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Autore: Beneath_Your_Beautiful_    09/07/2015    0 recensioni
"Se prendessi la strada sbagliata i tuoi occhi mi guiderebbero sulla diritta via."
-Ed Sheeran
(raccolta di song-fic dedicate alle ship dei One Direction ispirate alle canzoni di Ed Sheeran)
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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A Niall, che con un sorriso
mi ha fatto scoprire il suo mondo.
Should this be the last thing I see?

Avevo immaginato tante volte il giorno in cui avrei trovato la persona giusta da amare, ma non lo avevo di certo immaginato così. Come così, non avevo immaginato la persona per cui avrei perso tutto me stesso.
Mi ero sempre guardato intorno, amavo farlo. Scrutavo qualsiasi cosa, ogni minimo dettaglio per poi imprimere i ricordi della mia mente e le sensazioni del mio cuore su tela.
Si, sono un pittore.
Uno di quelli falliti che si ritrovano a dover vendere le loro opere per i cartelloni pubblicitari più disparati di New York.
Un pittore fallito, avrei detto, ed era così che mi aveva definito lui la prima volta che ci eravamo incontrati. In realtà aveva mostrato un fastidio celato dalla sua troppa gentilezza, però mi aveva fatto intendere quanto quello che stessi facendo gli desse fastidio.
Mi chiamo Liam, Liam Payne e penso di non aver mai concluso nulla di straordinario nella mia vita, ma qualcosa di buono si. Ho molti obbiettivi e ho sempre pensato che la mia determinazione mi avrebbe portato lontano. Se per “lontano” avessi inteso la baia di Long Island che mi ritrovavo a ritrarre ogni giorno in diversi momenti della giornata, beh.. ero sicuramente in alto su quella collina. Ma la parte che in assoluto preferivo di quel posto era il punto in cui mare e terra si toccavano.
C’era un piccolo locale nella parte più esposta della baia, poco frequentato e tranquillo. La casupola era costruita su delle palafitte in legno, così come in legno era anche il locale e il piccolo spiazzale in cui sarebbero dovuti stare i tavolini. I proprietari avevano deciso di darla vinta alla poca gente e al clima facilmente variabile e l’unica zona del locale agibile era l’interno di esso. Mi ritrovavo lì ogni pomeriggio. Era davvero un luogo troppo tranquillo perché non potesse essere il luogo della mia più profonda ispirazione. Questo ovviamente finché non lo avevo conosciuto.
Il locale si chiamava “La baia di Poseidone”. Si narrava una leggenda infatti su quel posto: si diceva che era proprio in quel luogo che una volta sorgeva un campo di mezzosangue, ragazzi metà dei e metà comuni mortali, figli di un dio e di un umano. È stato grazie a questa storia che io e Niall ci siamo conosciuti.
Era il 13 giugno, lo ricordo come fosse ieri. Mancava una settimana circa al primo giorno d’estate, ma a Long Island faceva già abbastanza caldo per un bel bagno. E quale poteva essere il posto migliore per un bagno se non la baia, che come urlava il cartello del locale che lì si stanziava, apparteneva a Poseidone? Non avevo mai creduto a quelle storie, non credevo a ciò che non potevo vedere. Ero una persona molto materialista e realista per potermi riempire la testa di frottole. Quel pomeriggio decisi di scendere in quello che era in assoluto il posto che amavo di più, e come al solito portai con me cavalletto, tela e la tavoloccia dei colori. Avevo dipinto quel posto un centinaio di volte, con l’unica variazione delle sfumature che il sole dava riflettendo la luce sul mare cristallino. Quel giorno decisi che probabilmente avrei potuto fare un bagno per rilassarmi, dopo la mia solita seduta da pittore. Dipingere era come un bagno caldo, o una camomilla o come ascoltare certe canzoni o certi cantati, di quelli che ti calmano anche se intorno a te infuria la tempesta. Dipingere non è solo imprimere su carta ciò che si vede, ma saperlo interpretare e capire. Quando dipingo mi ritrovo a lasciare sempre una piccola parte di me in quel lavoro, perché dipingere è un reinterpretare ciò che si ha sotto gli occhi tutti i giorni, o ciò che non si è mai visto. Dipingere vuol dire fermare l’istante catturato e l’emozione provata sulla tela che si ha davanti. Si possono dipingere cose, persone, istanti ed emozioni, ma io amo i paesaggi. Nei paesaggi ci sono i colori, e per me i colori sono la cosa più bella al mondo. I colori scaturiscono da molte cose, ma soprattutto dai sentimenti, dall’amore, dalla felicità, dalla pazzia. Ogni emozione ha un colore, così come ogni persona. Amo attribuire i colori alle persone, anche mentre cammino per strada ogni persona, ogni volto, ogni espressione ha un colore. Quello che preferisco in assoluto è l’arancione, ed è per questo che amavo la baia al tramonto. L’arancione riesce a comunicarmi molte emozioni. Vedo la speranza nell’arancione tendente al rosa, la determinazione nella fase in cui è più acceso e la malinconia mentre diventa rosso. E se adesso ci penso le mie labbra si increspano in un piccolo sorriso, mi sento così stupido e nel pensare che adesso tutti questi tre colori sono i colori che rappresentano la persona che amo, mi sento soprattutto bene.

