensa, che portò via al mio nemico
tutta la testa e parte del torace. Poi rimossi la spada dal cranio
dell’altro, e poggiai subito la mano sul punto in cui era
caduta la mia collana. Quando rialzai lo sguardo, tutto era calmo.
Attorno a me non c’era anima viva. Tutti gli esseri che avevo
combattuto fino a pochi istanti prima, tutti i corpi in liquefazione,
erano spariti nel nulla, come se non fosse mai successo niente. Mi
guardai intorno, mentre le mie orecchie udivano ormai un silenzio
assordante per la sua intensità. Quando portai lo sguardo
davanti a me, uno di loro era lì, di nuovo a fissarmi
dall’alto al basso. Afferrai Reiseina, ma lui fu
più veloce. Vidi i suoi artigli muoversi verso il mio cuore
a tutta velocità.
-Espio!- Charmy mi apparve davanti all’improvviso,
chiamandomi con insistenza. -Espio, ci sei?!-
Sentii le pupille restringersi improvvisamente e la schiena ricoperta
di un sudore gelido. -Charmy? Dove eravate finiti?- sussultai.
Lui mi guardò piuttosto confuso. -Stai scherzando? Sono
almeno sette secondi che ti sto chiamando. Sembravi addormentato-.
Quello che aveva detto mi aveva fatto rimanere di sasso. Tanto che, per
una volta, non fu per saccenza che ritardai a rispondere.
-Sette secondi, eh? Scusatemi. È solo che credo che questo
posto abbia qualcosa che non va-. Cercavo con tutte le mie forze di
mostrarmi disperatamente tranquillo. Il battito del cuore non aveva
ancor accennato a dimuire, e sembrava che non avesse alcuna intenzione
di farlo.
Vector mi raggiunse e continuò la conversazione insieme a
Charmy.
-Ugh… avete trovato qualcosa?- Vector, come suo solito,
tendeva a rispondere a domande stupide in maniera inconsapevolmente
ancora più stupida.
-Ah. Negli ultimi istanti, dici? No. Non io e Charmy almeno-. Dovevo
spronare gli altri ad allontanarci da quel posto. Non è
comune per un asceta avere tali visioni. Ci vuole qualcuno o qualcosa
di abbastanza potente da penetrare una mente allenata ad affrontare
qualsiasi tipo di situazione. E forse l’avevo appena
incontrata. Mi rivolsi a Cream, inginocchiata a qualche metro da noi,
sperando che almeno lei avesse scoperto qualcosa. -Novità?-
Lei non mi rispose subito. Non mi aveva sentito, oppure trovato
qualcosa.
-Ragazzi…abbiamo un indizio-.
All’udire quelle parole, ci avvicinammo subito, e
vedemmo ciò che ci interessava.
-Una macchia?- domandai. Dal sorriso che aleggiava sulle labbra della
ragazza capii che non aspettava altro che una domanda del genere
-Non una macchia qualunque. È olio
da motore. Per di più, guardatevi intorno-. Vicino a
dov’era accucciata Cream, c’erano sparsi vari
piccoli pezzi di quella che sembrava il rimasuglio di una ferraglia
rossa cremisi. Ma i resti erano così pochi e così
malridotti che veniva impossibile riconoscere a chi o a che cosa
potessero appartenere.
-Dei bulloni? Tutto qui?- sbottò innervosito Vector.
-Ma non capisci? Ora almeno sappiamo che le esplosioni che sono state
sentite dagli abitanti delle Valli sono state causate da un essere
meccanico e non da qualche strano spirito presente nelle leggende
popolari- spiegò la coniglia. -E poi guardate qui-. Si
rialzò dandosi la spinta con le ginocchia e fece qualche
passo in avanti, puntando un dito sul terreno. In una scia continua
erano presenti numerose goccioline di olio che si susseguivano
l’una all’altra in un percorso che continuava oltre
il nostro campo visivo. Vector era senz’altro incuriosito,
non mi era difficile capirlo, ma era anche piuttosto dubbioso.
-Notevole Cream, ben fatto. Chaotix, in marcia!- Seguimmo a ruota
l’incedere del boss, senza indulgere ulteriormente. Cream si
portò davanti a tutti e piegò la schiena,
stringendo una lente d’ingrandimento tra le mani e
continuando ad marciare avanti e a seguire le tracce con il naso
appiccicato al terreno. L’unico motivo per cui riuscivo a
distinguere le macchie nere in quell’oscurità era
perché i miei occhi erano altamente addestrati a questo. Lo
avevo confermato fino a pochi istanti e sette secondi prima.
Più proseguivamo più, all’opposto di
prima, la luce trapassava le fronde degli alberi, formando tanti
sprazzi chiari a ridosso del terreno intorno a noi. E più
avanzavamo, più il nostro indizio si faceva flebile e
invisibile, mostrandosi sempre più di rado.
