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Autore: Rihanna_Love    06/07/2015    1 recensioni
Greta è un'artista di diciassette anni, appena trasferitasi in città. La gente la ritiene strana, troppo differente. Oltre a pochi amici a distanza, sua madre Elisa e la sua bella Border Collie, Connie, non ha nessuno.
Diego è il figlio dei vicini di Greta e, secondo Elisa, sarebbe il ragazzo perfetto per sua figlia. E' attivo, amante della musica e popolare in tutta la città, oltre ad essere idolatrato da Elisa.
*
Tratto dal Prologo:
[...] Stava osservando la ragazza che gli sorrideva timidamente.
Prima di vederla e da come ne aveva parlato la madre, Diego pensava che Greta fosse una bambina poco più grande di sua sorella e invece era una bellissima ragazza della sua età, più o meno.
– Diego? Dieguccio! La smetti di fissare Greta? La mamma dice sempre che non si devono fissare le persone, è da maleducati!– gridò Gaia, facendo risvegliare il fratello dal suo stato di trance.
–Almeno presentati.. – la sentì borbottare, dandogli una gomitata tra le costole.
[...] Si salutarono con un cenno della mano e, da quel momento, Greta capì che la sua tranquilla e monotona esistenza sarebbe divenuta presto molto più movimentata e divertente.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo Uno




 
Nessuno, ad una prima occhiata, avrebbe pensato che quella ragazza minuta e graziosa, con i vestiti perennemente sporchi di vernice, potesse essere tanto timida da non rivolgere la parola nemmeno alla sua nuova compagna di banco, Lena Pagani.
La mattina stessa, la professoressa Colombo la presentò alla IVG, la sua nuova classe. Appena era entrata, Greta aveva contato dieci ragazze e dodici ragazzi e, per quanto aveva potuto capire dall'appello e da alcuni mormorii pressoché indistinti, mancava solo una ragazza, una certa Ilaria Orlando. Tutti l'avevano fissata, squadrandola con interesse apparente: le prime a distogliere lo sguardo erano state due ragazze sedute al terzo banco di sinistra, che probabilmente si erano messe a sparlare di lei. Poi, volgendo lo sguardo verso gli ultimi banchi, aveva notato un ragazzo dal volto familiare: quello alzò il capo e i loro sguardi si incontrarono, facendo nascere un sorriso spontaneo e incoraggiante sulla faccia di lui.
La docente le disse di sedersi accanto ad una ragazza dai capelli rossi che era seduta al terzo banco di destra, proprio davanti a quello del suo vicino di casa. 
La rossa ne fu estremamente felice: Greta ebbe il tempo per sedersi e posare la tracolla sul banco prima di essere "aggredita" dalle domande curiose della compagna di banco.
A primo impatto, alla nuova arrivata, Lena era parsa una ragazza fin troppo curiosa e allegra, ma, con il passare delle ore, poté capire il motivo di tanto interesse nei suoi confronti: scriveva per il giornalino della scuola e la sua curiosità era insita nel suo carattere, dunque tentò di rispondere ai quesiti più superficiali e innocui.

Greta odiava parlare di sé e del suo passato.
Questo, però, Lena lo capì troppo tardi. «E tuo padre?» le aveva chiesto, una volta che l'ultima campanella della giornata era suonata.
La castana si era girata verso la compagna, osservandola da dietro i suoi occhiali da sole. «Mio padre è scomparso dieci anni fa, il giorno prima del mio settimo compleanno» aveva proferito, distogliendo lo sguardo.
La rossa si morse le labbra, abbassando lo sguardo con tristezza. 
«Non era mia intenzione farti intristire, Greta.»
«Lascia stare, non potevi saperlo dopo tutto. Ci siamo conosciute oggi, è normale che tu voglia sapere qualcosa su di me, sta' tranquilla» Lena non ebbe il tempo di rispondere, perché la compagna si era già allontanata facendole un cenno di saluto con la mano.

