Ed ecco una nuova fanfiction, scritta per il TMPCP Challenge della mia dolce Elly ! Una piccola pazzia, per far capire a tutti che
no, non mi sono rammollita!U.U Lolly
è sempre Lolly! E Mello
deve soffrire un po’ di più, sono diventata troppo buona!XD
Il titolo “
Ah, e se trovate il
linguaggio un po’ colloquiale e sgrammaticato, per non parlare della confusione
illogica dei pensieri, non preoccupatevi, è fatto apposta. Sono i pensieri di
Matt, quindi un po’ sconclusionati secondo me… Ci ho messo molto per sistemarlo
così com’è! Niente è casuale!
Voglio dedicare
questa shot in particolare a _pEaCh_, per il suo amore per il francese (cosa
comune!XP) e per il fatto che leggendo alcune sue opere mi sono illuminata! Lei
lo sa che è tutta sua questa!XD
Ringrazio chi mi
recensisce Memories of a Stolen Childhood, grazie a tutte,
sempre!<3
Buona lettura!^^
†
A _pEaCh_, con affetto.
Les dents serrées
Je hais. Ne
me demandez pas ce que je hais
Il y a des mondes de mutisme entre les hommes
Et le ciel veule sur l’abîme, et le mépris
Des morts. Il y a des mots entrechoqués, des lèvres
Sans visage, se parjurant dans les ténèbres
Il y a l’air prostitué au mensonge, et
Souillant
Mais il y a
Le feu sanglant, la soif rageuse d’être libre
Il y a des millions de sourds les dents serrées
Il y a le sang qui commence à peine à couler
Il y a la haine et c’est assez pour espérer.*
(Pierre Emmanuel, Les Dents Serrées)
“Dobbiamo proprio farlo? Dobbiamo proprio morire?”
Non mi rispose in quella
notte fredda, seduto sulla poltrona vecchia e scassata dei poveracci. I suoi
occhi vitrei da cadavere erano puntati nel vuoto.
Sapeva sempre cosa rispondere
lui, sempre. Credo che sia stata la prima volta che l’ho visto vacillare.
“Dobbiamo morire? Eh? Dobbiamo morire?”
Solo in quel momento spostò
lo sguardo da stanco di vivere su di me.
I suoi occhi… Sono sempre stati
così pieni di cose… Azzurri come il
ghiaccio e come il ghiaccio gelidi. Io ci vedevo l’odio principalmente. C’era l’odio e
poi il resto distribuito in minuscole pagliuzze d’oro. E non è solo
l’impressione di un cervello drogato, no, l’odio ha sempre fatto parte di lui.
Quando ce l’hanno portato
all’orfanotrofio tanti anni fa mi aveva fatto pena. Pareva uno di quei cani
randagi pieni di rogna e di zecche, che si vedono vagare agli angoli dei
vicoli, tutti sbrindellati e acciaccati, che scappano uggiolando appena gli dai una pedata.
Forse è per questo che cercai
di essere suo amico, perché mi sembrava uno sfigato, uno che lo era molto più
di me.
Mi faceva ridere quando
camminava in giro, tutto dondolante e spaesato, con quell’aspetto deboluccio,
manco fosse stato rachitico, i cerotti sulle nocche che lasciavano la colla grigia
attaccata alla pelle quando se li toglieva, tutt’intorno alle
croste marronastre.
Era un sacchetto d’ossa del
terzo mondo, con le ginocchia e i gomiti scorticati, e aveva bisogno di una
guida…
Ma no, che cosa pensavo… Non
ne ha mai avuto bisogno. Il sacchetto d’ossa sapeva il fatto suo ed è finito
per avermi completamente in suo potere. Perché le sofferenze gli avevano fatto
crescere due palle così, lo dico io!
Ci era stato abituato alle
botte, a star senza mangiare e a sentirsi la merda del mondo.
Lui sapeva sopravvivere, e mi
sono spesso chiesto come facesse. Ho sempre creduto che fosse l’odio, unito con
l’abitudine a star male.
Ci si è crogiolato per anni,
nella sua stessa sofferenza, tanto da farne il suo personale e cinico stile di
vita.
