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Autore: LullabyPotter    06/07/2015    1 recensioni
«Io non ricordo nulla!» Leonardo si alzò, scaraventando lontano il quaderno che sbatté contro il muro e cadde a terra con un tonfo sordo. «Ogni volta che cerco di ricordare chi ero, vedo solo... il vuoto. Hanno già provato ad aiutarmi, come potete pensare di potermi aiutare voi?»
«Gli altri» rispose Giuliano. «non erano abbastanza incentivati.»

Quando Leonardo cade accidentalmente nel fiume, tutti lo credono morto. Non c'è nessun corpo, e Giuliano lo ha cercato, ma non è stato trovato nulla.
Eppure, quattro mesi dopo, un mercante dà una nuova speranza: ha incontrato un artista che corrisponde alla descrizione di Leonardo. Ma perché egli non si è fatto vivo? Perché non è tornato a Firenze una volta ripresosi?
A Hev e Sick ~
_Eagle ||
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Giuliano Medici, Leonardo da Vinci
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Che mi piaci per davvero anche se non te l'ho detto'
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Capitolo secondo

I remember the face, but I can’t recall the name
 
 





 
 
 
 
 
Giuliano era seduto allo scrittorio, nelle proprie stanze. Lanciò l’ennesima occhiata al disegno che aveva comprato dal mercante – che oltretutto aveva voluto una fortuna.
Spostò lo sguardo su uno dei cassetti, e lo fissò per diversi istanti. Poi lo aprì e ne estrasse qualcosa. Un quaderno nero, tutto rovinato; se lo si fosse aperto si sarebbe visto che era pieno di disegni e scritte incomprensibili. Ma il Principe non lo aveva preso per leggerlo.
Sciolse il cordino di cuoio e lo aprì, con delicatezza e rispetto. Come aveva fatto Alessia solo quel mattino, sfiorò i disegni, le scritte, che aveva già guardato e sfiorato più e più volte. Ormai conosceva a memoria ogni singolo tratto di quel quaderno, ogni lettera scritta al contrario, ogni disegno. Sospirò a fondo, sfogliando le pagine che aveva riguardato centinaia di volte, dopo che lo aveva preso dal laboratorio di Leonardo. Non se l’era sentita di dirlo a qualcuno, così lo aveva nascosto nelle sue stanze, dove sarebbe stato al sicuro.
Chiuse gli occhi e poggiò le pagine al viso, sospirando di nuovo. L’odore del carboncino, del cuoio e della carta lo invase, e Giuliano respirò a fondo più volte. Si ritrovò a sorridere, suo malgrado.
Ora non guardava più quel quaderno con nostalgia. Non del tutto almeno. C’era una speranza.
Un tocco lieve alla porta lo riportò alla realtà. Si chiese chi potesse essere: nessuno, a Palazzo Medici, bussava così.
«Chi è?» domandò.
«Alessia. Posso entrare?»
Giuliano sorrise appena, appoggiò il quaderno sullo scrittoio e annuì. «Certo, entra.»
La rossa aprì la porta e si affacciò, fece qualche passo e la richiuse dietro di sé. «Lorenzo mi ha spiegato la strada.»
Giuliano si appoggiò allo schienale della sedia. «Non ti impedirebbe mai di entrare a Palazzo» disse. «Vieni. Accomodati.»
Alessia si sedette sulla panca ai piedi del letto, e fu in quel momento che notò cosa sostava sullo scrittoio del de’ Medici. «Quello è uno dei suoi quaderni.»
Giuliano annuì. «L’ho preso il giorno dell’incidente.»
La rossa sorrise. «Sì, lo sospettavo.»
Lui la osservò, piegando appena la testa di lato. «Come mai sei venuta qui?» le chiese, con un leggero sorriso. Era ben felice che Alessia fosse finalmente uscita dal laboratorio di Leonardo di sua spontanea volontà.
Ella scrollò le spalle, appoggiando le mani sulle ginocchia. «Era il momento.» disse. Poi rise, la prima risata vera che Giuliano sentiva da mesi. «Beh, in realtà... avevo voglia di uscire. Per la prima volta e ho pensato che venire qui era la cosa migliore. E poi... credo che tu sia l’unico che può condividere la mia gioia.»
«Non è ancora tornato.» replicò Giuliano, con una smorfia.
«Lo so» Alessia annuì. «ma c’è speranza. E dopo quattro mesi così... beh, è qualcosa.»
Giuliano non disse nulla. Alessia aveva ragione, era una speranza rinata. Ma lui non riusciva a essere felice come lei. Finché non l’avesse visto con i suoi occhi non si sarebbe lasciato andare. Doveva vederlo per essere sicuro che Leonardo fosse davvero ancora vivo.
Alessia lo osservò per qualche istante. «So che è difficile» disse poi. «all’inizio non ci potevo credere nemmeno io. Ma, Giuliano...» si sporse appena verso di lui, osservando quegli occhi così uguali ai suoi. «abbiamo un indizio. Dopo tutto questo tempo abbiamo qualcosa in cui sperare. Francamente mi stupisce che tu non sia già partito.»
«Stavo cercando una buona scusa per Lorenzo.»
Alessia lo osservò di nuovo. Infine, con un balzo, si alzò e si avvicinò allo scrittoio, appoggiandovi le mani e sporgendosi verso Giuliano. «Bene. Sono io la tua scusa. Ti rapisco per un po’. Non sospetterà di nulla.»
Giuliano alzò appena un sopraciglio. «Non credo funzionerà»
La rossa gli porse una mano. «Perché non ci proviamo?»
Il Principe della Gioventù la guardò; infine, ridendo, prese la piccola mano di Alessia nella sua.
 
