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Autore: ki_ra    08/07/2015    1 recensioni
In un punto imprecisato del tempo, in un luogo qualunque del mondo, due anime lontane incrociano le proprie vite.
Sangue e nome, rispettabilità e disonore, tradimento e amore li spingeranno l’una verso l’altra.
Mentre un mondo vecchio e superficiale si dibatte per continuare ad esistere, un amore nuovo nasce e sconvolge anime e cose.
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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Il passato alle spalle

 

Doveva già essere mattino inoltrato, a giudicare dalla luce che oltrepassava le tende, eppure sentiva ancora le palpebre pesanti, come se il sonno della notte appena trascorsa non gli avesse portato alcun ristoro.

Era arrivato lento e silenzioso dopo che avevano fatto l'amore, li aveva colti entrambi ancora l'uno sopra l'altra, sudati e stanchi, il corpo di lei sdraiato sopra il proprio, leggero come senza peso, la guancia sul petto all'altezza del cuore e i suoi capelli ovunque, come l'oro fuso nel crogiuolo, a solleticargli il collo e le braccia, ad invadergli le narici con il loro profumo di miele.

Mosse il braccio destro lungo il fianco, trovando vuoto lo spazio che solitamente le apparteneva. Così si voltò sul fianco, occupandolo col proprio corpo e affondando il naso nel cuscino. Il profumo e il calore di lei erano ancora forti e vividi, impregnati nella trama della federa e persistevano anche sulla propria pelle e sulle dita. Se le portò sulla lingua, ne leccò le punte, condite del sapore di lei, con gli occhi chiusi, assaporandole, come se fossero state intinte di ambrosia.

Il corpo si svegliò immediatamente, i muscoli si tesero, come se quella notte non ne avesse avuto abbastanza del sapore del suo corpo, dell'odore, dei baci e della carne.

Si alzò di scatto dal letto, preso da un'urgenza irrazionale; indossò solo la vestaglia e, ancora a piedi nudi, lasciò la stanza alla ricerca di lei.

La tavola nella sala da pranzo era perfettamente imbandita per la prima colazione.

Un centrotavola con rami di abete, pigne e bacche rosse decorava la candida tovaglia di lino; tazze di finissima porcellana erano sistemate nei posti che occupavano abitualmente Eìos e Ariela e nel resto dello spazio vi erano un vassoio di pane croccante e imburrato, una brocca di cristallo contenente una spremuta di arance rosse e una lattiera da cui si spandeva il profumo di latte caldo; vasetti di marmellate coloratissime e vischiose, brioches e biscotti allo zenzero e cannella.

Eìos sorrise allo spettacolo confortante della propria casa, a quei profumi fragranti che si era portato dietro nel lungo viaggio che l'aveva tenuto lontano. Girò intorno al tavolo, strisciando l'indice sulla stoffa ruvida della tovaglia, fino a che non giunse a capotavola. Sfilò la seggiola, indeciso sull'accomodarsi o attendere l'arrivo di Ariela, quando ella entrò nella stanza recando tra le mani una invitante torta al cioccolato nero ricoperta di zucchero a velo.

Era perfettamente vestita, i capelli raccolti in una crocchia sulla nuca, e un grembiule bianco, segno che era stata ella stessa a preparare la colazione.

L'idea della sua donna ad imbrattarsi di farina, indaffarata in cucina, gli ammorbidì il cuore leggermente deluso dal risveglio solitario di pochi minuti prima.

Le corse incontro, le liberò le mani dalla pietanza profumata e se la strinse addosso, come se non la vedesse da giorni.

Il profumo della sua pelle si mischiò a quello del cibo, mettendogli fame e desiderio insieme.

Prese a baciarla, sul collo e sulle labbra, continuando a stringere le braccia intorno alla vita, ad affondare le dita nei fianchi morbidi.

- Ti prego ... - mormorò la donna cercando di respingerlo, facendo pressione con i palmi aperti sul petto di lui.

Ma Eìos non se ne curò, continuò a baciarla tappandole la bocca, togliendole il respiro con i baci e con la lingua.

- Ti prego! - ripeté con più decisione, riuscendo a riconquistare il possesso della propria bocca. - Nell'altra stanza c'è Alvita ... – si giustificò, sgusciando definitivamente dalla sua stretta e portandosi al lato opposto della tavola.

Eìos scrollò le spalle, raggiungendola per stringerla di nuovo.

- Siamo nella nostra casa e tu sei mia moglie. - rimarcò il possesso.