L’aria, fresca e portatrice di serenità,
finalmente cominciava a tornare, sferzandomi sulla faccia e portando
via con sé tutta la paura. Poi la luce mi colpì
con tutta la sua delicata forza, spingendomi a chiudere gli occhi prima
di riaprirli per poter ammirare il meraviglioso paesaggio davanti a me.
Alberi, prati e cielo azzurro. Ma non tutto era rose e fiori, come ci
comunicò Cream di lì a poco.
-Ragazzi, cattive notizie-.
Lo notai prima che lo dicesse apertamente.
-Cream, sai cosa fare-.
-Sì, capo.- Cream afferò dalla sua cintura uno
strano apparecchio che, osservandolo meglio, assomigliava a degli
occhiali da sole. Cream premette un bottone e dalle lenti
avanzò una copertura che finì col ricoprire
completamente tutta la testa dell’inventrice. Almeno
finché, poco dopo, non si aprirono automaticamente due fori
che fecero fuoriuscire violentemente le sue orecchie. Charmy si
avvicinò subito, incuriosito come una mosca da una lampada a
gas.
-Come pensi che ci possa servire un Oculus Rift in una situazione del
genere?-
-Questi…- cominciò con il spiegargli
-…sono occhiali a visione organica avanzata.- Charmy, io e
probabilmente anche Vector, che sembrava però sapere della
funzione di quell’oggetto, eravamo piuttosto preoccupati di
come Cream ci avrebbe riempito la testa delle sue nozioni di meccanica.
Soprattutto Charmy. -Traduzione?-
-Occhiali che isolano tutto quello che passa per il loro punto focale,
rendendolo inosservabile… tranne la materia organica.
L’ho progettato perché visionasse diversi tipi di
sostanze a seconda di come lo calibro, anche quelle poco recenti.
Cellulosa, carne, sangue… o, se giro questa rotellina nella
maniera giusta… combustibili fossili e derivati-.
Vector continuò per lei. -Che sono esattamente
ciò che stavamo seguendo-.
Cream annuì con entusiasmo. -Esatto!-
Vector sembrava piuttosto eccitato dalla piega che stavano prendendo
gli eventi -Sapete tutti questo cosa significa, non è vero?-
Tutti ci sbattemmo una mano sulla fronte, sapendo cosa stava per
accadere.
-Alla Vector-mo…- Charmy lo interruppe prima di lasciargli
finire la frase, cosa molto coraggiosa da parte sua.
-Vector, dove? Non l’avevamo parcheggiata qui-.
-Ah no? E cos’è quella?- Indicò con
l’indice alla nostra destra e tutti, con immenso stupore,
vedemmo quel ridicolo mezzo di trasporto che così spesso
negli ultimi anni ci aveva sempre accompagnato nei nostri spostamenti.
Davvero molto spesso.
Strano che si trovasse proprio lì. Eravamo usciti dallo
stesso punto da cui eravamo entrati? Allora come mai prima nessuno di
noi, nemmeno io, aveva notato quelle macchie d’olio prima?
Era probabile che la foresta avesse giocato con noi tutto il tempo. Se
così fosse stato, quanto di quello che avevo visto era reale?
Sbuffai infastidito. -Smettila-.
-Di fare cosa?-
-Lo sai cosa- ringhiai, guardando con fare truce Charmy.
L’ape sbuffò, alzando gli occhi al cielo e
ritirando il gomito che per sbaglio continuava a puntarmi nelle
costole. -Ok, ok-.
Non erano passati neanche quindici secondi da quello che gli aveva
detto che il suo gomito scivolò di nuovo vicino a me,
sfiorandomi in modo fastidioso.
-Piantala!- sibilai, triandogli uno schiaffo sulla mano e spingendolo
il più possibile all’opposto del sedile della
macchina.
-Non lo faccio apposta!-
Affondai la schiena tra i sedili, chiudendo gli occhi e sospirando
frustrato. Non ero nel migliore degli umori per poter scherzare con un
essere così irritante. Charmy cominciò a muovere
la gamba ad un miglio al minuto. Non riuscii più a
trattenermi.
-Dio, Charmy, piantala!-
urlai.
-Non ho fatto niente, piantala tu!-
Cream emise un gemito frustrato dai sedili davanti. Era sporta con la
metà superiore del corpo fuori dal finestrino per poter
osservare meglio le macchie d’olio che c’erano
sull’asfalto. -Volete cortesemente stare zitti?- disse ad
alta voce, cercando di sovrastare il rumore della nostra auto.
Charmy incrociò le braccia al petto, guardandomi con stizza.
Dopo qualche minuto di sacrosanto silenzio e relativa
tranquillità, sentii di nuovo che qualcosa mi stava
puntellando le costole. Charmy sorrise compiaciuto, osservando con
falso interesse il paesaggio fuori dal suo finestrino.
