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Autore: foolish____    08/07/2015    4 recensioni
Sebastian e Nathan non potrebbero essere più diversi tra loro. Sebastian è solare, aperto, impacciato. Nathan è misterioso, silenzioso, chiuso nelle mura che ha creato intorno a sè. Sono come il giorno e la notte, il sole e la luna. Ma cosa succederebbe se questi due universi così lontani ma allo stesso tempo così vicini si scontrassero?
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Cap 4: Story of my life

Nathan

Rimango fermo sulla porta e continuo a guardare il ragazzo che ti trova di fronte a me. Mi guarda come se sia sorpreso di vedermi lì, a chiedergli aiuto. All'improvviso mi pento di essere andato da lui, ma in fondo, lui mi aveva spronato ad andare a casa sua. Mi spavento perchè non dice una parola, allora decido di parlare. Inizio ad aver freddo, ormai sono fradicio sotto la pioggia.
- La...la proposta era ancora valida vero? - Mi sposto una ciocca di capelli bagnati dagli occhi e aspetto. Poi sento una voce alle spalle di Sebastian, una voce di donna.
- Seb, tesoro, chi è alla porta? - Quella voce riporta il ragazzo alla realtà, sembra riprendersi e vedermi per la prima volta da quando ha aperto.
- Oh, sì, sì certo che è valida figurati. Entra ti prego, non stare sotto la pioggia.
Faccio un passo nell'atrio e subito mi sento a disagio. E' tutto così perfetto in questa casa. Niente è fuori posto e tutto sembra pulito e lucente. L'unica cosa sporca qui sono io. La casa è enorme. Una grande scala si apre di fronte a me e noto molte porte che danno su altrettante stanze ben arredate. Mi sento subito un pesce fuor d'acqua. Non dovrei essere qui. Come ho potuto solo pensare che Sebastian potesse capirmi? Siamo troppo distanti, troppo diversi.
- Aspetta, ti prendo un asciugamano. Seguimi intanto, vieni in salotto. Accomodati. - Lo seguo in una delle stanze e mi accomodo con malavoglia su un divano di pelle nera di fronte ad un televisore al plasma enorme. Mi guardo attorno e dopo pochi minuti Sebastian ritorna con un grande asciugamano. Lo ringranzio e prima lo passo sui capelli, poi lo metto attorno alle spalle. C'è uno strano calore in questa casa, un calore piacevole.
Sebastian si siede accanto a me. - Allora, cos'è successo? Me lo puoi dire. - Mi appoggia una mano sul ginocchio e io irrigidisco. Prima che possa aprir bocca, una donna compare sulla soglia della stanza e si blocca immediatamente.
- Oh, Sebastian. Chi...oddio. Sei fradicio. Sebastian, chi è questo...questo ragazzo? - Mi guardava con uno sguardo misto sorpresa e disgusto. Tipico di chi mi deve per la prima volta. Non piaccio mai a nessuno.
- Mamma, lui è un mio amico, Nathan. - Sorride. - Nathan, lei è mia madre. 
Amico. Mi ha veramente chiamato un amico. Un calore improvviso si fa strada nel mio petto, sto bene per la prima volta dopo molto tempo. Mi alzo e cordialmente tendo una mano alla signora che non l'accetta. Si ritrae leggermente e fa una smorfia. - Oh, un amico. Sì. Sebastian, perchè non andate in camera. Io devo iniziare a preparare la cena.
Lancio uno sguardo a Sebastian che mi sorride e mi fa un cenno con il capo di seguirlo. Saliamo la grande scalinata e andiamo in camera sua. E' spaziosa e luminosa. C'è un letto disfatto e una scrivania piena di libri. Con mia grande sorpesa noto sulla parete dei poster di band che piacciono anche a me e su una mensola vedo dei fumetti insieme a libri di vario tipo. Non me l'aspettavo. Forse non siamo così distanti.