Me lo raccontò, mi raccontò pian
piano cosa gli avevano fatto, con distacco, come se non stesse parlando di sé
stesso, ma di qualcun altro: merce di scambio, gingillo del peccato, bambino
dal cuore strappato, petto rigato di ossa, cosce nere di lividi…
Combattere, combattere, combattere…
Combattere per vivere era il
suo motto. Se non c’era una sfida, un obiettivo da raggiungere, lui se lo
doveva creare da solo, perché sennò che noioso sarebbe stato!
E io dietro, povero scemo,
dietro le sue follie da mente malata di violenza, nonostante il mondo feroce
così, non gli sia mai garbato. Kira ne ha fatto un
mondo peggiore di prima a parole sue, e poi non gli è niente affatto andato giù
che avesse ucciso L.
Peccato che per avere la sua
testa si sia infognato nelle peggio situazioni, piccola puttana sadomasochista. Ha fatto il giocattolo, la bambola
gonfiata ad odio verso tutti e sé stesso. E di nuovo i graffi sulla schiena, e
le gambe distrutte all’alba.
Lui c’aveva ragione a dire
che il mondo fa schifo con Kira, che ha messo in giro
la paura, e questa va fatta cessare,
perché niente è peggio di lei.
Tanto Kira non serve
a parer suo, perché chi è malvagio se ne va all’Inferno quando crepa, senza
eccezione. Vivere nel terrore di una persona, perché Kira è una persona e basta, non
serve.
Una volta aveva avuto tanta
paura anche lui, prima del giorno in cui firmò con il suo sangue il documento
della mia fine.
Che amaro trapasso, non avrò
neanche una lapide.
E non fiatava quella sera,
perché non sapeva cosa dirmi. Il “Povero
Matt, povero pulcino bagnato!” sarebbe stato abusato, e io non l’avrei
sofferto. Ma nemmeno “Povero
Mello,
povero angelo perduto!” era lecito. Lui mi avrebbe ucciso con i suoi occhi pieni
di odio.
Avevo avuto anche altri
pensieri per la testa squagliata di droga. In realtà desideravo che tutto
ricominciasse da dopo l’incidente. Lì aveva davvero avuto bisogno di me… Non
ero più l’inutile Matt, tossicomane lavativo.
Me lo ricordo nel lettuccio a
chiedermi di ucciderlo perché non aveva calcolato quanto potesse far male, la pelle sciolta ustionata.
Preso dal sadismo, mi
rifiutavo. Non perché non era giusto che lui morisse, piuttosto perché mi
esaltavo come un povero demente a vederlo inerme. Avevo potere di vita e di
morte su di lui, per una volta, per una sola fottuta volta! Avrei potuto
tagliargli la gola, farlo crepare sete, o addirittura lasciarlo sdraiato finché
non si fosse pisciato sotto.
Ma non feci mai nessuna delle
tre cose.
Nessuna lama si avvicinò mai
alla sua pelle martoriata.
Se mi chiedeva da bere con un
rantolio sommesso, dopo averlo osservato un po’ andavo a prendere un bicchiere
d’acqua liscia e lo aiutavo a deglutire a piccoli sorsi per non che gli andasse
tutto di traverso.
Ogni volta che era il momento
lo portavo di peso al bagno a farlo pisciare, e i primi tempi ce lo tenevo pure
su seduto io sulla tazza, perché temevo che mi crollasse giù a terra tipo
svenuto.
Aveva tanto male, mi diceva…
E io sono sempre stato troppo stupido, e non facevo altro che ammirare con la
faccia da ebete le ustioni sul petto sudato e gli spasmi involontari, ascoltare
i suoi gemiti, per poi accarezzargli la guancia inviolata e infilare,
sorridendo, una falange nel suo ombelico. Quanto mi piaceva, e quanto mi
divertivo! Quasi mi seccava imbottirlo di sonniferi… Ma dovevo farlo, o si
sarebbe vendicato, e sarebbe stato orribile per me…
Mello è sempre stato cattivo. Con tutti. Gli è sempre
piaciuto fare del male (Forse perché ne aveva tanto ricevuto da bambino?),
trovava scuse in ogni momento per far soffrire qualcun altro. Di sicuro mentre
gli giocavo con l’ombelico, macinava le più terribili torture contro di me, che
avrebbe voluto mettere in atto non appena si fosse rimesso in forze… Era anche
per quello che gli propinavo talmente tanti sonniferi e antidolorifici da non
farlo riuscire più nemmeno a muoversi.
