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Autore: Elisir86    07/07/2015    0 recensioni
"C'è una strada piccola, affannosa e ripida che mi porta fino a te io vorrei percorrerla e senza rischi inutili, arrivare fino a te fino all'amore"
FINO ALL'AMORE - BIAGIO ANTONACCI
[No incesto]
[Coppie: Francia x Canada – Molte altre]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Triangolo
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31 Dicembre

1
Preparativi


Blu.
Lo sguardo dell'uomo vagava nella piccola sala addobbata a festa. Vi era un lungo tavolo a ridosso della parete di destra e tanti bicchieri di varie misure messi in un ordine metodico che era tipico di quel ragazzino.
A sinistra vi stavano ben dieci opere.
Dieci, non una di più… Marco masticò quelle parole nel pensiero mentre guardava il giovane artista sistemare uno dei suoi quadri.
Feliciano gli aveva promesso che non avrebbe portato nulla di sconveniente e in apparenza quelli sembravano dipinti semplici e con solo alcuni accenni alla sensualità.
Adorava quel ragazzino per questo aveva accettato di affittargli una stanza, un tempo ci teneva vari utensili per il giardinaggio, poi il giardino condominiale era diventato un parcheggio. Non credeva che nel giro di poco più di un mese potesse subire un cambiamento del genere.
Blu. Fu l'unica parola che riuscì a formulare per i primi interminabili 5 minuti.
Feliciano aveva dipinto le pareti di bianco con decorazioni di un blu scuro sparse su tre delle pareti. Tre, perché a sinistra vi erano già i dipinti con tutte le gradazioni possibili di quel colore.
Perfino la tovaglia di un splendido tessuto -ci scommetteva che valeva più della sua giacca elegante- era di un blu opaco.
Marco arricciò il naso muovendo il primo passo all'interno, la sua stanza degli attrezzi -chissà dov'erano finiti- era diventata improvvisamente una variegato al puffo.
Feliciano si voltò verso di lui accorgendosi della sua presenza solo in quel determinato momento. Il suo sorriso s'ampliò, illuminando la stanza.
“Signor Cavaleri!” la voce una nota allegra in quella giornata fredda, “Cosa ne pensa?” allargò le braccia sfiorando appena una tela.
Marco diede un occhiata con la coda dell'occhio: una donna con un velo blu sul corpo nudo.
Blu.
Sorrise a sua volta. “È molto bello Feliciano.” Non gli piaceva tutto quello, in quel colore che aveva scelto il giovane non c'era calore, ma una sorta di malinconia.
“Ti sei dato da fare, è raro vederti lavorare così duramente.” parlava come un nonno e Feliciano un po' gli ricordava quel suo nipotino che ormai era troppo cresciuto per andarlo a trovare. Lo vide fare un broncio, ma quel viso così delicato non riusciva a trasformarsi e si vedeva la sua allegria anche dietro a quelle labbra corrucciate.
Brontolò qualcosa, tipo un “Io lavoro quando serve...” e un “E quando si tratta di arte non è faticoso...” ma Marco non lo ascoltò avanzando ancora nella stanza.
Piantonò i suoi grandi piedi nel centro e alzò lo sguardo sul soffitto. Per sua grazia era rimasto bianco. “Oh, mi ero quasi scordato!” aveva esclamato in quel momento il ragazzo, sbattendo le mani tra di loro, produsse un rumore che riecheggiò per qualche istante, “Devo andare a prendere il lampadario!”
L'uomo alzò un sopracciglio bianco, “Perché cos'ha che non va questo?” e sapeva che era una domanda inutile “Non è in tema signor Cavaleri.” si sentì rispondere “Ci metterò una mezz'oretta...” e a quel punto Marco capì che Feliciano non parlava più con lui.
Gli artisti, giovani o vecchi sono sempre pazzi.
“Mi raccomando per stasera...” iniziò tornando sui suoi passi, il ragazzo lo seguì in silenzio “...Sarà anche l'ultimo dell'anno ma preferirei pochi schiamazzi...” continuò sentendo la chiave chiudere la porta “Non si preoccupi!” trillò l'altro superandolo “Ho insonorizzato l'ambiente!” e detto questo si precipitò lungo il corridoio.
Marco sbatté un paio di volte le palpebre mentre vedeva il capotto candido del giovane venir ingoiato dalla luce fredda delle lampade.
Feliciano aveva sprecato più soldi del dovuto per quella stanza. Avrebbe dovuto dargliela gratis. Scosse la testa e con un sospiro si avviò verso le scale.
Ah, quel ragazzo!


