Nda: Turble è OOC.
Hai mai visto la pioggia in un giorno di sole?
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Il vero amore è
devozione cieca, è umiliarsi senza fare domande, è sottomettersi completamente,
è avere fiducia e confidare a dispetto di te stesso e a dispetto del mondo
intero, concedendo tutto il tuo cuore e tutta la tua anima al tuo tormentatore.
(Charles
Dickens, da “Great Expectations”.)
«Sono convinto questo sia un periodo difficile per
entrambi, signorina Brief.» Arguisce Mr. Freezer, nel suo completo bianco di
lino, dalla sedia dietro la mia stessa scrivania in ufficio; alle sue spalle i
castelli del consumismo: grattacieli frastagliati contro un cielo terso e
limpido. «Tutta questa rete di sospetti che Vegeta sta creando, non è altro che
il farneticamento di un pazzo. Mio nipote è sempre stato molto
instabile. Sono sicuro lei lo sappia meglio di me. Ed è per questo che mi
permetto di suggerirle di stargli lontano.»
Freezer è arrivato questa mattina allo scopo di parlarmi di
Vegeta; vuole convincermi a passare dalla parte che lui stesso reputa giusta,
ma non ho ben capito su quali perni dovrei svoltare il mio punto di vista. So
già che ha ucciso due persone.
Sono in piedi a braccia conserte. «Non credo di seguirla.»
Lui ha invece le sue rilassate sui braccioli, in una posizione di
piena consapevolezza del proprio ruolo di potere. «Immagino le abbia raccontato
una cosa o due sulla mia attività! Ma lei è una donna intelligente, nel
business da molto tempo, mi dica, perché una fusione, tra società di successo,
dovrebbe essere illegale? E perché vendere armi, alla luce del giorno, dovrebbe
essere illecito? Non è la più morale delle merci di scambio, è vero, ma le
guerre non si vincono con i fiori, dico bene?»
«Dice bene, sì, è così che, purtroppo, ruota il mondo.»
Concordo, avvicinandomi alle bottiglie di liquore su un tavolino vicino al
muro. «Prende qualcosa da bere?» Domando, rivolta al dipinto astratto appeso
alla parete.
«Liscio.»
Annuisco, e riempio due bicchieri per entrambi. «Tuttavia, credo
lei abbia frainteso la mia relazione con suo nipote. Prima di quella sera non
l’ho mai visto, è dunque normale io non capisca molte delle sue azioni, perché
vede, io, Vegeta, ho smesso di conoscerlo molto tempo fa.» Tento di chiarire la
mia estraneità ai fatti, voglio sembrare lucida e cosciente, solo così potrei
vincere questo fuligginosa battaglia verbale, iniziata a suo tempo con un
inutile “Lei sa che il suo protetto ha ucciso due uomini!”.
«Non avrei mai rischiato di venire qui, oggi, se
non fossi convinto di essere nel giusto. Non mi induca a credere che voi non vi
siete mai visti in segreto, perché potrei fornirle la lista di tutti gli eventi
mondani a cui avete partecipato entrambi.»
Compio uno sforzo enorme per non lasciar trapelare la mia
sorpresa, mentre mi chiedo se è sua intenzione depistarmi o se, davvero, seppur
inconsapevole, io sia stata agli stessi eventi mondani di Vegeta. Freezer, da
parte sua, si concede un breve sorso, e continua a parlare. «Potrebbe essere
stato soltanto un caso, è vero; eppure, converrà sia strano che un tipo
asociale come mio nipote, decida di presenziare soltanto agli eventi in cui era
certo l’avrebbe incontrata, magari in segreto.»
«Dove vuole arrivare?» Tento di prendere tempo, per
raccogliere una giustificazione per l’ennesimo comportamento oscuro del nostro
oggetto di conversazione.
«Che potrei arrivare a pensare vi siete messi d’accordo
allo scopo di eliminare me dal mercato, infangando la mia buona reputazione, ad
esempio. Non la sto minacciando, ma bisogna ammettere sarà difficile per lei
giustificare alla giuria questa sua affezione e interessamento incondizionato
per qualcuno che, stando alla sua ammissione, non ha visto per anni.» Agita il
liquore nel bicchiere massiccio, osserva i rivoli d’alcool discendere
lentamente dalla superficie vetrosa. «O magari è davvero tutto un macchinoso
scherzo del destino, oh!» Beve ancora, spegnendo il sorriso con un sorso.