- Credi che solo perché stanotte ... Non saranno quattro baci a farmi dimenticare ciò che mi hai fatto! – l’avvertì, voltando il viso dal lato opposto, perché non potesse riprendere a baciarla.

- Non erano quattro baci, ma mille! - replicò, parandosi davanti con aria di sfida. - Era carne e desiderio, il mio e il tuo mescolati insieme. Erano le nostre anime che si toccavano; era l'unione perfetta dei nostri sentimenti! - continuò, con il viso ad un palmo da quello di lei, tanto che ella sentì il calore del respiro lambirle le labbra. - E tu, hai preso tutto: baci, carne e desiderio, così come li presi io. - incalzò, incastrandola tra il proprio corpo e il bordo della tavola.

Il petto increspato di Ariela si scontrò con il torace di Eìos; la vita rimase imprigionata nella stretta claustrofobica di lui, tanto che ella sentì il respirò mancarle.

Impallidì e le labbra divennero violacee, come se fosse sopravvenuta una crisi respiratoria, e le membra tutte, che prima erano tese nello sforzo di contrastarlo, persero vigore, fino a che il corpo gli ricadde tra le braccia, come senza vita.

 

***********************

 

Quando diversi minuti dopo il dottor Elmisk uscì dalla camera con un sorriso rinfrancante, Eìos tornò a respirare correttamente.

- Padre ... - chiese, andandogli incontro, mentre il vecchio si richiudeva la porta alle spalle.

- Sta' pure tranquillo, figliolo. - lo rassicurò con una pacca sulle spalle, - Ha solo bisogno di tranquillità e pace e ... di nutrirsi un po' meglio. - aggiunse, raccogliendo il pastrano e il cappello con una mano e stringendo con l'altra la valigetta medica.

- Ma cosa ... - tentò di chiedere, Eìos, ancora in apprensione.

- Ti dirà lei ... - lo interruppe laconico, guadagnando la porta di casa.

Era seduta al centro del letto, appoggiata a due guanciali che le sostenevano la schiena. Il colorito era meno pallido, ma gli occhi erano visibilmente stanchi e contornati da leggere occhiaie scure che esaltavano il blu intenso delle iridi. Le labbra erano tirate in un'espressione difficile da decifrare, a metà tra il sofferente e il preoccupato, tanto che lo stesso Eìos si sentì svuotato della tranquillità che le rassicurazioni del medico gli avevano infuso.

Sedette sul letto accanto a lei, delicatamente, come si fa quando si teme di svegliare chi dorme, e le carezzò il dorso della mano mollemente adagiata lungo il fianco.

- Mi hai fatto paura ... - cominciò, la voce ridotta ad un sussurro.

- Sto bene. - rispose, con una vaghezza e un distacco che lo intristirono.

Le aveva fatto male: prima, l’aveva tradita, fuggendo senza portarla con sé, e dopo, una volta tornato, invece di riconquistare la sua fiducia e l'amore, che certamente ella nutriva ancora, l'aveva umiliata, trasferendosi nella loro casa, senza il suo consenso.

Sapeva di aver commesso gravi errori, ma come sempre nella vita, si era arrogato il diritto di prendersi ciò che voleva, soltanto perché la vita gli aveva tolto tutto il resto.

In aggiunta, la notte passata insieme, i baci, le parole sussurrate, anche con rabbia, il calore dei propri corpi fusi nell'amplesso, lo avevano convito che la sofferenza della separazione, l'umiliazione e gli errori si fossero sciolti, come grumi sulla fiamma.

Lo sguardo sfuggente, il distacco nelle parole e il tono stanco con cui gli aveva risposto, però lo avevano convinto del contrario.

- Perdonami! – la supplicò, avvicinandosi più che poteva, senza però annullare il già esiguo spazio tra loro.

- Me lo hai già chiesto e io ti ho già perdonato. –

- Non per la fuga, né per il male che ti ho fatto entrando nella tua esistenza tranquilla. Ti chiedo perdono per l’amore malato a causa del quale ti ho imposto la mia presenza … - cominciò, con gli occhi bassi e la voce del peccatore nel confessionale, - Voglio stare con te, Ariela, ma tu sola hai il diritto di decidere ... Anche se mi fa male starti lontano, ho compreso che devo imparare ad aspettare. – aggiunse e, sollevandosi dal fianco di lei, terminò: - Ho già chiesto che siano preparate le mie cose: oggi stesso tornerò a vivere da mio padre e vi rimarrò fino a che … -

- Aspetto un bambino. – lo interruppe, afferrandolo per il polso, senza guardarlo, come se fosse, quella rivelazione, dolorosa o imbarazzante.