Posiziono il mio cavalletto sullo spiazzale del locale. Il proprietario mi da’ il permesso di accedere a quel posto, che diventa man mano sempre più pericolante. Mi metto subito dopo la passerella che lo collega al locale, lontano dal punto in cui lo spiazzale si affaccia completamente sul mare. Così ho una visuale migliore, vedo le colline stagliarsi dinnanzi a me, e il sole timido dietro di loro. E’ il momento giusto da ritrarre, il mio preferito. Questa volta decido di cambiare angolazione, dirigendo lo sguardo esattamente dinnanzi le colline. Il sole è ancora forte e a volte mi brucia la vista, e nello stesso modo mi accarezza la pelle, caldo,  mi permette di rilassarmi del tutto. La mano viaggia da sola, tratteggiando delle linee sottili dettate dallo sguardo e mi lascio trasportare dall’istinto, dalle emozioni che esplodono dentro me, in una fitta di calore al petto, un calore più forte di quello del sole che timido comincia a nascondersi dietro le colline. Mi sento come immerso nel quadro che sto per creare, catapultato al suo interno per magia, come se avessi la capacità di disegnare il mondo che mi circonda proprio come piace a me. E c’è il sole, il calore, e la calma. Una calma assurda.
Una calma che pian piano viene interrotta da un voce sottile e titubante, che ripete ritmicamente delle parole. È una voce insicura, ma porta con se un canto, un inno all’amore; quella voce è un manifesto di serenità e felicità. E quelle parole così forti echeggiano nella mia mente, e cambiano i colori del mio mondo.

“And all of the voices surrounding us here, they just fade out when you take a breath. Just say the word and I will disappear into the wilderness.”
E allora lo vedo, stagliarsi sul tramonto, smorzandolo con la sua figura propensa verso l’acqua. Lo vedo interrompere la monotonia del mio quadro e cambiarlo, dandogli un altro ritmo. Lo vedo stagliarsi sulla mia tela quando, senza riuscire a fermarmi, lo dipingo come una figura indistinta. E mentre penso che no, lui non fa parte del mi paesaggio, che no, non ho mai ritratto una persona a contatto con la natura, mentre penso che lui stia rovinando la mia opera e distruggendo la serenità del mio lavoro a causa dei tratti veloci e imprecisi, mentre penso questo, la sua voce guida le mie mani e le mie emozioni e non riesco a fermarmi. Sono sicuro che quello che sto facendo non mi piace, che probabilmente strapperò quel dipinto e lo butterò in mare perché l’uomo tende sempre a distruggere ciò che tocca. E quel ragazzo dentro la mia tela distruggerà la naturalezza del mio mondo. Ma mentre penso tutto questo, e il colore del mio animo diventa sempre più nero, sempre più vicino al buio che sta per avvolgere la baia, mentre la rabbia di non riuscire a fermarmi mi assale, lui si gira.
 
