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Autore: LallaMatta4e    17/01/2009    2 recensioni
"-Sei rossa- commenta lui, con un sorriso compiaciuto sul volto.
-Magari perché un uomo di fronte a me è così scortese da farmi arrossire- ribatto io, reggendo a fatica il suo sguardo.
Maledetto lui e i suoi dannati occhi azzurri.
-Non sai che per conquistare una donna occorre farle mille complimenti?- mi sussurra all’orecchio.
Okay. Adesso basta. Che gran faccia tosta che ha. Ma come si permette? Non ce la faccio più.
Resto zitta, guardandolo in tono di sfida.
Non ci riuscirà. Non riuscirà a farmi abbassare lo sguardo. Non riuscirà a farmi arrossire. Non…
Troppo tardi. Non so come, ma mi ritrovo la sua bocca sulla mia.
Maledetto… in questi due secondi ne ha approfittato per…
Ma non voglio fermarlo. Strano da dire, ma mi piace. Non mi viene spontaneo bloccarlo oppure staccarmi da lui. Anzi, resto lì. Attaccata a lui con la bocca, con il respiro affannato."
dal capitolo cinque.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Oggi è un altro giorno e cosa più importante: un giorno di lavoro. Quindi mi sveglio presto.
Appena arrivo mi blocco di colpo: hanno messo gli addobbi di Natale!
Nella sala d’attesa c’è un piccolo alberello con le palline colorate. Invece sopra i mobili ci sono statue d’angioletti o di babbo Natale.
Non me l’aspettavo. Anche perché mi ero proprio scordata del Natale. Con tutte le cose successe ultimamente… Mi avvicino al bancone dove trovo Luisa con un enorme sorriso compiaciuto in faccia.
-Luisa! L’hai fatto tu??- esclamo, stupita.
-Sì, ancora sabato-.
-Che bello! Sei stata bravissima!- commento, ancora con la bocca spalancata dallo stupore.
-Grazie- mormora lei, imbarazzata.
Forse tutti questi complimenti le hanno dato alla testa.
Ad un tratto, sento dei passi dietro di me. Mi giro senza dire niente e mi ritrovo Luca a due metri di distanza da me.
-Ciao!- saluto, meravigliata.
-Ciao- dice lui, con un sorriso splendido sul volto. –Chi li ha messi questi begli addobbi?-.
-Io- mormora Luisa.
-Wow- fa lui, guardandosi intorno –la stanza sembra un’altra-.
Restiamo così ancora per qualche secondo, poi io e Luca, con un’occhiata d’intesa, ci avviamo in ufficio.
Quando entriamo ci accorgiamo di essere soli. Angela non è ancora arrivata e nemmeno gli altri, sembra.
Lui si avvicina a me, lentamente. Io gli sorrido.
Mi prende il viso con dolcezza e mi bacia con altrettanta dolcezza. Restiamo così per alcuni minuti dopodichè mi rendo conto che le sue mani sono finite sui miei fianchi, solo un po’ più in giù.
-Tutto bene?- mi sussurra all’orecchio.
Io annuisco, leggermente in imbarazzo.
-Cos’hai fatto ieri?-.
-Uhm… pranzo di famiglia- borbotto.
Lui alza la sopracciglia. –Chi c’era?-.
-Mia sorella, suo marito e i miei- rispondo –tu che hai fatto?-.
-A parte pensare a te?-.
Faccio una smorfia. –Non sarò mica così importante?-.
Lui fa di sì con la testa. –Altrochè-.
Io scoppio a ridere, divertita.
-Comunque- fa lui –niente di speciale. Solo qualche lavoretto…-.
-Per la pubblicità?-.
-Anche-.
-Poi?-.
-Ho cucinato-.
-Davvero?-.
-Sì, non mi credi?-.
-Mica tanto- rispondo, ironicamente.
-Beh, allora domani sera vieni a cena da me e ne avrai la prova-.
-Okay- faccio io, sorridendo –a che ora?-.
-Per le otto e mezza?- propone lui.
-Aggiudicato-.
Strano da dire ma in tutto questo tempo siamo restati così, appiccicati a parlare come se fosse una cosa assolutamente normale.
Poi uno strano rumore alle nostre spalle ci interrompe.
Ci giriamo e troviamo Angela sulla porta.
Ops.
-Ehm... ciao- dico io, imbarazzata.
-Ciao- fa lei, con tono leggermente di rimprovero.
Okay. In teoria non dovrebbero essere abbracciati due colleghi di lavoro, però qualche fuori regola ci può stare.
Luca si stacca di colpo e questo un po’ mi spaventa.
Angela si dirige verso la sua scrivania, scuotendo leggermente la testa ma, noto con mio grande stupore che un sorrisetto complice compare sulle sue labbra.
