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Autore: Soul of Paper    10/07/2015    4 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota: scusate per il megaritardo ma questo capitolo ha richiesto un sacco di pause di riflessione nella scrittura e nella rilettura e nell’editing soprattutto. Diciamo che è un capitolo duale, una prima parte più leggera e una seconda parte che è bella tosta e carica, per poi arrivare all’esplosione finale. Non vi faccio perdere altro tempo e vi do appuntamento a fine capitolo ;)
 


Capitolo 49: Playing with fire – terza parte


 
Una sensazione strana come… un tremore… ma non è un terremoto, è…
 
Apre gli occhi e istintivamente solleva la mano, cercando di metterla a fuoco con occhi assonnati.
 
L’orologio nuovo.
 
La sveglia a vibrazione ha funzionato – constata tra sé e sé, soddisfatto, voltando il collo verso il comodino e allungando di nuovo la mano, questa volta per afferrare il cellulare e disattivare la sveglia acustica prima che suoni.
 
Fin qui è stato facile, ora viene la parte difficile – pensa, non riuscendo a trattenere un sorriso mentre osserva l’ultimo “ostacolo”. Il più difficile da aggirare e anche il più incantevole – e piacevole.
 
Camilla dorme profondamente abbracciata a lui, come una bambina, con un’espressione così serena e limpida sul viso, che gli provoca ogni volta quella sensazione gradevole di costrizione al petto e un senso di pace e di orgoglio che non saprebbe mai quantificare né definire a parole. La stessa sensazione che ha provato la prima mattina che si è risvegliato con Tommy stretto forte a lui nel lettone, dopo il loro nuovo inizio tutt’altro che incoraggiante a Torino, quando ha capito che Tommy, nonostante tutto, stava cominciando a fidarsi di lui.
 
La sensazione di avere qualcosa di preziosissimo, di inestimabile tra le braccia da proteggere ad ogni costo. La cui felicità viene molto prima della propria e a cui la propria felicità è indissolubilmente legata. Qualcuno da amare più di se stesso, senza averne paura, semplicemente perché è inevitabile, è così e basta: non può non amare Camilla, così come non può non amare Tommy. Ci ha provato, eccome se ci ha provato, con entrambi, a ingannarsi, a dirsi che poteva vivere benissimo senza di lei prima e senza… senza suo figlio poi, forse perché questo amore così profondo, questa vulnerabilità così profonda gli faceva paura, gli faceva male. Forse perché sentiva di non essere abbastanza, di non poter essere abbastanza, né come compagno, né come padre. Che non avrebbe mai meritato una donna come Camilla, né un miracolo come Tommy.
 
Ricorda come fosse ieri quando aveva ammesso con Camilla quanto gli riuscisse difficile innamorarsi. Ed era vero: non si era mai innamorato, mai, forse non ci aveva neppure realmente provato, nemmeno con Camilla. Era avvenuto tutto naturalmente, senza che se ne accorgesse, piano piano, incontro dopo incontro. Non l’aveva cercato, anche se non aveva nemmeno cercato di evitarlo. Semplicemente era successo e basta, conoscendola, scoprendola, forse riconoscendo il lei una parte di sé e, allo stesso tempo, trovando in lei quello che gli era sempre mancato.
 
Ma lei l’aveva guardato, con quello sguardo che sembrava leggergli nell’anima, quello sguardo consapevole, sicuro, quasi di sfida e, con un mezzo sorriso, aveva pronunciato quelle parole: secondo me tu hai paura di innamorarti.
 
Ed era vero. Forse perché, da sempre, aveva ricollegato l’amore ad una gabbia, ad una prigione, ad una follia, un’illusione che porta solo sofferenze e debolezza, dipendenza, quasi come se fosse una droga.
 
Ed era ironico che si fosse innamorato proprio della donna di cui avrebbe dovuto avere più paura in assoluto di innamorarsi. Perché gli era stato fin da subito chiaro che, comunque fosse finita, con Camilla non sarebbe finita bene per lui, che il suo era un amore impossibile, destinato a non essere mai ricambiato fino in fondo.
 
Ricorda ancora come fosse ieri quando Camilla aveva, per la prima volta, fatto da babysitter a Tommy. Quando era tornato a casa e aveva visto Tommy che finiva di mangiare quell’orribile pizza alla marmellata di lamponi, fingendo indifferenza verso Camilla, una parte di lui aveva sentito che in realtà lei l’aveva già conquistato, anche se Tommy cercava di non darlo a vedere.
 
Proprio come lui.
 
E si era sentito in colpa che, a soli quattro anni, suo figlio sentisse il bisogno di mascherare così i suoi sentimenti: il dolore per la partenza della madre, il fatto di essere stato bene con Camilla. L’unico sentimento che riusciva ad esprimere era la totale sfiducia nei suoi confronti come padre. Sembrava a volte quasi cinico, come se non avesse quattro anni ma quaranta, anche se poi in altri momenti aveva quel candore, quella schiettezza che solo a quattro anni si può avere.
 
Ma solo sui sentimenti negativi, non su quelli positivi. Riusciva ad ammettere candidamente di non fidarsi di lui, di non essere felice di stare con lui, di pensare che presto sarebbe sparito di nuovo senza lasciare traccia. Non riusciva invece ad ammettere che questo l’avrebbe fatto soffrire, che stava soffrendo per l’assenza di Eva, che aveva voglia di passare del tempo anche con Camilla e non solo con il suo cane.
 
Insomma, suo figlio stava diventando come lui. E per colpa sua.
 
In quel momento gli sembrava quasi impossibile che le cose potessero cambiare. Sapeva che recuperare un rapporto con Tommy sarebbe stato difficilissimo e pensava di non esserne capace.
 
Non ho proprio la vocazione del padre! – aveva confessato a Camilla, esprimendo per la prima volta la sua paura più grande, la sua insicurezza più grande, il suo più grande senso di colpa.
 
E lei l’aveva guardato di nuovo con quello sguardo deciso, consapevole, convinto e gli aveva risposto: ma cosa ne sai?! Io invece penso che andrai benissimo!
 
Dieci parole, pronunciate di getto, come se stesse dicendo un’ovvietà.
 