You look so beautiful in this light
your silhouette over me.
The way it brings out the blue in your eyes
is Tenerife Sea.

Potrebbe essere questa l’ultima cosa che vedo?
La sua figura all’orizzonte si rivela in tutta la sua bellezza. È davvero mingherlino e sembra quasi che la leggera brezza che si sta sollevando quella sera possa spazzarlo via. I suoi capelli biondi sono illuminati dagli ultimi raggi di sole e sembrano quasi dorati. Ha un libro fra le mani, e legge qualche frase, per poi modificarla con la matita che mordicchia nervoso.

E i suoi occhi.
Sono piccoli, di un blu spento, lattiginosi, e poi sorride. Mi sorride per cortesia, per gentilezza, forse per scusarsi. Diamine! Mi fotte il cervello all’istante. Sento che quel sorriso potrebbe spazzare via tutto, perché è quello che sta facendo. Sorride e tutto in lui fa lo stesso. Sorridono le sue labbra, scoprendo i denti perfetti, sorridono i suoi occhi che si illuminano e diventano chiari come specchi, cristallini come l’acqua, sorride e la mia anima trema. E il calore e la tranquillità che prima erano dovuti al sole e alla pittura, ai colori del tramonto, quelli sono solo un lontano ricordo. Il calore fisso nel mio petto esplode, come una stella, e si irradia dappertutto. E sento che potrei morire in quell’istante ma andrebbe bene, perché ho provato la felicità. 
Potrebbe essere questa l’ultima cosa che vedo?
Non ho creduto a molte cose in vita mia se non a me stesso con il passare del tempo, ma penso proprio che lui debba essere una qualche specie di angelo o un dio perché no, continuo a ripetermi che no, non può esistere una persona che solo sorridendo riesca a comunicarti tanto. Non è umanamente possibile. Non può davvero esistere una sensazione del genere. Che colore è? È rosso? O giallo? Forse è bianco, una tela bianca da dover dipingere. Una tela bianca che si riempie di colori. Che colore è quel ragazzo che con un solo sorriso mi sta facendo sentire la persona più viva al mondo?
Ma chi è? E cosa vuole da me?
Non riesco a pensare ad altro. Non riesco ad avere nient’altro in mente che non sia il suo sorriso. E il mio mondo sparisce, e Long Island e il tramonto pure. Tutto sparisce mentre lui sembra essere il sole della mia galassia, intorno a lui tutto sembra girare e non riesco a fare altro che avere il suo sorriso che invade i miei sensi. Può sembrare stupido o assurdo, perché lo è, ma lui sta riuscendo in qualcosa di cui nessuno è mai stato capace.