-Ok, questo è troppo!-
-Cosa stai…?!- strillò quando gli afferrai il
collo, trascinandolo a forza fuori dal finestrino e avvicinando la sua
faccia all’asfalto in movimento. Cominciò a
gridare, terrorizzato. -Okokokok! Espio! Lasciami! Stai calmo!-
continuò ad urlare e a divincolarsi.
-È l’ultima volta che viaggio vicino a te,
chiaro?!-
-STATE ZITTI!- urlò Vector, girandosi violentemente verso di
noi e lasciando il volante. La macchina sbandò
pericolosamente, facendo sbilanciare Cream più verso
l’esterno che verso l’interno della vettura e
costringendomi a ritirare su Charmy. La coniglia strillò, e
Charmy e io ci slanciammo, afferrandola per la vita. Per ricambiare il
favore all’ape, sorrisi sornione e lo guardai.
-Dillo che questo era uno dei tuoi sogni da sempre-. Sbarrò
gli occhi, sperando che Cream non avesse sentito nulla e poi, dopo
essere leggermente arrossito, se ne stette zitto. Grazie ancora,
Vector, per aver corrotto l’esaminatore di scuola-guida per
farti dare la patente. Mi hai salvato.
-Vi siete calmati?! Sì?!- Vector sembrava seriamente
innervosito quella volta. -Un uomo adulto e saggio e un altro che
dovrebbe esserlo da un pezzo ormai, che litigano come due poppanti!
Ecco che cosa vedo!- Abbassammo entrambi la testa, e nel frattempo mi
ricordai che Vector non era solo un fratello per me, ma anche un
leader. Un leader che a volte non rispettavo abbastanza, visto tutto
quello che faceva per noi. E anche piuttosto avido, ad essere sinceri.
-Sapete cosa stiamo facendo!?- Si fermò per un secondo,
aspettando una risposta da parte nostra, la quale non arrivò.
-Allora fate i bravi e fate almeno finta di prendere seriamente la
situazione! Sono stato abbastanza chiaro?- Annuimmo entrambi con
riverenza. -Bene. Ritrova le tracce, Cream-.
La ragazza si sporse nuovamente fuori dalla vettura ed emise un sospiro.
-Bene- disse lui subito prima di far ripartire l’auto e di
derapare violentemente nella direzione indicatagli da Cream. Dopo aver
tratto un sospiro di sollievo e aver notato che Charmy si era
seriamente calmato, almeno per il momento, pensai quanto fosse
strano che le tracce si prolungassero per un così lungo
periodo, e che le colline e i prati stessero lasciando il posto a
palazzi e grattacieli.
-Station Square- pronunciai quando capii dove ci trovavamo. Molte erano
le domande che ci stavamo ponendo. Anche Charmy era stranito.
-Ma è assurdo. Perché mai una macchina di Eggman
si sarebbe dovuta avvicinare ad un luogo così popolato?-
-Hai mai patito la sete, Charmy? O sei mai stato ferito a morte?- disse
Vector. Charmy, strabuzzò leggermente gli occhi,
ascoltandolo. -Quando stai per morire, non puoi che comportarti in due
maniere: Arrenderti e attendere la morte, aspettando che finisca tutto.
Oppure continuare ad andare avanti, anche senza sapere ciò
che ti aspetta, anche continuando per chilometri pur di sfruttare
l’ultima speranza che ti resta, l’ultima
possibilità per sopravvivere. Non importa che tu sia fatto
di carne, di metallo, o di chissà che altro tipo di
materia.-.
Nel frattempo, Cream continuava a seguire delle tracce che sembravano
proseguire all’infinito e che solo grazie a lei riuscivamo a
tenere bene d’occhio, poiché persino io cominciavo
a perderle di vista. Poi Vector si fermò in un parcheggio
vicino e ci fece scendere tutti.
-Ok ragazzi, tutti giù. Continuiamo a piedi-. Dopo esserci
sgranchiti un po’ le gambe per riprenderci dal lungo viaggio,
continuammo a seguire Cream. Charmy espresse il suo personale parere
riguardo a ciò che poteva essere successo.
-Quel robot è stato furbo. Probabilmente, se lo troveremo,
sarà proprio qui in periferia. Addentrarsi oltre gli avrebbe
reso impossibile nascondersi alla vista di tutti-.
Era più intelligente di quanto a volte volesse lasciar
intendere. Nessuno di noi aveva il diritto di sottovalutarlo. Solo che
a volte era così fastidioso…
-FERMI!- avvisò la coniglietta con decisione. -Le tracce
arrivano fin là.- Guardando avanti, una casa piuttosto
grande e con un bel giardinetto si delineava di fronte al nostro
sguardo. Cream, dopo essersi tolta gli occhiali, non distolse nemmeno
un attimo lo sguardo da quell’edificio. Charmy fece lo
stesso, socchiudendo le palpebre e concentrando lo sguardo.
-Ma…quella casa non è anche
l’officina…- fece Cream.
Vector la interruppe subito, per dire ciò che tutti sapevamo
-Sì. È proprio la sua-.