«Scelga bene la sua parte, perché sarà ugualmente difficile dimostrare la buona
fede e la sanità mentale di qualcuno che ha passato quasi tre anni nella
prigione di Shadow Bay.»
Finisce il liquore, prima di congedarsi. «Ne parli pure con il suo legale, sono
certo che, con un po’ di collaborazione, riusciremo a raggiungere un buon
compromesso per tutti.»
Shadow Bay è la prigione incubo di chiunque sia stato
abbastanza sfortunato da capitarci. Vi sono storie, a riguardo, di ex detenuti
torturati e seviziati per confessare i propri crimini agli inquisitori. Un
luogo in cui il concetto di giustizia e legalità si perde nella risacca di un
impietoso bagno penale.
«Mi stai dicendo che Vegeta è stato a Shadow
Bay, negli anni in cui non ha lavorato per Freezer?»
Domando ancora incredula a Goku da cui sono corsa dopo il mio incontro.
«Beh, teoricamente non dovrei dirtelo, Eh eh!» Si gratta la zazzera, e cambia di posto,
dall’estremità destra a quella sinistra della scrivania, a una cornice
d’argento con una foto di Chichi e i suoi figli. Sospira. «Vegeta è un tipo
molto riservato, non credo voglia tu sappia cos’ha passato. Io lo so perché,
beh, essendo il suo avvocato, ha dovuto spiegarmi alcune cose e ho dovuto
investigare su altre; ma ti assicuro che avrebbe evitato volentieri.» Aggiunge
lesto, quasi nel timore di aver avvilito la mia convinzione di essere la
confidente prediletta di Vegeta. «Poi anche a saperlo, non avresti cambiato idea
sul suo conto, o no?» Si accerta, infine, con un occhiolino. Il solito Goku.
«Non me ne importa un accidenti di dov’è stato o cos’ha
fatto!» Chiarisco. Sono solo arrabbiata con me stessa perché non riesco a
fargli capire che può fidarsi di me. Una volta per tutte. «Secondo te sapeva
che Freezer sarebbe venuto da me?»
«Non saprei, Vegeta ha una mente complessa. Sinceramente,
non riesco a stargli dietro.» Sparpaglia i documenti del processo sul piano da
lavoro. «Mi ha detto che avresti qualcosa per me!»
«Raccontami prima cosa gli è successo. Voglio capire fino a che
punto devo odiare i suoi nemici.»
Il
suonatore raggiunge il solito albero nella strada assolata. Attacca
l’amplificatore alla chitarra, dello stesso colore della sua barba ingrigita
dall’età, e la sistema bene alla spalla. Ogni giorno è più pesante, e quella
spalla sempre più dolorante, ma canterà lo stesso, per racimolare i soldi
necessari per una zuppa calda a cena. Schiarisce la voce, strimpella alcune note, e attacca:
Someone told me long ago there's a calm before the storm
I know, it's been comin' for some time
When it's over, so they say, it'll rain a sunny day
I know, shinin' down like water…
Quando salto la scuola vado per negozi, di solito. Oggi, invece, resto con lui,
Vegeta, e mi pare che il mondo ci ruoti intorno senza importanza, distesi sul
tappeto a studiare, rivolti al soffitto, libri sul petto… Ma non riesco a
pensare a Kant: mi sento bruciare nella parte del mio corpo a lui più vicina,
un moto d’amore nel ventre illibato e, nonostante io stia leggendo di ragione,
la perdo, senza avere il coraggio di chiedere ciò che più mi preme: hai davvero
provato a violentare Diciotto, Vegeta? Lo osservo, neanche fosse un animale
raro; il suo odore mi scioglie le ossa e mi riduco ad una poltiglia di
emozioni. È questo il risultato per non averlo visto da due settimane? Vorrei
piacergli tanto da entrargli in testa e, finalmente, capire cosa pensa, di me,
di se stesso, di tutti.