Sebastian

Nathan sembra ancora un po' stordito, ma sono grato che sia venuto da me. Forse l'ha fatto perchè non ha nessun'altro, forse sono l'unica cosa che si avvicina ad un amico per lui. Beh, io l'avevo chiamato amico con mia madre, non so cosa mi è preso. Mi è sfuggito di bocca. Dovrei parlare con mia madre più tardi. Non ha avuto un bel comportamento con Nathan. Ma lei è fatta così: secondo lei tutti devono essere a modo ed eleganti. Il ragazzo si accomoda sulla sedia della scrivania e si guarda attorno.
- Hai una bella camera. - Sbuffa. Mi accomodo sul letto. - Però, ti pensavo più ordinato. 
- Grazie, faccio del mio meglio per mantenere questo posto mio. E' l'unico luogo in cui i miei genitori non possono metterci le mani. - Confesso sorridendo. Voglio metterlo a suo agio, non c'è niente di cui preoccuparsi.
- E quei poster? - Ne addita uno dei Green Day, davanti a lui. - Davvero ti piace questa musica?
- Sì. L'adoro. Perchè? - Chiedo.
- Piace anche a me. - Accenna un timido sorriso. - Non avrei mai detto che ascoltassi punk rock.
- Perchè non vado in giro a spaccare roba o a trattar male la gente? - Annuisce. - Nah, non fa per me. E' solo musica. Io ascolto quello che mi fa provare qualcosa. E accidenti, questa sì che mi fa provare emozioni.
Nathan mi guarda con occhi sgranati come se gli avessi tolto le parole di bocca. Annuisce, muovendo velocemente il capo. - Sì, è vero. Sembra parlarti all'anima. Ti sembrerà stupido ma...è come se mi aiutasse.
Per un po' parliamo di musica, di fumetti, di film. E' una persona interessante, non l'avrei detto. Ha così tante passioni, mi sento improvvisamente più vicino a lui. Mi capisce e ci troviamo a finire l'uno le frasi dell'altro. E' strano. Neanche con Sarah ho mai provato questa sensazione di comprensione. Mia madre mi manda la cena in camera, non vuole mangiare con questo strano ragazzo. Chiedo a Nathan se vuole favorire e lui scuote la testa ma io insisto. E' evidente che non vuole tornare a casa, è successo qualcosa ma sembra non volerne parlare subito. Non lo presso. Se vorrà parlare, lo ascolterò, fino ad allora lo aiuterò a svagarsi. Dopo un po' prende un panino e inizia a mangiare. Condividiamo l'affettato e poco dopo abbiamo finito.
- Grazie. - Dice sottovoce, quasi imbarazzato.
 - Non dirlo neanche, lo faccio con piacere. Sei apposto? Vuoi il dolce? Altra acqua? Una birra? Qualsiasi cosa.
- No. Sto bene così. Hai fatto fin troppo. - Restiamo qualche minuto in silenzio. Poi apre bocca. - Io...non potevo tornare a casa stasera. Non ho davvero nessun posto dove andare. - Abbassa gli occhi, sembra così stanco.
- Come mai? Cos'è successo? - Chiedo cauto. Non voglio urtare i suoi sentimenti.
- Mio padre era ubriaco e in un momento di ira mi ha buttato fuori di casa. Mi ha detto di non tornare finchè non fossi riammesso a scuola. Io...non ce la faccio, Sebastian. Io... - Gli si spezza la voce, soffoca un gemito. Resto impalato, non so cosa fare. Mi limito a guardarlo, ad ascoltare i suoi singhiozzi. Poi mi alzo, mi siedo su una sedia accanto a lui e gli poso una mano sulla spalla, comprensivo. Questa volta non si irrigidisce al mio tocco.


