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Autore: Mayth    06/07/2015    5 recensioni
In cui Erik lavora come commesso in un negozio di elettronica e Charles è il suo peggiore (o forse migliore) cliente.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Atto quarto.
 
Fa caldo. Oggi è il giorno libero di Erik e fa così caldo che persino il cemento si potrebbe cuocere. Avrebbe dovuto restarsene a casa davanti al condizionatore d’aria a mangiare un’anguria o a sorseggiare una Coca-Cola ghiacciata, qualsiasi cosa, che ne sa, ma non di certo uscire e bruciare – letteralmente – sotto il sole. Invece no, si era stancato di stare rinchiuso fra quattro mura e, bermuda, maglietta a maniche corte e occhiali da sole, ha varcato la soglia di casa ed è andato in centro. Sbaglio. Enorme sbaglio. Central Park pare essere un luogo particolarmente quotato in estate. Famiglie, gruppi di amici, single coi loro cani, tutti sono in quel dannatissimo parco a farsi un giro ed occupare la sua panchina preferita. Si volta verso la casa degli scacchi a qualche metro di distanza: alcune persone anziane si stanno intrattenendo con una partita, un bambino gira fra le sedie entusiasta. Erik si passa una mano fra i capelli e si siede ad un tavolo – forse qualcuno lo raggiungerà e lo inviterà a giocare.
In realtà non accade nulla di tutto quello ed Erik rimane semplicemente seduto sulla sedia a guardarsi intorno. Il signore anziano che gli stava simpatico perde la partita e con aria afflitta dice di dover tornare da sua moglie, l’altro prende per il polso il bambino iperattivo – suo nipote? – e lo porta al chiosco per comprargli una coppetta di gelato. Erik gira il capo e ne segue il percorso, e proprio in quel momento non si accorge della figura che si accomoda nel posto dirimpetto al suo. Appena gira lo sguardo per afferrare la sua bottiglietta di acqua (purtroppo non più ghiacciata), che si era portato da casa, intravede Charles che fa poco per riuscire a trattenersi dal ridere. Ha un infarto. Perché non se l’aspettava e non è dannatamente normale comparire così all’improvviso dal nulla.
«Charles?» chiede titubante e un po’ stordito. Ma che è, uno stalker?
«Erik»
«Che cosa-­»
«Mio padre mi portava sempre qui, prima che morisse. Ero solo un bambino, ma adoravo venire qui la domenica pomeriggio e passarla allenando la mente. Certe abitudini non vanno mai via» spiega. Ah beh, quindi è Erik l’intruso, a dirla tutta. «Ti va una partita?» offre, tirando fuori un sacchetto di stoffa e rovesciando sul tavolo le pedine per lo scacchi. Erik prende quelle nere, le sue preferite, e inizia a posizionarle correttamente.
«È da un po’ che non gioco» sospira Charles.
«Ci andrò piano con te»
_.
 
«Quindi hai battuto Chuck a scacchi» ripete pazientemente Logan. «È bello che fai altro nella vita oltre che lamentarti del mio operato». Erik lo guarda torvo e poi torna a sistemare i CD negli appositi scompartimenti. In realtà odia raccontare la sua vita, ancor di più a Logan, ma sembra qualcosa che hanno iniziato a fare negli ultimi tempi e non si sente in grado di spezzare l’atmosfera felice del reparto. Logan incomincia a raccontare di un ultimo suo viaggio in Giappone («E questa famiglia giapponese mi ha invitato, chiedendo se potessi fare da guardia del corpo alla figlia»), ma Erik non lo ascolta davvero. Charles, prima di raccattare le sue cose e andarsene, gli aveva lasciato il numero di telefono scritto su un fogliettino – calligrafia perfetta, asciutta, elegante – e sorridendo gli aveva detto di chiamarlo se avesse avuto voglia di concedergli la rivincita. Ora Erik s’infila una mano in tasca e si rigira il foglietto stropicciato. Non sa cosa fare. Quando aveva conosciuto Magda la situazione era completamente diversa; erano compagni di classe dall’infanzia, era un’amica di famiglia. Avere il suo numero di telefono ed utilizzarlo era stata un’evenienza naturale ed anche necessaria. Ma Charles? Charles è ancora, tecnicamente, un cliente e uno sconosciuto. Erik non ha idea di cosa bisognerebbe fare o scrivere a qualcuno che ti passa volontariamente il suo numero di telefono. Non è nemmeno certo che quello sia un flirt, potrebbe essere una richiesta di amicizia.
Infila l’ultimo CD nella categoria Heavy Metal e tira fuori dall’altra tasca il suo cellulare. Si guarda intorno: il negozio è quasi vuoto, Logan è andato a parlare con un ragazzino interessato all’ultima Play Station o qualcosa del genere, Sean sta spiegando a un tizio che evidentemente l’ultimo X-Men è migliore dei precedenti (e non solo parlando di effetti speciali) e tutti gli altri paiono avere la situazione sotto controllo.
Rassicurato, Erik srotola il pezzo di carta e copia il numero di telefono di Charles nella rubrica.
Dovrebbe scrivergli, anche solo per gentilezza. In fondo, se Charles non voleva ricevere notizie da lui, non avrebbe dovuto scambiare qualcosa di così personale come il suo numero di cellulare.
Perciò potrebbe scrivergli e non sembrare un idiota. Anche se in realtà è un idiota comunque. Di nuovo: la vita è troppo corta e ti riserva sempre colpi di scena troppo spiacevoli per poter star a perdere tempo su indecisioni simili. Sta quasi per schiacciare sull’icona di Whattsapp (inutilizzata fino a quel momento ma scaricata perché «E andiamo, chi non ha Whatsapp»), quando una ragazzina gli compare di fianco.
«Buongiorno». Occhi nocciola, capelli castani, viso vispo e furbo.
«Ciao. Posso esserti utile?». Charles deve aspettare.
_
 
