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Autore: Diemmeci    05/07/2015    2 recensioni
Il mondo va avanti anche quando sembra essersi fermato, smette di ruotare per centinaia di migliaia di motivi diversi, variando da persona a persona, e all'improvviso, quando meno te lo aspetti, riprende a girare grazie ad una persona che ti travolge completamente.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Diciotto


Tornai in casa, sedendomi sul soffice divano. Sospirai.
«Hai parlato con James?» Jennifer si sedette accanto a me non appena Michael si congedò per andare a farsi una doccia.
«Sì» risposi. «Sta venendo a prendermi».
«L’idea di non dirgli che saresti venuta è stata veramente stupida» disse, ridendo. «Mi dispiace di avertela consigliata».
«Non preoccuparti, James non se l’è presa».
Lei annuì.
Chiacchierammo allegramente finché non mi arrivò un messaggio di James, in cui c’era scritto che era arrivato.
Feci dei lunghi respiri, cercando di dominare l’ansia e l’agitazione crescenti. Rimasi in piedi di fronte alla porta d’ingresso per alcuni minuti, che sembrarono ore, per prepararmi psicologicamente. Non sapevo come comportarmi e questo mi stava mandando fuori di testa.
«Non vorrai farlo aspettare ancora» mi incoraggiò Jennifer.
Scossi il capo, ma non mossi un muscolo.
«Rosalie, apri questa maledetta porta e vai. Ora».
Feci un altro lungo respiro prima di ruotare il pomello d’oro ed aprire finalmente la porta. Percorsi il vialetto lentamente e, quando giunsi alla fine, mi trovai di fronte ad un James con il solito sorriso smagliante stampato sulle labbra, ma stavolta non coinvolse anche gli occhi. Si stava sforzando, riuscivo a percepire quanto fosse teso in realtà.
«Ciao» dissi, alzando una mano in cenno di saluto. Stavo cercando di apparire calma e sperai che qualche parola o atteggiamento non mi tradissero.
«Ciao» ribatté lui, aprendo la portiera della macchina. «Hai già cenato?»
Scossi il capo prima di salire al posto del passeggiero, raggiunta dopo qualche secondo da James. Incrociai le braccia al petto e lo guardai.
«Veramente Jennifer stava preparando qualcosa ma sei venuto tu…»
Annuì. «Non ho mangiato neanche io» sorrise, continuando a sforzarsi. «Che ne dici di passare al Mc Drive e poi di mangiare in un parco? A quest’ora non c’è nessuno e l’aria non è così fredda».
«Hai sempre il telo?»
Entrambi sorridemmo in modo spontaneo, tornando indietro nel tempo ad uno degli ultimi momenti che avevamo passato insieme prima che tutto precipitasse.
«È sempre in macchina».
«Okay, allora vada per il McDonald».
Passammo a prendere il cibo e venti minuti più tardi eravamo seduti su un soffice prato; mi ero calmata finalmente e avevo ripreso il controllo delle mie emozioni, nonostante ci fosse voluto un bel po’ e lo stesso sembrava valere per James.
Mangiammo quasi completamente nel silenzio – per la prima volta nella mia vita non ne fui infastidita, provai invece molto piacere mentre ci scambiavamo sguardi che, se avessero potuto, avrebbero parlato – e ci limitammo quindi a chiacchierare sulla mia decisione improvvisa di venire a Leeds.
«Sono giunta alla conclusione che me ne sarei pentita, se non fossi venuta» gli dissi quando finimmo di mangiare.
«Ah, sì?»
«Sì» confermai con sicurezza. «Ho passato tutta la vita a vivere di rimpianti, non volevo che accadesse anche stavolta».
«Sono felice che tu sia qui».
Lo sono anch’io, avrei voluto dire, ma abbozzai un semplice sorriso. Improvvisamente tornai con i piedi per terra, ripensai al vero motivo per cui eravamo insieme. Dovevamo parlare. Lui doveva parlare.
«Non possiamo evitare il discorso per tutta la serata, giusto?» Dissi, prendendo coraggio.
James sembrò inizialmente sorpreso dalle mie parole ma poi sembrò capire a cosa mi riferissi. Anche lui, forse, aveva dimenticato momentaneamente la reale situazione in cui ci trovavamo.
«Mi sono allontanato da Leeds perché avevo bisogno di riflettere, proprio come ti ho detto» James iniziò a parlare, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. «Avevo bisogno di capire se volevo veramente continuare o meno la mia relazione con Regan».
