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Autore: manhattansheaven    04/07/2015    3 recensioni
Al quasi sorgere del sole Bill cadde in un sonno profondo nell’attesa di vivere un altro giorno d’inferno.
[Questa storia è volutamente ispirata al video "Feel It All" dei Tokio Hotel]
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non esiste il tradito, il traditore, il giusto e l'empio.
Esiste l'amore finchè dura e la città finchè non crolla.

 

“La nona sinfonia di Beethoveen” La voce dell’uomo la fece sussultare facendole staccare le mani dalla tastiera del pianoforte.
“Papà mi hai spaventata” Miranda si voltò guardandolo “Sei tornato ora?” gli chiese.
L’uomo asserì con capo e dopo averle stretto una spalla in segno di saluto si ritirò nella propria camera, chiudendo la porta alle sue spalle. Il suo rapporto con la figlia era ormai solo per dovere di padre che per amore. Miranda era convinta che, senza mostrarlo, la incolpasse della morte della moglie.
Riprese a suonare lasciando correre i suoi pensieri insieme alle note di quella melodia.
Se non avesse dato l’esame per la fine del corso avrebbe potuto dire addio al tirocinio a Washington per lavorare come profiler. Era passata una settimana da quando era andata a Compton e da quando aveva avuto quello scontro con Bill sulla spiaggia. Infondo, nonostante odiasse ammetterlo, si sentiva un po’ in colpa per come l’aveva trattato. Lui era una persona fragile, si era fidato di lei che invece era finita per mettere al  primo posto il suo orgoglio.
Aveva trascorso gran parte dei pomeriggi nello studio del professor Pierce che oltre ad essere il suo insegnante, era stato anche il suo psicologo. Al tempo dell’incidente, quando l’auto si era ribaltata ed aveva fatto un volo di 10 metri, era stato lui il primo a soccorrere lei e la madre tra la macerie. Era lui la prima persona che aveva visto dopo essersi svegliata. Lui era diventato il “padre” che il suo genitore biologico non era mai più stato. Gli aveva insegnato tutto ciò che si insegna ad una bambina e l’aveva fatta appassionare alle scienze della mente. Se era ciò che era, lo doveva a Daniel Pierce.
Nel frattempo aveva ricavato altre informazioni su Bill sempre tramite il computer di suo padre, collegato alla banca dati mondiale. Secondo la sua cartella, all’età di 18 anni aveva subito un delicato intervento al midollo osseo. Gli ultimi documenti di cui era in possesso li aveva presi il giorno stesso e non li aveva ancora visionati.
L’ultima parte del profilo era collegata ad un’altra persona, come aveva scoperto in precedenza, che ora compariva con il nome Tom Kaulitz. Il gemello di Bill. Deceduto. Seguiva la foto profilo del ragazzo. E Miranda credette di averlo già visto.
Perlomeno sapeva il motivo della dipendenza di Bill e questo le dava un vantaggio nel comprendere la sua psiche e le sue reazioni.
Impaziente, saltò in auto e si recò subito nel loro “quartier generale”, anche se era un po’ spaventata dall’eventuale reazione di Bill dopo l’accaduto. Lo conosceva da soltanto due settimane circa ma aveva preso a cuore la sua situazione.  Nonostante le sue dipendenze e la sua vita, era un tipo gentile, simpatico anche se un po’ introverso come lei, e questo la faceva sentire vicina a lui in qualche modo. Anche se lo nascondeva, era intelligente, e spesso lo aveva colto ad ascoltare con interesse ciò che lei raccontava sull’università e su ciò che studiava. Ed in quel momento provò quasi pena al pensiero che avesse perso una persona così vicina al lui.