È la persona più bella di tutto l’Universo in assoluto e non c’è dubbio.
-Tutto bene?- mi chiede e capisco che qualcosa non deve andare proprio per il verso giusto.-Ti.. ti va di prendere qualcosa con me?- e non so da dove prendo quelle parole, o il coraggio stesso di pronunciarle, ma so solo che voglio che lui continui a farmi sentire vivo. Mi guarda perplesso, si sporge verso il mio dipinto che non mi preoccupo di celare dai suoi occhi che non riesco a pensare possano essere indiscreti, fa una piccola smorfia e poi risponde.
-Non dovevamo prendere qualcosa?- ride. E io non capisco. Mi indica il locale che è un po’ più sopra di noi e mi rendo istintivamente conto che noi siamo sulla spiaggia, con il mare a pochi centimetri da noi. Non riesco a ritornare alla realtà, è come se il suo sorriso mi abbia trasportato in un’altra realtà in cui per la prima volta non so quel che faccio. Ho sempre avuto il controllo delle mie azioni, o almeno ho imparato da quando mi sono ritrovato solo e tale ho preferito restare. Porto le mani davanti la mia faccia, a coprirla, cercando di chiarire i pensieri confusi della mia mente e le sue immagini offuscate. Il ragazzo mi resta a fianco, continua a guardare irrequieto il libro che ha con sé, ma non come se fosse a disagio, semplicemente come se la sua mente stesse lavorando alla ricerca di qualcosa. I suoi occhi scrutano l’orizzonte, sfiorano delicatamente le colline per atterrare come la lieve brezza di primavera sull’acqua. Sono curiosi, e vivi. Sa cosa cerca ma non sa dove trovarlo.
Proprio come me. Sto cercando me stesso ma non so in quale parte del mio essere si sia nascosto. E allora apro gli occhi, e solo dopo essermi accorto di aver solo immaginato i gesti del ragazzo accanto a me, lo guardo. Lo osservo. Lo divoro con gli occhi più di quanto non sia già abituato a fare. Non appare diverso da come la mia mente lo ha immaginato e la cosa è molto inquietante. È come se lui stesse scrivendo i miei pensieri, come se li stesse estraendo dalla mia mente per poi assorbirli e interpretarli. O forse è solo la mia forte immaginazione da pittore. 
Ricordati che non tutti sono come te, per questo hai deciso di restare solo.
Non scaccio quel pensiero, lo assorbo, come sono abituato a fare da molto, e lo riformulo, lo modello come piace a me.
-Scusami…- blatero e lo lascio lì, senza neanche fermarmi a guardare la sua espressione.
 
-“Non credo al caso, né al colpo di fulmine, e pensai che non avrei più rivisto quel ragazzo…”- recita ad alta voce il biondo davanti a me.–Niall, dannazione!- lo riprendo. –“Pensai anche che mi andava bene così perché volevo mettere al primo posto me stesso e se non avessi capito cosa mi era successo non avrei smosso alcun passo avanti.”­- lo polverizzo con lo sguardo affacciandomi da dietro la tela e lui si immobilizza mentre cerca di trattenere un sorriso. Ma non ci riesce e il mio mondo esplode mentre lui esplode a ridere e si contorce su se stesso.–Sei buffo, Lee. Dovresti vederti. Oh ti prego, lo faccio io un ritratto a te, ti prego.- continuo a guardarlo in cagnesco mentre lo stesso calore di sempre mi avvolge. Lui non riuscirà mai a capirlo, non riuscirà mai a capire quanto riesca a farmi sentire felice e amato. –Scusami…-sussurra e ritorna composto, tenendo il libro ben in vista fra le mani.
 
Should this be the last thing I see?
I want you to know it’s enough for me
‘cause all that you are is all that I’ll ever need.

