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Autore: Sanae77    06/07/2015    10 recensioni
amnesia
[a-mne-ʃì-a]
s.f. (pl. -sìe)
MED Perdita o indebolimento della memoria, costituzionale o acquisita, totale o parziale
‖ estens. Dimenticanza, smemorataggine.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un doveroso ringraziamento a tutte le persone che hanno seguito la storia, che nata per scherzo, per staccare dalla Cupola non pensavo davvero potesse avere tutti questi lettori.
Grazie grazie davvero
Un abbraccio
Sanae77




Nankatsu
 
Tsubasa
Siamo sbarcati da poco ed abbiamo preso un taxi per condurci alla nostra città natale, questo si ferma al Belvedere, noi scendiamo, lei si aggrappa al mio braccio, sembra cercare sostegno mentre ci avviamo verso la balaustra, la nostra cittadina dall’alto è ancora più bella.
 
Mi volto un attimo ed osservo la leggera brezza scompigliare i suoi capelli, sta guardando lontano, poi allunga un braccio ed indica qualcosa al centro della città, so perfettamente cosa sia, impossibile non riconoscerla.
 
“La villa di Genzo” esclama felice della propria scoperta.
 
“Già, come si può dimenticare l’elemento principale del nostro paese e del suo portiere, quante volte siamo andati lì a divertici?” sorrido, e sento lei fare altrettanto.
 
“Sta tornado tutto Tsubasa, come un puzzle si sta ricomponendo, tutto, ed ogni tassello sta tornado al proprio posto, sono così felice … grazie”
 
Mi volto “Non devi ringraziarmi”
 
“Certo che devo se non fosse stato per te, adesso non sarei qua” mi fissa leggermente imbronciata. Continuo a pensare che lievemente arrabbiata sia ancora più bella, mi sembra l’occasione giusta per proporre il prossimo passo, quindi affermo convinto
 
“Sei pronta per rivedere la tua famiglia e la tua casa?”
 
Annuisce.
 
“Con te sono pronta a tutto” mi abbraccia stretto ed io mi perdo nel profumo dei sui capelli, non riesco a capire come ho fatto a vivere senza di lei fino ad adesso.
 
Finalmente il taxi ci lascia di fronte a casa di Sanae, non ha detto neppure ai suoi genitori del suo ritorno, scendiamo dall’auto e prendiamo i bagagli.
La sento tirare un profondo sospiro, indugia, si guarda intorno smarrita.
 
“Se vuoi andiamo subito in albergo Sanae, magari torniamo domani?”
 
Nega “No, devo farlo, mia madre ha diritto di vedermi ed io di vedere lei” quindi a lenti passi sale i gradini di casa e vedo la sua mano tremante premere il campanello.
 
La porta si apre, è la madre di Anego, si blocca fissa la figlia e inizia a piangere ininterrottamente.
 
È immobile sulla porta, dopo allunga una mano e la tocca “Mamma” esclama e dal tono tremante e tenero credo proprio che il volto di sua madre abbia aperto una breccia nella sua memoria.
 
Vedo madre e figlia abbracciarsi caldamente ed avverto anch’io un groppo in gola per la tenerezza dell’immagine che ho di fronte.
 
Entriamo in casa, la madre prepara subito un te e ci fa accomodare in sala, mi chiede del mio lavoro, di come procede con la squadra del Barca, Sanae continua a guardarsi intorno incuriosita.
 
Poi si alza e raggiunge il mobile della sala afferra uno sportello e prima di aprirlo fa l’elenco di che cosa contiene “Album delle foto, servito dei piatti della nonna, tazze da te per dodici” poi spalanca l’anta e sorride “Sì, non è cambiato niente per fortuna”
 
“Mamma salgo in camera mia” grida alla madre mentre sale di corsa le scale e sparisce alla nostra vista.
 
Io e sua madre ci guardiamo divertiti, poi è la madre di Sanae a parlarmi.
“Come sta Tsubasa?”
“Direi molto meglio signora, adesso la vedo sorridere tutti i giorni, all’inizio non ha riconosciuto nessuno dei ragazzi, ma a distanza di giorni le cose sono migliorate esponenzialmente, il dottore lo aveva detto che piano piano avrebbe riacquistato la memoria, direi che aveva ragione”
 
“Tsubasa – il suo tono è cambiato quindi mi volto e la guardo direttamente negli occhi – ti ringrazio di esserti occupato di Sanae in questo periodo, credi che resterà a casa adesso?”
 
