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Autore: Moris_The_Monkey    05/07/2015    0 recensioni
Ok Ok Ok....questa è la prima volta che pubblico qualcosa scritto da me....o meglio, che pubblico l'unica cosa che abbia mai provato a scrivere, perciò sono molto agitata e imbarazzata...
Per quanto riguarda la storia l'ho iniziata diversi anni fa e sto cercando di portarla avanti (moooolto lentamente) e come capirete dal titolo, è basata sul videogioco Oblivion (che amo alla follia) 4°capitolo della saga The Elder Scrolls.
Non tutti i personaggi all'interno della storia sono ripresi dal videogioco, alcuni sono di mia invenzione (un pò perchè non ricordo esattamente i nomi, un pò perchè alcuni di loro mi sono indispensabili per condurre come desidero la storia). Mentre alcuni, ripresi dal videogioco hanno un ruolo completamente diverso da quello originale.
All'inizio del primo capitolo, inoltre, ho inserito un mio disegno (ancora incompleto,purtroppo) raffigurante la protagonista .
Anche nei successivi capitoli inserirò i miei disegni dei personaggi principali. Spero siano di vostro gradimento
Che dire...so che è una sciocchezza ma aspetto comunque i vostri commenti così che io possa migliorarmi.
Grazie per l'attenzione
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5- “Macerie” 

 
Sheratan si agitava nel sogno come quasi tutte le notti da quando era partita, ormai.  Gli incubi la perseguitavano e non le lasciavano tregua. Quella sera sembrava in preda a leggere convulsioni. Il viso pallido era madido di sudore. Il dolore alla spalla era insopportabile e le sue grida iniziavano a spargersi nella sala. Dei guaritori si avvicinavano alla ragazza cercando di svegliarla, scuotendola per le spalle, ma non ci riuscirono.
-Cos’ha?- chiese un guaritore che era appena arrivato.
-Non so, ha cominciato a dibattersi e poi ad urlare. Sembra stia soffrendo per qualcosa. Per di più non si sveglia. Non capisco!-
Nelle sue convulsioni Sheratan si portò la mano alla spalla.
-Ha qualcosa alla spalla.- Intuì l’anziano guaritore.
Allungò la mano per sbottonare la camicia candida dell’elfa e la scostò leggermente.
-Qual è il problema?- Martin era stato svegliato dal viavai di gente nel cuore della notte.
-Sheratan…- Chiamò lui.
Improvvisamente le convulsioni cessarono e l’elfa spalancò gli occhi. Quando mise a fuoco i visi che la stavano osservando si accorse anche del vecchio guaritore, che ancora aveva il lembo della sua candida camicia tra le mani. Terrorizzata dall’idea che avesse visto quell’orrida cicatrice cacciò un urlo e si scostò velocemente dal guaritore. Il vecchio era immobile e la fissava preoccupato. Sheratan si portò una mano alla spalla che le sembrava dovesse prendere fuoco da un momento all’altro, senza tuttavia staccare lo sguardo da quello dell’anziano signore. Non poteva averla vista! Nessuno deve sapere! Si ripeteva lei.
-Che succede Sheratan?- chiese di nuovo Martin
-Io…non…- Ansimò lei che continuava a fissare l’uomo che le aveva quasi scoperto la spalla. Pregò con tutte le forze che non avesse visto la cicatrice. Vedendo che non riusciva a pronunciare parola rivolse la domanda al resto dei guaritori.
-Non riusciamo a capire.- Azzardò uno di loro –Sembrava in preda a delle convulsioni, urlava e non riuscivamo a svegliarla.-
Sheratan rimase lì, immobile senza capire nulla di quello che gli uomini stavano dicendo. L’unica cosa che percepiva era il dolore alla spalla. Quello lo capiva bene.
-Sheratan….- Ripetè ancora una volta Martin – Va tutto bene?-
-Si- rispose bruscamente lei con un filo di voce –Lasciatemi sola adesso.-  e così dicendo si alzò dal suo giaciglio e si allontanò barcollando.
 
