Anime & Manga > Akatsuki no Yona
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Autore: Nico_Tina    07/07/2015    1 recensioni
L'idea di questa fanfiction a due capitoli mi è stata letteralmente regalata dal cielo dato che ho fatto un sogno "particolare" da cui ho preso spunto :) Ho cercato di immaginare i pensieri di Yona quando si rende conto di ciò che prova per Hak. Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, spero vi piaccia. ;)
AGGIORNAMENTO:
contiene anche il primo capitolo scritto dal punto di vista di Hak.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Son Hak, Yona
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Tendo la corda dell’arco con decisione, gomito alto, l’altro braccio teso e fermo, faccio un respiro, sfioro il polso con le labbra, prendo la mira, scocco la freccia.
 
Una, due, quattro, cinquanta, perdo il conto una decina di frecce successive, poi mi rassegno a contarle e mi limito solo a cercare di essere più precisa nel tiro, ad alzare meglio il gomito del braccio destro, a tenere fermo il sinistro senza tremare, come facevo le prime volte, a tenere il fiato sospeso dall’attimo in cui tendo la corda fino a quando la punta della freccia di conficca del legno. Ormai mi esercito ogni notte da quando ho cominciato questo viaggio, con la speranza di diventare più precisa, più stabile, più forte.

Sono giorni, settimane,che ogni notte, mentre continuo a scoccare frecce a destra e a manca  penso a ciò che è successo. A me, a mio padre, ad Hak, a mio cugino Soo Won. Ogni notte cerco di trovare una spiegazione al suo gesto estremo, a cosa lo abbia portato ad uccidere mio padre, a uccidere quasi me. Non avrei mai immaginato che riservasse rancore o odio nei nostri confronti, non immaginavo fosse capace di uccidere qualcuno con le sue mani. Colui che da bambino dormiva nel mio stesso letto per farmi compagnia perché avevo nostalgia del calore della mamma. Colui che insieme a me e ad Hak ha passato giornate a cavallo in giro per il parco intorno al castello Hiryuu, ha giocato con la neve per ore, finendo per ammalarsi, mangiando frutta mentre io imparavo a suonare il banjo, ma con scarsi risultati.
Lui e Hak mi prendevano sempre in giro per quanto io fossi negata nell’arte della musica, ma lui a differenza di Hak qualche minuto dopo mi invitava a suonare ancora e ancora per migliorare, mettendosi con il viso tra le mani ad ascoltare il lamento metallico che riuscivo a produrre.
Non riesco a capire come abbia avuto il coraggio di uccidere mio padre. Non capisco come abbia fatto a tradirci, a tradire me.
In cuor mio continuo a provare un languido sentimento, a volte mi soffermo a pensare a quanto mi piaceva guardarlo da lontano mentre combatteva con Hak per allenarsi e a rimanere sconfitto ogni volta.
Subito dopo però mi compare nella mente l’immagine di lui sporco di sangue davanti a mio padre, disteso a terra, senza vita, e lui che mi guarda, con un’espressione totale di pacatezza e con gli occhi vacui, freddi, senza il minimo timore. Occhi malvagi. Adesso provo solo rabbia. Non potrei amare qualcuno come lui, pronto ad uccidermi.
Scocco la freccia ma ho un attimo di esitazione e va a conficcarsi nel terreno, a dieci centimetri dal fusto dell’albero a cui stavo mirando. Mi guardo i piedi, gli occhi mi si appannano dalle lacrime, rimango un attimo ferma così, fino a quando le goccioline mi scorrono sul viso e toccano terra.

