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Autore: MariaGriffith    09/07/2015    0 recensioni
In una terra piena di misteri, si snodano le vicende dei più disparati personaggi, le cui vite si intrecciano indissolubilmente fra battaglie, intrighi e avventure.
Estratto: "Navìr era senza dubbio lo schiavo più rispettato della casa. Era stato elevato molti anni prima a maestro, e aveva istruito nel migliore dei modi sia i figli dei nobili padroni, che gli stessi giovani schiavi. Aveva acquisito anche molte competenze mediche che si erano rivelate più volte utili in situazioni di bisogno. In molti casi aveva persino fornito al suo odiato padrone consigli estremamente preziosi, che gli avevano fruttato non poco guadagno, e soprattutto per questo non era semplice per il padrone fare a meno di lui. Questa situazione che si era creata, il bisogno della sua preziosa intelligenza, da parte di Lord Osmud, era estremamente importante per Navìr, spesso la considerava garanzia per la sua stessa vita. Perchè altrimenti avrebbe dovuto tenersi al fianco un infida volpe, se non per sfruttarla a suo vantaggio?"
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

Nella tana del serpente

 

Era pomeriggio inoltrato, Navìr aveva osservato i raggi del sole che qualche ora prima avevano riscaldato la sua pelle, ritirarsi pian piano. Indietro, verso la finestra, e tra non molto, al di là di essa. Il tramonto era vicino ormai, ed erano parecchie ore che si trovava in quella stanza, immobile e silenzioso, una condizione tutt'altro che desiderata, ma preferibile ad altri momenti ben peggiori, che quella faticosa giornata gli aveva regalato.

A poco più di un metro da lui, c' era il suo padrone: era seduto alla scrivania di legno, la testa china su un imponente testo, talmente concentrato sul suo lavoro, che sembrava si fosse dimenticato della presenza del suo silenzioso servitore, in piedi al suo fianco. Naturalmente Navìr sapeva benissimo che non era così. Lord Osmud era assolutamente consapevole della sua presenza, e quel silenzio, quell' immobilità, trascinate in quelle lunghissime, interminabili ore, rappresentava solo un ulteriore punizione studiata appositamente per lui.

Navìr era al servizio di quell' uomo da quando era un ragazzino, era un semplice schiavo, seppur “semplice” non fosse mai stata l' espressione più adeguata per riferirsi a lui. Aveva passato la maggior parte della sua vita all'ombra di quella imponente figura, questo gli aveva dato la possibilità di conoscerla terribilmente bene, fin troppo in realtà, sicuramente molto più di quello che avrebbe voluto. Ma nonostante si fosse sempre comportato come un servitore impeccabile, questo non implicava una qualche stima che potesse essere arrivato a provare nei suoi confronti. Non vi era da parte sua una sorta di rispetto, se non quello di facciata che era tenuto a dimostrargli, né tanto meno nessun tipo di affetto, devozione, o comunque lo si volesse chiamare. A dirla tutta, Navìr odiava profondamente quella persona, la detestava, probabilmente molto più di chiunque altro, e aveva più di un motivo per farlo.
Adesso, rivolto verso quella figura di fronte a lui, gli era stato impossibile non osservarlo: Era un uomo sopra i cinquanta anni, alto e imponente. Era stato un combattente capace anni addietro, e nonostante non frequentasse il campo di battaglia da parecchio ormai, il fisico del guerriero era lì, minaccioso e imponente. La barba ben rasata, gli contornava il viso e i capelli scuri, appena brizzolati sulle tempie lo adornavano come una criniera. Da quando si trovavano lì, gli occhi del suo padrone, erano stati rivolti insistentemente sulla scrivania, ma a Navìr non erano sfuggiti i guizzi nella sua direzione. Seppur per pochi istanti, fulminei, quegli occhi si erano posati su di lui, pronti a cogliere qualsiasi suo errore, decisi a inchiodarlo. Quegli occhi terribili, dal taglio allungato, grigi, da serpente. Odiava quel suo sguardo, odiava sentirlo addosso, temeva che potesse riuscire a trapassarlo, a cogliere ciò che cercava tanto diligentemente di nascondergli. Ma d' altra parte sapeva quanto tale paura fosse infondata: Nasìr era tutt' altro che un ingenuo. Nonostante quella persona lo dominasse in modo così opprimente, sia per via del loro rispettivo ruolo sociale, sia fisicamente, e in altri modi, ciò di cui il giovane servo era certo, era di essergli nettamente superiore in quanto ad astuzia, e questo talvolta lo metteva in una posizione di vantaggio, perchè saper giocare le proprie carte in modo vincente, in quel mondo che cerca di schiacciare il più debole, era una fortuna che spesso aveva più importanza di qualsiasi potere, che riguardasse lo status sociale o la forza fisica.