Le parole che aveva avuto disperatamente bisogno di sentirsi dire da quando era nato Tommy e che nessuno gli aveva mai detto, anzi, tutto il contrario, visto che Eva aveva continuato a ripetergli in ogni modo, con le parole e con le azioni, come lui non fosse in grado di fare il padre.
 
E dette da Camilla, dalla donna, anzi dalla persona che lo conosceva meglio in assoluto, che lo capiva meglio, che aveva praticamente sempre avuto ragione su di lui – e non solo su di lui – avevano avuto un valore immenso.
 
Ci aveva creduto e aveva cominciato anche a credere in se stesso, al fatto che davvero potesse avere una seconda possibilità e che, questa volta, non avrebbe fallito.
 
Era passato meno di un anno, undici mesi appena, eppure sembrava una vita fa, perché in questi undici mesi tutto era cambiato, lui era cambiato, come il giorno e la notte.
 
Un anno fa pensava realmente che non l’avrebbe mai più rivista. Camilla era solo un’immagine sbiadita dal tempo, una fantasia impossibile a cui ogni tanto tornava, perché ancora qualche volta gli capitava di sognarla e in quei momenti finalmente riusciva di nuovo a sentire la sua voce, a vedere il suo sorriso, a vivere dettagli che ormai, quando pensava a lei, sembravano sfuggirgli sempre di più tra le dita, farsi sempre più sfumati.
 
A volta sembrava quasi che tutto quello che c’era stato tra loro fosse anch’esso frutto della sua immaginazione, una proiezione dei suoi desideri, un abbaglio, un’illusione a senso unico. Perché sì, c’era stato un bacio, indiscutibilmente ricambiato, ma per il resto erano stati quasi sempre sguardi, frasi non dette o dette a metà, che in apparenza significavano una cosa e in realtà nascondevano qualcosa di più.
 
Forse.
 
Aveva cominciato a chiedersi se da parte di lei non fosse stata davvero solo una grande amicizia e basta, unita magari ad una certa attrazione fisica, complice l’adrenalina, un modo per sfuggire alla quotidianità. Forse se non l’aveva mai respinto più esplicitamente era stato solo per non ferirlo, per non perderlo come amico ma poi, quando era finita con Roberta e si era resa conto che lui la amava ancora e che voleva una famiglia, una storia vera, se ne era andata, era svanita dalla sera alla mattina.
 
Gli sembrava impossibile che ci fosse stato un periodo in cui si vedevano anche tre volte al giorno, tutti i giorni, in cui sembravano non riuscire a stare lontani, in cui, allo sguardo di un passante, sarebbero sembrati già una coppia, anzi, una famiglia.
 
E poi se l’era trovata di fronte, una mattina di settembre come tante, davanti alla questura, a centinaia di chilometri da dove credeva che fosse e da dove si erano conosciuti. All’inizio non l’aveva nemmeno notata consciamente, solo un angolo del suo cervello aveva registrato quella presenza, ma l’aveva catalogata come l’ennesimo miraggio. Qualche secondo per rendersi conto che il miraggio non era cristallizzato nel tempo con la pettinatura e l’aspetto che aveva l’ultima volta che si erano visti, senza sapere – almeno lui – che sarebbe stata l’ultima volta.
 
Si era girato, ancora incredulo, convinto di stare allucinando, che non avrebbe trovato niente se non l’aria o, al massimo, un’altra donna mora e riccia, a lei solo vagamente somigliante, e se l’era invece ritrovata davanti.
 
Erano bastati pochi secondi non solo per capire che non stava sognando, ma che non si era sognato proprio nulla. Era anche lei impietrita, paralizzata come lui e lo sguardo di lei, ne era certo, rifletteva il suo. Il modo in cui aveva pronunciato il suo nome, per poi ammutolire, proprio lei che aveva sempre avuto la battuta più che pronta.
 
Non era la reazione che si ha quando si ritrova un vecchio amico, per quanto caro, perché quello non era l’incontro tra due vecchi amici. Loro non erano mai stati solo amici, e, se le volte precedenti in cui si erano ritrovati erano riusciti tutto sommato a dissimularlo, a fingere il contrario, questa volta no, non era stato possibile.
 
Ed erano bastate poche frasi, uno scambio di battute durante un interrogatorio, sotto lo sguardo incredulo e poi divertito di Cesari, per confermare definitivamente non solo la passione e il talento immutato di Camilla per le indagini ma, soprattutto, che le indagini non erano mai state l’unica passione che avevano condiviso e che condividevano e condividono ancora.
 
Quando lei si era intromessa per difendere Naima e ricordargli che ciascuno soffre a modo suo, lui aveva colto la palla al balzo per ribattere – e forse, un poco, per recriminare – che le perdite sono dolorose anche quando si fa finta di niente.
 
E lei non ne era rimasta sorpresa, aveva capito e non aveva negato, l’aveva solo guardato in modo triste, malinconico e quasi… commosso e aveva risposto, semplicemente, infatti. Una parola, una sola, per fargli capire che non era stato il solo a soffrire questo distacco improvviso e lacerante. Che anche dopo anni senza vedersi né sentirsi, bastava ancora una parola, uno sguardo per capirsi. Che quello che c’era stato tra di loro, che in fondo non era niente, eppure era tutto, non se l’era inventato e anzi, c’era ancora, e probabilmente ci sarebbe stato sempre, in qualche forma, anche perché il fato sembrava continuare a metterla sempre sulla sua strada.
 
Quanto fosse beffardo il fato l’aveva compreso del tutto invece la mattina dopo, mentre faceva il suo solito allenamento con i pesi e, di nuovo, aveva per un attimo pensato di stare allucinando, di avere visto il volto di lei attraverso il vetro della finestra di fronte. Erano bastati pochi secondi per capire che, anche stavolta, non si trattava di un miraggio: era proprio lei che lo spiava nascosta dietro la cornice della finestra, con in braccio Potti, quasi come fosse una bambina che giocava a nascondino dopo aver appena combinato una marachella.
 
E, a confermargli il fatto che non si era immaginato proprio nulla, era arrivato, paradossalmente, un rifiuto. Non che fosse il primo, certo, ma aveva un valore ben diverso dagli altri. Quando aveva raccolto il coraggio a piene mani ed era andato da lei a scuola per parlarle, tastare il terreno e… fissare delle regole – come se le regole fossero mai servite a qualcosa con lei – e le aveva proposto un vermouth, lei, che fino a quel momento gli aveva sorriso, anche se in maniera esitante, come se fosse compiaciuta e turbata dalla sua improvvisata, aveva cambiato espressione, aveva pronunciato un non posso – un’altra costante tra loro – ed era risalita in macchina.
 
