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Autore: LullabyPotter    10/07/2015    1 recensioni
«Io non ricordo nulla!» Leonardo si alzò, scaraventando lontano il quaderno che sbatté contro il muro e cadde a terra con un tonfo sordo. «Ogni volta che cerco di ricordare chi ero, vedo solo... il vuoto. Hanno già provato ad aiutarmi, come potete pensare di potermi aiutare voi?»
«Gli altri» rispose Giuliano. «non erano abbastanza incentivati.»

Quando Leonardo cade accidentalmente nel fiume, tutti lo credono morto. Non c'è nessun corpo, e Giuliano lo ha cercato, ma non è stato trovato nulla.
Eppure, quattro mesi dopo, un mercante dà una nuova speranza: ha incontrato un artista che corrisponde alla descrizione di Leonardo. Ma perché egli non si è fatto vivo? Perché non è tornato a Firenze una volta ripresosi?
A Hev e Sick ~
_Eagle ||
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Giuliano Medici, Leonardo da Vinci
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Che mi piaci per davvero anche se non te l'ho detto'
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Capitolo terzo

I'm busy mending broken pieces of the life I had before
 
 





 
 
 
 
 
 
Alessia aveva lasciato a Leonardo il ritratto che gli aveva mostrato, e ora il da Vinci se lo rigirava tra le mani da diversi minuti.
Avrebbe tanto voluto che quel disegno gli ricordasse qualcosa, ma la sua mente era ancora vuota. Riconosceva il suo modo di disegnare, in qualche modo sapeva di averlo fatto lui stesso. Eppure non ricordava quando, o perché. Poteva intuire il motivo per cui aveva voluto ritrarre quella giovane ragazza: aveva un viso fine, bello, delicato, e quegli occhi scuri spiccavano sulla pelle pallida e contrastavano con il rame dei capelli. Un viso come quello lo avrebbe ritratto anche in quel momento. Eppure, consapevole di tutto ciò, non riusciva a trovare nella sua mente un collegamento con lei. Non riusciva a ricordarla, e se c’era una cosa che non poteva sopportare era proprio questo. Perché poteva ricordare tutto quello che era successo da quando lo avevano trovato nel fiume, ma nulla di ciò che aveva vissuto prima?
Posò il foglietto sul tavolo al quale era seduto e guardò l’ultimo disegno che la sua mano aveva tracciato.
Erano solo un abbozzo, nulla che si potesse definire finito. Eppure, in quelle righe nere si poteva riconoscere un volto dai tratti marcati, duri ma al contempo eleganti, nascosti da uno strato di barba perfettamente curata. Un viso che fino a quel pomeriggio pensava di essersi inventato e che aveva, invece, acquisito un nome.
Giuliano de’ Medici.
La risposta d’egli alla sua domanda lo aveva lasciato perplesso: che tipo di rapporto poteva avere da essere definito “complicato”?
Leonardo si appoggiò allo schienale. Quel giorno aveva acquisito anche lui un nome: Leonardo da Vinci. Non aveva nemmeno bene idea di cosa significasse che “lavorava per Lorenzo de’ Medici”, o perlomeno di cosa facesse per il Magnifico, ma gli piaceva l’idea di avere un suo laboratorio in una bottega. Almeno non era costretto a spostarsi e pagare vitto e alloggio.
Sospirò e si passò le mani sul viso. Poi il suo sguardo cadde sulla pipa spenta ma pronta all’uso che teneva sul tavolo. Ci pensò su un momento: avrebbe dovuto ricordarsi di aprire la finestra l’indomani mattina. Ma, visto che aveva davvero troppi pensieri per la testa, decise che offuscarli un po’ non sarebbe poi stata una cattiva idea.
 