Tuttavia anche Lord Osmud non era esattamente uno sciocco, e anche lui aveva imparato a conoscere bene il suo scaltro servitore in tutti quegli anni di vicinanza: talvolta intuiva i suoi giochi, e seppur spesso non riuscisse a smascherarli, percepiva la malafede dietro le suadenti parole con le quali spesso cercava di convincerlo ad agire in un modo piuttosto che in un altro. E naturalmente nulla poteva impedirgli di fargliela pagare nel modo che ritenesse più opportuno. Ed era per questo motivo che adesso si trovavano lì.
Nasìr di solito non veniva trattato in modo così sgradevole, quella era una situazione del tutto eccezionale. In genere il suo status di schiavo non lo metteva in una posizione degradante. Dalle loro parti, quelli come lui, pur non essendo uomini liberi, e di conseguenza legati indissolubilmente alla volontà dei loro padroni, in genere potevano godere di un discreto rispetto da parte degli stessi, che era per lo più legato ai loro meriti all' interno della casa che servivano. In un certo senso vi era una gerarchia fra gli stessi schiavi, e Navìr era senza dubbio il più rispettato della casa. Era stato elevato molti anni prima a maestro, e aveva istruito nel migliore dei modi sia i figli dei nobili padroni, che gli stessi giovani schiavi. Aveva acquisito anche molte competenze mediche che si erano rivelate più volte utili in situazioni di bisogno. In molti casi aveva persino fornito al suo odiato padrone consigli estremamente preziosi, che gli avevano fruttato non poco guadagno, e soprattutto per questo non era semplice per il padrone fare a meno di lui. Questa situazione che si era creata, il bisogno della sua preziosa intelligenza, da parte di Lord Osmud, era estremamente importante per Nasìr, spesso la considerava garanzia per la sua stessa vita. Perchè altrimenti avrebbe dovuto tenersi al fianco un infida volpe, se non per sfruttarla a suo vantaggio?
Ma nonostante tutto, in momenti come quelli, Osmud, con estremo sadismo, ci teneva a rammentare a Navìr il suo ruolo di schiavo, e a causa del messaggio che aveva voluto inviargli, adesso il giovane udiva ancora quel bruciante tormento sulla schiena, dove la frusta aveva giocato con la sua tenera carne. Non era nulla di insopportabile, non per lui almeno, possedeva una resistenza e un autodisciplina, che persino per uomini molto più assuefatti alla violenza e al sangue, non sempre era data per scontato. Uomini molto più forti, si erano domandati da dove lui, giovane uomo dalla corporatura estremamente snella ed esile, traesse tale forza e autocontrollo. Di solito proprio a costoro, Nasìr, aveva trovato assai difficile spiegarlo. Così tanti uomini d' arme erano convinti che la forza di un uomo dipendesse unicamente dai muscoli, persino il suo pupillo, giovane e prestante, aveva faticato in un primo momento a comprendere un tipo di allenamento diverso da quello che prevedesse l' uso della forza bruta. Ma neanche questo era sbagliato, ognuno aveva il proprio modo di manifestare la propria forza, e il suo Kashim ci era sempre riuscito meravigliosamente bene, distinguendosi sempre sul campo di battaglia: Era un guerriero straordinario, coraggioso e forte. Non che Navìr si fosse mai aspettato niente di meno da lui, e non c'era da aspettarsi di meno dal giovane erede al trono. Kashim, il giovane principe migliore che si potesse desiderare, e l' amico migliore che Navìr avesse mai potuto avere. Non lo vedeva da due mesi, forse il lasso di tempo più lungo che lo avesse tenuto lontano da lui e dal regno. Era via per una importante missione diplomatica, nulla di pericoloso, ma per Navìr era comunque impossibile non sentirsi in pensiero per lui. Sarebbe stato per sempre in pensiero per lui.
All' improvviso Osmud alzò la testa, si voltò verso Navìr. Lo sguardo velenoso, ma falsamente incurante