~
 
La prima tappa del de’ Medici e della giovane Augusti fu la fattoria dove il mercante aveva detto di aver incontrato Leonardo. Avevano supposto che i proprietari potessero sapere dove era diretto Leonardo, o almeno dove aveva intenzione di dirigersi.
Un uomo sulla cinquantina, con i capelli bianchi spettinati, stava lavorando nel campo. Alessia e Giuliano scesero da cavallo e si avvicinarono.
Il fattore alzò lo sguardo quando non erano troppo lontani. Aveva un volto gentile, che a Giuliano ricordò quello di suo nonno Cosimo. Li accolse con cortesia, e non sfociò nel reverenziale quando Giuliano si presentò. Ad Alessia quell’uomo piaceva e non si stupì che avesse dato rifugio a un Leonardo privo di memoria.
Fu Giuliano a porre la domanda. «Ci è stato detto che qui ha soggiornato un uomo. Trasandato, occhi e capelli scuri, disegna continuamente su un quaderno nero.»
«Ah, sì. Si faceva chiamare “Artista”, e non poteva trovare un soprannome più adatto. È andato via... un paio di giorni fa.»
«Sapete dove era diretto?» Alessia sembrava quasi ansiosa.
«Se ha seguito il mio consiglio, potete trovarlo da mia sorella. Ha una locanda sulla strada per Vinci. Si chiama il Gatto Impagliato.»
Giuliano estrasse un piccolo sacchetto tintinnante e lo porse al fattore. «Vi ringrazio, buon uomo. Siete stato di grande aiuto.»
Il Principe e Alessia si allontanarono, e nella mente del de’ Medici c’era già la figura del da Vinci. Non sapeva bene nemmeno come si sarebbe comportato: sapeva solo che voleva vederlo, anche a costo di litigare di nuovo con Lorenzo.
 