E, anche se gli aveva fatto male, era allo stesso tempo la prima ammissione da parte di Camilla che forse c’era qualcosa di non appropriato, di non opportuno nelle loro uscite, nei loro incontri al bar. I suoi rifiuti, seguiti di solito da fughe epocali, avevano sempre riguardato solo i suoi pochi approcci più espliciti, mai qualcosa di apparentemente innocente come un’uscita al bar tra due amici.
 
A riprova del fatto che loro amici non lo erano mai stati e non lo sarebbero stati mai: erano anche quello, certo, ma non solo.
 
E anche se, in un certo senso, a volte sembrava che avessero ripreso esattamente da dove si erano lasciati, era come se, nel periodo in cui erano stati separati, qualcosa fosse cambiato in Camilla. Non che la cosa lo sorprendesse, visto che nella vita di Camilla era successo di tutto – come nella sua del resto.
 
Non sapeva se fosse dovuto alla lunga separazione tra Camilla e Renzo, al fatto che lei avesse avuto un altro uomo – sebbene la sola idea lo facesse diventare matto di gelosia e si fosse tormentato all’infinito sul non esserci stato, sull’avere gettato la spugna proprio nell’unico momento in cui avrebbe avuto una possibilità concreta con lei – ma Camilla sembrava essere diventata più consapevole di quello che c’era tra loro, o forse meno abile a mascherarlo. Era come se finalmente una parte di lei avesse iniziato ad accettare la realtà e l’ineluttabilità di quel legame che esisteva e basta, nonostante tutti gli sforzi fatti per cancellarlo, per spezzarlo. Non ne era più terrorizzata come prima. Certo, percepiva i suoi sensi di colpa, c’erano ancora tutti, dal primo all’ultimo, così come continuava a beccarsi i suoi non posso, ma era come se una parte di lei avesse smesso di lottare, di combattere, di negare.
 
Ne aveva avuto conferma quando, complice l’imboscata dei suoi colleghi e la paura che molto probabilmente di lì a poco avrebbe finito i suoi giorni marcendo in prigione, che non l’avrebbe rivista mai più, aveva deciso di giocarsi il tutto per tutto, colto l’occasione al volo e l’aveva baciata con la scusa di mimetizzarsi insieme a lei, seduti su una panchina.
 
E lei aveva risposto al bacio, anche se per pochi istanti: non era stato un bacio passionale come il loro primo bacio e si era quasi subito scostata, spingendolo via, ma poi era rimasta lì, accanto lui, a guardarlo, ancora a pochi centimetri dalle sue labbra, sembrando stupita, confusa, ma non arrabbiata, non spaventata. Aveva allora seguito l’istinto e riprovato a baciarla, questa volta senza alcun alibi, e lei aveva aspettato l’ultimo secondo, aveva atteso che le loro labbra si sfiorassero, prima di balbettare un “no” che sembrava decisamente poco convinto.
 
Praticamente un remake del loro primo quasi bacio in quel loft, solo che questa volta non c’erano state fughe a perdifiato: Camilla non era corsa via, era rimasta lì, vicino a lui, a guardarlo. E, pochi minuti dopo, davanti a casa di Jessica, se la ragazza non li avesse interrotti, non si sarebbe tirata di nuovo indietro, avrebbe risposto al suo bacio, ne era sicuro.
 
Quando l’emergenza era finita e Camilla aveva ristabilito le distanze – e le regole – lui aveva deciso di rispettare la sua decisione e aveva fatto un passo indietro negli approcci con lei ma… non era cambiato niente: lui e Camilla continuavano a vedersi come e più di prima. Aveva quindi di nuovo preso coraggio e aveva ricominciato con gli avvicinamenti ed ogni volta lei sembrava avere sempre meno voglia di respingerlo, e, soprattutto, due minuti dopo era di nuovo a suo agio con lui, come se tutto ciò fosse normale, inevitabile. In alcuni momenti gli sembrava quasi che Camilla sperasse che decidesse lui per tutti e due, che la prendesse di sorpresa, non lasciandole il tempo di pensare, di scostarsi. Ma non l’avrebbe mai fatto: la voleva da morire, certo, la amava e la ama da morire, ma proprio per quello non poteva sopportare l’idea di averla accanto se lei non provava quello che provava lui, se non lo desiderava tanto quanto la desiderava lui.
 
Di una cosa era diventato ormai sicuro: aveva capito che qualcosa era davvero cambiato in Camilla, che Camilla questa volta non scappava, non andava da nessuna parte, non più. Che sarebbe rimasta per sempre nella sua vita, non come avrebbe voluto lui, certo, probabilmente non sarebbero mai stati una coppia vera, una famiglia vera, non formalmente ma… concretamente una parte di lui sentiva già allora che Camilla era sua. Stavano crescendo Tommy insieme, a tutti gli effetti, passavano insieme quasi ogni momento libero e il titolo di Renzo di marito di Camilla sembrava sempre più una formalità.
 
Una formalità che pesava un macigno, certo, perché era da Renzo che tornava tutte le notti, solo Renzo poteva toccarla, baciarla, fare l’amore con lei, ma lui aveva tutto il resto. A volte, ironicamente, sembrava quasi che Renzo fosse l’amante e lui il marito di vecchia data, non fosse stato per la passione che ribolliva sottopelle e rischiava di esplodere ad ogni contatto tra loro, ad ogni avvicinamento.
 
Non poteva fare a meno di chiedersi che senso avesse tutto questo, violentarsi in questo modo, mano a mano che diventava sempre più evidente che Camilla con Renzo non era affatto felice come aveva proclamato durante il loro primo aperitivo torinese, quando le aveva domandato perché fosse tornata con lui. E, soprattutto, che nemmeno Renzo era felice con lei.
 
Ma una parte di lui aveva ormai accettato che sarebbe stato per sempre così, che era questo il loro destino, essere una coppia – non coppia. Che non sarebbe mai iniziata davvero tra loro, ma che per questo non sarebbe nemmeno mai finita.
 