È lunedì pomeriggio. E il lunedì pomeriggio è orrendo perché a) è lunedì ed Erik non conosce ancora una persona vivente – che lavora – che non odi il lunedì, e b) è pomeriggio e fa caldo ed è estate. I condizionatori sono stati accesi in modo da poter creare, dagli qualche ora, un iglù direttamente sul pavimento del negozio. Il che renderebbe felice un sacco di gente, non ne dubita. Ma ad ogni modo il turno di Erik è stato spostato dietro le quinte, nel magazzino, e lì non ci sono condizionatori, bensì ventilatori che non fanno altro che rigirare aria calda. Potrebbe svenire per il caldo o morire disidratato, ma è sicuro che il capo non aggiungerà condizionatori anche in magazzino. Maledizione. Aiuta il magazziniere in questione a spostare gli scatoloni della nuova merce, discute col capo logistica perché è una sorta di normalità farlo e si chiede quando riuscirà a trovare un attimo di pausa per respirare. Sarà anche passata solo un’ora dalla pausa pranzo, ma lui la percepisce come un’eternità di sfortuna (e lo giura, non ha mai rotto uno specchio in vita sua).
Ad un certo punto, durante il controllo della scheda di magazzino, Sean sopraggiunge al suo fianco e lo osserva lavorare.
«Cosa vuoi?» chiede Erik. Non ha pazienza per questo genere di cose.
«Stanno aprendo un nuovo negozio al terzo piano. Proprio ora degli operai stanno installando il necessario»
«Quindi sono riusciti a vendere quello spazio. Finalmente. E?»
«E cosa, Erik? Gira voce che sia anch’esso un negozio di elettronica, è la concorrenza». Erik alza gli occhi dalle schede e lo guarda.
«I nostri clienti sono fidelizzati» scrolla le spalle, «non c’è nulla di cui preoccuparsi».
«Forse Charles, ma negli ultimi tempi stiamo perdendo colpi. Dobbiamo rinnovarci anche noi» borbotta e gesticola ed Erik si chiede sinceramente perché Sean si preoccupi così tanto per la Magnus, quando appena avrà terminato i suoi studi abbandonerà il posto di lavoro per quello dei suoi sogni. «Dobbiamo stare al passo con la moda del momento, e non solo nel campo dei telefoni cellulari»
«Okay, capisco, ma non dovresti parlarne con me» dice, indicando la strada che porta all’ufficio del capo. «Non prendo io le decisioni di marketing».
Sean alza le sopracciglia e sospira: «Sappiamo tutti che tu sei un megalomane ed ottieni sempre quel che vuoi, Erik, e in più sei il primo della lista per ottenere la poltrona di dirigente. Se porti avanti tu la proposta, di sicuro ti ascolteranno. Com’è successo col reparto musica» ricorda.
Prima che Erik possa replicare, Sean gli fa segno di tacere e continua: «Comunque si vocifera che sia una famosa filiale, probabilmente la Hellfire. Siamo nei guai, Erik» e detto questo si allontana e torna in negozio. Erik rimane con lo sguardo fermo sulla porta di uscita, chiedendosi come e perché.
_
 
Tornato nello spazio confortevole del suo appartamento, i pensieri di Erik tornano ad ammucchiarsi sul suo cellulare e, più precisamente, su Charles. Non gli ha ancora scritto e onestamente non sa che cosa dire, ma non volendo passare una serata promettente con un nodo in gola, Erik si affretta ad aprire una nuova chat e a scrivergli:
 
Ehi, sono Erik, il ragazzo del negozio al centro commerciale.
 
Erik si alza e va a tirar fuori dal frigo una birra fresca. Quando ritorna sul divano e afferra il telecomando, si accorge della spia luminosa del proprio cellulare, che lo avvisa di aver ricevuto una risposta.
 
Oh, Erik! Pensavo di aver deluso tutte le tue aspettative durante la nostra partita a scacchi,
e che non mi avresti più contattato.

 
 
Per nulla. Mi sono divertito, ma il lavoro mi ha tenuto un po’ impegnato.
 
 
Comprendo perfettamente. Purtroppo ora non posso restare a parlare, un mio caro amico
ha appena compiuto una scoperta entusiasmante nel suo campo e stiamo festeggiando.
Mi dispiace.

 
 
Nessun problema. Scusa, non volevo disturbarti.
 
 
No! Non è stato un disturbo. Anzi. Mi ha fatto piacere sentirti, davvero.
 
 
Qualche volta potremmo fare un’altra partita a scacchi, allora.
Sei un ottimo stratega, amico mio.
 
 
Mai quanto te.
Ah, Erik, lo vorrei tanto, ad ogni modo. 
  
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