~
 
La locanda del Gatto Impagliato, nonostante il nome non facesse presagire nulla di allegro, era un posto piacevole. Non era molto grande, circondata da un piccolo giardino, e con una stalla che ospitava due o tre cavalli. Era un posto che sapeva mettere a proprio agio i clienti, e la donna che lo gestiva aveva un fare allegro e gioviale.
Quando le chiesero di Leonardo, disse che egli era uscito e che avrebbero potuto aspettarlo a uno dei tavoli. Comunque, non dovettero aspettare molto.
Si erano seduti da qualche minuto e la locandiera aveva portato del vino a Giuliano, quando Alessia si era illuminata per l’entrata di qualcuno.
Giuliano si voltò e quasi il bicchiere gli cadde di mano.
Leonardo da Vinci si stava dirigendo, con aria vagamente eccitata verso le scale che portavano al piano di sopra. Aveva le braccia cariche di fogli arrotolati, e non sembrava aver prestato attenzione agli astanti.
Almeno finché la locandiera non lo aveva fermato per dirgli qualcosa. A quel punto, l’artista aveva guardato nella direzione di Giuliano e Alessia e, mentre i suoi occhi erano scivolati sul volto della rossa senza emozione alcuna, quando si fermarono sul de’ Medici ebbe un fremito. Sembrò per un attimo preso dal panico, ma fu un’emozione fugace, che solo gli occhi attenti ed esperti di Alessia e Giuliano poterono notare.
Con le braccia ancora cariche, il da Vinci si avvicinò ai due, rivolgendo loro un sorriso di quelli che si disegnano sul volto quando si incontrano degli sconosciuti. «Mi è stato detto che mi cercavate»
Giuliano e Alessia sembravano a corto di parole. Erano talmente impazienti di ritrovarlo che non avevano pensato a cosa dirgli, oltretutto considerando il fatto che il da Vinci non ricordava nulla.
Ci furono diversi istanti di silenzio imbarazzante, in cui tutti e tre si guardarono l’un l’altro senza dire nulla. Finché la giovane Augusti, ben comprendendo cosa potesse passare nella mente di Giuliano, non decise di prendere in mano la situazione. Si alzò, fece una piccola riverenza e cominciò a parlare. «Buonasera, Artista. Io sono Alessia e lui è Giuliano. Veniamo dalla vicina Firenze. Vorremmo poter discorrere con voi di una questione di una certa importanza: c’è un luogo dove possiamo parlare senza essere disturbati?»
Leonardo lanciò alla giovane uno sguardo incuriosito, per poi annuire. «Ho pagato una camera per qualche giorno, possiamo parlare lì.»
Alessia sorrise. «Fateci strada.»
La camera non era molto grande, ma Leonardo l’aveva talmente riempita di fogli e disegni che le sue dimensioni risultavano alterate. Giuliano si guardò intorno: anche senza memoria, l’artista aveva mantenuto la sua passione per il volo. Non v’era un foglio che Leonardo non avesse occupato con qualche ritratto di volatili o studi sulle ali degli uccelli. Il da Vinci appoggiò ciò che aveva tra le braccia su un tavolo già ingombro e si voltò verso i due ospiti. «Qui potremo parlare senza essere disturbati.» li osservò, le mani sui fianchi e l’espressione da bambino dipinta in volto. Sembrava il solito Leonardo, se non fosse stato che non riusciva a riconoscerli.
Alessia respirò a fondo, cercando qualcosa con cui iniziare la conversazione, di nuovo. Non era facile e Giuliano non sembrava esser d’aiuto.
«Vostro fratello è muto?» Leonardo osservava Giuliano con una strana espressione, che Alessia non riuscì a decifrare.
«Cosa?» domandò, confusa. «Mio fratello?»
«Avete gli stessi occhi» replicò il da Vinci. «Ho dedotto che foste imparentati.»
«Oh, ehm...» Alessia non sapeva bene come rispondere. Il vero Leonardo conosceva tutta la storia ed era troppo complicata da spiegare. Soprattutto perché non era quello il loro problema.
«Ci è stato detto che avete perso la memoria.» Giuliano sembrava aver ritrovato la voce. «Che non ricordate nulla di chi siete. È così?»
Il volto di Leonardo si rabbuiò appena. Li scrutò, prima di rispondere. «Sì, è così. Perché vi interessa?»
«So che vi sembrerà strano, ma noi sappiamo cosa vi è successo e chi eravate prima di...» Alessia fece un respiro profondo prima di riprendere a parlare. «dell’incidente.»
Sul volto del da Vinci passarono diverse espressioni tutte insieme: dubbio, incredulità, e diverse altre che né la giovane Augusti, né il Principe riuscirono a cogliere. «Cosa?»
«Il vostro nome è Leonardo di ser Piero da Vinci.» rispose Giuliano. «Avete un laboratorio nella bottega di Andrea del Verrocchio, e lavorate per mio fratello Lorenzo. O almeno così era prima che spariste.»
Leonardo alzò le mani, come a fermare il racconto di Giuliano. «Un momento, un momento. Come posso sapere che quello che mi state dicendo è vero e che non siete altri che vogliono solo prendere i miei soldi.»
«Perché non ve ne abbiamo chiesti.» rispose Alessia, pacatamente. «Io vi conosco da quando avevo quindici anni. Ero al mercato con mia madre e mi avete chiesto di posare per voi.» dal borsello che teneva legato in vita estrasse un piccolo foglietto leggermente rovinato, piegato in quattro, e lo passò a Leonardo. «Mi avete regalato una delle bozze»
Il da Vinci la fissò. Effettivamente, lo riconosceva come un suo disegno. Con la differenza che non ricordava di averlo mai fatto. «E con voi, messer... Giuliano, giusto? Con voi che rapporti avevo?»
Seguirono di nuovo degli attimi di pesante silenzio. Il de’ Medici rimase a fissarlo, mentre sentiva anche lo sguardo di Alessia su di sé. Avrebbe dovuto aspettarsi una domanda del genere. Ma, come prima, non aveva preso in considerazione la cosa e quindi non sapeva come rispondere. «Erano... complicati.» era la risposta più vicina alla verità che riuscisse a dire.
Alessia sospirò. Il sole aveva cominciato a calare, dietro la finestra della stanza. «Forse è meglio se noi torniamo a Firenze. Vostro fratello vi starà aspettando a Palazzo Medici.» la rossa rivolse poi lo sguardo verso Leonardo, sorridendogli appena. «Pensate a quello che vi abbiamo detto, Leonardo. E se vorrete parlare di nuovo con noi, potrete trovarci alla bottega di Mastro Verrocchio.» lo salutò con una piccola riverenza e posò una mano sul braccio di Giuliano. «Andiamo, Giuliano.»
Il de’ Medici e l’artista si scambiarono un’occhiata, e di nuovo negli occhi del da Vinci passò qualcosa. Qualcosa che Giuliano aveva già visto prima, e capì che forse c’era ancora un ricordo nella mente di Leonardo. E al de’ Medici bastava. Per ora.
  
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