Nathan

Mi sento un perfetto idiota a piangere ma parlare di mio padre, della mia situazione mi fa sempre questo effetto. Soffro così tanto. Prima di raccontare per bene perchè sono finito da lui, gli racconto la mia gracile situazione familiale. Confesso il motivo dei miei tanti lavori, gli dico di mia sorella Susie, di mio padre che beve tutti i giorni, di mia madre. Tutto. So che non dovrei confidarmi, dovrei tenere i problemi per me ma le parole fluiscono senza freni dalla mia lingua. Non mi preoccupo di niente. Quando finisco mi sembra di essermi tolto un peso. Non ce la facevo più a tenere questi demoni per me, dovevo condividerli con qualcuno. E lui è un bravo ascoltatore: non mi interrompe ma lascia trapelare i suoi sentimenti. In pochi secondi è passato dall'apprensione alla rabbia. Ma mai ho notato pietà nei suoi occhi e questo mi fa piacere. Non voglio far pena a nessuno, non sono qui per questo. Continua a tenermi una mano sulla spalla e annuisce ad ogni cosa che dico.
- E' orribile, Nathan. - Dice infine. Io annuisco, lo so bene.
- E oggi, quando sono andato a casa era ubriaco fradicio, come sempre. Susie piangeva seduta accanto al divano. Ho pensato che l'avesse picchiata ma non l'aveva fatto per fortuna. Se dovesse toccarla giuro che non risponderei più di me. Susie è tutto per me, è la mia ancora e se dovesse togliermela se ne pentirà. - Stringo i pugni, ci tengo troppo a mia sorella. - Con me può fare quello che vuole ma Susie...
- Non le farà del male, non gliene ha fatto fino ad ora.
- Questo perchè prima c'ero sempre io a proteggerla. Prima, quando ho detto a mio padre che la scuola mi aveva sospeso ha dato di matto, mi ha tirato uno schiaffo e mi ha chiuso la porta in faccia. Volevo portare Susie con me ma me l'ha impedito. - La voce mi si rompe di nuovo. Cerco di farmi coraggio ma è dura. - Io...devo sapere come sta, lei è una mia responsabilità. - Singhiozzo di nuovo, mi sento così stupido.
Sebastian si mette davanti a me, stavolta entrambe le mani sulle mie spalle. 
- Nathan, guardami. - Sollevo gli occhi, devono essere rossi, mi bruciano. I suoi azzurri mi scrutano comprensivi. - Ascolta, calmati. Devi reagire. Non puoi combattere tutto da solo, devi chiedere aiuto. 
- E' quello che sto facendo ora.
- E io ti aiuterò. - Mi sorride, sembra sincero e io gliene sono grato. - Voglio essere tuo amico e gli amici si aiutano, sono qua per questo. Non sopporterai più niente da solo, ci sono io ora. - A questo punto fa una cosa che non mi sarei mai aspettato: mi abbraccia, stretto. Io non muovo un muscolo, non sono abituato a questo genere di cose. Probabilmente Sebastian nota la mia passività perchè si sposta immediatamente da me, imbarazzato. - Scusa.
- Sai... - Lo ignoro. - Sento che sei l'unica persona di cui mi possa fidare in  questo momento.


Sebastian

Nathan starà da me questa notte. Ho dovuto litigare con mia madre per convincerla, ho dovuto spiegarle che Nathan non è un poco di buono, che è un bravo ragazzo. Non le ho raccontato la sua storia, altrimenti avrebbe chiamato la polizia e sarebbe successo un grandissimo casino. Alla fine l'ho convinta e ora il ragazzo si trova nella camera degli ospiti. Gli porto un pigiama e un bicchiere d'acqua. Busso alla porta. 
- Avanti.
Entro con un sorriso rassicurante. Voglio che si senta a casa. - Ti ho portato qualcosa per la notte. - Nathan è alla scrivania e sta scarabocchiando qualcosa su un foglio. - Hei, che fai? - Mi avvicino per sbirciare.
- Sto...sto organizzando il progetto di scienze. Prima ho avuto un'idea e ho pensato di buttarla giù, per non perderla. - dice lui con un sorriso timido. Il primo dopo tanto tempo.
- Ma non eri tu che volevi farti bocciare? Mi avevi detto che non ti interessava della scuola. - Ironizzo. Lui mi tira un colpetto sul braccio e abbassa lo sguardo.
- Sì. In effetti ancora non mi interessa ma...tu mi stai aiutando e allora voglio fare qualcosa per te. Voglio farlo, voglio provarci. - Vedo determinazione nei suoi occhi e capisco che sta dicendo sul serio.


Angolo autrice:
Buongiorno! Sono puntuale con il capitolo questa settimana!
Devo ammettere che sono soddisfatta di com'è uscito, strano. Spero
che anche a voi piaccia! C'è una piccola novità: ho allargato un po' il font
perchè ho notato che era veramente troppo piccolo.
E' un capitolo tranquillo, volevo dare un po' di tregua ai
nostri due protagonisti. Secondo voi cosa succederà? Cosa farà Seb
per aiutarlo? A voi i commenti!
Ringrazio come sempre chiunque ha recensito, chi ha messo tra le seuite/preferite/
ricordate e ovviamente i lettori silenziosi che continuano a seguire la storia.
Lasciate un commento se vi va e niente, alla prossima settimana!
foolish____

 
  
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