~
 
Forse l’oppio non era stata esattamente una buona idea. A meno che parlare con un gatto impagliato poteva considerarsi la normalità.
Leonardo non sapeva bene se quello che stava vivendo era un sogno o la realtà. La sua mente razionale gli diceva che doveva essere un sogno, anche se il gatto gli aveva detto che non lo era. Ma perché poi avrebbe dovuto credere a un gatto impagliato?
«Dubitate delle mie parole, Leonardo?» il gatto aveva una voce graffiante, antica. Come se fosse impolverata.
«Io dubito di tutto» replicò il da Vinci. «soprattutto di poter parlare con un gatto impagliato che, in quanto tale, dovrebbe essere morto.»
«Acuta osservazione» fece il felino. «quindi è per questo che non vi siete ancora diretto alla bottega di Mastro Verrocchio come vi è stato consigliato di fare?»
Leonardo lo guardò di sbieco. Non solo non era normale parlare con un gatto impagliato, ma si aggiungeva il fatto che egli usava un tono formale e ironico che gli dava quasi sui nervi.
Era così che la gente si sentiva quando lo stesso tono lo usava lui?
«Devo prima essere sicuro di ciò che mi è stato detto.»
«E come potete esserne sicuro, se non andate alla bottega?»
Il da Vinci incrociò le braccia al petto. Come era possibile che quel gatto avesse ragione? «Quindi dovrei recarmi alla bottega, secondo il vostro consiglio.»
«Mi chiedo perché non l’abbiate già fatto, Artista.» replicò il gatto, con uno strano sorriso. Inquietante, era la parola adatta. «La bottega può darvi le risposte che cercate. Soprattutto su quel giovane de’ Medici.»
Leonardo aggrottò la fronte. «C’è qualcosa che dovrei sapere?»
«Non da me.» il sorriso del gatto si allargò. «Ora svegliatevi, Leonardo. Il sole sta sorgendo.»
 
~
 
Giuliano camminava ininterrottamente davanti al tavolo, incapace di stare fermo. Alessia, dal canto suo, non faceva altro che cercare di scarabocchiare qualcosa – con scarso successo.
«Giuliano» lo chiamò con un sospiro. «calmati. Non aumenti le probabilità che lui arrivi facendo un solco nel suo laboratorio.»
Il Principe della Gioventù finalmente decise di porre fine alla sua passeggiata e si fermò davanti alla rossa. La osservò per qualche istante, cercando di vedere cosa la mano d’ella tracciava sul foglio. «Cosa stai disegnando?»
La giovane Augusti fece una smorfia, prima di alzare la bozza per permette al de’ Medici di guardare. «Io credo di non essere capace.»
I tratti neri sul foglio sembravano rappresentare una qualche forma umana, ma era difficile dire a chi somigliasse. «È... Leonardo?»
«Hai tirato a indovinare.»
«No, lo giuro! Si vede da... dagli occhi.»
Alessia gli lanciò uno sguardo di traverso. «Non sei bravo a mentire.»
Il de’ Medici fece un mezzo sorriso. «Va bene, scusa.» rispose, scuotendo la testa. «Ma tu hai altre qualità»
«Ad esempio?»
«Non sto più passeggiando, no?»
La rossa gli rivolse un sorriso.
Fu a quel punto che sentirono un chiacchiericcio diverso provenire dall’esterno dove gli artisti lavoravano sotto l’occhio attento del Verrocchio. Curiosi di sapere cosa avesse attirato la loro attenzione, e anche leggermente speranzosi, il de’ Medici e la giovane Augusti uscirono dal laboratorio.
Gli artisti avevano formato un capannello attorno a qualcuno, salutandolo e spostandosi per lasciarlo passare, il nome rimbalzava da una bocca all’altra. Alessia e Giuliano si avvicinarono a Verrocchio, che lo aspettava in disparte.
Il volto di Leonardo comparve davanti a loro dopo diversi istanti che sembrarono durare un’eternità. Verrocchio era stato informato della situazione dell’artista, così, quando si avvicinò a lui con gli occhi lucidi, si limitò a salutarlo poggiandogli le mani sulle spalle. «Bentornato, Leonardo.»
Il da Vinci gli rivolse un sorriso strano, quasi fosse in imbarazzo. C’era qualcosa di irreale, nel vedere un Leonardo imbarazzato, o almeno per Giuliano sembrava quasi impossibile vederlo. «Io... devo ancora abituarmi a questo nome.»
Verrocchio sorrise a sua volta, mentre si discostava di pochi passi. Giuliano e Alessia, invece, si fecero più vicini all’artista.
«È bello rivedervi.» Alessia non riusciva a non sorridere.
«Mi avete convinto.» replicò il da Vinci, lanciando poi un’occhiata verso gli altri artisti della bottega che lo avevano salutato – persino Botticelli si ritrovò a pensare Alessia -. «Immagino di aver riposto bene la mia fiducia.» Spostò poi lo sguardo verso Giuliano. «Mi avete detto che avevo un laboratorio.»
«Sarei ben lieto di mostrarvelo.» rispose il Principe della Gioventù.
Il da Vinci annuì e seguì il de’ Medici – il quale si ritrovò a pensare di essere in un sogno.
Alessia si avvicinò a Verrocchio e osservò l’artista tornare nel suo ambiente. Si sentiva stranamente leggera: sapeva che era solo l’inizio, ma ora Leonardo era lì e tutto sarebbe andato per il meglio.
 
