III: L’ULTIMA FILA
L’indomani
mattina Giù riuscì a non sentire la sveglia per tre volte di fila
ed emerse dal groviglio delle coperte soltanto quando sua madre andò a
prenderla a cuscinate. Ovviamente era di nuovo in ritardo, ma non stava
più per affrontare il suo primo giorno di scuola quindi se ne strafregò della matita agli occhi, dei capelli a
cespuglio, dei vestiti abbinati a pugni in faccia e dei calzini spaiati.
Soltanto quando si fu gettata fuori dalla porta di casa, e una folata di gelido
vento invernale le ebbe scosso il cervello intorpidito, ricordò la
possibilità di incontrare Tizio sull’autobus e apparirgli in tutto
il suo splendore di larva pesta e sgarrupata.
Troppo
tardi, considerò mesta zompettando in strada.
Una
volta a bordo ebbe a malapena il tempo di osservarsi nel riflesso del
finestrino e verificare con attonita rassegnazione la propria somiglianza con
la copia troppo magra e bianca di Aretha Franklin in
pigiama e cappotto, che un formicolio alla base della nuca la costrinse a
spostare uno sguardo vacuo a lato. La sua mano tremò sulla sbarra cui
era aggrappata e il cuore prese a galopparle in patto quando incrociò le
pozze cerulee delle iridi di Tizio, distrattamente fisse su di lei in una sorta
di catalessi soporifera.
Porco
Giuda e Diavolo canterino, era assolutamente bello da far scricchiolare le
ginocchia.
Quel
mattino Tizio non era solo. Accanto a lui un ragazzo grassoccio e bruno
blaterava enfaticamente, senza che Tizio sembrasse riuscire a seguire
l’incatenarsi delle frasi. Persa nella contemplazione amorevole del suo
mento magnificamente virile Giù considerò che doveva avere anche
lui qualche problema con la sveglia mattutina, a giudicare dal modo in cui
quelle palpebre dispettose si ostinavano a coprire parzialmente i suoi
bellissimi occhi.
Tizio
sbadigliò apertamente, spalancando le fauci come un ghepardo sotto il
sole della Savana.
Sempre
che i ghepardi vivessero nella savana. Forse quelli erano i leoni.
Adorabile,
comunque.
Giù
si concesse il lusso di esaminarlo più attentamente. Aveva già
scannerizzato la giacca di pessimo gusto arancione quasi fosforescente, le
lentiggini, i bei capelli chiari che scivolavano verso le spalle, dondolando
qualche centimetro sotto le orecchie e spettinandosi, più in alto, in
ciuffi un po’ più corti. Inoltre, scoprì, Tizio era
parecchio alto. La giacca era aperta – niente di strano, su quel bus
sembrava di stare in un forno pronto per cuocere la pizza – e lei
poté venire a sapere con gran gaudio che lui aveva un bel fisico snello
e mediamente atletico, da quel che si poteva capire tra il maglione grigio e
slabbrato e i pantaloni neri cadenti.
Sospirò
tra sé, ammaliata.
L’uomo
della sua vita prendeva il suo stesso autobus. Tu guarda a volte i casi, si
poteva ben dire.
Il
suo sguardo adorante dovette risultare alla lunga un tantino invasivo,
perché alla fermata numero due Tizio si riscosse sbattendo delicatamente
le palpebre e sembrò riemergere da un lungo sonno: raddrizzò il
busto, strizzò gli occhi un paio di volte e infine la vide.
Non
che fosse in qualche modo difficile notare una psicopatica appesa a un sbarra a
bocca aperta, con la testa sporta verso di lui e l’espressione di chi sta
assistendo a una performance live dei Rolling Stones a proprio esclusivo beneficio. Mancava solo un filo
di bava al lato delle labbra, gemette Giù nei propri pensieri
distogliendo vergognosamente lo sguardo. Avvampò come un furgone dei
vigili del fuoco fissando vacua il cartellino dei posti per gli handicappati.
Con un po’ di fortuna Tizio le avrebbe rivolto la parola, solo per
suggerirle di accomodarsi lì.