Non credo al caso, né al colpo di fulmine, e pensai che non avrei più rivisto quel ragazzo. Pensai anche che mi andava bene così perché volevo mettere al primo posto me stesso e se non avessi capito cosa mi era successo non avrei smosso alcun passo avanti. 
Quindi ritornai indietro. Ogni giorno, dall’alba fino al tramonto mi ritrovavo a “La baia di Poseidone”, in quell’immenso spiazzale. Il padrone del locale ormai mi conosceva e facendomelo intuire aveva riservato lo spiazzale per me; nessuno lo utilizzava più, quindi potevo farlo io.
Il giorno dopo ci ritornai, senza sapere cosa volevo o cosa mi aspettavo. La sera prima non ero riuscito a chiarirmi alcuna idea, ero ancora confuso e non capivo ed era per questo che il giorno seguente avevo deciso di tornare in quel posto. Mi convincevo che fosse perché volevo finire il dipinto del giorno precedente, e di quello precedente ancora, in cui come un fulmine a ciel sereno svettava il ragazzo dai capelli color oro e il sorriso grande. 
Oggi è passata esattamente una settimana dalla prima volta in cui l’ho visto, e credo di aver capito. Ci ho messo parecchio, ma penso di aver capito. Non ero più abituato a mentire a me stesso, e ho avuto la conferma che facendolo non mi procuro del bene. Era tutto così semplice che mi ostinavo a non ammettere tale semplicità. Non riesco ancora a capire il significato di ciò che ho provato. Qualcosa dentro di me sussurra che sia amore, ma non ci voglio credere e non voglio ammetterlo, perché l’amore mi ha sempre fottuto. Il che sarebbe logico se volessi ammettere un collegamento con il modo in cui quel ragazzo ha fottuto il mio cervello.
Quando ero un adolescente ed ero in una ricerca disperata di qualcosa o per meglio dire 
qualcuno che mi completasse avrei visto chiunque come una potenziale metà di me. Alla fine non ci avevo provato con nessuno perché le persone con cui ci provavo si erano rivelate sbagliate. Ero sempre andato alla ricerca dell’anima gemella, che per una logica predisposta doveva essere una donna; avevo ben presto scoperto però che l’unica persona di cui mi ero perdutamente innamorato era un ragazzo, che per mia sfortuna era etero. Mi guardavo sempre intorno, mi colpivano diverse ragazze e guardavo con malizia i ragazzi, facevo qualche commentino su di loro, per scherzo. Quello che la mia mente non aveva ancora capito era che non era uno scherzo, ma ciò che davvero desideravo. Ogni ragazza che mi degnasse di considerazione, perché ero timido e davvero troppo dolce, era per me la mia futura ragazza. Alla fine si scopriva che in realtà non ero altro che un amico con il quale confidarsi, perché avrebbe sempre trovato le parole giuste da dire. Mai una ragazza, e solo adesso, a ventun’anni, avevo smesso di cercare. Era inutile pensare che ad ogni movimento di farfalla nel mio petto, ad ogni attrazione creata dalla mia mente o ad ogni battito del mio cuore… allora quello poteva definirsi amore. No, a ventun’anni non sapevo cosa si provava ad essere innamorati e ricambiati. Avevo deciso ben tre anni fa che avrei solo pensato a me stesso. Non era un atto di egoismo, ma solo un modo per ritrovare ciò che avevo perso durante il cammino dell’adolescenza o scoprire ciò che non sapevo di me. Da qui era nata la passione per la pittura. Alcuni fra i più grandi artisti hanno anche grandi storie, sanno già cosa vogliono fin da bambini e da tale età cominciano a praticare ciò che poi sarà il loro futuro mestiere. Io ero convinto di voler diventare uno scrittore. Ero bravo con le parole, o almeno così dicevano gli altri, e volevo cantare. Si, la mia voce non era male. Ma di tutte quelle che erano le mie capacità avevo preso in considerazione quelle sbagliate, e lo capivo adesso. 
Come potevo cantare se amavo la solitudine e non avrei permesso a nessuno di ascoltare la mia voce mentre cantavo? E come potevo scrivere se non avevo un chiaro obbiettivo o qualcosa di cui scrivere? Per essere un cantante devi farti amare dal pubblico, e nessuno aveva mai amato me. Non sapevo cosa volesse dire, quindi non potevo farmi portavoce di qualcosa che non conoscevo. Per essere uno scrittore avrei dovuto avere una storia, che io non avevo. Nessuno avrebbe mai letto di un tizio che si chiama Liam Payne, né tanto meno ne avrebbe ascoltato la voce.

-“Piam Layne, il ritratto di un cantante”…- non lo considerai, fintanto che stava fermo. –Lo leggeranno. Leggeranno di te Lee.- il suo entusiasmo era così grande che ci credevo. Ci credevo perché era lui a dirlo, ci credevo perché quel libro lo aveva scritto lui. Erano le sue parole, e escludendo la storia, le parole di Niall Horan non possono far altro che incantarti. Lui non può far altro che incantarti.
-Should this be the last thing I see…- sussuro fra me e me, troppo preso da ciò che sto ritraendo per potermene rendere conto. Me ne accorgo solo quando lui sorride e sento il gorgoglio della sua voce. So che mi sta scrutando con i suoi occhi lattiginosi dopo aver alzato la testa successivamente ad un piccolo momento di felicità. Mi sta scrutando e.. –Amo la tua voce, Piam.- non gli rispondo, continuo ad ignorarlo. Se provassi a guardarlo adesso, non finirei mai quel dipinto.
-…I want you to know it’s enough for me…- continua lui mentre io lo amo.
 