Feliciano arrivò al negozio di antiquariato infreddolito. Il capotto aperto e il maglioncino chiaro con lo scollo ampio. Il collo pallido lasciato alla mercé del freddo, così come le mani. Guardò la tasca: i guanti azzurri la riempivano.
Sospirò portandosi una ciocca di capelli ramati dietro l'orecchio sinistro.
11.50
Dieci minuti prima della chiusura. Matthew lo avrebbe odiato. E dire che lo aveva raccomando di arrivare per le 10.30.
Entrò estraendo dalla tasca dei jeans chiari un fazzoletto di pizzo bianco. Lo sventolò come fosse una bandiera “Scuuusaaaaaamiiiiiiii!” fu la lamentosa parola che gli uscì dalle labbra. Il commesso alzò lo sguardo dall'oggetto che stava ripulendo. Gli occhiali riflettevano la luce del lampadario posto sopra il bancone.
L'altro sorrise posando il pesante fermacarte del 1940 e il tessuto che di bianco aveva davvero poco. “Feliciano, hai avuto molto da fare?” era sempre cortese Matthew, anche quando lo si insultava…
L'artista annuì, “Stavo sistemando i dipinti e...” si leccò le labbra al ricordo di aver praticamente fatto sesso nell'ascensore con la sorella della vicina di casa “...altro.” Era meglio non precisare.
Conosceva Matthew da due anni – da quando praticamente aveva aperto quel negozietto- ma non avevano fatto altro che conversare di arte.
Di fidanzate e avventure non ne avevano parlato.
Di lui sapeva solo che aveva quasi vent'anni e che era canadese da parte di madre. Il resto sfumava in ricordi che probabilmente erano troppo dolorosi, come i miei.
Non aveva indagato oltre.
Matthew poi sembrava così timido che quasi si stupiva che avesse avuto il coraggio di aprire un attività.
A momenti arrossiva solo nel salutare.
“L'hai sistemato?” chiese appoggiando i gomiti sul bancone posando il mento sulle mani, gli occhi nocciola si soffermarono su quel fermacarte a forma di falco.
L'altro annuì abbassandosi e Feliciano si domandava quante cose avesse sotto quell'enorme tavolo. Ogni volta sembrava sparire, inghiottito da un mucchio di scatoloni e carte.
“Come promesso ho fatto il possibile per tenere più parti originali...” borbottò da sotto il banco, l'italiano si domandò quanto fosse pregiato quel legno lavorato e levigato. Matthew lo teneva maniacalmente anche se non era in vendita.
Il biondo sbucò come una molla, era alto e teneva le spalle curve, “Eccolo!” e con delicatezza gli porse l'oggetto di vetro con intarsi blu.

“Il mondo è blu! Anche tu sei blu!”