Invece,
quando si azzardò a spostare nuovamente uno sguardo cauto verso di lui,
lo scoprì completamente indifferente e intento a chiacchierare col
grassoccio. Tese l’orecchio per riuscire a captare quale fosse il
contenuto della conversazione e fu così che udì una bella voce
profonda e leggermente rauca esclamare un soave “porco cazzo”.
Intimamente
gioì. Aveva anche il suo stesso lessico raffinato.
Poi
l’autobus sferragliò fermandosi davanti al liceo Calvino e
Giù balzò a terra cercando di prendere tempo e trattenersi in
mezzo al passaggio, di modo da costringere Tizio a chiederle di nuovo di
passare. Invece lo vide incamminarsi verso l’ingresso della scuola poco
lontano da lei.
Era
passato dalla porta dietro.
“Giuuù-ù!” la raggiunse in quel momento
un ruggito sonoro.
Francesco
stava più o meno rotolando giù dalla via che si arrampicava verso
il quartiere collinare, con un casco al braccio e l’eskimo sventolante.
Fendeva la calca dei compagni di scuola dall’alto del suo metro e novanta
o giù di lì, sorridendo beato nella sua direzione.
Giù
si sentì contenta senza una ragione particolare, soltanto perché
era il suo secondo giorno di scuola e c’era già una persona che
sembrava davvero felice di vederla. Lo aspettò senza sentirsi troppo
intimidita da tutte le persone sconosciute che le camminavano intorno e
Francesco la raggiunse con un’altra delle sue pacche.
“Hai
rivisto il tipo dell’Angelus?” esordì allegro, accendendosi
una sigaretta.
Giù
sospiro estasiata, annuendo ripetutamente.
“Proprio
ora. Bello come un putto del Botticelli,” affermò gravemente.
“Dai,
indicamelo che ti dico tutto quel che c’è da sapere. A parte me i
begli uomini son quattro gatti, in questa scuola,” la incalzò lui,
scrutando vivacemente la piazzola affollata. Giù trovava stupefacente
tanta elettrica vitalità alle otto meno dieci del mattino.
“Come
fai ad essere così sveglio?” chiese, con genuina ammirazione.
Francesco
si strinse nella spalle, modesto.
“Sono
venuto in motorino. Senza guanti.”
Giù
rabbrividì al pensiero, cercando attentamente la sagoma di Tizio tra
quelle degli altri allievi del Calvino, ma del suo colpo di fulmine non
c’era più traccia.
“Dev’essere già entrato,” borbottò
delusa.
“Vabbè, dai,” commentò Francesco
accomodante. “Nell’intervallo lo rintracciamo. Com’è
fatto?”
Giù
esitò, persa nella mistica ricostruzione della perfezione
dell’amato.
“E’
bello,” rispose, sintetica e precisa.
“Ah,
ho capito chi dici,” osservò Francesco sarcastico, levando lo
sguardo al cielo.
Lei
ridacchio ebete, prendendo fiato.
“E’
alto e affascinante e si veste da cani,” aggiunse, più esaustiva.
Francesco
aggrottò la fronte, sospettoso.
“Sarà
mica quel grandissimo coglione di Mattia Galleani?”
Un
coglione. Perfetto. Considerata la sua spiccata propensione ad invaghirsi del
classico pirla della situazione, il suo colpo di fulmine non poteva che essere
il re delle teste di cazzo. Aveva un senso.
“Probabilmente,”
mugugnò Giù fatalista. “Non ne ho idea.”
Francesco
fece per parlare nuovamente, fraterno.
“Ciao
Franz,” intervenne invece Gregorio detto Greg, avvicinandosi con passo
ciondolante. Giù sorrise timidamente al compagno di classe, accennando
un saluto, mentre Francesco lo accoglieva con un’altra pacca, stavolta
virile, e Giù ritenne che non potesse che aver frantumato qualche
costola al ragazzo, di costituzione piuttosto mingherlina.
“Ehilà,
biondo,” esclamò il gigante ignaro. Greg sorrise dietro la coltre
di capelli corvini, poi mosse il capo verso la nuova allieva.