Fino all’ultimo, fino a quando non l’aveva baciato in quel corridoio di ospedale… anzi, fino a quando aveva pronunciato “l’ho fatto…” con lo sguardo perso nel vuoto in cortile, annunciandogli di aver lasciato Renzo… anzi, forse fino a quando Livietta aveva iniziato ad accettarlo, ad accettare la loro storia e aveva posto fine alla sua guerra fredda con Camilla… anzi, forse addirittura fino al loro chiarimento a Roma, quando, dopo averla quasi persa per sempre, aveva finalmente iniziato a superare le sue paure, quella parte di lui aveva continuato a dubitare, a credere che tutto questo fosse solo un sogno bellissimo, un miraggio bellissimo, ma che il risveglio fosse dietro l’angolo, in agguato.
 
Perché fino a tre mesi fa svegliarsi con lei tra le braccia era davvero solo un sogno, un sogno da cui si ridestava abbracciato ad un cuscino, in un letto vuoto. Come lo era vivere la quotidianità, questa parola che tutte le coppie temono, che anche lui aveva sempre temuto, come se fosse la fine dei giochi, la tomba dell’amore, della passione. Mentre ora si rende conto che è proprio la quotidianità la cosa più preziosa, più straordinaria del loro rapporto, quella che gli era sempre mancata, quello che si era sempre perso e a cui ora fatica sempre di più a rinunciare.
 
Ritrovarla la sera quando torna dal lavoro, raccontarle la sua giornata, condividere con lei le soddisfazioni e i dubbi, i problemi, non solo investigativi, ma anche legati al suo ruolo di comandante, di guida dei suoi uomini.
 
Tanto che ormai si ritrova quasi tutti i giorni a correre trafelato a casa per la pausa pranzo, per rivederla e trascorrere con lei anche solo qualche minuto. Non importa se per questo deve mangiare di corsa o perdere un sacco di tempo nel traffico: trangugiare un piatto di pasta insieme a lei lo rilassa di più di qualsiasi pranzo al bar e al ristorante e, perfino, dei piatti deliziosi di Torre e della Lucianona.
 
E, sempre a proposito di correre, aveva già da qualche giorno ripreso ad andare a correre la sera, sentendosi in colpa a svegliarla troppo presto la mattina, con lei che gli faceva sempre trovare la colazione pronta al ritorno. Prima di cena o andavano a correre insieme e, doveva ammetterlo, Camilla aveva fiato da vendere e migliorava ogni giorno di più, oppure lui correva e lei lo seguiva in bicicletta, Potti nel cestello che abbaiava soddisfatto. Se per il posto d’onore o perché ci godesse a vederlo faticare, non avrebbe saputo dirlo.
 
E poi… guardare un film la sera o uscire a fare due passi con Potti e a prendersi un gelato. Oppure trovarsi per un semplice aperitivo dopo lavoro, seguito di solito da un breve giro in centro, e dopo a letto presto – e non certo per dormire.
 
Le notti erano state meravigliose, tutte: non solo nel weekend ma anche in settimana, nonostante dovesse alzarsi alle sette il mattino dopo, non erano mai riusciti ad addormentarsi prima dell’una, a volte anche delle due di notte. Sa che non reggeranno per sempre questo ritmo ma, almeno per ora, non riesce a farne a meno.
 
E la mattina, anche se avrebbe voluto dormire ancora un po’, non si sentiva e non si sente stanco come avrebbe dovuto e come dovrebbe: gli basta svegliarsi stretto a lei in un abbraccio, guardarla dormire con quell’espressione angelica, quasi infantile, un mezzo sorriso sulle labbra, la catenina d’oro che le ha regalato – e che praticamente non ha mai più tolto – che brilla nell’incavo tra i suoi seni, per sentirsi troppo felice e rilassato per avvertire la stanchezza.
 
Si era ritrovato quasi automaticamente a cercare un modo per evitare di disturbarla, per lasciarla dormire il più a lungo possibile, almeno lei che, per sua fortuna, può farlo.
 
L’orologio a vibrazione aveva funzionato, ora deve solo riuscire a sciogliere quell’abbraccio e uscire dal letto senza svegliarla. Piano piano, con la maggior delicatezza possibile, le solleva prima un braccio, appoggiandoglielo in grembo, e poi lentamente, a forza di braccia, si solleva e si spinge indietro, per sfilarsi dalla sua presa. Soddisfatto, le lancia un ultimo sguardo e tenta di mettersi a sedere, quando, improvvisamente, si ritrova con due braccia strette intorno al collo.
 
“Dove pensi di andare?” gli domanda con voce roca, aprendo lievemente gli occhi, ancora gonfi e un po’ appannati dal sonno.
 
“Camilla…” sospira con un sorriso, scuotendo il capo, avendo l’ennesima riprova che pensare di fare qualsiasi cosa senza che lei se ne accorga è un’impresa quasi impossibile, prima di aggiungere, accarezzandole il viso, in un sussurro, “non volevo svegliarti…. Torna a dormire, almeno tu che puoi.”
 
“Non posso tornare a dormire senza questo,” mormora, prima di attirarlo a sé in un lunghissimo e dolcissimo bacio del buongiorno. Quando si staccano, il fiato corto e un sorriso sulle labbra, gli intima, in un tono di finto rimprovero e con un’occhiata eloquente e decisamente più sveglia, “guai a te se ci riprovi a sgattaiolare via senza salutarmi!”
 
“È che… mi sento in colpa a buttarti giù dal letto alle sette ogni mattina! Lo so quanto ti piace dormire e… ti tengo già sveglia fino a tardi… ti ho fatto pure venire le borse sotto gli occhi e-“
 
“Innanzitutto le borse, anzi, le valige sotto gli occhi le ho sempre avute, solo che di solito le copro con il trucco. Inoltre non mi sono mai lamentata del fatto che mi tieni sveglia fino a tardi, non solo per come mi tieni sveglia, ma… che c’avrei da lamentarmi che poi sto qui tutto il giorno a non fare niente?” gli domanda e a Gaetano sfugge un sorriso per via della lievissima inflessione romanesca, segno che Camilla è ancora mezza addormentata e, soprattutto, parecchio infervorata, “al limite dovrei essere io a sentirmi in colpa per tutte le ore di sonno che ti faccio perdere, visto che tu invece devi lavorare e rimanere concentrato e attivo. E poi… parli delle mie borse, ma ti sei visto le tue? E non le puoi nemmeno coprire col trucco, tu.”
 