Incurante degli sguardi che le si posavano addosso quando si avvicino all’edificio pericolante, fece il suo ingresso. Riconobbe subito Roxanne, sul divano seduta sulle gambe di un ragazzo messicano, mentre si fissava le unghie delle mani come se fossero la cosa più interessante del mondo. Un gruppetto di ragazzi che non avevano più di 25 anni, rideva mentre ognuno si dedicava alle proprie “attività”. Di colpo calò il silenzio nella sala e stranita, la bionda tossicodipendente alzò il viso e il suo sguardo si fece di fuoco.  Miranda non le prestò attenzione e chiese “Dov’è Bill?”
“Non ti devi avvicinare a lui, mi sembrava di essere stata chiara. Ora smamma, troia!”
“Senti, non sono qui per rubarti il fidanzato o cose del genere. Non mi occupo di queste stronzate” poi rivolgendosi ai presenti tuonò “Dov’è?”
Ormai aveva capito la psicologia di questi personaggi. Chi è sempre sotto l’effetto di stupefacenti ha un umore mutevole e non è nel pieno delle proprie facoltà mentali solitamente. La maggior parte di loro è innocua ma se si mostrano aggressivi basta fare lo stesso e loro si ritireranno.
Nello stesso momento Bill, sentendo la presenza di una voce differente, si insinuò fra di loro appoggiando di peso a ciò che rimaneva dello stipite di una porta. La sua espressione cambiò velocemente. Avanti ai suoi occhi aveva Miranda, leggermente stralunata e vestita in modo anonimo, ma con un paio di tacchi vertiginosi a cui non rinunciava mai. E Bill non potè fare a meno di constatare che malgrado non fosse curata come al solito appariva sempre più raffinata ed elegante di chiunque altro avesse incontrato.
Senza permetterle di aprire bocca la spinse con se fuori dalla stanza, sul quel che restava del marciapiedi all’esterno. Si fissarono per secondi interminabili e Bill parlò “ Cosa vuoi?”
Bill sembrava stravolto e stanco. I cerchi neri attorno agli occhi era più marcati, sulla guancia destra aveva un livido abbastanza esteso. Le labbra era screpolate e violacee, probabilmente per il freddo dal quale non poteva ripararsi.
“Per l’altra volta.. quando abbiamo discusso, io..” si fermò stringendo le labbra “ mi dispiace per come ho reagito”
“Avevi ragione comunque. Sono debole ed ero strafatto, non dovresti prestarmi attenzione. Ma avevi ragione anche su altro. Non ci conosciamo infondo e passare il tempo con me ti creerà solo problemi. Sei troppo per me”
“ Bill, io questo non lo credo. Noi possiamo provare ad essere amici”
Il biondo rimase in silenzio e il suo sguardo vagò dalla figura di Miranda fino ai ragazzi all’interno della casa, che non gli prestavano attenzione. Apparte Roxanne.
“Andiamo da qualche parte?” chiese di colpo
“Che?”
“Andiamo da qualche parte” ripetè.
“E cosa vorresti fare?”
“Mostrami la tua Los Angeles. I tuoi posti, luoghi in cui sicuramente non sono stato. Così magari capirò anche io un po’ della tua mente”
“Hem.. okay. Salta su” disse la bionda indicando la Range Rover bianca parcheggiando sul ciglio della strada.
Bill fissò estasiato l’auto brillante e Miranda, un po’ a disagio, lo riprese “Non sali?” disse alludendo alla portiera dal lato del passeggero rimasta aperta.