“Sinceramente non lo so, ha voluto prenotare una camera in albergo per non stare qua, ma adesso che l’ha riconosciuta francamente non so più che cosa voglia fare” dichiaro disarmato e preoccupato non so dove vuole arrivare sua madre vedo perfettamente che non ha finito.
 
“Tsubasa state insieme?”
 
Il te che stavo sorseggiando mi va di traverso, mentre sento le mie gote colorarsi improvvisamente, prendo un fazzoletto dal tavolo che ho di fronte e pulisco il piccolo disastro che ho appena combinato, istintivamente mi porto una mano dietro la nuca per toccare i miei capelli già incasinati, lei continua a fissarmi.
 
 
Sanae
 
Salgo le scale il mio cuore batte all’impazzata, quindi afferro sicura la maniglia della porta alla mia destra, sono consapevole che è quella della mia cameretta, quella a sinistra è la stanza di mio fratello … un pensiero HO UN FRATELLO … l’altra è quella dei miei genitori in fondo la porta del bagno. Tutto, conosco tutto ed è una sensazione magnifica ricordare anche una semplice disposizione delle stanze, non provare più la terribile sensazione di non appartenenza, di non sapere, di non conoscere, adesso so.
 
La maniglia scatta sotto la mia pressione e la porta si apre.
 
Di fronte a me la finestra con la scrivania dove tante volte ho studiato, a sinistra una scaffalatura piena di libri, molte foto appese alle pareti, e sulla destra il mio adorato letto.
 
Mi avvicino, al suo centro lui, il pallone che Tsubasa mi ha regalato prima di partire per il Brasile. E adesso capisco cosa voleva dire, le immagini si susseguono alla velocità della luce, io che piango, lui che parte, io che passo giornate nella mia camera con il pallone a pensare a lui, il vuoto che sento dentro al mio cuore, la solitudine, il pensiero che si sia dimenticato di me, poi le mie amiche che mi cercano che m’incoraggiano, a riprende a vivere, dopo la decisione, la borsa di studio e l’università.
 
Una debole luce in fondo al mio cuore, riprendo a sopravvivere, cercando di pensare ad altro, il campus universitario, lo studio, le visite agli amici, a Taro, a Genzo, tutto il mio cuore e la mia mente ritrovano tutto, anche il dolore e la paura che avevo provato in quei momenti.
 
Mi gira la testa per le forti emozioni che sono entrate prepotentemente nel mio corpo tutte in una sola volta, quindi mi avvicino al letto, mi siedo un attimo mentre mi rendo conto che sto respirando con affanno.
 
Cerco di rallentare i battiti del mio cuore prendendo dei profondi respiri, poi mi alzo e dico a me stessa ‘è il passato, adesso lui è con te, quindi basta pensare alla vecchia vita, adesso ne inizia una nuova’ arrivo alla parete con le foto, e mentre le osservo le ricordo tutte.
 
E in tutte c’è lui, lui che gioca, lui che sorride, lui che compie quel gesto che tanto adoro portandosi la mano dietro la nuca.
 
Ed in tutte anche in quelle dove non so di essere fotografata io guardo sempre verso una sola direzione, la sua.
 
Mi dirigo verso il mio armadio, lo apro ed osservo i vestiti all’interno, in basso a destra il bastone della bandiera che per tanti hanno ho sventolato sugli spalti, lo afferro la srotolo, la guardo, quanto tempo passato a cucirla che bei ricordi.
 
Al suo fianco la divisa blu, con appesa la fascetta rossa, la tocco e sorrido.
 
La mia vita è tornata finalmente al suo posto, quindi esco dalla stanza e torno di sotto.
 
Mi fermo improvvisamente quando sento la domanda di mia madre.
“Tsubasa state insieme?”
Sento dei rumori provenire da Ozora che osservo di riflesso nello specchio del corridoio, sorrido nel vederlo parlare con mia madre, sono indecisa se ‘salvarlo’ oppure farlo soffrire un po’.
 