Eìos si lasciò cadere di nuovo sul letto, stralunato e sbandato: aveva desiderato un figlio da lei dalla notte in cui avevano fatto l’amore per la prima volta, ma aveva avuto il coraggio di rivelarglielo solo nei mesi in cui la bufera si era abbattuta sulle loro vite. Lo aveva fatto in un momento di vulnerabile follia, nel momento in cui attorno a loro tutto crollava, abbattuto e arso dalla vendetta e dell’odio.

Poi, per proteggersi e proteggerla da quell’incendio divoratore, era fuggito, sperando di portarsi dietro le fiamme, lontano fino al momento in cui si fossero spente ed egli fosse potuto tornare, ustionato, ma vivo.

A quel figlio desiderato, non aveva più pensato e quegli, invece, come un seme portato dal vento, nel buio della terra molle, aveva germinato lo stesso.

Al sicuro, nutrito dal sangue della sua donna, nascosto nel suo ventre, in silenzio, aveva messo radici.

– Da quanto lo sai? – chiese con un filo di voce, lasciandosi stringere il polso dalle dita di lei bianche e sottili.

– Ne avevo il sospetto, già dai giorni del duello, ma … la paura per te, per la tua sorte pesavano sul mio cuore come un macigno, troppo per occuparmene. Poi venne la decisione della partenza, la certezza di una gravidanza l’avrebbe rallentata, o peggio, ti avrebbe costretto a sconvolgere i piani. Rivelarti i miei sospetti la notte in cui mi lasciasti … avrebbe significato costringerti a portarmi con te, ti avrebbe imposto una catena che non volevi. – spiegò. – Chiederne conferma nei giorni di solitudine … - aggiunse, scrollando le spalle, - … non avrebbe avuto più alcun senso. Io lo sapevo, il mio corpo lo gridava continuamente. Non mi restava che aspettare. – concluse amara, rassegnata alla certezza di dover crescere quel frutto senza di lui.

- Ma io sono tornato, io sono qui! – le fece notare, sporgendosi sul corpo di lei per trovarne gli occhi sfuggenti. – Sono un egoista, un folle, un impulsivo bastardo, sono anche uno sconsiderato, ma sono tornato e l’ho fatto per te! – continuò.

Le sue labbra sfiorarono quelle di lei, le alitarono nella bocca le parole; catturarono le lacrime che, dagli occhi di entrambi, irrigavano la pelle e le dita che ne contenevano il viso pallido. – Dimentichiamo tutto, amore mio, diventiamo i contadini che un giorno sognammo di essere … coltiviamo il tuo ventre, guardiamolo crescere e amiamoci ancora, per sempre, come abbiamo fatto a dispetto delle bufere e della lontananza … -

Ariela si lasciò stringere, si lasciò adulare dai baci piccolissimi, dai propositi perfetti e dalle promesse che erano mancate al proprio cuore.

- E troveremo per noi una casa lontano, in mezzo agli ulivi e alle vigne? – insistette, ricordando il sogno ad occhi aperti fatto all’alba della loro fuga mancata.

- Immersa tra colline verdi e frutteti odorosi, tra le grida dei bambini e i profumi del pranzo … - aggiunse, senza sapere che quella parte di sogno, allora era stata solo di Ariela ed ora diveniva inspiegabilmente anche propria.

- E porteranno, i nostri figli, il nome di tuo padre? Del padre che ti ha sollevato dal fango e ti ha fatto uomo?- lo incalzò, sperando che l’attaccamento maligno a quella linea di sangue, fosse evaporato, spento al cospetto del futuro sereno che egli doveva a colui che già si nutriva nel proprio ventre.

- Porteranno il nome del solo padre che abbia avuto! –

 

 

*******************************

Ben trovate!

Questo avrebbe dovuto essere l’ultimo capitolo, ma nello scriverlo, mi sono resa conto che nel tentativo di risolvere tutte le questioni in sospeso, l’avrei reso troppo lungo.

Così ho deciso di dividerlo in due.

Dunque, il prossimo sarà, senza dubbi, l’ultimo a cui farò seguire un epilogo.

Come al solito, ringrazio tutte quelle che leggono o che hanno questa storia tra le preferite e ricordate.

Ma un ringraziamento speciale va a chi mi recensisce.

Un bacio!

  
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