“In effetti le ha notate pure Torre ieri. Mi ha detto: ‘dottò vi vedo un poco sbattuto!’” ricorda, imitando la voce di Torre, notando con soddisfazione come Camilla non riesca a trattenere una mezza risata, seguita da un paio di colpi di tosse, “si è perfino offerto di farmi uno zabaione…”
 
“Immagino il motivo… anche se ti garantisco che non ne hai bisogno, anzi, se no altro che valigie sotto gli occhi: mi fai fare la notte in bianco, come minimo!” proclama con tono ironico e malizioso, tracciandogli il pettorale sinistro con il dito, “non che avrei da lamentarmi, visto che io posso dormire di giorno. Tu invece… mi sa che il questore non sarebbe felice di ritrovarsi con un vicequestore che sembra uscito da ‘La Notte dei Morti Viventi’.”
 
“Possiamo evitare di nominare il questore in questa stanza, anzi, in generale, in queste circostanze?” le domanda, altrettanto ironico, guadagnandosi un pizzicotto.
 
“Il mio gelosone…” sussurra con un sorriso, posandogli un bacio sulle labbra, prima di aggiungere, più seria, con uno sguardo eloquente, “a proposito di… queste circostanze… quindi tu e Torre parlate di-“
 
“No, no, assolutamente no! E non solo perché la prospettiva che poi Torre possa ricambiare con storie su di lui e la Lucianona mi farebbe morire di imbarazzo e mi costringerebbe o a chiedere il trasferimento, o a privarmi di uno degli elementi migliori della mia squadra, perché non riuscirei più a guardarli in faccia…” nega, deciso, facendola sorridere di nuovo, prima di guardarla negli occhi, e chiarire, serissimo, “Camilla, quello che succede in questa stanza, anzi… in queste circostanze, tra me e te, rimane solo tra me e te. Non ne ho mai parlato e non ne parlerei mai né con Torre, né con nessun altro. Il fatto è che… lo sai com’è fatto Torre, no? E-”
 
“E Torre è un poliziotto e sono le borse sotto gli occhi a parlare per te,” deduce Camilla, stampandogli un bacio sulle labbra, “ti amo, lo sai? E adoro quando diventi così protettivo non solo nei miei confronti ma nei confronti di… di noi due.”
 
“Anch’io adoro quando tiri fuori gli artigli… la mia leonessa!” sussurra, accarezzandole i capelli e baciandola, una, due, tre volte, costringendosi a staccarsi quando sente l’onnipresente Potti latrare alla porta, commentando, incredulo, “è davvero Otello!”
 
“No, è che sono quasi le sette e mezza ed è… il momento del bisogno,” spiega, ironica, mentre Gaetano guarda l’orologio e nota che, tra l’ammirarla dormire e lo scambio di battute e di effusioni successivo, era già passata mezzora e rischia di fare tardi al lavoro.
 
“Oddio, devo andare, io-“
 
“Se vuoi farti la doccia e sistemarti, io porto giù Potti e ti preparo la colazione e-“
 
“Non se ne parla nemmeno: tu e le tue valige adesso vi fate un altro riposino! A Potti ci penso io e anche a tutto il resto,” la rassicura, spingendola delicatamente sulle spalle per portarla di nuovo a stendersi sul cuscino.
 
“Ma ormai sono sveglia! E tu rischi di fare tardi e-“
 
“Sì, ma solo se rimango ancora qui a discutere,” ribatte, guardandola con la sua espressione più convincente, “vuoi farmi fare tardi, professoressa?”
 
“Non mi tentare, Berardi…” proclama con un sospiro e tono malizioso, facendogli l’occhiolino, per poi controbattere, decisa, “Gaetano, seriamente, non è giusto: sono in vacanza, non ho nulla da fare tutto il giorno, almeno rendermi utile a casa è il minimo che posso fare e-“
 
“Appunto, sei in vacanza. E in vacanza ci si riposa. E in quanto al renderti utile, mi prepari già la cena e molto spesso il pranzo, oltre al fatto che le pulizie le fai quasi sempre tu. Non è giusto: non sono venuto qui per farmi servire e riverire da te, Camilla. Le trentasei ore da geisha sono finite da un pezzo,” le ricorda, accarezzando quasi inconsciamente uno dei ciondoli a forma di chiave, “quindi non solo stamattina, ma anche da domani mattina in poi, dopo il bacio del buongiorno, se non hai altri impegni torni a dormire e lasci fare a me, ok? La colazione me la potrai preparare da settembre, quando riprendi con la scuola e-“
 
Si blocca, avendo notato lo sguardo sorpreso di lei, rendendosi conto immediatamente del lapsus freudiano.
 
“Cioè voglio dire… quando decideremo di convivere stabilmente, ti autorizzo a prepararmi la colazione solo durante l’anno scolastico, ok?” abbozza, correggendo il tiro, notando come l’espressione sorpresa e commossa di lei non cambi di una virgola.
 
“Ok…” concorda, dandogli un ultimo bacio prima di lasciarlo andare.
 
“Allora ci vediamo a pranzo e-“
 
“No, Gaetano, scusami ma… ho delle commissioni da fare e… pensavo di stare fuori a pranzo. Ti dispiace molto se…?” gli domanda, bloccandolo quando ha appena messo i piedi sul pavimento, ancora seduto sul bordo del letto.
 
“No… a patto che stasera mi garantisci una doppia porzione di coccole, per compensare,” ribatte con aria da schiaffi, facendole l’occhiolino.
 
“Contaci!” assicura con un sorriso, posandogli un ultimo bacio sulla spalla, prima di stendersi nuovamente e cercare di godersi appieno le ore di riposo in più.
 
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“Professoressa! Che ci fate qua?!”
 
“Buongiorno Torre, grazie per l’accoglienza!” scherza, di fronte allo sguardo sorpreso e, ora, decisamente imbarazzato e quasi mortificato di Torre.
 