°°°°°°°°°°

Le labbra di Francis erano qualcosa di divino. Un assaggio del nettare degli dei e lui compiva un sacrilegio a baciarle.
Il francese probabilmente non ne era consapevole, visto che la sua bocca non solo toccava il suo corpo ma anche quello di un altro…
Il diavolo.
Aveva pensato al terzo uomo in quel modo la prima volta che lo aveva visto, con gli occhi di quel rosso sangue.
Aveva pensato a Gilbert come il diavolo anche la prima volta che lo aveva baciato, perché se le labbra di Francis erano divine, quelle del tedesco erano l'inferno.
Antonio ansimò quando l'albino si posizionò in mezzo alle sue gambe, i capelli bianchi furono catturati da una delle sue mani. La vista di quel contrasto, chiaro e scuro, lo eccitava ancor di più. Lasciò che la lingua calda, peccaminosa di Gilbert strusciasse all'interno delle sue cosce con lentezza esasperante e che la punta stuzzicasse ogni tanto il suo membro.
Francis si spostò, strusciando il suo corpo su quello dello spagnolo. Le labbra incollate sul suo collo, lasciando una scia umida fino allo sterno, poi su dall'altra parte.
Lo sentii tremare al suo tocco e a quello di Gilbert.
Antonio era stato l'ultimo ad unirsi al loro gruppo, ma non aveva esitato a buttarsi in quel gioco. Piano piano erano diventati anche amici inseparabili e oltre al sesso condividevano anche altri interessi.
Francis adorava gli occhi di Antonio, gli ricordavano quelli di lui ma non facevano male. Li amava e ogni volta ci si affogava. E lo spagnolo lasciava che lui ci morisse nel guardarlo, nel baciarlo e nel possederlo.
Gilbert aveva una predilezione per i suoi capelli scuri, li accarezzava ogni volta che gli era possibile. Li annusava. Qualche volta li tirava con stizza. E Antonio lasciava fare, come se non sentisse dolore o fastidio, come se fosse normale.
Interessi che in quel momento erano scesi in secondo piano.
Non si amavano, ma anche quello non contava quando facevano sesso.
Lo diceva la parola stessa: sesso, non amore. Sesso.
Il loro non era altro che un momento di gioco, lasciare il mondo fuori dalla porta e darsi piacere a vicenda.
Nessun legame al di fuori dell'amicizia.
Antonio non era geloso se loro scopavano qualcun altro e viceversa. Ogni tanto si scambiavano perfino gli amanti.
Francis si allungò, lasciando che fossero le labbra e la lingua dello spagnolo a creare una scia sul suo mento, collo, petto e addome.
Si fermò solo quando fu in ginocchio con il membro che svettava a pochi millimetri dal viso di Antonio. Lo guardò negli occhi languidi prima di sorridere, gli agguantò con entrambe le mani il capo, intrecciando le sue lunghe dita tra quella chioma ribelle.
Schiacciò il viso sul suo membro e l'unica cosa che l'altro poté fare fu eseguire la richiesta. Dalle labbra del francese uscì un gemito.
Gilbert si decise finalmente di lambire quel pene gonfio e duro, lo sentì fremere sotto la lingua. Alzò gli occhi incontrando il sedere di Francis che si muoveva in un ritmo moderato. Dalla bocca dello spagnolo uscì solo un mugolare sconnesso mischiato alla saliva.
Sorrise perverso mentre si allungava su di lui, una mano a impugnare la sua erezione e la lingua che dalla pelle scura di uno passava a quella chiara dell'altro.
Francis trattenne il fiato nel sentire l'alito caldo del tedesco proprio , insieme l'umido della saliva. Inclinò il capo all'indietro, i lunghi capelli biondi sfiorarono la schiena e subito, forte – crudele – la mano dell'albino si arpionò su di essi.
Si sentì strattonare e la sua schiena si incurvò pericolosamente, qualcosa di caldo s'insinuò dentro di lui. Gemette di dolore e piacere.
Quando delle dita sostituirono la lingua Francis aumento il ritmo del bacino e Antonio accettò senza protestare il membro nella sua gola.
Ancora...ancora…
Gli occhi verdi di Antonio sembravano dirgli solo quello quando lui si svuotò nella sua bocca.
Ancora...ancora…
Oh, se avrebbe voluto vedere quello sguardo su di lui! S'inchinò a baciarlo.


Gilbert mordeva senza pietà la pelle delle sue cosce lasciandogli segni rossi. Si muoveva lui, tremando di aspettativa e tormento, cercando di chiudere le gambe e pretendere qualcosa di diverso.
Le mani di Francis che gli tenevano larghe le cosce con una salda presa. La sua bocca sul collo come a volergli alleviare il dolore.
Le mani di Antonio, scure, di nuovo sui capelli del tedesco, tiravano quei fili bianchi incitandolo ad andare aventi, allontanandolo da quella tortura.
Voleva assolutamente che quella bocca maledetta finisse sul suo membro, che lo succhiasse a dovere!
Sussultò trattenendo in gola l'imprecazione sentendo i denti graffiare la pelle del suo pene. Non era delicato Gilbert, non lo era mai stato. Non chiedeva mai il permesso e si prendeva il suo tempo, il suo ritmo e ciò che voleva.
“Cazzo!” gorgogliò lo spagnolo sentendo finalmente la bocca inghiottirlo. Reclinò il capo posandolo sulla spalla di Francis lasciandogli via libera su tutta la lunghezza del suo collo. Le mani del francese lasciarono la presa sulle cosce, salirono lungo l'addome accarezzando i muscoli, graffiando leggermente con le unghie, per infine arrivare ai capezzoli.
Gemette.
Antonio non capii quanto durò il tutto, ma era al limite, strinse con più forza il capo di Gilbert sul suo membro cercando di muovere il bacino a un ritmo più veloce.
Fu in quel momento che il dolore lo invase.
Francis, seduto sotto di lui si aggrappava ai suoi fianchi. Le dita candide lasciavano dei segni sulla pelle abbronzata. Il respiro affannato, “Rilassati...” sussurrò all'orecchio, lo spagnolo masticò qualche parola incomprensibile mentre sentiva il pene dell'amico farsi strada con fatica.
Gilbert alzò il capo sorridendo deliziato, lasciò che il biondo si prendesse tutto il tempo necessario e intanto lui muoveva in una lenta carezza una mano sull'erezione del moro.
Quando vide il francese smettere di fare pressioni capì che era completamente all'interno di Antonio, rise alzandosi sulle ginocchia. Baciò prima l'uno poi l'altro, soffermandosi sulle labbra di Francis. Si sedette sul bacino dello spagnolo e con lentezza si fece penetrare.