Mentre la ragazza si avviava verso casa, attendendo solo il momento in cui si sarebbe appoggiata ad uno dei pali della luce che si trovavano vicino alla fermata dell'autobus e avrebbe potuto fermarsi un po', venne raggiunta da uno sfinito vicino di casa.
«Ehi, aspetta!» un urlo maschile giunse alle orecchie della ragazza, che si guardò intorno con poco interesse, e continuò a marciare verso la fermata del bus.
«Certo che cammini veloce per essere così piccolina!» esclamò Diego, raggiungendo la castana e affiancandola.
Greta prese a camminare più velocemente, desiderando solo che quel ragazzo capisse il suo desiderio di solitudine. Non era più abituata alla sensazione che si provava quando le chiedevano del padre, nella sua vecchia città tutti sapevano ciò che lei e sua madre avevano passato e non ne facevano parola, rispettando il loro dolore e la memoria di Roberto Martinelli.
Il ragazzo la affiancò nuovamente, attento ai suoi movimenti. Quando Greta tentò di accelerare per poter stare sola Diego l'afferrò rudemente per un braccio, bloccandola in mezzo al marciapiede e la mantenne al suo fianco, guardandola negli occhi. Lei tentò di allontanarlo, agitandosi come un'anguilla e scalciando. 
«Lasciami stare! Voglio stare sola, mollami» sbraitò, riuscendo a liberarsi dalla stretta sicura e forte del vicino.
'Cosa c’è di difficile da capire in quello che ho  detto?' Pensò Greta, guardando il ragazzo negli occhi.
Sotto lo sguardo chiaro di Diego, la ragazza appariva in quel momento come un cerbiatto indifeso e debole bisognoso di cure e affetto. Tentò di riavvicinarsi con cautela, facendo un passo alla volta con leggerezza. Non voleva spaventarla, era già abbastanza scossa da solo lei sapeva cosa.
«Greta.. so che non ci conosciamo affatto, ma non posso lasciarti andare così. Sei troppo sconvolta da non so cosa e non conosci la strada per tornare a casa, ti accompagno dai.»
Lei ci pensò su per qualche secondo. Dopo tutto, quel ragazzo aveva pienamente ragione: era sconvolta, triste e particolarmente emotiva in quel momento e poi, ovviamente, non conosceva la strada del ritorno! Un po’ di compagnia non le avrebbe fatto male, non se Diego non le chiedeva qualcosa.
«Non far domande, per favore» lo pregò, accettando di fare strada con lui.
Il ragazzo annuì, contento che Greta gli avesse dato la possibilità di accompagnarla a casa e di non lasciarla sola. Sua madre, sin da bambino, gli aveva inculcato in testa l'idea che le ragazze dovevano essere rispettate, coccolate e ascoltate ma se non volevano parlare, come stava succedendo in quel momento, doveva solo aspettare che fossero loro ad aprirsi e raccontargli ciò che succedeva loro.
Camminarono fianco a fianco fino alla fermata dell'autobus, che fino a quel momento era completamente deserta. Quella linea portava in campagna e, oltre a loro, pochi altri la abitavano, dunque spesso quella fermata era vuota.
Si sedettero sulla panchina, rimanendo così lontani che le loro gambe non si sarebbero mai potute scontrare nemmeno per caso. Era una strana sensazione quella che stavano provando entrambi: sentivano che se solo si fossero avvicinati di pochi millimetri, il loro rapporto sarebbe cambiato.
'Oh, andiamo! Lo conosco solo da ieri, cosa potrebbe succedere?' riflettè lei, accavallando le gambe.
Si sistemò i pantaloni bianchi sulle ginocchia e prese gli auricolari dallo zaino, trovandoli ingarbugliati come al solito.
Odiava dover sciogliere i nodi che si creavano quando posava le cuffiette nella borsa o nella tasca, doveva sempre passare del tempo a risistemarle per poterle usare. Li mise nelle orecchie, dando un'occhiata sfuggente al ragazzo accanto a lei che rimaneva in silenzio fissando l'edificio dall'altra parte della strada.
«Vuoi?» chiese, prendendo una cuffietta e avvicinandola a lui per fargliela mettere. Diego la guardò, spostando lo sguardo dal palazzo alla ragazza minuta al suo fianco, e accettò l'offerta, afferrando con delicatezza l'auricolare e mettendolo nell'orecchio sinistro.