“Fammi alzare, Matty, fammi
alzare che ti cavo gli occhi, poi ti trapano il tuo, di ombelico, e dal buco ci
tiro fuori tutte le tue frattaglie…”
Ecco, che si sarà detto. Poi
però non ha mai fatto niente. Chissà perché. Pensavo che mi avesse perdonato…
Ed ecco che mesi dopo mi restituì il conto, sbattendomi tra le
braccia della Morte! Quella puttana che
va con tutti prima o poi, e che quando tu ti accorgi di non avere i soldi per
pagarla, ti ride in faccia e si prende la tua anima.
Me lo disse così, come se
niente fosse. Io avrei dovuto fare l’esca, e al resto ci avrebbe pensato lui. Una
persona normale l’avrebbe mandato a fanculo, perché
si sa che le esche fanno tutte le volte la fine degli
imbecilli. Ma non sono mai stato né sano di mente né bravo a ribattere ciò che
lui diceva, per questo ho abbassato la testa come un asino al suo ennesimo
capriccio.
Solo quelle frasi, solo quel “Ma dobbiamo
morire?” che suonava più come una domanda retorica che come un sentimento
di terrore profondo. Ma Mello si sarebbe mai tirato
indietro da quella follia? No, mai. Non avrebbe desistito nemmeno se fosse
scesa, pace all’anima sua, sua madre dall’Alto dei Cieli, come lui amava dire,
a prenderlo a cinghiate come quegli uomini
ai bei vecchi tempi, dicendogli che sta facendo l’ennesima minchiata…
Figurarsi se avrebbe ascoltato me.
Mi rispose a bassa voce un ultima frase, andandosene in quello sgabuzzino che sapeva
di piscio di topo che chiamavamo camera
da letto.
“Dormiamo,
Matt. Non è detto che finisca come tu credi.”
Ah, avrei dovuto prenderlo a
calci nel culo e andarmene. Lo stupido Matt che fuggiva dal destino, patetico…
Non questa volta non sono
scappato. Per Mello magari, per calmare quel suo
spirito pieno d’odio, oppure solo per me, per non sentirmi sempre il solito
Matt, con in bocca una sigaretta mezza monca, tesoro
inestimabile tra le labbra screpolate dal freddo, e la psp
bollente tra le mani febbrili.
Ho guidato,
nella testa la vocetta di un neurone ubriaco che
berciava senza sosta: “E’ come Fast and Furious!
E’ come in XXX, e tu sei Vin Diesel! Corri, Matty! Fai
vedere cosa vuol dire guidare!”.
Dio, ero preso bene… Ho
corso… Per l’ultima volta…
Ed ora eccomi qui.
Ho la sigaretta tra le
labbra, ho guidato sentendomi Vin Diesel.
Ho seguito l’ordine di Mello, Mello che è l’unica
persona che conta, Mello che ha l’odio infiltrato
negli occhi cerulei, Mello che avrei voluto vedere
felice almeno un sola fottutissima volta.
Ora sto a
terra con un bel buco in fronte e il piombo disseminato per la scatola cranica…
Non avrebbero dovuto sparare, non sul serio… Anche se lo sapevo che sarei
morto…
Mi pare quasi di vederla
quella bella puttana… Con il rossetto
sbavato, il pallore dei cadaveri, e il viso di…
Mi punta il ditino da primadonna
contro dicendomi di seguirla nel vicolo
di sinistra così non ci vedrà nessuno…
Ma sì, io le vado dietro, la
afferrò per le braccia scheletriche bardate di pizzi, la giro e me la bacio,
perché nulla mi importa più, nulla ha valore per qualcuno che sta morendo… Alla
fine è una cosa bella…
*A denti
stretti
Odio. Non mi chiedete
cosa odio
Ci sono dei mondi di
mutismo tra gli uomini
E il cielo floscio
sull’abisso, e il disprezzo
Dei morti. Ci sono
delle parole discordanti, delle labbra
Senza viso, che si
tradiscono nelle tenebre
C’è l’aria prostituta
della bugia, e
Che sporca fino nel
segreto dell’anima
Ma c’è
Il fuoco sanguinante,
la sete rabbiosa di essere libero
Ci sono milioni di
sordi a denti stretti
C’è il sangue che
comincia appena a colare
C’è l’odio, ed è
abbastanza per sperare.