«La ragazza delle foto» dedussi, colta da una punta di gelosia.
«Proprio lei» confermò. «Quando Michael mi ha proposto di andare a Londra per due settimane, non ci ho pensato un secondo prima di accettare. Era l’occasione perfetta per evadere dalla realtà, per pensare e capire, soprattutto» proseguì. «Ovviamente ho litigato con Regan, ma un litigo in più o in meno non faceva più molta differenza. Non facevamo altro che attaccarci nell’ultimo periodo, anche per la minima sciocchezza».
Annuii, facendogli capire che lo stavo ascoltando. Si fece più pallido mentre parlava di questa storia, sembrava essere sul punto di vomitare.
«Non è sempre stato così, ovviamente. Io e Regan abbiamo vissuto un’esperienza che ci ha segnati profondamente un anno  e mezzo fa ed è questo che ci ha portati alla rottura definita» disse, facendo un lungo respiro. «Eravamo felici, progettavamo persino di sposarci, e quando lei scoprì di essere incinta la voglia di fare il grande passo era aumentata».
Respinsi l’impulso di tendere una mano per stringere la sua e attesi che continuasse. In cuor mio credevo di sapere come proseguisse la storia.
«Poi è accaduto quello che nessuno si aspettava» lo sussurrò appena. «Lei ebbe un aborto spontaneo ed il nostro rapporto è cambiato. Lei è cambiata».
«Oh, mio Dio, James» sussurrai, stavolta senza trattenermi per cui gli strinsi una mano. La sua stretta mi fece sussultare e, quando lo guardai negli occhi, scorsi il grande dolore per la perdita di un figlio che non aveva mai potuto vedere.
«Quando sono arrivato a Londra non sapevo che avrei incontrato te, non sapevo che mi avresti incasinato ancora di più le idee ma allo stesso tempo che mi avresti aiutato a capire».
Morsi il labbro inferiore. «Cosa?»
«Ho capito che con Regan è finita nel momento in cui abbiamo perso nostro figlio, che abbiamo continuato a stare insieme solo per paura di rimanere da soli e soffrire da soli. Ho capito che non provavo nulla nei suoi confronti, se non del bene, e ho capito di volere te».
James parlò così velocemente che mi ci volle qualche secondo per assimilare le sue parole e il loro significato. Quando finalmente compresi, alzai lo sguardo per incontrare due occhi color ghiaccio che attendevano una risposta.
«Ne hai parlato con Regan?» Chiesi.
«Non appena sono tornato da Londra» rispose prontamente. «Le ho raccontato tutto, di te, di noi e di come fossi convinto di volerla finire con lei».
«Oh».
Lui attese.
«Non so cosa dire».
«Non credo che serva dire nulla in questi casi».
Lo guardai per quella che mi parve un’eternità prima di avvicinarmi a lui e stringerlo forte in un abbraccio. «Mi dispiace di non avertelo detto prima» sussurrò nel mio orecchio.
Mi allontanai di qualche centimetro per poterlo guardare negli occhi. «Credo sia comprensibile, James».
«E se ti baciassi ora?»
Gli rivolsi un sorriso imbarazzato prima di ridere fragorosamente per poi catturare le sua labbra in un bacio. Mi sentii veramente bene dopo settimane, in qualche modo completa, e sperai che quel momento non finisse più.
Avevo desiderato James dal primo istante in cui i nostri occhi si erano incrociati, ma lo avevo capito soltanto quando lui aveva preso l’iniziativa e mi aveva proposto di aprirmi con lui. Sorrisi sulle sue labbra a quel ricordo, che sembrava così lontano ora mentre in realtà era passata soltanto qualche settimana.
«A cosa stai pensando?» Mi chiese, come se mi avesse letto nel pensiero.
«A nulla» mentii spudoratamente.
«So che non è vero, ma fingerò di crederti».
Sorrisi, tornando a sedermi di fronte a James. Ero salita sulle sue gambe senza rendermene conto.
«Che ore sono?»
Lui diede un’occhiata all’orologio. «Quasi le undici» disse. «Ti va di venire a casa mia? Puoi fermarti a dormire lì».
«Certo» accettai senza esitazione, perché realizzai soltanto dopo alcuni istanti che mi aveva proposto di rimanere a dormire a casa sua. Morsi il labbro inferiore e cercai di non mostrare la mia titubanza mentre camminavamo per raggiungere la macchina.