Mi sollevo
sui gomiti. «Vegeta?»
I wanna know, have you
ever seen the rain?
Comin’down on a sunny day?
«La finestra resta aperta, se hai freddo metti la giacca.» Non distoglie
l’attenzione da filosofia, «Se è per la musica, tirargli qualcosa così la
smette. Ma nulla che comprenda i miei libri.»
«Non ho freddo e non m’interessa del suonatore di strada.»
Yesterday
and days before, sun is cold and rain is hard
I know, been that way for all my time
«É per qualcosa che non hai capito?» Assume, quindi, arrogante. Non vede
mai l’ora di dimostrare quanto sia intelligente e veloce a capire testi
difficili. Invece, vorrei solo mi dimostrasse che posso fidarmi, che non devo
avere paura di stargli accanto e che non si sta perdendo.
Graffio il tappeto soffice e polveroso; rilascio anche quanto
vorrei dirgli, raccogliendo il suo sguardo su di me. «In parte, ma non riguarda Kant.»
«Allora?»
'Til forever, on it goes through the
circle, fast and slow
I know, it can't stop, I wonder
«Sai,
mi è giunta voce che non hai la più pallida idea di come si stia con una
donna!» Dico, dopo averci pensato per giorni, la prima, irrimediabile
sciocchezza venutami a braccio.
«Eh?! Ma ti sembra il caso di dire certe cose?»
«Beh, non è per questo che hai quel segno sul collo?» Gli
indico il famigerato morso con un cenno.
Credo di averlo confuso ma ci pensa su un attimo. «È chiaro che
qualcuno non ha idea di come si stai con un uomo.» Decreta infine con un
ghigno, riferendosi a Diciotto. «Tsk, non sapevo
foste diventate tanto amiche.»
«Certo, siamo ragazze; mai sentito parlare di solidarietà
femminile?» È, ovviamente, una menzogna ma ho intenzione di girare intorno
all’argomento così da indurlo a parlare il più possibile. «Mi ha raccontato
tutto.» Rincaro la dose, erroneamente, perché dalla sua espressione arguisco di
averlo reso sospettoso. «Ah sì?»
Penso che per convincerlo della mia sincerità sia meglio
aggiungere un particolare piccante e plausibile. «So di come l’hai spogliata, lentamente.»
Ed arrossisce. Ed arrossisco anch’io guardandolo, perché lo vedo in imbarazzo
per la prima volta. Gli sorrido, avendo raggiunto, con un po’ di fortuna,
almeno una certezza: chi reagisce così per frasi simili non potrebbe mai
violentare nessuno. Eppure… non ha avuto rispetto per lei davanti a Crilin e me
e l’ha fatta maltrattare da Cell e, lei, non ha forse pianto lacrime nascoste? O è solo la mia
gelosia a volerlo innocente?
'Til forever, on
it goes through the circle, fast and slow
I know, it can't stop, I wonder
I wanna know, have you ever seen the
rain?
«Vegeta?»
«Vegeta!» Ripete, tempestiva, un’altra voce, dal fantasma
di un ragazzino assonnato, appena sveglio, che avanza verso di noi. Vedendomi,
si blocca.
Raccolgo le gambe. «Ciao! Tu devi essere Turble!» Indossa una
maglietta troppo larga per il suo fisico gracile e macilento; mi guarda
stralunato e sospettoso.
«Whoisshe?»
Biascica in inglese rivolgendosi al fratello.
«Una compagna di classe.» Spiega Vegeta, senza smettere di
leggere il suo libro.
«Doesn’t she
have classes in the morning?»
Parlano in fretta e mi è difficile capirli, così non colgo del
tutto la battuta di Vegeta. «Not when
we are planning to kill you!» Gli scorgo un ghigno da dietro la pagine; chiude il
manuale e si alza in piedi. Avvicinatosi alla finestra, la chiude. «Non ti
hanno insegnato che è da maleducati parlare in una lingua che non tutti
conoscono bene?»
Turble esita, raccoglie un braccio nell’altra mano e,
sempre ignorandomi, aggiunge: «I heard voices…»
«Nonsense. Erano le nostre.»