Non riuscì a prendere sonno perciò rimase seduta con le spalle al muro ad osservare i volti dormienti dei sopravvissuti. Anche Martin sembrava aver perso il sonno e se ne stava lì, a leggere con interesse dei rotoli di pergamena al lume di candela. La fitta alla spalla non accennava a diminuire, così come il rossore; addirittura le parve di vedere del sangue lungo tutta la forma della cicatrice. La tamponò velocemente con un pezzetto di tela umida trovando un po’ di sollievo. Mentre passava delicatamente la stoffa sulla pelle ripensò al sogno che aveva fatto o meglio, al sogno che non aveva fatto. Infatti non c’era proprio nulla da ricordare se non un caldo infernale e il buio più totale. Da quando era partita non riusciva a riposare durante la notte, strani incubi affollavano i suoi sogni. Non le era mai successa una cosa così strana, esattamente come non le era mai successo di soffrire così spesso per quella dannata cicatrice.
Mentre l’elfa stava seduta assorta tra i suoi pensieri, una giovane guardia entrò nella sala e si diresse silenziosamente verso Martin a cui bisbigliò qualcosa nell’orecchio, dopodiché si trovarono a varcare la soglia insieme, diretti al piano superiore. Incuriosita, Sheratan li seguì facendo attenzione a non far rumore.
Si spostò agilmente tra le persone che giacevano a terra e aprì uno spiraglio nella porta sufficiente a farla passare. notò un’ombra che si mosse dietro di lei, ma non ci fece caso. Probabilmente era solo un po’ stanca.
 
Si muoveva sinuosamente lungo il corridoio di pietra, attenta a non farsi sentire. Le voci della guardia e quella di Martin erano troppo basse per capire di cosa stessero parlando, tuttavia si intuiva una nota di preoccupazione in entrambi. Giunta al piano superiore fece attenzione a rimanere ben nascosta nell’ombra e sbirciò verso la porta principale della chiesa e lì vide un piccolo gruppo di soldati tra cui l’uomo alto e dalla testa rasata che aveva incontrato fuori dalle mura. Lui e Martin stavano discutendo animatamente.
-Non posso lasciare queste persone.- Dichiarò con forza Martin
-Dannazione ma stiamo parlando del conte! Potrebbe aver bisogno di cure!- L’uomo rasato stava diventando rosso.
-Mi dispiace non posso concedervi nessuno dei guaritori, servono qui e in oltre non avrebbero ne la forza ne la capacità di affrontare qualunque cosa si trovi in agguato la fuori.-
-Voi! Voi avete tutto ciò che occorre.  Non fate il finto tonto, sapete maneggiare una lama e anche molto bene-
‘’Che razza di idiota!’’ Pensò Sheratan ‘’ se solo sapesse con chi sta parlando.’’
-Sono immensamente dispiaciuto, ma NON posso lasciare queste persone da sole, hanno bisogno di me-
Sentenziò Martin.
-E cosa dovrei fare io? dobbiamo provare! Non sappiamo quanta gente possa essere rimasta bloccata nel castello! Ho bisogno di un guaritore!-
-Non rischierò la vita di uno di loro per andare a cercare qualcuno che potrebbe essere già morto, conte o no in quell’inferno non c’è molta probabilità di sopravvivenza.-
L’uomo rasato era chiaramente furioso – Adesso basta! vi ordiono di inviare uno dei vo….-
A quel punto Sheratan si fece avanti uscendo dall’ombra. Calò il silenzio e gli sguardi si volsero verso di lei
-Andrò io.- Disse lei
-Come….?- azzardò Martin.
-Voi….Stupido elfo! Voi avete messo in pericolo la vita dei miei uomini!- Le urlò l’uomo
-Fate silenzio! Smettete di urlare come un animale!- Ribattè lei dura, spiazzandolo –Verrò io con voi, so combattere e se ci sarà da curare delle ferite io sono in grado di farlo.-
-È  troppo pericoloso, non sappiamo nemmeno se ci sono dei sopravvissuti …- Cercò di spiegarle Martin.
-Non vedo altra soluzione, o voi o me, e per niente al mondo vi lascerei uscire in quell’inferno.- Disse l’elfa fissandolo negli occhi. –Dunque? Accettate o no?- Si rivolse all’uomo.
-Non vedo altre possibilità…..Mi basta che seguiate i miei ordini, senza discutere!-
 