- Sei ancora qui Navìr ? -

mormorò, con tono annoiato, come se davvero avesse dimenticato la presenza del giovane uomo. Ma la recita era talmente palese e malcelata, che se Navìr avesse osato essere sincero, ne avrebbe riso.

- Finchè il mio signore desidera -

Rispose, senza batter ciglio, freddo e imperturbabile.

- Non ho bisogno di te... avresti potuto impiegare meglio questo pomeriggio, piuttosto che rimanendo lì impalato come uno sciocco. Hai fama di essere un uomo dai mille impegni, eppure ultimamente mi pare tu abbia un sacco di tempo libero. E ti dedichi troppo spesso a questioni irrilevanti. Non ti starai impigrendo un po', mio caro? -
Un accenno di sorriso malizioso. Ma non sarebbe riuscito a provocarlo
- Cercherò di fare meglio, come il mio signore desidera -

Era apparentemente così servile, così umile, eppure dietro quella sottomissione, vi era un impeccabile strategia di difesa, che nonostante fosse così ben celata, faceva infuriare l' uomo più anziano, che era in attesa di una qualsiasi mossa falsa a cui appigliarsi, per poterlo tormentare ulteriormente.

- Tutte menzogne! - sbottò d' improvviso - L' accaduto di ieri ne è la prova. Mi sono fidato di te così tanto da renderti il mentore dei miei figli, e ora mi rendo conto di quanto tu possa essere stato inetto nello svolgere tale ruolo! Come hai potuto essere così negligente nel insegnare loro? Quella piccola sciocca di Lazuli.... - Gli indirizzò uno sguardo furente. Si riferiva a ciò che era avvenuto quella mattina, che aveva scatenato l' ira del padrone contro di lui: Un avventato tentativo della giovane ragazza di proteggere uno schiavo, al mercato, e l' altrettanto poco ponderato suo intervento in supporto di lei, per sostenerla e aiutarla, nonostante avesse trovato sciocco e poco chiaro il motivo dell' ostinazione di Lazuli. Non perché lui fosse una persona insensibile, ma aveva appreso già da tanto tempo, l' impossibilità di salvare chiunque dalle ingiustizie. Perché dunque solo uno su mille? Nonostante vivesse in quel luogo da tutta una vita, non aveva mai smesso di sentirsi minacciato, o di sentire la minaccia incombere sui suoi amici più cari, dunque proteggere loro era l' unica cosa che gli importasse, e aveva la priorità assoluta su qualunque altra cosa.
Il fatto che adesso il padrone, ribadisse per l' ennesima volta l' accaduto, che un intera giornata a infliggergli tormento non fosse ancora bastata, preoccupava enormemente Navìr.
- Signore, Lazuli è molto giovane! Non ha esperienza del mondo, è ancora difficile per lei comprendere alcune cose. Bisogna avere pazienza... -

- Silenzio! - l' urlo fece sobbalzare il più giovane. Si rese conto di non essere riuscito a mantenere la freddezza che si era proposto. Era per via di Lazuli, il fatto che si fosse accennato a lei lo aveva agitato. La piccola Lazuli era un suo terribile punto debole. Temeva terribilmente per lei, ed era stato così sciocco a palesare questa sua debolezza. Ma Osmud ora si era alzato in piedi, lo fissava con gli occhi stretti

- Pazienza, eh? - sibilò - E per quanto ti riguarda? Devo avere pazienza anche con te? -

Gli si avvicinò lentamente, fino a sovrastarlo con la sua imponente altezza. Allungò la mano, afferrando la tenera gola del giovane.