«You’re supposed to protect me, not to invite strangers home!»
«And you’re supposed
to behave!» Tuona il maggiore, ora nella stessa
lingua. «So, behave.»
Il ragazzino, tuttavia, non demorde né cambia modo di
esprimersi e, con quegli occhi tanto simili all’altro, bercia un rimprovero. «I highly doubt our father would appreciate your way of life, Vegeta!»
«Vorrà dire che gli chiederò scusa non appena lo vedo.» Se la ride in
risposta quest’utlimo, mentre il fratello decide di
sedersi direttamente per terra, schiena al muro, a debita distanza da me di cui
non credo si fidi. «Devi perdonarlo, Brief, Turble non è esattamente normale.»
Un’aggiunta innecessaria la sua, che infatti gli procura una librata, schivata,
da parte del fratello, dopo aver preso la prima cosa capitatagli tra le mani. «Though having to sit on the floor
is absolutely normal for you, isn’t it?»
«Te l’ho spiegato il motivo.»
«Being stubborn?»
«Non ho intenzione di chiedere altri soldi allo zio, poi
smettila di parlare in inglese! Ora fammi studiare.» È l’ultima parola di Vegeta,
che torna a stendersi sul tappeto, pancia in sotto stavolta, tuffandosi nei
teoremi filosofici argomento della prossima interrogazione.
Tuttavia, i testardi nella stanza sono due, e se uno ha propeso
per un ostinato silenzio, il secondo, Turble, è risoluto a sostenere le proprie
convinzioni a discapito della pazienza di Vegeta e della mia che vorrei
continuare il mio discorso.
«You don’t have to do this! It’s been two weeks since the last time you went to school.
How can you face the final exam if you keep missing classes!»
Turble non può scorgere come Vegeta, che lo fronteggia di spalle, stia
reclamando tutto il suo autocontrollo stringendo i pugni sulle pagine su cui
tenta, invano, di puntare la propria concentrazione. Non risponde subito, fa un
lungo respiro.
«Hey, I’m
talking to you!» Esorta
nuovamente il più piccolo, imperterrito nel suo linguaggio d’oltre manica; non
gli importa di essere maleducato, e cambiare argomento è per lui una latente
alternativa. Si comporta come se io non esistessi, come se, dare conto della
mia presenza, potesse in qualche modo scombinare il suo flebile equilibrio
psichico, subordinando ciò che più gli preme chiarire alla paura di trovarsi in
pericolo. Ha qualcosa da dire, e vuole dirla adesso. «You
cannot have me here!»
«Mi pare abbastanza chiaro che non dipende da me! Comunque
ne parliamo dopo, non è il momento adesso.» Conclude Vegeta in un’ennesima
manciata di autocontrollo, ed immagino si riferisca alla mia presenza. Tanto
difficile è però avere a che fare con un giovane adolescente, voglioso di
proteggere i propri diritti a discapito dei presenti. «And when is the right moment for you, Vegeta, uh? Not when there’s Lazzuli nor when we’re alone ‘cause
you cannot be bothered, and now? If you trust this girl to be here, I believe
she can listen too!» Sbotta, tutto d’un fiato,
adesso indicandomi con il dito; mi sento chiamata in causa senza nemmeno
comprendere a pieno il motivo. Fossi stata un’altra persona a quest’ora me ne
sarei andata via, essendo invece me stessa, sarebbe un torto alla mia curiosità
se andassi via proprio adesso che potrei finalmente conoscere qualche
particolare della misteriosa vita del mio amore non tanto nascosto. Il quale,
perduto irreparabilmente il proprio “self-control”, si alza in piedi come un
vulcano in eruzione, e tuona: «Would you, please, shut up? Or do you reallly want to piss me off?» È già abbastanza nervoso per aver perso molti
giorni di scuola per la difficoltà di trovare una sistemazione adeguata al
fratello, il quale continua a tirare la corda.
«Why don’t
you understand I’m truly in danger,
Vegeta?» Urla quindi di rimando, issandosi in piedi. «I cannot stay here, I don’t want to stay in
those awful clinics either, I could only stay with mum!»