Miranda guidava in modo sostenuto e faceva molta attenzione alle regole della strada e Bill desiderò di saper guidare. Si sentiva libero nel suo ritrovo ma stava scoprendo un mondo al di fuori del suo quartiere. Anche solo al di fuori del finestrino di un’auto, Los Angeles appariva come un paradiso terrestre.
Seguì la bionda su una spiaggia dorata. L’unico rumore udibile in modo distinto erano le onde che si infrangevano sulla roccia producendo spruzzi schiumosi. Miranda si era sfilata il sandali neri e si era avvicinata alla riva immergendo i piedi nell’acqua mentre il vento le scompigliava i capelli.
“Mio fratello è morto in un’esplosione” confessò Bill d’un tratto.
La ragazza si girò verso di lui che era rimasto in disparte e lo fissò impassibile così aggiunse “Tu mi hai detto di tua madre quindi volevo dirti anch’io qualcosa della mia vita”
“E’ questo il motivo per cui..” si interruppe quando Bill annuì.
“Si chiamava Tom ed era il mio gemello.” Prese fiato e continuò “Lui era intelligente, simpatico anche se a volte faceva battutine stupide che mi davano sui nervi, bello e disponibile, tutte le ragazze lo amavano e volevano stare con lui. I ragazzi lo ammiravano e volevano essere come lui. Io ero il gemello debole ma lui non me lo hai mai fatto pesare, anzi, mi difendeva e spesso si prendeva le botte al posto mio. Quando se ne andato io ho perso tutto, ho perso una parte di me”
“Bill, io ti capisco. So quanto sia dura perdere una persona che ci ama così profondamente.” Sussurrò Miranda senza avere il coraggio di dire a Bill che quelle cose sulla morte del fratello già le sapeva. Lui si stava aprendo con lei.
“Per questo mi sto fidando di te. Sai, da quel momento non si sono più attaccato a nessuno, non ho più nulla da perdere. A volte in te vedo lui, mi dici esattamente quello che lui mi avrebbe detto”
“Lui non vorrebbe che sprecassi la tua vita in questo modo”
“Lo so. Ma io non sono capace di smettere, è più forte di me”
“Allora permettimi di aiutarti. Lasciamelo fare”
Il biondo chiuse gli occhi stendendosi sulla schiena muovendo mani e piedi in direzione diverse.
“Cosa stai facendo?” domandò
“Stenditi sulla sabbia” la incitò il ragazzo tendendole la mano
“Non ci penso neanche” poi data l’insistenza di Bill sbottò  “Okay, lo faccio”
Miranda imitò i movimenti di Bill che intanto si divertiva come un matto.
 “Bene, ora alzati”
Sulla spiaggia erano comparse due figure di dimensioni diverse che assomigliavano a degli angeli con ali e tunica.
“Hai fatto un angelo sulla sabbia” disse contento
“Non si faceva sulla neve?”
“Questa è la versione meno conosciuta” rispose Bill guardandola sorridere alla sua battuta.
“Andiamo” Miranda lo incitò iniziando a tornare verso la strada.
Bill la seguiva a qualche metro di distanza quando il suo cellulare, per quanto funzionante potesse essere, squillò un paio di volte. Non ebbe bisogno di leggere il nome del mittente, l’unica persona che aveva un cellulare per poterlo rintracciare, era Howe.
“Pronto?”
“Stanotte. Alle 3.00. Vedi di esserci” furono le sole parole che l’uomo pronunciò prima di riattaccare.
Miranda si era accorta che Bill non era più dietro di lei ed era andata verso di lui. Il ragazzo ripose il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni e fece finta di niente.
“Hai un cellulare?”
“Per quanto orribile e vecchio, si. Ce l’ho”
“Okay. Io ora ho da fare all’università però possiamo rivederci stasera” 
“Va bene” dichiarò “Ci ritroviamo qui?”
“ Si, così concluderemo il nostro giro. E poi potrai dire di conoscere veramente la mia Los Angeles”
 