Se telefonando di Nek partì, mentre lui iniziava a sbattere il piede destro a terra a ritmo di musica e lei canticchiava alcune parole, forse non conoscendole tutte o probabilmente non volendo farsi sentire dal corvino. Beh, in realtà non aveva ancora capito bene di colore fossero i capelli di quel ragazzo: sembravano un misto tra castano scuro e il nero, ma non ne era sicura.
L'ascoltarono tutta, canticchiando qualche parola ogni tanto e facendo ciondolare i piedi in aria. Da seduta, con la schiena appoggiata al muro dietro di lei, i piedi di Greta non arrivavano a terra e quell'aria imbronciata la facevano sembrare più infantile e tenera di quanto fosse in realtà. Diego si ritrovò a pensare a ciò mentre prendeva il telefono della ragazza e cambiava canzone, mettendo il remix per Cinquanta Sfumature di Grigio di Crazy In Love di Beyoncé.
Entrambi adoravano la voce potente e vellutata di quella donna e ne apprezzavano ogni piccola sfumatura, ascoltando quella canzone con attenzione. Greta si strinse di più nel suo maglioncino rosa antico, stringendo le braccia intorno a sè, e si leccò le labbra, improvvisamente secche dopo l'occhiata che il bel ragazzo accanto a lei le aveva rivolto.
In quel momento, ringraziò che fosse inverno e che potesse dare colpa al freddo del rossore sulle sue guance improvvisamente rosse come dei peperoni. Per sicurezza, però, abbassò il cappellino di lana in modo che potesse coprirla di più dalla vista del vicino.
«Senti freddo?» 
Greta scosse la testa, intimidita da ciò che quel ragazzo avrebbe potuto fare.
«Non c'è bisogno che tu faccia finta di non sentirne, se vuoi posso darti il mio giubotto finchè il bus non arriva» propose Diego, porgendole l'indumento e sistemandoglielo sulle spalle con attenzione.
La castana ringraziò con un piccolo sorriso imbarazzato e cambiò repentinamente canzone, lasciando che One Last Time di Ariana Grande iniziasse.
Ebbero appena il tempo di arrivare al primo ritornello, l'autobus arrivò davanti a loro e le porte automatiche si aprirono facendoli entrare. Si sedettero vicini, l'uno accanto all'altra, continuando ad ascoltare la playlist della ragazza.
Dopo una ventina di minuti, Diego le intimò di scendere per poter continuare a piedi il loro tragitto. Afferrarono i loro zaini e scesero, avviandosi in direzione delle loro case.
Da dove si trovavano loro la fattoria sembrava spaventosamente enorme: prati infiniti, animali che pascolavano in un recinto e la loro bella casa in mattoni rossi in lontananza, attaccata alla stalla appena ridipinta.
«É davvero un bel posto la vostra fattoria, vista da qui» asserì lei, guardandola incantata.
«Durante i tramonti estivi è ancora più bella, fidati.»
«Non ne dubito» rispose, sorridendo. Ormai l'imbarazzo era passato e si sentivano entrambi più rilassati.
«Forse potresti vederlo con me qualche volta, cioè... Volevo dire che sei molto simpatica a mia sorella e —» provò a dire Diego, ridendo per la gaffe. «Okay, ricomincio. Mia sorella ha parlato di te e di tua madre a tutta la famiglia e non vedono l'ora di conoscervi e invitarvi a cena una di queste sere. I miei pensano che possiamo diventare ottimi amici e, onestamente, lo credo anch'io - sorrise un'altra volta, guardandola negli occhi. - Insomma, tua madre e i miei andranno molto d'accordo e ci farebbe piacere invitarvi a fare un giro della fattoria. Ecco, l'ho detto!»
Greta scoppiò a ridere, facendo riempire il cuore del ragazzo di tenerezza. «Penso che possa andare bene, ci farebbe molto piacere.»
«Okay, mi sembra perfetto. Ci metteremo d'accordo presto, ora vado. Ci vediamo!»
Si scambiarono i numeri e si allontanarono, raggiungendo le loro case.
Sì, la sua prima impressione si era rivelata corretta: la sua vita sarebbe stata molto più movimentata.


 
~

Ringrazio chi legge, ricorda, segue e preferisce questa storia. Mi fa molto piacere!
Se vi va, lasciate una recensione :D
Un bacio a tutti e ora scappo!






 
 

 
 
  
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