Martin le se avvicinò mentre lei radunava le sue cose per addentrarsi nel cuore della città. –Non devi farlo, è un suicidio. Savlian è solo uno stupido, vecchio mulo dalla testa di marmo.-
Sheratan trovò molto divertente quel paragone –Non preoccupatevi, so badare a me stessa..-
-Su questo non ho dubbi, ma resta il fatto che non sappiamo cosa aspettarci.- il suo tono era severo.
-Ehi, io adoro le sorprese.- azzardò lei, ma fu ammutolita dallo sguardo severo di lui.
-Sentite- sospirò –Questa potrebbe essere l’occasione per capire la natura di questo disastro, ho delle ipotesi e questo è l’unico modo per confutarle …-
-Ipotesi? Che tipo di ipotesi?- Adesso sembrava confuso.
-Oh.. non preoccupatevi ve ne parlerò quando saremo in viaggio per Chorrol.- rispose lei sorridendo.
-Sei sempre così ottimista?-
-Preferireste che vi dica che non abbiamo speranza e che  moriremo tutti?-
-Sarebbe più realistico.-
-Già ma molto più inquietante-
L’elfa riuscì a strappargli un sorriso.
 
 
La guardò mentre il capitano le dava delle direttive, spiegandole la struttura della città e la strategia che avrebbero messo in atto una volta usciti dalla chiesa.
-Venerabile….- uno degli anziani guaritori gli si avvicinò – abbiamo dei problemi con uno dei feriti, sembra essere peggiorato….-
Martin era assorto nei suoi pensieri – Fate venire Sheyli, … io arrivo subito.-
-Sono mortificato, ma non riusciamo a trovarla…- l’aziano abbassò lo sguardo
- Che vuol dire non riuscite a trovarla?- Si girò di scatto.
L’anziano continuò a porre le sue scuse
-Va bene va bene, portatemi dal ferito…- Diede una rapida occhiata in giro, ma Sheyli non era lì.
 
Savlian continuava a mostrare a Sheratan una serie di viuzze assurde per raggiungere la residenza del conte.
-Se percorriamo questa via, girando poi in questo vicolo a destra potremmo raggiungere  la piazza secondaria e da lì dovremmo riuscire a raggiungere gli alloggi della guardia cittadina-
‘’Ma quanto parla’’ Pensò annoiata Sheratan.
-Avete idea di quale sia la situazione la fuori?-
-Quel che sappiamo è che la piazza principale è divisa in due al crollo di una palazzina e l’unico  modo per raggiungere l’interno della città è passare da quella porta- Disse Savlian indicando uno dei tre grandi portoni della chiesa, quello opposto da cui era entrata lei.
-Bè, quindi noi siamo qui a discutere di vie e altre cose ma non abbiamo idea di cosa aspettarci. Potrebbe anche essere tutto distrutto….-
-Quindi, cosa proponete di fare?- Chiese il comandante stizzito.
-Innanzitutto propongo …. Aspettate un attimo, dobbiamo raggiungere gli alloggi del conte, giusto? E perché mai avete menzionato gli alloggi delle guardie?-
Savlian la fissò –ritengo non è saggio condurre un manipolo di guardie direttamente fin sotto le porte del conte, preferisco usare il passaggio nascosto che collega direttamente l’abitazione con gli alloggi.-
-Dunque gli alloggi sono questi, dico bene?..-  Puntò il dito sulla cartina, sopra una piazza leggermente più piccola rispetto a quella dove si trovavano loro, e neanche troppo distante.
Riflettè un po’.
-Potrebbe sembrare un po’ avventato..-azzardò –ma credo sia necessario avere un’idea di quella che è la situazione li fuori..-
-E…?- Savlian si stava spazientendo.
-E propongo di mandare qualcuno in ricognizione,  la piazza non è troppo distante e avventurarsi in quell’inferno senza avere la ben che minima idea è un suicidio.-
-Voi siete completamente mat…-
Ma Sheratan non lo fece finire e ribattè con voce leggermente più alta –Allora sacrificate il vostro prezioso gruppetto di soldati. Tutto. Dal primo all’ultimo uomo-
Savlian la guardava con aria di sfida. Quella piccoletta stava mettendo in discussione il suo piano.
‘Sacrificare la vita di molti per salvarne una soltanto’, queste parole fecero nuovamente eco nella sua mente. A quanto pare sembrava qualcosa di inevitabile.
Il gruppo di guardie di Savlian era piuttosto preoccupato, non solo per la situazione drammatica in cui si trovavano, ma anche per il fatto che il loro forte e deciso comandante aveva trovato pane per i suoi denti. Quell’elfa, così piccola rispetto al grosso comandante, ma non meno armata, sembrava  determinata a non assecondare neanche uno dei suoi piani.
-Sono io che comando qui, ragazzina, non voi!- Disse sbattendo un pugno sul tavolo di legno che oscillò pericolosamente.
-Siete voi ad aver chiesto aiuto, e adesso lo rifiutate?- Sheratan gli lanciò un’occhiataccia. Non c’era nulla da fare, sembrava proprio che dovessero battibeccare per qualsiasi cosa, proprio come due bambini .
-Capitano…- una guardia si avvicinò timidamente a Savlian –Che diavolo vuoi tu?-ruggì lui.
-Capitano, tutto questo non giova all’umore delle guardie, per non parlare del tempo che stiamo perdendo…-
-Già capitano, il tempo che stiamo perdendo..- si intromise l’elfa.
-Capisco che diffidiate dei suoi consigli, capitano, ma che altra scelta abbiamo?-
continuò la guardia abbassando notevolmente la voce e ignorando i commenti dell’elfa -Mi offro per una breve ricognizione all’esterno..-
Savlian non ne era affatto contento -Sei uno dei migliori Jesan, non ho intenzioni di perderti, potrebbe esserci di tutto la fuori.-
-Ne sono consapevole capitano, ma non vedo altra scelta.-  La strabiliante sicurezza nella voce della guardia lasciò il capitano perplesso, al che tirò un sospiro e sconsolato concluse -D’accordo, facciamo come dice l’elfa. Ma tu-  indicò con rabbia Sheratan - Ricordati che qui comando io, e quando saremo la fuori farai tutto ciò che dico, senza discutere. O te la vedrai direttamene con me e la mia spada.-
‘’Cosa? mi minaccia?’’ pensò lei un po’ divertita. Ricambiò con un sorriso beffardo.
 