Continuavo a scrutare quel dipinto, convincendomi che ci fosse qualcosa di sbagliato, che quell’essere umano cozzasse con la natura; ma più lo guardavo, più quella figura esile e accennata non faceva altro che arricchire il dipinto, come se avesse sempre dovuto trovarsi lì dentro, nel mio mondo. E tutto questo è troppo assurdo, è come le storie che si leggono sui libri e io sono troppo scettico per poterci credere. Non voglio convincermi che l’amore sia quello descritto nelle favole che si leggono ai bambini o nei romanzi degli adolescenti, perché se fosse stato così Zayn Malik non mi avrebbe abbandonato.
Mi allontano dalla tela, controllando che sia ben ferma sul cavalletto, poggio a terra i colori e il pennello e mi affaccio al parapetto. 
 
Quello che vedo dopo è la mia storia. È il libro che Niall ha scritto e l’amore che abbiamo consumato. Perché per una volta non è stato l’amore a consumare l’uomo, ma l’uomo a consumare l’amore. Non è stato l’uomo a corrodere la natura, né la natura a corrodere l’uomo. È stato un dipinto, una sequenza di parole messe una dopo l’altra a creare un capolavoro, uomo e natura che insieme creano amore e felicità.
 
-Chi sei?- mi urla alzando lo sguardo e scrutandomi. 
È stato lì sotto. È sempre stato lì sotto e io per tutto questo tempo l’ho aspettato.
-Ti ho aspettato per una settimana. Domani è estate!- esclama entusiasta, come se fosse un’informazione di vitale importanza.
Lui era lì. Io ero qui. Noi due c’eravamo.
E in quel momento faccio la cosa più pazza e insensata della mia vita. Mi tolgo la camicia a quadri blu e le converse bianche, salgo sul parapetto e mi butto giù. Constato che l’acqua è molto profonda solo dopo che non mi sfracello e ritorno a galla ancora vivo. E il ragazzo ride. 
Ride. Lui non mi crede pazzo, non mi guarda come se fossi un estraneo, come se avessi appena fatto una cazzata e avessi rischiato di morire. Chi sei? rimbomba nella mia mente ed è la stessa domanda che vorrei porgli io. 
Penso di avergli appena risposto.
La sua espressione cambia qualche secondo dopo, quando mi dimeno fra i miei indumenti bagnati cercando di uscire dall’acqua. Ha una faccia immensamente dispiaciuta e non capisco. Arrivo sulla spiaggia al suo fianco e mi accorgo come si stia rigirando fra le mani un blocchetto tutto bagnato, le parole riportate su di esso sono ormai sbiadite e l’inchiostro gocciola via. Sta andando a pezzi e sento qualcosa spezzarsi anche dentro di me. –Perdonami..- sussurro, veramente dispiaciuto. Ho appena combinato uno dei miei casini.
-Odio i pittori- esclama, per poi prendere il blocchetto e gettarlo in mare. Quelle parole mi scuotono fin nell’animo, non voglio sia sincero. Ma il gesto che compie, gettando il suo prezioso blocchetto, è ancora peggio, perché non riesco davvero a capirlo..
Resto davanti a lui, gocciolante, finché non alza lo sguardo verso me, un occhi chiuso e una mano davanti al viso per ripararsi dal sole e il suo solito sorriso. Non è falso, non sta mentendo e questo mi confonde di più.
-Chi sei?­- chiedo dando voce ai miei pensieri.
-Te l’ho chiesto prima io- ride e tutto in me rivive. Mi fa sentire così vivo solo sorridendo che penso potrei anche morire adesso perché ho già vissuto. –Ho.. ho sempre odiato gli scrittori. Rappresentano ciò che io non potrò mai essere.- e non so da dove viene fuori quella verità, così forte e irruenta, mi spaventa così tanto. 
-Sei un pittore da quattro soldi. Vuoi offrirmi qualcosa?- dice indicandomi il locale sopra di noi.
 