La casa di James non distava molto dal parco in cui ci eravamo rifugiati, quindi un quarto d’ora dopo eravamo seduti sul divano a chiacchierare. Avevo fatto un giro veloce dell’appartamento e lo avevo trovato grazioso, ben arredato.
«Sei proprio sicura di non volere nulla da mangiare?» Mi chiese James, forse per la quarta volta.
Afferrai un cuscino – uno dei tanti – e glielo lanciai, colpendolo in faccia. Risi fragorosamente. «Ti ho detto di no».
Lui anche rise, buttando il capo all’indietro. «Okay, okay».
«Abiti qui da molto tempo?»
«No» scosse il capo e qualsiasi traccia di divertimento scomparve dal suo viso. «Questa sarebbe stata la casa in cui ci saremmo trasferiti io e Regan con il bambino» spiegò infatti, evitando di guardarmi.
«Il solo pensiero sembra farti stare male» mormorai. «Forse avresti dovuto venderla e comprarne un’altra».
«Ci ho pensato, ma in fin dei conti qui dentro non è mai entrato nessun bambino».
Mi avvicinai a James, accoccolandomi al suo petto. Mi lasciai avvolgere dal suo possente braccio e gli lasciai un leggere bacio sulla pelle lasciata scoperta dalla maglia. «Non posso comprendere fino in fondo il tuo dolore, è vero, ma sappi che posso aiutarti».
«Mi aiuti già».
Volsi lo sguardo verso l’altro, incontrando il suo.
«La tua presenza accanto a me è già abbastanza, fai tanto per me senza accorgertene».
Sorrisi. «Hai fatto tanto anche tu per me».
«Non credo».
«Mi hai fatta aprire dopo moltissimo tempo» dissi. «È tanto».
«Be’» sorrise «hai ragione».
Ridacchiai, nascondendo il viso nell’incavo nel suo collo. Lasciammo che il silenzio ci avvolgesse completamente, tornai quindi con la testa sul petto di James. Riuscivo a sentire il suo cuore battere e ritenni che fosse il suono più bello che avessi mai sentito in tutta la mia vita.
«Quando devi tornare a Londra?» James mi fece tornare con i piedi per terra.
«Domenica».
«Non puoi restare di più?»
«No» dissi. «Lunedì inizio a lavorare e così Jennifer».
James annuì, un po’ avvilito. «Di che lavoro si tratta?»
«Abbiamo trovato un posto in libreria, non dista nemmeno molto da casa nostra perciò possiamo raggiungerla a piedi».
«Mi piace» lui annuì di nuovo, sorridendo. «Rosalie, quando hai intenzione di prendere la patente?»
Risi, coprendomi il viso per la vergogna. «Presto, molto presto».
«Perché non l’hai ancora presa?» Rise anche lui.
«Non so, non ne ho mai avuto la necessità. Soltanto adesso mi rendo conto che sarebbe più comodo guidare».
James rise sommessamente ed io mi resi conto – per l’ennesima volta – di quanto fosse bello. Avrei passato ore a guardarlo.
Gli passai una mano tra i capelli e lo baciai, senza provare la minima vergogna quando gli salii sulla gambe. Mi strinse a sé, con una mano posata sulla mia schiena ed una che mi sfiorava il collo. Avvertii di nuovo la sensazione di desiderio da parte di entrambi, proprio come era successo qualche settimana prima quando ci trovavamo al parco.
Velocemente, gli sfilai la maglia e gli rivolsi un sorriso innocente.
«Sei sicura?»
Gli rubai un altro bacio ed annuii, convinta. «Sicurissima».


 
* * *
Buona domenica :)
Finalmente avete scoperto cosa nascondeva James... che cosa ne pensate? Fatemi sapere, sono curiosa.
Vorrei informarvi del fatto che, dopo questo capitolo, ne manca soltanto un altro e in fine l'epilogo. Mi dispiace veramente molto che stiamo per giungere alla fine, non potete immaginare quanto. Ormai mi sono affezzionata ai miei personaggi come se fossero miei amici e sarà dura separarmene.
Detto questo, spero che io non vi abbia delusi. 
Aspetto le vostre recensioni :)

Diemmeci
  
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