Qualcosa dentro di me si agita e mi fa infuriare, alzo la testa con uno scatto, impugno l’arco più decisa di prima, tendo la corda, scocco la freccia ed essa si conficca nel legno duro, proprio al centro della x che avevo intagliato. E’ quando sono più arrabbiata, addolorata e concentrata che riesco a dare il meglio di me. Sento un fruscio dietro di me e con uno scatto mi giro, tenendo la freccia puntata davanti a me.
Hak alza le mani, con espressione serena, ma colgo una piccola scintilla di sorpresa nei suoi occhi. Abbasso subito l’arco, interrompendo lo sguardo. –Scusami.. non volevo.- dico quasi sottovoce.
Hak abbassa le mani, fissandomi. Il suo sguardo su di me dura un po’ troppo, ma proprio quando sto per chiedergli il perché lui mi indica l’albero dietro di me, anzi, la freccia conficcata in esso.
-Stai migliorando molto- dice accennando un sorriso, ma a me sembra esserci di più. Lo conosco da così tanto tempo che so leggere le sue espressioni, il modo in cui cammina e quello con cui guarda qualcosa, con interesse o no. L’espressione che ha in questo momento tende allo stupore e devo ammettere che questa cosa mi lusinga alquanto.
-Ci provo.. solo che sono stanca..- lo guardo mentre si avvicina all’albero, poggia una mano sul legno quasi accarezzandolo. Un attimo dopo stacca la freccia dal legno con un gesto secco e veloce.
-Stai diventando forte- mi dice, porgendomi il bastoncino appuntito.
Lo guardo negli occhi e mi accorgo che al buio lievemente illuminato dalla luna i suoi occhi sembrano più brillanti, di un azzurro tendente al blu quasi luminoso. Anche lui mi fissa e per un attimo mi sembra che stia per dire qualcosa, ma come se non avesse il coraggio distoglie lo sguardo e si allontana da me.
-Non volevo disturbarti, continua- si appoggia all’albero dietro di me, con le braccia incrociate.
Mi giro, metto la freccia nell’arco e la scocco, ma come gli altri cento e più tiri di prima rimane un tiro anonimo, uno come tanti. Continuo così, finchè mi dimentico della presenza di Hak. E’ straordinario come sia abile a non fare il minimo rumore, con il corpo grande che ha. Scocco l’ultima freccia della faretra e mi giro di scatto verso Hak. Lo colgo con un’espressione concentrata e affascinata. In questo momento sembra quasi una persona normale, vulnerabile, e non la bestia del tuono di Kouka, colui sempre sull’attenti pronto a squarciare qualcosa con il suo spadone. Subito riprende l’espressione tranquilla di sempre. Io gli sorrido, qualcosa dentro di me mi ha sempre spinto a fidarmi di lui, la sua presenza è stata sempre come quella di un padre protettivo e caloroso, pronto a battersi per me. Solo adesso mi rendo conto che non l’ho mai ringraziato. Hak ha sempre fatto tanto per me, mi ha aiutata a scappare quando non ero cosciente nemmeno del fatto che avessi perso il mio ultimo genitore, mi ha sostenuta quando tutto ciò che sapevo fare era piangere e far nulla.
Hak si avvicina a me senza produrre il minimo suono. Ciò che riesco a sentire sono solo le foglie che si strofinano dolcemente le une alle altre a causa della lieve brezza.
Hak allunga le braccia e mi mette sulle spalle il piccolo mantello che mi porto sempre dietro. Rimango sorpresa e gli rivolgo un’occhiata interrogativa. Lui sorride, avvicinandosi sempre di più a me. Fa un nodo al laccetto del mantello e mi mette le mani sulle spalle. Anche se sono grandi e calde il suo tocco non è mai troppo pesante, anzi, è un tocco gentile e rassicurante.
-Ero venuto per portartelo, ma ti ho visto così concentrata che non ho voluto disturbarti- distoglie leggermente lo sguardo dagli occhi e li poggia più giù. Sembra fissarsi sulla mia guancia o quasi. Io continuo a guardarlo, quasi non me ne rendo conto quando lo faccio, ma riesco a percepire tutti i cambiamenti nelle sue espressioni. Con una mano mi sfiora la guancia e strofina il pollice all’angolo della mia bocca, arrivando fino alle labbra. Qualcosa dentro di me comincia a crescere, sento il battito del mio cuore diventare leggermente più veloce, me lo sento pulsare in gola.
-Ti sei graffiata con il retro della freccia- dice Hak con voce bassa, quasi come se non si volesse far sentire da nessun altro oltre me. Mi mostra il pollice macchiato da una striscetta di sangue e in quel preciso momento percepisco un lieve bruciore all’angolo della bocca, dove sento ancora la scia di calore che ha lasciato il dito di Hak. Non so perché mi sento come se fossi in una bolla, lontana da ciò che mi circonda, una bolla che condivido solo con Hak, in questo preciso momento, come se il tempo si fosse fermato, il vento avesse smesso di farsi spazio tra le foglie e il battito del mio cuore si fosse fermato. Uno spazio piccolissimo in cui posso sentire il calore di Hak su di me e il leggero profumo maschile che emana.
Lui sembra essersi accorto di qualcosa guardandomi, forse la mia espressione è troppo stanca o troppo confusa. Hak apre a bocca per dire qualcosa, da questa poca distanza tra noi riesco a vedere bene le ciglia sui suoi occhi che si aprono e chiudono velocemente adesso. –Yona.. tu.. sei..-
Per un attimo mi chiedo cosa volesse dire, ma poi mi circonda il viso con le sue mani grandi e calde e dopo un secondo si gira e si allontana lentamente da me. –Quando il sole sorgerà ci conviene partire, andremo in un bel posto, preparati a vedere qualcosa di davvero speciale. Vai a riposare se non vuoi svegliarti con quelle belle ombre scure che hai adesso sotto agli occhi. Buonanotte.- poi scompare tra gli alberi con la stessa velocità con cui scompare la sensazione e il calore del suo corpo accanto al mio.
 
   
 
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