-“E’ questa la storia di come un pittore, che amava i tramonti e l’arancio e odiava gli scrittori, vede conclusa la sua avventura, scritta da uno scrittore che odia i pittori e che per lui rappresenta il verde, nel modo più assurdo che mai avrebbe potuto aspettarsi.”- conclude il libro, lo chiude e lo posa sulle sue gambe. Ridendo imbarazzato, voglio catturare quel momento. Adesso, le sue guancie imporporate di un’emozione che sfugge al suo controllo.
-Ho finito.- annuncio. Alziamo lo sguardo contemporaneamente e i nostri occhi si scontrano. Tutto in noi parla del nostro amore, come le favole, come i libri a cui non ho mai creduto, e lui è uno scrittore, come quelli che ho sempre odiato. I suoi occhi azzurri, il mare di Long Island e i miei castani, le colline che si stagliano oltre esso. Un incontro semplice, scontato, già visto e rivisto.
 
We are surrounded by all of these lies
and people who talk too much.
You got the kind of look in your eyes
as if no one knows anything but us.

-Per quanto possa valere… mi dispiace per il tuo blocchetto.- mi scuso, mentre lui si ferma aspettando davanti il locale e io mi affretto a recuperare ciò che ho lasciato sul parapetto. Tutto tranne la tela, a cui lui si avvicina, guardandola curioso. Non permetto a nessuno di guardare i miei dipinti più personali, e sicuramente quello rientra nella categoria sopraelencata e li supera. In quel momento si sta vedendo con i miei occhi, forse sta percependo le emozioni che mi hanno travolto quando l’ho visto, e che persistono, come un vulcano ancora attivo che aspetta di eruttare. Molte persone hanno posato gli occhi sui miei dipinti e nessuno su quelli personali, ma lui. Lui ha proprio un altro sguardo. È il suo mondo, lo sento.
-Hai un foglio?- mi chiede e non so davvero cosa rispondere. –Foglio per i bozzetti, va bene?- lo prende dalle mie mani senza parlare e continua a guardare il dipinto, rapito, nel suo mondo, lontano da me eppure così vicino. Ripiega il foglio, si poggia al parapetto e con una matita comincia a scrivere, scrutando il dipinto.
-Può essere questa l’ultima cosa che vedo? Voglio che tu sappia che è abbastanza per me, perché ciò che sei è tutto ciò di cui ho bisogno..- dice con una tono talmente basso, quasi inudibile, che mi convinco non abbia parlato. Ma poi si volta e capisco. Capisco una volta per tutte ciò che ho sempre cercato, ciò che ho dipinto e ciò che lui ha scritto. Mi sembra tutto così stupido per il mio essere tremendamente realista, ma ci voglio credere quella volta.
 