 
L’università della California, Los Angeles, anche conosciuta come UCLA si trovava nell’aria residenziale di Westwood. In quel momento Miranda stava camminando tra i corridoi della Royce Hall.
Doveva restituire alcuni libri e appunti al dottor Pierce ma dato che era assente, gli era stato permesso di entrare nel suo studio. La camera era abbastanza ampia e illuminata da un grande finestrone che affacciava sul giardino. La scrivania di mogano era colma di libri, scritti e cartelle, così come i grandi scaffali affissi al muro.
Miranda lascio il materiale su di essa con un post-it in cui lo ringraziava. Fece per andarsene quando una cartella aperta catturò la sua attenzione.
“Mio dio, è impossibile” pensò quando lesse il contenuto di quel fascicolo facendoselo scivolare via dalle mani.
 
 
Era calata la sera ma, nonostante il contenuto della cartella le desse da pensare, l’umore di Miranda era ancora alto e dopo che si erano rivisti, stava trascinando Bill su per una collina.
“Dove stiamo andando?” chiese il biondo arrancando su pendio, guardandosi i piedi.
“In un posto bellissimo. Ora muoviti” lo incitò la bionda e Bill pensò che non poteva essere umana se aveva la ancora la forza di camminare sui tacchi.
“Non sono un tipo sportivo”
Miranda non lo ascoltò e continuò a seguire il suo percorso, poi arrivata in cima disse  “Eccoci arrivati”
Bill alzò lo sguardo e si meravigliò alla vista che aveva davanti. Giù dalla collina si vedeva l’intera città, silenziosa da lassù, illuminata da miliardi di luci incorniciata da un cielo nero pieno di stelle. Miranda si compiacque dell’espressione stupita del suo compagno e si mise a sedere su una specie di panchina ricavata dalla roccia.
“I found myself in fire burning hills, in land of billion lights..” cominciò ad intonare Miranda incurante della faccia sorpresa di Bill.
“Dovrebbe essere una canzone o qualcosa del genere?”
“Non conosci i Thirty Seconds To Mars? Non ci credo, non puoi..” disse la bionda con espressione drammatica.
 “Non ascolto musica da un po’.. conosco canzoni vecchie, quelle che mi faceva ascoltare mio padre con le audio cassette.. e le canzoni che canta Roxanne quando ha voglia di sfondarci i timpani!” disse ridendo coinvolgendo anche la ragazza.
“Ti farò ascoltare un po’ di nuova musica”
Un alito di vento freddo investì i due ragazzi e facendo rabbrividire più Miranda che Bill, abituato alle basse temperature.
Il biondo si sfilò la giacca e la posò delicatamente sulle spalle della ragazza che lo ringraziò con un cenno del capo.
“Mio fratello suonava sempre” confesso Bill interrompendo quei secondo di silenzio, senza però distogliere lo sguardo dal panorama notturno per nascondere gli occhi lucidi
Il groppo in gola e la volontà di cacciare indietro le lacrime non gli permisero di terminare la frase.
“Bill” lo chiamò la bionda
 “Io cantavo”
“Dai, non ci credo” rispose cercando di sdrammatizzare la situazione.
“Qualche volta ti farò sentire. E canterò qualcosa di romantico”
“Questa sarebbe una nuova tecnica di abbordaggio?” disse la bionda ridendo “Canterò qualcosa di romantico per te..” ripetè imitando la voce del ragazzo.
“Sei una stronza”
“Nah, già sentito”
Bill si strinse affianco alla bionda che gli fece un po’ di posto sulla roccia. Su quella collina si sentivano i sovrani di tutto, avevano la sensazione che niente potesse fermarli e sentivano di potersi fidare l’uno dell’altra.
E così passarono la notte, a ridere e parlare di ogni cosa gli passasse per la mente, senza sapere che sarebbe stata una delle ultime notti tranquille che avrebbero trascorso insieme.

 



'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.'



SPAZIO AUTRICE

Questo è il primo spazio autrice che scrivo. Non sono brava con le parole quando devo rapportarmi con le persone ma fin dal primo capitolo volevo dare uno scopo e una ragione a questa storia.
Devo la mia ispirazione a Bill Kaulitz, ai Tokio Hotel e al video di Feel It All. La mia non è mai stata una storia perché volevo immaginarmi una relazione amorosa con il cantante che mi piace come fanno molti, ma era un modo per impegnarmi come scrittrice e scrivere qualcosa di vero, serio ed importante. Un argomento scomodo di cui non si parla e sono fiera che qualcuno abbia avuto il coraggio o la pazzia, come volete chiamarla, di inserirlo in qualcosa di pubblico come un video musicale.
In ogni personaggio c’è un po’ me, sicuramente di più nella protagonista. Mi impegno molto nel descrivere fatti e situazioni che si possano dire davvero reali. Se avete bisogno d chiarimenti di qualsiasi genere, sarò felice di darveli.
Infine mi sentivo in dovere di chiarire un avvenimento di questa settimana. Sono stata accusata, senza fondamento né prove concrete, di aver copiato una storia. Non voglio stare qui a fare nomi e altro, ma ci tengo a dirvi che rispetto le idee di ognuno e non mi permetterei mai di copiare l’idea di qualcun altro. In nessun modo.
Spero che il capitolo vi soddisfi e scusate il ritardo.

  
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