Pochi minuti dopo,la guardia che era uscita nella piazza fece ritorno, con il volto stravoto e con il fiatone. –Per i Divini, sei tutto intero?- il capitano delle guardie gli andò incontro
-Capitano….la fuori è il caos…tutto distrutto….i cadaveri…capitano, sono ovunque….a pezzi….- Stava sudando, ma non per il caldo.-Tuttavia, non c’è ombra delle creature-
-Com’è possibile?- chiese lui.
-Non siete stato attaccato?- chiese Sheratan
-No-  la guardia sembrava ancora più confusa.
-Strano. Anche quando ho oltrepassato il cancello la città sembrava deserta, ma poco dopo sono spuntati fuori centinaia di quelle ‘cose’. Avevano teso un’imboscata.-
-Probabilmente tenevano d’occhio la porta principale della città. Magari non sono interessati al macello che hanno compiuto all’interno..-
-Tutto questo non ha senso- Sheratan sembrava sovrappensiero - non ha senso… questo vuol dire che si aspettavano che qualcuno entrasse dalla porta principale…. non sono interessati al resto..ma perché..mmm…- L’elfa parlava più a se stessa che agli altri.
-Come?- Savlian la guardava  con la stessa espressione con la quale si guarda uno squilibrato.
-Dobbiamo procedere- Tagliò corto lei.
Savlian fece un cenno ai suoi uomini, che con cautela aprirono il grande portone della chiesa.
 
 
 