E, nella stretta pronuncia inglese, nel vomito di parole straniere di
entrambi, mi giunge chiara quest’ultima parola: mum,
mamma!
«Turble, how many
times do I need to repeat myself?»
«And how many times do I? You promised, Vegeta! You
promised!» Batte un colpo a terra.
«I have never made such a promise!»
«Yes, you did! You did
promise you’d be looking
for her» Si scontrano a distanza, colpendosi a
vicenda con le proprie assunzioni urlate. «You’re just a lazy bastard! You only want me to die!»
Lo accusa alla fine, grondante copiose lacrime su per le guance scarne.
«Maybe I do, so I’d be finally able
to live my fucking life!»
Si dicono molte cose litigando, poche pensate veramente e credo anche
per Vegeta sia così, tuttavia riesce lo stesso a mortificare Turble, scosso dai
singhiozzi. «It wouldn’t even
be difficult! There’s not so many people sharing her name!»
Riprende piangendo, trafitto al cuore da ciò che resta della sua
famiglia. «Please, if I stay
here, you’ll hate me. Please, don’t… don’t hate me!»
«Non credo che tuo fratello ti odi, Turble!» Penso bene di intromettermi
per prendere le parti del mio amico, nella speranza di mettere un freno a
questa straziante conversazione e riprendere la nostra. L’intervento riesce
però soltanto a raggelare il mio interlocutore, che sgrana gli occhi su di me e
urla con tutto se stesso ripetendo al fratello di non odiarlo, di aiutarlo,
senza tuttavia impietosirlo: Vegeta lo osserva in silenzio, probabilmente
abituato a questo genere di crisi isteriche; ma negli occhi neri gli brilla già
una certa sodomia, quando decide di svelare: «She cannot be found, she’s dead, Turble.»
«Lies, our father
told me she had to run away!»
Oh se un dio dell’odio potesse esistere, personificato da qualcuno,
questi non sarebbe che Vegeta! Il cui rancore gli corre indomito nello sguardo,
prima ancora che nei suoi passi, portandolo vicino al fratello distrutto a cui,
calmo e sprezzante, dice: «I know that
for sure, because I was there the day
she died, as it happened
to be the same day of your birth.»
Come non provare dolore, davanti a due occhioni grandi e neri come
la profonda tristezza di Turble, incapace se credere o meno alla rivelazione?
Ma nessuna corda si smuove nell’animo di Vegeta, inflessibile nella sua
sviolinata; s’inginocchia vicino e, messagli una mano sulla testa, come se non
avesse affatto parlato fino a quel momento, aggiunge: «So did
our mother promise me that she would be back soon, but she
never did because of you. E adesso prendi
le tue medicine e sta’ zitto, perché devo studiare.» E Turble, fattosi docile
come un agnellino spaventato, annuisce; ora sì, ora è certo che suo fratello lo
odia davvero e ne conosce il motivo.
Persino io dovrei capire che, l’unica persona da cui stare in
guardia, è l’unica di cui mi sia mai innamorata veramente? Non capisco che è
solo ossessione.
Vegeta ha però ancora voglia di esagerare e, lisciando la chioma
al minore, infligge (ma sorridendo!) il colpo di grazia. «Sai, credo proprio
che al tuo compleanno ti regalerò una corda, così ti ci impicchi!» Così Turble,
in un'indecisa confusione, sceglie di ridere anche lui, di gusto, sperando sia
stato tutto uno scherzo.
Continua…
Ciao a tutti e tutte! Spero che questo aggiornamento vi sia
piaciuto. Grazie di aver letto fin qui e a coloro che hanno aggiunto la storia
alle preferite.
Vorrei solo aggiungere un paio di cosette: la canzone usata
per questo capitolo è “Have you
ever seen the rain” di Creedence Clearwater
Revival (il nome del gruppo forse non vi dirà nulla, ma giuro che si tratta di
una canzone famose che avrete sentito centinaia di volte xD).
Il luogo “Shadow Bay” è sì inventato, ma ho preso il nome in prestito dal
videogioco Metal Gear Solid.
Questo è tutto, continuate a fare buone vacanze! :)