- Credi che sia stupido Navìr? Credi che io non riesca a capire quando cerchi di prendermi in giro? - la stretta aumentò. Quegli occhi da serpente, che lo fissavano così intensamente, lo fecero rabbrividire
- Vi prego... - Navìr boccheggiò.

- Credi che valga davvero la pena per me, tenere al mio fianco un vile traditore, arrogante, come te? -

La presa si serrò, e Navìr si sentì soffocare, infine però fu scaraventato all' indietro. Sbatté violentemente, e le vecchie ferite sulla schiena bruciarono più che mai, ma fu sollevato di essere stato liberato dalla presa. C'era stato un attimo in cui aveva temuto il peggio. Si massaggiò la gola, ancora ansimante. Lui lo fissava dall' alto. Ancora quello sguardo predatore.

- Vi chiedo perdono signore! - gli rivolse la sua più struggente espressione. Qualsiasi giustificazione sarebbe servita solo ad irritarlo ulteriormente, umiliarsi forse sarebbe potuto essere più utile. Adesso era un piccolo e miserabile schiavo, l' esile figura prostrata per terra, gli occhi sofferenti, enormi, che lo imploravano con lacrime pronte a sgorgare. Nell'escogitare questo quadro di estrema umiltà, Navìr si chiese se sarebbe stato abbastanza convincente, se ciò avesse soddisfatto quel mostro. Evidentemente fu così. Dall' alto l' uomo più grosso, sembrò nutrirsi di tale visione, assaporarla con quei suoi occhi freddi e crudeli. Si soffermò su di lui per un lungo momento. Infine sibilò

- Alzati... non posso sopportare la tua vista né la tua voce per un minuto di più! Sparisci dalla mia vista! -

Non avrebbe potuto essere meglio di così. Di sicuro Nasìr sopportava ancora peggio quella soffocante compagnia, e il desiderio di allontanarsi in fretta da lui lo allettava più che mai.

Si alzò in piedi, badando a non uscire dal suo personaggio

- Vi ringrazio per la vostra gentilezza - mormorò. Cercò di non affrettarsi verso la porta. Mostrarsi impaziente non sarebbe stato saggio. Ma seppur lentamente, si diresse verso di essa

- Dimenticavo -

La voce del padrone lo fece bloccare un attimo prima di afferrare la maniglia

- Pare che lui sia tornato. Questa mattina -

Navìr si sforzò di mascherare la sorpresa. Kashim era stato a palazzo, l' intera giornata, e Navìr non ne aveva saputo nulla, dopo che lo aveva atteso così ansiosamente. E Osmud aveva voluto torturarlo ulteriormente tenendolo all' oscuro di ciò, ritardando il momento del loro incontro. Ma ormai non aveva più importanza, stava per incontrarlo.

- E pare che tu sia stato negligente anche con lui, nell' impartirgli un educazione adeguata. Si è dimostrato assai poco paziente, nell' attendere d' incontrarti. Ha continuato a insistere nonostante gli abbia fatto comunicare che eri molto impegnato in affari per mio conto. Non è una buona cosa che un principe si mostri così poco ragionevole -

Navìr annuì

- Avete ragione, gli parlerò - rispose.

Sapeva bene che quell' uomo aveva agito di proposito, per far dispetto a entrambi, ma finchè si trattava solo di quello, non vi era motivo di perdere altro tempo a pensarci.

- Con permesso - proferì il giovane, prima di aprire la porta. L' altro si limitò a fare un gesto con la mano ad indicare di andarsene, e Navìr non perse altro tempo. Uscì e chiuse la porta dietro di se. Tirò un sospiro di sollievo. Poi avanzò nei corridoi del palazzo.

 

 

 

   
 
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