“No, cioè, per la carità, non intendevo… voi qui siete la padrona ormai: è casa vostra questa e lo sapete e-“
 
“Lo so, Torre, tranquillo, stavo solo scherzando,” lo rassicura con un sorriso, ricordandosi mentalmente di evitare questo tipo di battute in futuro visto che Torre, quando si parla del Dottore e quindi, indirettamente, di lei è talmente tanto rispettoso da diventare quasi ipersensibile.
 
“No, è che… sarà… saranno più di due mesi che non vi si vede qui… dal caso Migliasso,” chiarisce e Camilla deve ammettere che, in effetti, è vero: soprattutto dopo tutto quello che era successo con il questore aveva quasi inconsciamente deciso di non andare in questura se non era davvero necessario, almeno per un po’. E poi… e poi non aveva più bisogno di andare in questura per vedere Gaetano – non che ne avesse bisogno prima, avendolo ad un tiro di schioppo ma, quando stava ancora con Renzo, la questura aveva il vantaggio di essere al di fuori della portata di sguardi curiosi e disapprovanti, soprattutto uno.
 
Ma c’è anche qualcosa di più, deve confessarlo: l’idea di venire qui in questura con il borsone termico in mano, con dentro l’insalata di pasta preferita da Gaetano e il semifreddo al caffè che gli piace tanto, ha per lei una valenza che non riuscirebbe mai a spiegare a parole, così come non riuscirebbe mai a definire quella sensazione di felicità, anzi, di euforia, mista ad orgoglio ed emozione che sente nel petto. È qualcosa che non avrebbe mai pensato di poter fare un giorno: essere lì senza alcuna scusa, senza alcun pretesto, senza alcun alibi. Essere lì non come una testimone, una consulente – oltretutto assolutamente non titolata e non autorizzata – anche solo come un’amica. È come gridare al mondo, al mondo di Gaetano e quindi al loro mondo che lei è la compagna di Gaetano Berardi e quindi può andare a trovarlo semplicemente per portargli il pranzo, così, senza bisogno di nessun altro motivo.
 
E si sente finalmente pronta a farlo, alla faccia del questore e dei suoi avvertimenti, dei pettegolezzi che sicuramente ci sono e ci saranno, del fatto che lei è ancora, legalmente, una donna sposata e nemmeno separata: perché nulla di tutto questo ha alcuna importanza, rispetto a rendere felice Gaetano, vederlo sorridere anche solo per un secondo, poter passare qualche minuto con lui in tranquillità, senza costringerlo a perdere un’ora nel traffico.
 
“Beh, e si lamenta, Torre? Mi sembra una buona cosa: meno omicidi, no?” scherza di nuovo, con un altro sorriso.
 
“Eh, magari! Come si dice? Il crimine non va mai in vacanza! Che poi, a proposito di vacanze, voi e il dottore gli omicidi ve li siete ritrovati lo stesso, ma in trasferta a Roma,” ribatte Torre, aggiungendo, con sguardo quasi nostalgico, “ah… la capitale… quanti ricordi, eh?! Mi sarebbe piaciuto esserci insieme a voi per aiutarvi, anche se… almeno non mi è toccato rivedere il dottor De Matteis!”
 
“Il dottor De Matteis si è quasi fatto ammazzare per salvarmi la vita, Torre,” replica, non riuscendo a trattenersi: lo sa che tra De Matteis e Torre non è mai corso buon sangue ma, dopo quello che è successo, dopo quello che De Matteis le aveva confidato sotto effetto dell’anestesia – non solo di essere innamorato di lei, ma tutto il resto – non riesce a non provare un certo senso di protezione nei confronti dell’altro vicequestore.
 
“Lo so, professoressa, non intendevo dire che… mannaggia a me, oggi non ne dico una giusta!” esclama, di nuovo a disagio, “è che… lo so che non è una cattiva persona e che è coraggioso, ma… insomma lo sapete anche voi com’è fatto, no? Non è facile andarci d’accordo e poi…”
 
“E poi non è il Dottore,” conclude Camilla, con un sorriso comprensivo, perché lo sa benissimo anche lei che tra i due vicequestori, tra i due uomini non c’è e non c’è mai stato minimamente paragone, e non solo per Torre.
 
“A proposito del Dottore, c’è?” gli domanda, cambiando discorso per stemperare ogni residuo imbarazzo.
 
“Sì, sta nel suo ufficio, è-“
 
“Professoressa!” li interrompe la voce inconfondibile della Lucianona, comparendo davanti a loro con uno dei suoi immancabili tupperware tra le mani, contenente chissà quali delizie.
 
“Buongiorno! A proposito, ho saputo di… insomma, congratulazioni!” proclama, indicando prima la donna e poi Torre e riferendosi alla loro storia d’amore.
 
“Grazie… eh, e congratulazioni anche a lei e al dottore!” ribatte la donna con un sorriso e Camilla non se ne stupisce: se Torre sa di loro, lo sa anche la Lucianona. E poi dubita che ormai qualcuno in questura non ne sia a conoscenza.
 
“Grazie, e lui-“
 
“Ma è qui per il nuovo caso? È da tanto che non ci veniva a trovare! Sentivamo la mancanza sia sua che di Tommy: quel bambino è un tesoro!” afferma, senza lasciarle finire la frase, per poi aggiungere, con un sorriso, “anzi, già che è qui, vuole favorire? Ho preparato il mio vitel tonné, ricetta di famiglia e-“
 
“Guardi, la ringrazio, sono sicura che sarà buonissimo, come sempre, è solo che… in realtà io sarei qui per fare una sorpresa a… al Dottore e… gli ho portato qualcosa da mangiare,” chiarisce, affrettandosi a specificare, per non offenderli, “lo so che voi cucinate molto meglio di me e che non gli fareste mai saltare il pranzo, ma è che-“
 
“È che noi non siamo la prof.,” ride Torre, facendo eco alle parole di Camilla di poco prima, “e sono sicuro che al Dottore fa molto più piacere un uovo al tegamino cucinato da voi, che un banchetto di nozze preparato da noi. Dovreste vedere come si sfionda fuori dalla porta a mezzogiorno per correre da voi!”
 
Camilla sorride, non provando nemmeno a fargli notare che si dice fionda e non sfionda: Torre è Torre.
 
“E poi sono sicuro che ve la cavate benissimo in cucina! Devo ancora trovare qualcosa in cui ve la cavate male!”
 