~
 
Giuliano aprì la porta e si fece da parte, lasciando che Leonardo entrasse nel suo laboratorio.
Da parte sua, il da Vinci entrò nel locale e si fermò sulla soglia, osservandolo in ogni suo particolare. Si riconosceva, in quel luogo: il disordine, il prototipo di macchina volante (ne stava disegnando uno quando ancora non conosceva il suo nome, e gli piacque l’idea di averne già creato uno), i disegni sparsi. Si sentiva a suo agio, in qualche modo.
Il de’ Medici si limitò a rimanere sulla soglia, per dare il tempo all’artista di ambientarsi in quella che era casa sua. Si appoggiò alla porta, le braccia conserte e uno strano sorriso disegnato in volto. Ora che Leonardo era tornato non voleva perdersi un suo solo movimento. Ed era bello guardare il da Vinci muoversi per il locale, osservare i propri disegni, studiare la macchina volante. Lì dentro poteva recuperare la sua vita, i suoi ricordi. Giuliano ci sperava.
Nessuno dei due sapeva bene quanto tempo passò, ma ad un tratto Leonardo alzò lo sguardo e osservò il de’ Medici. «Quindi è qui che lavoravo.»
Giuliano annuì. «Vi passavate molto tempo.»
«Venivate spesso, immagino.»
«Abbastanza.»
Leonardo non disse nulla. Appoggiò la sacca che ancora aveva in spalla vicino al tavolo e continuò a frugare tra le sue cose. C’era qualcosa di strano, in tutto ciò: era come guardare tra le cose di un altro, ma che al contempo sapeva essere sue. Sì, si sentiva a suo agio in quel luogo, ma in qualche modo era anche estraneo.
Giuliano lo osservò, poi si staccò dalla porta. «Vi lascio solo.»
«No» Leonardo alzò lo sguardo sul de’ Medici, come se l’idea che si allontanasse fosse orribile. «No, restate.»
Giuliano tornò nella posizione di poco prima, cercando di trattenere un sorriso.
«Avete detto che i nostri rapporti erano complicati.» riprese a parlare Leonardo.
In realtà era molto più semplice di quello che si pensa avrebbe voluto dire Giuliano, ma si trattenne. «L’ho detto, infatti.»
«Spiegatevi.»
Giuliano avrebbe voluto dirgli tutto, e subito. C’era qualcosa che lo tratteneva però – una sorta di paura, come se temesse che Leonardo potesse respingerlo. Dopotutto, lo aveva ritrovato da un giorno. Doveva pensare a come essere più preciso. «Non credo sia il momento adatto per dirvelo.» Giuliano si dette dello stupido, perché sapeva che non era vero che doveva pensarci. Era quella stramaledetta paura a fermarlo.
«Per quale motivo?»
«Fidatevi di me. Ve ne parlerò al momento opportuno.» Giuliano giocò con la spada che teneva al fianco. «Ora avete pezzi più... importanti della vostra vita da recuperare.»
Leonardo non rispose, ma il nervosismo nella mano del de’ Medici non sfuggì al suo sguardo.

 
»Note dell'autrice

Ci sono delle precisazioni d'obbligo.
  1. i titoli del capitolo due e del capitolo tre sono citazioni, precisamente da Whatsername dei Green Day e Unintended dei Muse.
  2. devo ringraziare Hev e Sick: con voi passo delle serate bellissime. Grazie ♥
​_Eagle ||
  
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