Così anche noi andiamo ai nostri posti e accendiamo i computer.

La giornata procede benissimo. Tra una pausa e l’altra dove io e Luca ne approfittiamo per darci qualche piccolo, innocuo bacino.
Soprattutto durante la pausa pranzo. Restiamo soli, io e lui. Mi sembra di tornare indietro nel tempo. Lui alla sua scrivania che sgranocchia il suo tramezzino ed io qui con il mio panino. Lo guardo di sottecchi cercando di non farmi notare. Missione non riuscita. I nostri sguardi si incrociano e, sentendoci in imbarazzo, ci sorridiamo arrossendo un poco.
-Come ai vecchi tempi- ho il coraggio di dire.
Lui annuisce, sorridendo. –Già, neanche tanto lontani-.
Io faccio un leggero cenno col capo, perdendomi nei miei pensieri.
Ancora mi ricordo la mia sfacciataggine nel mio intento di farlo ingelosire. Che stupida… Però devo ammettere che ci sono riuscita.
-Tesoro, ci sei?- mi chiede con un dolce sussurro.
Io alzo lo sguardo, stupita. E’ davanti a me, vicinissimo.
Ancora una volta non mi sono accorta che senza fare rumore, si è avvicinato. O forse sarò io che non sento i rumori intorno a me.
Annuisco, incantata.
Lui non dice niente. Poi molto lentamente allunga una mano verso il mio viso, mi accarezza e poi inizia a giocherellare con i miei capelli. Io resto lì, senza pronunciare una parola. Sono rapita in quegli occhi bellissimi e mi godo le sue carezze come se fossero la cosa più preziosa del mondo.
Questa volta decido di prendere io l’iniziativa e, senza nessuna esitazione, mi avvicino a lui con la bocca. Lo bacio. Con una passione che a momenti non so nemmeno io da dove arriva. Con calma gli prendo tra le mani il mento e lo accarezzo. Poi passo al collo e ritorno su, ai capelli.
Poi d’un tratto si stacca. E mi guarda negli occhi.
-Perché?- mormora.
Io resto a fissarlo, con aria interrogativa.
In quei pochi secondi mi passano per la testa mille pensieri.
Mi starà mollando? Starà dicendo che ci ha ripensato e si è pentito?
-Perché i nostri baci sono come una droga? Quando inizi, non riesci più a fermarti…-.
Io gli sorrido. –Perché mai dovremmo finire?-.
Gli riprendo il viso tra le mani e lo bacio, quasi con foga. Lui mi segue per qualche istante, poi si stacca ancora.
-Che c’è ancora?- sbotto, delusa.
-Non stiamo facendo le cose con un po’ troppa fretta?-.
-Perchè? Cos’è successo?-.
-Niente, era una semplice domanda-.
-Io sono sicura di quella che ci sta succedendo- dico, con convinzione –e tu?-.
-Anche io-.
Silenzio.
Non sapendo cosa dire, guardo l’orologio. L’una e cinquanta.
-Che ore sono?- mi chiede.
-Ancora dieci minuti-.
Sospira, rassegnato. –Bene, l’ultimo bacio e si ritorna a lavorare-.
E detto questo, mi bacia.
Questo sì che è un bacio lungo. Restiamo così per almeno cinque minuti. Ma interi. Senza nemmeno una pausa.
Sento il suo respiro nel mio. Il suo profumo del dopobarba. Le sue mani che si stanno intrufolando sotto la mia camicetta e che ora mi accarezzano la schiena.
Sono i cinque minuti più belli della mia vita.
Peccato però che quei cinque minuti sono passati in un lampo.
Guardo nuovamente l’orologio. Sono le due, quindi ci tocca tornare al lavoro.
Sbuffando, ci stacchiamo.
E’ sera, ma per fortuna non troppo tardi. Lo so che sono già le sette, però a me non interessa: devo andare a vedere per i regali di Natale.
Esco rapidamente dall’ufficio, salutando tutti con dei semplici baci sulla guancia. Decido di lasciare l’auto al parcheggio riservato a noi colleghi. Andrò in centro a piedi, tanto è qui vicino.
Okay. Forse non prenderò tutti i regali, però qualcosina, magari. O anche solo per vedere cosa c’è, per farmi un’idea.
Vedo i primi addobbi lungo la via principale e fanno, come dire, “splendere” la città. Sembra molto più luccicante, più festosa.
Attraverso la prima via guardando le vetrine dei negozi.
Abbigliamento, scarpe, borse, gioielleria, profumeria, di tutto e di più.
Ma la cosa più brutta è che non ho nemmeno la più piccola idea su cosa prendere e a chi.