“Torre, lei è sempre troppo buono ma le garantisco che in cucina non sono proprio un granché, purtroppo. Anzi, se vi va di testare e sinceramente non ve lo consiglio, perché non venite a cena da noi una di queste sere? Anche stasera se vi va,” propone, seguendo l’impulso del momento: in fondo lei e Gaetano non hanno amici a Torino e Torre è di famiglia. Non si erano visti per fin troppo tempo e poi… non avevano mai festeggiato come si deve le bellissime novità nella loro vita privata.
 
“Ne sarei onorato, professoressa, però… insomma, non vorremmo disturbare…” risponde con il sorriso e lo sguardo di chi ha appena ricevuto un grandissimo regalo e che quasi la fanno commuovere.
 
“Ma che disturbo! Dopo che avete pure dato lezioni di cucina a Gaetano! E non oso immaginare come fosse conciata la cucina dopo!” ribatte, facendolo ridere.
 
“Per noi va bene, professoressa, anche stasera, ma… possiamo almeno portare qualcosa?” chiede la Lucianona, sembrando altrettanto felice ed onorata dell’invito.
 
“Per una sera lasciate fare a me… le provviste d’emergenza tenetele per casa che potrebbero servirvi,” ironizza, aggiungendo, prima di sentirsi di nuovo le loro proteste, “adesso però andrei da Gaetano: non vorrei che ordinasse qualcosa fuori… sono venuta un po’ presto apposta.”
 
“Certo, certo, fate come se foste a casa vostra. A stasera, allora,” la saluta Torre, ancora evidentemente emozionato, allontanandosi con la Lucianona e il loro pranzo.
 
Con un sorriso sulle labbra, si avvicina piano alla porta in legno, chiusa, e la spalanca senza bussare, come è ormai abituata a fare.
 
“Gaetano, sorpresa! Ti ho portato il-“
 
Le parole le si troncano in gola quando nota che non è solo, ma c’è un’altra persona con lui: una donna. Sono entrambi in piedi di fronte alla scrivania, dandole le spalle, chini su delle carte, evidentemente intenti a studiarle. Al suono della sua voce, Gaetano si volta sorpreso e, al vederla, le rivolge un sorriso luminoso, che però svanisce quasi subito, lasciando spazio ad una certa… preoccupazione?
 
Quando anche la donna rivolge lo sguardo alla porta, Camilla capisce il perché.
 
Ricci.
 
“Camilla!” esclama Gaetano, colto alla sprovvista dal suo arrivo, alternando lo sguardo tra lei e il medico legale, l’aria cauta di chi teme un’esplosione, “non… non mi aspettavo di vederti. È… è successo qualcosa?”
 
“Pro – professoressa,” balbetta Ricci, l’espressione di chi sta vedendo la morte in faccia.
 
“Buongiorno dottoressa,” replica Camilla, tranquilla, trattenendo un sorriso soddisfatto, per poi rivolgersi a Gaetano, mostrandogli la borsa termica, “lo so che non mi aspettavi, volevo farti una sorpresa e… e portarti il pranzo. Non hai già mangiato, vero?”
 
“No, no… stamattina è stato un delirio: c’è stato un sospetto omicidio – suicidio in zona della Mole e poi è stato ritrovato un cadavere al Valentino ieri sera. Ricci mi stava mostrando i risultati dell’autopsia,” chiarisce, indicando le carte sparse sul piano di legno.
 
“Scusate, non volevo interrompere… è che ho il brutto vizio di non bussare, e non credo riuscirò mai a perderlo,” proclama Camilla, solo una lievissima nota di avvertimento nella voce, guardando l’altra donna, prima di aggiungere, conciliante, “posso aspettare fuori.”
 
“No, no, non serve io… avevamo quasi finito, in realtà. Stavo spiegando a Berardi che, anche se la vittima è un tossico, la causa di morte non è propriamente overdose ma-“
 
“Soffocamento?” domanda Camilla, che nel frattempo ha appoggiato la borsa su una delle sedie e si è avvicinata per esaminare le foto, “è soffocato col suo vomito…”
 
“E lei come fa a saperlo? Si intende di medicina legale?” chiede Ricci, stupita, non avendo mai visto Camilla in azione.
 
“No… semplicemente ricordo una foto con un cadavere dall’aspetto praticamente identico a questo, in una cartellina a casa di Gaetano. Era… poco dopo la cena di gala della polizia,” precisa con tono tranquillo, anche se il riferimento non sfugge a nessuno dei presenti, “era sulla scrivania del tuo studio, ti ricordi, no, Gaetano? L’avevamo vista mentre ti aiutavo a… riordinare.”
 
Gaetano non può evitare di arrossire e si morde il labbro per trattenere un sorriso di fronte alla nonchalance e, allo stesso tempo, alla sfacciataggine di Camilla. Perché ricorda benissimo quell’episodio, avvenuto durante il loro primo weekend da soli, senza figli: Tommy era appena partito per l’America e Livietta era a Milano con Renzo. Camilla l’aveva sì aiutato a riordinare, peccato che fossero entrambi nudi e che il motivo del disordine fosse il fatto che una certa professoressa aveva gettato tutto ciò che c’era sulla scrivania a terra, nel bel mezzo del loro gioco commissario – professoressa reticente, poco prima di fare l’amore, proprio su quella scrivania.
 
E dopo lei si era messa a risistemare e riordinare le carte con studiata lentezza e cura, ma aveva creduto che fosse solo un modo per farlo impazzire di nuovo – e lo era. Non pensava che Camilla avesse realmente prestato attenzione al contenuto dei fascicoli e che le fossero rimasti così impressi, oltre ai dettagli di ben altro genere che lui ricordava della giornata.
 
“Già… l’altro morto al Valentino… il motivo per cui sono arrivata in ritardo alla… alla famosa cena!” esclama Ricci, che ha, ovviamente, colto solo minima parte dei sottotesti di Camilla.
 
“Purtroppo è molto comune… più tra gli alcolizzati che tra i tossici in realtà. Si beve, ci si stordisce, si vomita senza nemmeno rendersene conto e si soffoca. Questi casi sembrano tutti uguali…” sospira Gaetano, prima di spalancare gli occhi, quando nota un particolare. Si volta verso Camilla e vede riflessa nel suo volto la sua stessa identica espressione.
 