E memore delle forti emozioni appena provate, opto per la seconda scelta annuendo a me stessa soddisfatta.
Dopo lui parla.
“In tutti questi anni, ho sempre pensato solo al calcio, non volevo distrazioni, ma adesso che mi sono fatto una posizione, credo sia arrivato il momento di pensare anche alla vita privata e se sua figlia me lo permetterà, ne sarei ben felice”
 
Porto le mani alla bocca che si è allargata per le stupore, e per le parole pronunciate da Tsubasa, la mia felicità è talmente tanta che entro quasi di corsa nella stanza mentre le due persone sedute quasi sobbalzano per la sorpresa, il mio sguardo è fisso su di lui, che rosso come un peperone sorride compiaciuto.
 
Quasi non vedo mia madre che in silenzio si alza e ci lascia soli.
 
Lui di fronte a me, si avvicina mi prende le mani ed esclama “Magari è un po’ assurdo chiedertelo adesso – si avvicina al mio orecchio e sussurra facendomi avvertire un brivido – dopo che ci siamo amati a Barcellona, ma … vorrei che tu fossi la mia fidanzata ufficiale, quella che posso presentare ai fotografi senza che sia lo scoop del momento, magari all’inizio sarà una notizia che farà scalpore, ma dopo si calmeranno, quindi Sanae: sei pronta per il mio mondo?”
 
Passo le braccia intorno al suo collo, lui mi cinge la vita lo bacio e sussurro sulle sue labbra “Sono anni che sono pronta, alla fine dovrò ringraziare chi mi ha investita e per aver perso la memoria, altrimenti sarei stata ancora ad angosciarmi per te”.
 
I suoi occhi brillano prima di chiudersi per baciarmi con trasporto.
 
 
Due mesi dopo Nankatsu
Sanae
“Sanae aspetta dove corri?” mi grida Tsubasa.
“Muoviti voglio tornare al Belvedere, prima di andare via nuovamente voglio imprimere bene la mia città nella memoria” dichiaro in tono allegro.
Finalmente è tornato tutto, i ricordi, le sensazioni, gli affetti e le delusioni.
Ho capito cosa aspettava il Capitano, la mia rabbia verso di lui che mi ha abbandonata per inseguire il suo sogno, ma in fin dei conti io lo sapevo da quando l’ho conosciuto che quello era in suo obiettivo e che nessuno lo avrebbe fermato, ed adesso che lo ha realizzato, ha scoperto che anch’io sono importante nella sua vita.
Lo amo, l’ho sempre amato e me ne sono innamorata anche quando non ricordavo chi fosse, se questo non è amore, se questo non è destino, allora davvero non saprei come definirlo.
Arrivo alla sommità del Belvedere mi appoggio alla balaustra e osservo la mia città natale dall’alto, come ho potuto scordarla? Come ho potuto dimenticare il Fuji? Come?
Tsubasa arriva e mi abbraccia da dietro, fa caldo è piena estate ma non lo respingo.
Dobbiamo partire domani, prima tappa Londra, devo lasciare tutto salutare le mie compagne di stanza e prendere tutti i documenti, perché ho deciso che mi trasferisco all’università di Barcellona.
“Sei sicura di voler lasciare Londra?” mi chiede sfiorando il mio lobo destro, immediatamente tutta la pelle di quel lato si rialza di almeno un centimetro.
Sospiro, sarà la centesima volta che mi fa questa domanda “Tsubasa te l’ho già detto a Barcellona posso seguire esattamente gli stessi studi di Londra, però in Inghilterra non ho nessuno, mentre a Barcellona … beh ho te no? E poi scusa non hai detto di avere una camera degli ospiti?” sorrido birichina, visto che non l’ho MAI usata alla fine.
Esplode in una risata, mi volto ed incontro i suoi occhi sorridenti.
“Beh che hai da ridere?”
“La camera degli ospiti è sempre pronta lo sai, ma tu dormirai con me”
E mi bacia con ardore, con passione, con amore e sì dormirò con lui, per sempre.
   
 
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