“Ciao…Giù,”
salutò dopo una leggera esitazione.
Era
avvolto in un maglione di lana grezza, grosso quanto due omini Michelin e
contornato di sciarpine colorate di sapore tibetano.
Nonostante questo riusciva a sembrare minuto accanto alla massa muscolosa di
Francesco nel suo eskimo peloso.
“La
squinzia l’hai nascosta?” domandò
questi, sparpagliando cenere come se stesse nevicando.
“E’
andata con Patty a comprarsi la brioche,” rispose Greg, mite. Giù
ricordò le informazioni avute il giorno prima da Eva: Gregorio, vicino
di banco di Francesco, usciva con Laura detta Lalla, a sua volta vicina di
Patrizia aka Patty. Insieme, i quattro costituivano
lo zoccolo duro dell’ultima fila settore est; a sinistra, insomma. Tutto
tornava, in fin dei conti.
“Oggi
mi sgama di filo,” continuò Greg tristemente, portando alle labbra
una sigaretta di trinciato che, dall’odore, Giù riconobbe
immediatamente non essere tale. L’aroma di erba si spandeva leggero, con
grazia discreta. Considerato che si trovavano a quattro metri
dall’ingresso del liceo e che un insegnante era appena passato al loro
fianco, lei ne dedusse che Greg non doveva essere particolarmente intimidito dall’autorità
costituita.
“Chi
è l’ultimo che abbiamo studiato?” s’informò
Francesco distrattamente.
“Cartesio.
Credo,” rispose Greg, non senza incertezza.
Giù
non poté reprimere un risolino, proprio mentre la campanella suonava
l’inizio delle lezioni. Francesco e Greg lanciarono via le loro paglie in
sincrono avviandosi all’interno e quest’ultimo espulse
l’ultima sostanziosa boccata di fumo già nell’atrio,
tossicchiando delicatamente. La bidella lo scrutò con odio atavico e profondo
e Gregorio replicò con un angelico sorriso. Giù scoppiò a
ridere apertamente, seguendo i due compagni verso il terzo piano.
Durante
l’interrogazione di Greg della seconda ora l’astuccio di Giù
si ribaltò in terra, seminando penne, matite, pennarelli, biglietti
ingrigiti, scontrini, biglie, linguette di lattine, clips
e rimasugli di gomma per cancellare fino al fondo dell’aula. Arrossendo
nuovamente la fanciulla si mise in caccia di resti, tra i sorrisi amichevoli o
pietosi di qualche generoso che le porgeva i pezzi. Ad allungarle il prezioso
tappo della prima birra che si era comprata alla tenera età di tredici
anni fu appunto Patty, nell’ultimo banco coté finestra. Si
scambiarono un cortese sorriso e nulla più, perciò Giù fu
piuttosto sorpresa di vedere le due ragazze appropinquarsi al suo posto allo
scoccare dell’intervallo, quando Eva scomparve di nuovo come se
l’avessero sparata via dalla sedia con un cannone.
“Come
va?” le chiese Patty, con l’espressione di chi porge le
condoglianze ad una vedova fresca di lutto. Giù ingoiò la
timidezza e si ravviò nervosamente i capelli. La sua mano restò
incastrata in un nodo e mancò poco che si staccasse tutta la ciocca.
“Ahio. Meglio prima,” borbottò dolorante.
Patty
rise, di una bella risata cristallina ed acuta. Accanto a lei Lalla
giocherellava col piercing al labbro e sorrideva leggermente, assorta nella
contemplazione di Greg che si contendeva un pacchetto di patatine con
Fra’ a colpi di righello.
“Mi
piacciono i tuoi capelli,” continuò candidamente Patty. Giù
sgranò gli occhi e la guardò allibita, puntandosi istintivamente
il dito contro nell’insicurezza che parlasse davvero a lei. Patty
annuì spiccia. “Sono creativi,” aggiunse a mo’ di
spiegazione.
Creativi.
Beh,
quello era il complimento più creativo
che le fosse mai stato fatto.
“Grazie,”
mugugnò perplessa.