Qualche mese più tardi “La baia di Poseidone” chiude ed è il momento che io e Niall aspettavamo. In quel posto ci siamo conosciuti il primo giorno d’estate ed era in quel posto che avremmo voluto spendere le nostre giornate. Prima di metterci insieme, e di ammettere quanto l’uno fosse essenziale per l’altro, ci incontravamo sempre in quel posto. Lui veniva sempre per scrivere, ma stava in riva, dove il mare lambiva i suoi piedi e il sole sfiorava la sua pelle pallida. Non so per quale motivo quel 13 giugno avesse deciso di salire ai piani alti, forse curiosità, o come dice lui.. gli dei. Si, è molto convinto di questa cosa. Niall ama i miti e le leggende e amava recarsi in quel posto per il nome che portava e per la leggenda che il posto custodiva e a cui lui credeva fermamente. Per questo per me Niall è il verde. È verde come la sua terra, l’Irlanda, verde come i vestiti dei folletti, verde come la vivacità e la follia, la speranza. Per me adesso anche l’amore e la felicità sono verdi, perché sono quelle le due sensazioni principali che Niall mi comunica.
Ho da poco finito di ritrarlo, con il suo libro fra le mani, il libro che racconta la nostra storia. È il libro che ha cominciato a scrivere dopo aver visto il mio dipinto, quel pomeriggio d’estate. È il libro le cui bozze ho bagnato, e lui lo ha gettato senza curarsene, come consapevole di avere già pronta una nuova storia. Il mio dipinto è rimasto incompleto, perché in realtà completo lo era. Ho infatti capito che l’unico elemento mancante era Niall. Ritraevo quel paesaggio perché era ciò che più amavo, ciò che più mi rappresentava, il tramonto con i suoi tre colori, i suoi tre stati d’animo. E in quel paesaggio era entrato a far parte Niall. Non lo descriverò come la luce nel tunnel buio e blabla bla… Niall per me è due parole: amore e felicità e sarò sempre pronto ad affermarlo. Lui non mi ha mai guardato male o giudicato per le mie stranezze, perché era strano quanto me. Non era perplesso quando gli ho annunciato che lo identificavo con il verde perché anche lui mi avrebbe identificato sempre con l’appellativo di Piam, Piam Layne. Quando ci eravamo presentati rideva talmente tanto ripensando a tutta la nostra situazione che aveva invertito le consonanti iniziali del mio nome e cognome. Se io ero un disastro e combinavo guai, Niall ci rideva sopra e non mi faceva pesare nulla. Avevo odiato gli scrittori per tanto tempo e dal momento che lo avevo conosciuto era venuta fuori la verità: gli scrittori non erano affatto dei perdenti che non sapevano come spendere la loro vita, o che non sapendo esprimersi nella vita reale scrivevano, e Niall me lo aveva fatto capire. Mi aveva fatto capire quanto uno scrittore avesse un animo profondo, sensibile e gentile, sempre aperto al mondo, alla conoscenza, al dialogo, pronto a capire i problemi degli altri. Lo scrittore aveva una certa empatia. Niall mi aveva fatto capire tutto quello, e il fatto che io rinnegassi così tanto gli scrittori era perché io mi avvicinavo tanto al loro mondo ma mai ne avevo fatto parte. Il biondo mi aveva fatto capire quanto il mio mondo con il suo fossero simili, capaci di comprendersi e completarsi. Lo avevo capito quando dal mio dipinto ne aveva tirato fuori delle parole. Anch’io ero riuscito a fargli cambiare idea sui pittori, lui diceva che si limitassero a imitare la realtà, a trasfigurarla secondo il loro volere. Dal momento in cui aveva dato vita al mio dipinto, esprimendolo in parole, aveva capito che si sbagliava. Che in realtà i pittori erano sì in grado di distorcere la realtà a loro volere, ma seguendo le loro emozioni così come gli scrittori davano loro vita con le proprie parole.
-Non avrei mai potuto odiarti, lo sai vero?- mi chiede lui, alzandosi dallo sgabello su cui teneva la posa e raggiungendomi. Ancora una volta ha dato vita all’ espressione del mio volto grazie alle sue parole. È così vicino, mi scruta negli occhi e io perdendomi nei suoi immagino già una varietà infinita di paesaggi e fantasie e nuovi dipinti, che non venderò mai più come sfondi pubblicitari. –Dovrei?- controbatto, facendolo ridere. Le nostre fronti si sfiorano, sento il suo alito caldo sulla mia bocca e lo desidero. Desidero che quell’uomo invada il mio mondo e mi corroda. Voglio che scavi dentro di me e faccia uscire le cose migliori di cui non sono ancora a conoscenza. Voglio vivere, voglio che il mio mondo si colori, e solo lui è in grado di farmi percepire colori mai immaginati, inventati o scoperti. Spinti da una forza più grande di noi, le nostre labbra collidono ed è la sensazione più bella dopo sentirlo ridere. Le sue labbra sottilissime si incastrano perfettamente con le mie carnose e sentirlo così vicino, così presente mi fa pensare solo una cosa.
-Ti amo- sussurro e lui sorride, mentre il sole sfiora le colline e il mare si scontra con le palafitte e la natura e l’uomo ancora una volta convivono.
 
Should this be the last thing I see?
I want you to know it’s enough for me
‘cause all that you are is all that I’ll ever need.
  
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