°°°°°°°°°°

Con un movimento impacciato che quasi gli costò una storta alla caviglia, Feliciano prese l'ennesima teglia dal forno.
La appoggiò sul ripiano di marmo bianco. La guardò critico, come un pasticcere esperto, non voleva che ci fosse un solo biscotto, involtino o pizzetta con imperfezioni. Per sua fortuna gli scarti erano davvero pochi, non riempivano nemmeno una ciotola.
Sorrise, prendendone uno, la crema pasticcera era di un blu tendente al verde, ma non importava, l'importante era che ci fossero almeno dei riflessi blu.
“Feliciano...” iniziò una voce dall'altra parte della cucina, una ragazza del suo corso stava preparando delle bevande, “Non credi che ci sia troppo blu a questa festa?”
Si voltò mostrando il viso paffuto, gli occhi grandi grigi e un sorriso dolce. Non si truccava Domenica, era una ragazza che tutti definivano “bruttina” perché aveva qualche chilo in più rispetto al canone predefinito.
I capelli biondicci li teneva in due trecce infantili e indossava abiti larghi, in maniera che non aderissero sulle sue rotondità ed era alta più del normale.
Lui al primo anno di università l'aveva convinta a farsi ritrarre. Quel quadro era poi stato comprato da un amico di famiglia che lo aveva posto nel suo ristorante.
Domenica non ne sapeva niente.
“Anche, mamma lo trova strano!” rise portandosi una mano sporca tra i capelli “Certo non ho mai usato così tanto blu come oggi...”
Lei tornò a mescolare le bevande, “Sarà, ma dopo questa notte mi sa che vedrò grande puffo ovunque!” e ridacchiò.
Perché ridere apertamente era una cosa che attirava attenzione, come il trucco.
Eppure era simpatica.
“Ehi!” ancora una volta la sua voce, alta, ma solo perché lui sembrava distratto. Ora era voltata completamente, i pantaloni della tuta neri e la felpa dell'identico colore. Le mani impasticciate di blu, perfino sotto il naso aveva del colore, “Hai già deciso cosa indosserai?” il viso leggermente inclinato.
Domenica non era una ragazza snob, ma era una donna e come tale doveva essere curiosa su qualcosa. Lei aveva migliaia di riviste di moda in camera sua -perché viveva ancora con i suoi- e il suo armadio traboccava di stoffe che lei non avrebbe mai usato per qualche suo abito.
“Di blu...” e lei sospirò scuotendo il capo, le trecce le ricaddero sul petto “Del tutto?” Feliciano si portò una mano sotto il mento, non ci aveva ancora pensato a dire il vero, ma era più che sicuro che non avesse una camicia blu.
“Mah, non saprei...” mormorò infornando un'altra teglia di pizzette. Anche esse avevano una strana salsa blu. Sembravano qualcosa di alieno.
Forse aveva ragione Domenica, aveva esagerato…
...Eppure lui credeva ancora il mondo fosse blu.

“Non dire stupidaggini! Io non sono blu!”