“Patrizia
si colora i capelli una volta al mese e se li arriccia, se li spunta, li
tortura da anni,” intervenne Lalla noncurante, spostando finalmente uno
sguardo pacifico dal suo ragazzo. “Ignorala.”
“Sei
una stronza. Lo sai, sì?” la rimbeccò l’amica con un
spintone.
Giù
le osservò educatamente mentre prendevano scherzosamente a darsele,
finché Greg si intromise distribuendo amichevoli schiaffoni con una
mansuetudine spiazzante. L’arrivo di Francesco, che con una singola
spintarella scaraventò quasi Patty contro la parete, sancì la
fine della lotta.
“Sei
il solito vitello sovrappeso, Turco,” commentò Lalla rassegnata.
“E
tu sei una…”
“Zitto
lì, che poi devo cercare di menarti e mi rovini,”
s’intromise Greg pazientemente, allungando furtivo una mano e rubando
qualche patatina dal pacchetto che l’amico gli aveva sottratto.
Giù
continuava a guardarli. Le sarebbe piaciuto intervenire e dire qualcosa di
divertente, ma aveva paura che invece le sarebbe uscita una frase stupida e
sciapa e finì per tacere. Ma Francesco si voltò verso di lei e le
sorrise radioso.
“Non
mi hai ancora dato il tuo numero di cellulare, Giù,”
osservò bonario, come rimproverandole una leggera mancanza.
“Porco,”
sentenziò Lalla truce, e Patty scoppiò di nuovo a ridere.
“Tre
volte scema!” ribatté lui piccato, mimando uno sganassone.
“E’ appena arrivata e non conosce nessuno, per quello le ho chiesto
il numero,” aggiunse altezzoso, sollevando il mento all’aria.
“Oh,
anch’io devo darti il mio, Pi,” piovve la voce trasognata e composta
di Eva, che si sporse il quel momento a scavalcare il banco.
“Già
qui? L’hai scaricato?” ghignò Francesco.
“Ti
piacerebbe, eh?” replicò lei con fare superiore, sventolando i
capelli con movenze da vamp.
“Come
no, non vedi quanto patisco la gelosia?” replicò lui
melodrammatico.
“Mi
pareva, in effetti. Ti ho visto subito un po’ gracile e sciupato,”
commentò Giù gravemente, scribacchiando il proprio numero di
cellulare su un bigliettino. Eva scoppiò a ridere e Francesco storse
comicamente il naso, mentre Greg scoppiava in un ridacchiare asmatico da malato
di tisi.
Al
suono della campanella sciamarono tutti ai loro posti e fu mentre la
professoressa di francese entrava in classe che Eva si voltò verso di
lei, con espressione assorta e pensierosa, e la guardò seria.
“Lo
so che non mi conosci e che quindi non ti sembrerà particolarmente
strana come informazione,” iniziò, quieta, “ma penso di
essere innamorata.”
Giù
spalancò gli occhi e la guardò incerta, senza sapere se
congratularsi o esprimerle tutto il suo più sentito cordoglio.
Dall’espressione della sua faccia sembra non saperlo nemmeno Eva, se
fosse una notizia positiva o meno.
Allora
sorrise, ironica.
“Buona
fortuna,” augurò.
Con
un po’ di fortuna anche per lei – un po’ tanta, magari, ma
perché porre limiti alla Provvidenza che al momento le sembrava amica
– entro qualche settimana avrebbe potuto dire la stessa cosa di sé
e Tizio. Wow.
Eva
ridacchiò e la professoressa iniziò a spiegare.
Le
lezioni finirono proprio quando Giù cominciava a credere che non avrebbe
potuto fare a meno di addormentarsi e mentre si avviava all’esterno con i
suoi nuovi amici, o qualcosa del genere, realizzò di cominciare a
credere che la sua nuova vita fosse addirittura migliore della precedente e l’ipotesi
le sembrò trovare inoppugnabile conferma quando, ferma sulla piazzola ad
accendersi una sigaretta col gruppetto di nuovi compagni, vide Tizio emergere
dalla porta dell’istituto. Individuò a colpo d’occhio
l’arancione della sua giacca, poi ritrovò il sorriso, le fossette,
le ciocche dorate che accarezzavano il collo e infine il cielo primaverile degli
occhi che, per una sorta di miracolo divino, dardeggiavano splendenti proprio
nella sua direzione.