 
Macerie, cadaveri, fumo.
Fu questo lo scenario che accolse i nostri guerrieri. L’odore acre delle fiamme era intenso e copriva perfino l’olezzo dei cadaveri.
-Andrò avanti io, voi altri seguitemi ma rimanete in formazione, uniti. Siate pronti ad ogni eventualità. Tu- e indicò l’elfa - Stammi vicino.-
Sheratan gli trotterellò al fianco, impugnando l’elegante arco.
La città era totalmente devastata. Si chiese come quelle piccole creature avessero potuto abbattere delle case così grandi e per giunta di solida pietra. Cumuli e cumuli di macerie ostruivano la piazza al centro e parte delle vie principali che si inoltravano nella città.
-Non possono aver fatto tutto da sole..- bisbigliò al capitano.
-Purtoppo temo non fossero sole- Savlian fece cenno alle guardie di affrettare il passo
-che vuol….- ma si zittì.
Avevano percorso la piazza e stavano per voltare in una strada a destra, leggermente in discesa.
Le fiamme dal centro della città continuavano a salire alte nel cielo, ancora coperto da fitte nubi nere, così ché era impossibile capire che ore fossero.
Continuarono lungo la strada, fino a quando la via si aprì un una piazza ellittica nel centro della quale vi era una grande fontana circolare, semidistrutta, come il resto della piazza, d’altronde.
Al di là di essa si intravedeva un ponte che collegava la residenza del conte. Sheratan s’immaginava che quest’ultimo vivesse in una grande villa, ma non si aspettava di vedere un piccolo fortino ergersi nel mezzo della città.  
Savlian le indicò,tuttavia una viuzza secondaria, vicino a dove si trovavano.
-Dobbiamo andare da quella parte, è li che risiede la guardia cittadina-
Sheratan continuava a fissare la piccola fortezza: il grande portone era chiuso e non sembrava esserci segno di vita all’interno . Ne una luce, ne un rumore. Sulla città regnava sovrano il silenzio..
-Perché esitiamo, capitano?- chiese piano una guardia.
Savlian fece cenno con una mano di fare silenzio, lo sguardo fisso sulla fontana, come se cercasse di vedere oltre. La ragazza seguì il suo sguardo e prestando attenzione si accorse che da quel punto proveniva un strano rumore come uno scricchiolio, uno sfregare di denti.
Qualcosa mordeva, lacerava.
‘’Mio Dio, qualcosa stà mangiando…..cosa?’’ La sua curiosità fu soddisfatta all’istante. L’odioso rumore si interruppe e piano piano, da dietro la fontana si delineò una figura scura, grossa e minacciosa.
 Una grossa creatura avanzava furtiva fiutando l’aria fin quando non diresse il suoi occhi  iniettati di sangue sul gruppo di guardie. A prima vista poteva sembrare un’enorme  coccodrillo, le zampe posteriori erano molto più grosse e robuste rispetto a quelle anteriori. Sulla schiena, tra le possenti scaglie facevano capolino quelle che sembravano aculei grossi come zanne di cinghiale. Il muso grosso e tozzo era reso ancor più minaccioso dal ghigno rabbioso che metteva in evidenza una fila perfetta di denti, o meglio zanne insanguinate. Le zampe poderose erano munite di artigli degni di un orso. Più che un’alligatore, somigliava ad una macchina da guerra.
Alcune delle guardie bisbigliarono, spaventate, brevi preghiere. Sheratan mantenne la calma e lo sguardo fisso in quello della bestia, come a sfidarla. Era calma, lucida. Il nemico non la intimoriva. Fece scorrere lentamente la freccia sull’arco. Mantenendo una posizione acquattata, si mosse leggermente di lato al che la bestia la imitò, con la stessa lentezza.
 