 

°°°°°°°°°°

Francis era mollemente sdraiato sul lato destro del letto, la testa appoggiata sul muro e una sigaretta tra le dita.
Antonio era sdraiato accanto, avvolto per metà dal copriletto, il giallo contrastava con la pelle abbronzata, lo guardava con quei occhi verdi e un sorriso divertito sulle labbra. Rideva anche Gilbert dall'altro lato, seduto e completamente nudo. Una mano che reggeva il capo e una sigaretta nell'altra.
Il francese corrugò la fronte, con fin troppa grazia si grattò l'interno coscia ancora appiccicoso. Sapeva cosa faceva sorridere quei due, con la coda dell'occhio guardò la sveglia che stava sul comodino.
14.06
Era in ritardo di due ore. Se aggiungeva la doccia e magari un secondo round nel bagno, da due sarebbe arrivato a tre e mezzo.
Imperdonabile!
Sospirò portandosi la sigaretta sulle labbra, lui però perdona sempre. Lo avrebbe fatto anche quella volta, non era ne la prima ne l'ultima volta.
Francis non era sicuro che sapesse dei suoi passatempi. Era però sicuro che non lo avrebbe perso per nulla al mondo. Lui era cosi accondiscendente.
Il tedesco si voltò verso la finestra “Il tuo cagnolino si starà domandando che fine hai fatto!” la voce irrisoria, perché Gilbert non riusciva a prendere niente e nessuno sul serio. Il biondo si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio “Non penso nemmeno che sappia pensare...” mormorò con disprezzo. Perché Matthew non era niente di più di un oggetto...era solamente l'altro...
Sorrise, alzando le spalle, non era importante. Aveva di nuovo voglia di farlo, passò la sigaretta ad Antonio, “Vado a lavarmi...” mormorò a pochi centimetri dal suo orecchio.
Lo spagnolo schioccò la lingua strusciando le gambe su quelle di Gilbert “Cos'è?” chiese malizioso “Un invito?”

 

Era sicuro di trovarlo al negozio dietro al balcone intento a pulire chissà quale bizzarro oggetto. Lo guardò dalla vetrina, era chino su un soprammobile dall'aria aristocratica, con le mani grandi e magre sfioravano gli intarsi come se stesse accarezzando il corpo delicato di una donna.
Diede un'occhiata all'orologio sul polso, le sedici esatte.
Sospinse la porta sorridendo come un ebete. “Mon amour!” esclamò alzando le braccia in maniera plateale, mentre l'altro alzò lo sguardo su di lui.
“Sono in ritardo, lo so...” la voce alta e giovale, come a sottolineare a che lui non fregasse molto, ma che probabilmente a Matthew sembrava significare “Mi dispiace!”
“Avrei dovuto chiamarti...” avanzò verso il balcone, dove il canadese aveva posato allarmato l'oggetto antico.
“Ma non mi ero accorto dell'ora e ho continuato a...” si leccò le labbra al ricordo del sapore di Gilbert e qualcosa in mezzo alle gambe sembrava gradire quel pensiero “...lavorare.” mentì.
Il canadese aveva abbassato il capo e ripreso a studiare il soprammobile. Sul volto un sorriso mesto. “Non importa. Sarà per la prossima volta.” la voce un sussurro con un retrogusto...Amaro.
Francis scacciò quella parola in un batter baleno, non era possibile. Matthew era sempre benevolo e non faceva mai caso alle sue bugie o forse non capiva che erano tali.
Il francese scosse il capo facendo ondeggiare la coda, “Per farmi perdonare ho pensato di venire da te domani...”
Matthew sospirò prendendo il suo fidato telo di cotone e iniziò a tamponare l'oggetto antico, “Ho ospiti.” disse cercando di sembrare convincente, “Te l'ho detto l'altra volta...” vide con la coda dell'occhio l'altro, aveva corrugato la fronte e portato la mano sinistra sotto il mento, probabilmente se ne era dimenticato. Non era la prima volta, sembrava quasi che lui parlasse al muro.
“Ah!” l'esclamazione lo riportò alla realtà, cercò di non sobbalzare e si costrinse a corrugare la fronte, “Beh, allora sarà per un'altra volta!” e vedere il sorriso luminoso di Francis gli fece sperare che la sua pazienza era stata ripagata.
E poco importava che il corpo del francese sapesse di un profumo diverso dal solito, che lo avesse lasciato solo per tutto il pranzo solo per stare con qualcun altro…
...Non importava che sul suo lungo collo pallido spiccava l'impronta di un morso.
Ora Francis sorrideva solo a lui e sembrava promettergli amore.

 

 


Angolo dell'autrice:
Primo capitolo arrivato più tardi del previsto, ma date la colpa al caldo inteso che si è impadronito dell'Italia.
Scriverlo è stato piuttosto difficile, non solo per il caldo, il computer che non c'era praticamente mai, ma anche per il trio…
...mah…
Comunque spero che sia stato di vostro gradimento.
Un abbraccio!

  
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