Tizio
avanzò verso di lei con andatura ferma e morbida, le mani cacciate in
tasca. Dopo un paio di passi scosse leggermente la testa per scostare un ciuffo
di capelli dal viso e Giù non seppe trattenere un sospiro estatico degno
del testimone di una comparsa della Vergine Beata.
Era
troppo bello per essere vero. Stava venendo proprio verso di lei.
Non
poteva essere.
E
infatti in quel momento Eva si mosse accanto a lei, si slanciò in avanti
con entusiasmo e spiccò un saltello atterrando con precisione tra le
braccia di Tizio che, invece di gettarla a terra come Giù egoisticamente
sperò per un istante, piegò il collo per andare a depositare le
sue labbra da film porno per casalinghe su quelle della sua vicina di banco.
Giù
sentì distintamente il suono lugubre dei propri polmoni che scoppiavano
con lacerazione di mucosa e le gambe cederle malamente, mentre i suoi occhi si
sgranavano con orrore e la salivazione le si azzerava completamente.
Realizzò immediatamente la triste, drammatica realtà dei fatti.
Tizio
era Stef.
__________________________________
Ahm.
Devo a tutti delle scuse
per questa immonda lentezza nell’aggiornare. Purtroppo ho iniziato,
ahinoi, a lavorare e devo ancora organizzare bene le mie ore libere, il che mi
ha portata a poter postare soltanto un paio di fic
cortissime e altre due (una e mezza) vecchie che avevo lì.
C’è un pezzo
di questa storia già pronto e poi è da continuare, ma sto
cercando di non finire subito di sottoporvi la parte già scritta,
così avanzo pian piano a passo con la stesura.
Ciò detto.
_sefiri_: Mille grazie! Spero l’opinione si sia
mantenuta invariata con questo nuovo capitolo. Alla prossima!
Little Jewel: …Ho il sospetto che il tuo sospetto abbia
trovato conferma. No? Inoltre sì, ho rifilato a Fra’ alcune delle
mie passioni cinematografiche (i Monty Python, aaaah! Che ridere,
cielo!) Che altro, grazie mille per i complimenti e spero il seguito non deluda
le aspettative. A presto.
fog: WOOOOOOW! TU! TU, TU! Oh, che bello, che gioia,
che bello! Guarda, mi dispiaceva aver cambiato momentaneamente fandom specialmente perché sapevo che non ci saresti
stato…ed eccoti qui sulla mia originale. Dunque, che dire. Come al solito
le tue entusiastiche recensioni a fiume mi toccano tantissimo, come al solito
mi lusinghi e come al solito quell’altro gelosino
(ciao!) farà bene a rassegnarsi al nostro mistico e arcano legame psicologico-mentale(-patologico?). quanto a Giù e la
strada da fare, come vedi gli esordi non promettono molto. Chissà. Un abbraccio,
nel frattempo.
kry333: Grazie. Dunque, penso di averti accontentata. Per
cominciare, ecco svelata l’identità di Tizio. Per il resto, chi
vivrà vedrà…^__^
linduzz: ^__^ Grazie! Fra’’ è un
personaggio per me importante sotto parecchi punti di vista, sono contenta che
abbia catturato qualche simpatia. Speriamo bene per il resto… Alla
prossima!
Urdi: oh, chi si vede. Ho visto che sei tornata e spero
tu stia meglio e vada tutto bene – nei limiti del possibile. Quanto alla
recensione, sono molto contenta del tuo parere positivo e spero di mantenerlo
invariato con il resto della storia. Vero che è strano, anche a me
sembra essere passato molto meno tempo di quanto è, dall’epoca dei
miei diciotto anni. Sarà che la maturità non è poi molto aumentata…^__^
Con questo, passo e chiudo. A presto!
Saluti a tutti