 
Savlian osservava la scena: se non fosse stata una situazione tragica avrebbe ammesso che quello spettacolo fosse intrigante. Tuttavia portò la spada davanti a sé e ordinò ai suoi uomini di tenersi pronti.
-Al mio segnale non esitate- Savlian guardò con la coda dell’occhi Sheratan, la quale ricambiò.
-ADESSO-
La freccia volò precisa sul bersaglio, tuttavia non fu sufficiente. La bestia si era raggomitolata su se stessa in modo che la freccia finisse incagliata nelle zanne sulla schiena.
L’elfa imprecò ma non si perse d’animo e mentre le guardie caricavano con gli scudi e brandivano le loro spade, lei estrasse le due lame arcuate, fermate sulla schiena, dall’impugnatura elegantemente decorate, così come solo gli elfi sanno fare.
Da alcune stradine spuntarono alcune delle creature  che avevano teso l’imboscata all’entrata della città. Notandole Sheratan maledì qualsiasi cosa le venne in mente e si concentrò su queste, mente le guardie si occupavano del mostro-alligatore.
Con un balzo la ragazza ostacolò l’avanzata della creatura a lei più vicina. Con una serie di colpi ben combinati si sbarazzò velocemente del primo, ma altri sembravano attirati da lei,più che dalle altre guardie.
Si preparò all’attacco, era circondata.
 Un lieve sorriso affiorò sulle labbra. Se qualcuno l’avesse vista probabilmente avrebbe pensato che fosse pazza. Chissà, forse lo era davvero.
Fece strisciare il piede destro davanti a se, usandolo poi come perno per compiere una giro su se stessa, distese le braccia, le due lame saldamente impugnate colpirono più creature simultaneamente. Dopo di che con un balzo si accanì su quella che aveva di fronte. Ne aveva abbattute sei ma altre spuntavano, sibilando, dall’ombra delle macerie che circondavano la piazza. Per adesso aveva avuto fortuna e soprattutto era stata veloce, ma sapeva che non avrebbe avuto nuovamente una seconda opportunità.
Le guardie erano ancora alle prese con il mostro. Si accorse che ne aveva già uccise due. ‘’Cinque, diamine, come facciamo?’’ pensò lei. Doveva trovare veloce  una soluzione.  Doveva fermare almeno le piccole creature demoniache, o le guardie non ce l’avrebbero fatta.
Si guardò velocemente intorno e scattò, anche se non aveva trovato una soluzione. Corse verso la fontana e balzò sul bordo, con un secondo salto si arrampicò sull’ornamento posto al centro e leggermente rialzato. Da lì osservò i piccoli demoni che si stringevano sempre più sulle guardie.
-Alh’yash ihm!- bisbigliò Sheratan, disegnando col braccio un semicerchio davanti a lei. Al che delle fiamme si frapposero tra i demoni gli uomini.
Savlian era costretto a proteggersi dai poderosi e veloci attacchi del mostro. Era riuscito a ferirlo ad una zampa, ma nulla più al contrario delle sue guardie che non erano riuscite a fare molto.
Il comandate sapeva che era necessaria un’ azione veloce e simultanea e cercò quindi di rianimare gli uomini.
-Coraggio! cosa temete? non vedete che è ferito? Anche questo mostro può perire per una spada! ATTACCATE- Le guardie furono scosse dalla voce del capitano, riprendendo ad attaccare con un po’ più di energia.
Sheratan dall’alto notò che altre creature avanzavano. ‘’Maledizione’’.
Quel mostro la stava stancando.
 –Non è più divertente- bisbigliò tra se e se mentre velocemente riprendeva il suo arco e incoccava la freccia.
–Arhà’ yash- con queste parole la punta della sua freccia prese fuoco. Rimase immobile per qualche secondo, osservando attentamente la bestia.
 Doveva aspettare il momento giusto. Eppure doveva fare in fretta. ‘’ancora un po’… ancora un po’’ si ripeté.
Savlian cercò di caricare con lo scudo ma la bestia si erse sulle zampe posteriori e colpì violentemente il comandante, spostandolo di qualche metro. Barcollò ma si riprese subito. Alle sue spalle un’altra guardia era pronta al contrattacco, spada sguainata, caricò un fendente che ferì l’altra zampa della bestia. Questa emise un profondo, potente ed inquietante verso gutturale.
Sheratan prese la mira e fischiò come per attirare l’attenzione di un cane. In questo caso una cane molto grosso, pericoloso e dotato di una mandibola capace di frantumare un uomo intero.
 La bestia si voltò furibonda verso l’elfa
- E bravo il bestione...-
Scoccò la freccia, dritta nell’ occhio del mostro, che emise di nuovo quel terribilmente verso.
 Savlian colse l’occasione caricando un possente fendente che si abbatté sulla testa del mostro così come la scure del boia si abbatte sulla testa del condannato.