Di sicuro ci sono Angela, Sofia, Nicola e Luca. Poi anche i miei genitori, Francesca e Claudio. E, volendo, ci potrebbe stare anche Luisa. Beh, allora dovrei aggiungere anche Michele, Filippo ed Edoardo.
Oddio, no. Ce ne sono troppi. Cioè, lo so che basta il pensiero, però non è che mi escano soldi da tutte le parti.
Così decido di stringere la lista. Adesso ci sono solo: Angela, Sofia, Nicola, Luca, i miei genitori e Francesca e Claudio.
Poi vedremo, magari c’è qualcosa a poco prezzo.
Entro nel primo negozio che mi capita.
Non ho nemmeno guardato le vetrine, non m’importa. Entro e basta.
Faccio dieci passi guardandomi attorno. E’ un negozio di borse.
Mi giro e vedo una ragazza alta, bionda e terribilmente magra che urla:
-Gabriele! Ne ho trovata una!-.
Un’altra innamorata di un Gabriele. Poverina, speriamo che non sia come…
Non ci posso credere.
E’ QUEL Gabriele.
Oh, Santo.
Corro dietro uno scaffale, dato che qui (purtroppo) non ci sono i camerini.
Sono vicino a me, però per fortuna non mi possono vedere.
-Quale?- sento la voce di Gabriele che chiede.
-Questa! Guarda che bella!- fa la ragazza.
-Non è un po’ troppo… uhm… come dire?-.
Non riesco a trattenermi, sbircio. Sono troppo curiosa.
Oddio. Cioè quella sarebbe la borsa bella?
E’ piccolissima. Probabilmente non mi ci sta nemmeno una mano.
-Secondo me per tua madre andrebbe benissimo- continua lei.
Che cosa?! Sua madre?!
Ma se odia le cose piccole! Io sì che la conosco bene.
Altro che questa sfigata che vuole scegliere il regalo per la madre del suo ragazzo e non sa nemmeno i suoi gusti.
Che nervoso! Mi verrebbe voglia di andare là e mollarle una sberla!
-Forse… forse è un po’ piccola- balbetta Gabriele.
-Ma stai scherzando?! E’ perfetta! Io ne ho tantissime così e sono tutte comodissime-.
Allora dev’essere proprio matta, altro che sfigata.
-Sì ma io…- cerca di dire Gabriele, in imbarazzo.
-Basta, ho deciso. Gliela prendo- conclude lei, alzando il mento.
-Tesoro, io… penso che…-.
Ma lei è già alla cassa. -Quanto costa questa?-.
Ma si può?! Non sa nemmeno quanto costa. Lei la sceglie, e non guarda nemmeno il prezzo!
Dio, fermami tu.
-Sono quaranta euro- risponde la cassiera, con aria annoiata.
Quaranta? Per una borsa così!?
–Perfetto- dice, tirando fuori il portafoglio.
Gabriele le è subito dietro. –No! Gaia! Mia mamma…-.
Ha dei problemi, quella. Non si rende nemmeno conto che per una borsa di quel tipo, quaranta euro sono una truffa.
Gaia porge le due banconote da venti alla signorina.
Ah-ah. Così impara ad ascoltarlo.
-Scusi?- una voce dietro di me mi fa sussultare.
-S… sì?- mormoro, girandomi.
-Vuole che l’aiuti a cercare la borsa che desidera?-.
Una ragazza piuttosto in sovrappeso, con i capelli nero cenere, mi è davanti che mi guarda con aria alla “dopo questa rompi palle, mi mangio un altro panino”.
-Oh, ehm…- cerco di trovare qualcosa di inteligente da dire –non serve, grazie. Stavo solo guardando-.
-Va bene- e detto questo, si volta e si allontana.
Mi rigiro verso la cassa, per vedere a che punto sono Gabriele e la sua nuova ragazza.
Ho deciso di darle un soprannome. Gaia la sfigata, ovvero (in una parola) la Sfigaia.
Si stanno dirigendo verso l’uscita.
Li seguo, senza farmi troppo notare.
-Sono sicura al mille per mille che è la scelta migliore- afferma Gaia, sorridendo.
Gabriele alza le spalle. –Speriamo avrai ragione, anche se conoscendo mia madre…-.
Lei si ferma e si gira verso Gabriele. -Non ti fidi di me?-.
-Certo che sì, però…-.
Gaia gli prende il viso tra le mani e lo bacia, prima che potesse aggiungere altro.
Non so cosa dire, cosa fare. Resto lì, impotente.
La soluzione la trovo dopo cinque minuti, quando vedo che dopo un lungo bacio con la lingua, Gabriele sta iniziando anche a toccarle il sedere.
Me ne vado. L’unica soluzione.
  
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