L’enorme creatura si accasciò a terra, ma ancora capace di muoversi, infatti cercò di rimettersi in piedi sulle zampe posteriori, ma il secondo fendente del capitano glielo impedì.  Crollò a terra e non si mosse più.
Non era ancora finita. I piccoli demoni che erano stati trattenuti dal temporaneo muro di fuoco di Sheratan stavano di nuovo avanzando minacciosi. Troppi per uno scontro diretto.
-Dobbiamo procedere!- Le urlò Savlian.
Sheratan ruotò leggermente la testa e vide una casa non del tutto crollata, sembrava anche molto instabile. Indicandola rispose al capitano – Da quella parte! portate i vostri uomini da quella parte!-
Savlian seguì il gesto dell’elfa e sembrò intuire il piano. Percuotendo la spada sul suo scudo attirò l’attenzione dei suoi uomini e cercò di condurli in quella direzione aggirando il gruppo di piccoli demoni, uno dei quali aveva lanciato un incantesimo di fuoco su Sheratan, la quale per evitarlo  finì nell’acqua della fontana e arrancò per uscirne fuori, cercando di bagnarsi il meno possibile ottenendo, ovviamente, il risultato contrario.
Nel mentre il capitano condusse il più rapidamente possibile i suoi uomini nel vicolo della casa diroccata, Sheratan tentò nuovamente di bloccare l’avanzata dei demoni con un secondo muro di fuoco, ma l’incantesimo non ebbe la stessa efficacia della prima volta.
Con uno scatto raggiunse i suoi compagni, che ormai si erano addentrati nel vicolo.
L’elfa si voltò all’indietro e osservò le macerie instabili della casa di mattoni. Una colonna portante dell’edificio, l’unica rimasta in piedi, sembrava essere un’ottimo bersaglio perciò non le rimase che tentare. Cercò di concentrarsi nonostante l’avanzata delle creature.
Il capitano le urlò qualcosa ma lei non lo sentì nemmeno.
Era sempre così quando usava la magia. Perdeva completamente la cognizione dello spazio e del tempo, non percepiva più ciò che la circondava, come se fosse priva di coscienza. Ma lei era lì e non desiderava altro che scatenare l’inferno.
Lanciò  un incantesimo che si scagliò contro la colonna traballante, ma  non vi furono ne scintille ne saette. Semplicemente si percepì l’urto dell’incantesimo contro la pietra. La parete dell’edificio si inclinò pericolosamente in avanti e lentamente crollò investendo il gruppo di demoni e sollevando una grossa nube di polvere scura.
L’elfa rimase in piedi, immobile a fissare le macerie e per la seconda volta non udì Savlian che le urlava contro qualcosa. Subito dopo dalla nube si intravide una piccola sagoma e una scintilla di fuoco : uno dei demoni era ancora vivo.
Il capitano scattò in avanti, tirò per un braccio Sheratan, l’avvolse con il suo scudo e cercò di proteggere entrambi dall’incantesimo. Mentre questo s’infrangeva sul metallo, Merandil prontamente scoccò una freccia che centrò in pieno il demone,anche se avvolto dalla polvere, rendendolo finalmente inoffensivo.
Solo a quel punto l’elfa sembrò riprendersi e rabbrividì: era zuppa d’acqua dalla vita in giù. Savlian la strattonò con poca grazia –Che diavolo ti è preso ?!- Gridò furibondo -Non hai sentito che ti chiamavo? Non hai sentito che ti avvertivo?- Continuava a tenere saldamente Sheratan per i bracci, la quale lo osservava con uno sguardo vagamente interrogativo, come se non capisse.
– Mi fate male….- Tentò di divincolarsi dalla stretta, ma lui strinse più forte.
-Stavi cercando di farti uccidere?! Devi darmi ascolto! Qua fuori sono io che do gli ordini! Ho già perso degli uomini, non voglio perdere l’unica persona che sa usare la magia- E così dicendo le lasciò un braccio per puntare minacciosamente il dito contro il suo volto.
In fondo si stava preoccupando per lei.
 
 
 
 
 
 
 
 Cercò di trattenere il sorriso convinta che se il capitano se ne fosse accorto, lei avrebbe dovuto fare i conti con la sua mascella slogata e il naso rotto. Cercò di camuffare il tutto con un piccolo colpo di tosse
– Mi dispiace, non si ripeterà- disse fissando lo sguardo in terra.
-Lo credo bene- Solo adesso Savlian lasciò l’elfa e aspettò che si rimettesse in piedi.
-Dobbiamo procedere. Siamo nella via sbagliata, ma laggiù- e indicò un punto tra due edifici, o ciò che ne rimaneva -  dovrebbe esserci un piccolo vicolo che conduce vicino agli alloggi delle guardie. Speriamo solo che il passaggio sia libero-.




 
   
 
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