“La panchina è la stessa!” pronunciano all’unisono, indicando una scritta che si dipana su due doghe della panchina e che doveva aver colpito entrambi per via dell’omicidio perpetrato nei confronti della lingua italiana.
 
GENNI MUORIREI X AVERTI
NON POSSO FARE ALMENO DI TE!
 
“Sì… ora che mi ci fate pensare… è vero,” conferma Ricci, facendo mente locale, “oddio, al buio il parco e le panchine sembrano tutte uguali però… sì, il posto era lo stesso.”
 
“Beh… strana coincidenza… due tossici che muoiono nello stesso modo proprio sulla stessa panchina,” commenta Gaetano, tra sé e sé, esaminando di nuovo le carte.
 
“Berardi, dai, non vorrai dire che…? Ma no, su! Voglio dire, quella probabilmente è zona di spaccio e… l’hai detto tu: sai quanti ne muoiono così?”
 
“Di alcolizzati parecchi… di tossici… o hanno anche bevuto o preso farmaci o… insomma, il medico sei tu, Ricci, no?” le chiede, cercando tra le foto e i dati dell’autopsia.
 
“E infatti il nostro amico qui aveva un tasso alcolemico nel sangue di 3,5 e a 4 si va in coma etilico. E anche nel vomito c’era alcol… di fianco alla panchina è stata trovata una bottiglia di vodka praticamente vuota. Dagli esami tossicologici emerge chiaramente che era un eroinomane ed era sotto effetto di eroina anche quando è morto. Non una dose letale ma abbastanza alta da stordire, insieme a quella dose d’alcol, un uomo di due volte il suo peso. Era supino, ha vomitato ed è soffocato… da manuale.”
 
“Ma… il fegato di quest’uomo non è da alcolista, è relativamente normale…. Ha le braccia piene di buchi ma… non ha i valori sballati e gli organi tipici di un alcolista cronico. Anche perché gli alcolisti eroinomani di solito hanno pochissimi soldi e quindi non comprano superalcolici che sono costosi ma roba da poco… vino in brik o birra del discount…” le fa notare Gaetano, indicando le righe dove si parla di fegato e organi interni nella norma, tranne il cuore, ingrossato.
 
“Magari non era alcolizzato e quella è stata la prima volta che ha esagerato così e l’ha pagata… succede fin troppo spesso e lo sai, quando si combinano sostanze. Poi il poliziotto sei tu, per la carità, ma non hai già abbastanza casi per le mani per andartene a cercare di nuovi, sulla base di cosa, di una coincidenza?”
 
“Le coincidenze nel nostro mestiere non esistono quasi mai e lo sai,” controbatte, sforzandosi di ricordare dettagli di quell’altro caso, anzi no, di quell’altro decesso, perché era stato un caso chiuso ancora prima di aprirlo.
 
Quasi mai, ma esistono, anche nella vita di tutti i giorni,” obietta Ricci con una scrollata di spalle.
 
Camilla e Gaetano si scambiano uno sguardo eloquente, sapendo di stare pensando esattamente la stessa cosa: le coincidenze esistono eccome, per fortuna.
 
“Va beh… d’accordo… senti, facciamo così: riesci a procurarmi il file dell’altro morto al Valentino? Non essendoci stato un caso vero e proprio, non ce l’ho negli archivi ma tu di sicuro hai ancora i risultati dell’autopsia e dei rilievi…”
 
“L’autopsia ce l’ho… per i rilievi ti conviene chiedere a Riva: sono stati i suoi uomini a farli e… sicuramente hanno ancora il tutto in archivio,” risponde Ricci con un sospiro, “ma ti avviso: secondo me perdi tempo e non troverai niente.”
 
“Diciamo che preferisco perdere cinque minuti in più per uno scrupolo piuttosto che tenermi questa idea in testa,” ribatte Gaetano, conoscendosi e sapendo che, se non avesse verificato, gli sarebbe rimasto il tarlo.
 
“D’accordo, allora… ti farò avere quei risultati. E adesso vi lascio al vostro pranzo. Professoressa, è stato un piacere rivederla. Berardi,” li saluta, eclissandosi rapidamente oltre la porta, sembrando ancora in lieve imbarazzo per la situazione, una volta che l’argomento investigativo era stato esaurito.
 
Gaetano appoggia la cartellina sulla scrivania e poi si gira per incontrare lo sguardo di Camilla, non potendo evitare di essere leggermente in apprensione.
 
“Che c’è?” gli chiede Camilla, avendo, come sempre, notato il suo stato d’animo.
 
“No, è che…”
 
“Guarda che va tutto bene. Se ti aspettavi una scenata di gelosia degna di Potti – Otello, mi dispiace deluderti, caro il mio pinguino,” ribatte, ironica, dandogli un pizzicotto sulla guancia, come si fa con i bimbi, prima di stampargli un rapido bacio sulle labbra e precisare, con tono serio, “se non ricordo male la biondona di poco fa è un medico legale che collabora con la questura, no? E quindi è normale che collabori con il vicequestore. A patto che si tenga a distanza di sicurezza!”
 
“Camilla…” sospira, scuotendo il capo, sollevato e come sempre incantato e spiazzato dal carattere di lei, abbracciandola più forte, prima di aggiungere con un sorriso, “su quello puoi stare tranquilla e non solo perché per me esisti solo tu, e lo sai, ma anche perché… hai visto come ti guardava quando sei entrata? A quella cena devi averla terrorizzata! Quando ti ha chiesto se te ne intendevi di medicina legale, penso si stesse domandando se qualcuno avrebbe mai più ritrovato il suo cadavere.”
 
“Ma piantala!” ride, dandogli un colpo sul braccio. Ritorna improvvisamente seria, si morde il labbro e gli sussurra, gli occhi semichiusi, “anche perché, nel caso, quello con cui me la prenderei di più, e pure di brutto, sarebbe un certo pinguino, e non me ne frega niente se è una specie protetta.”
 
Gaetano deglutisce, il pomo d’Adamo che si abbassa e si alza, ma poi Camilla scoppia di nuovo a ridere e lo trascina in un bacio di saluto che dire che lo lascia in subbuglio è dire poco.
 
“Allora era questa la tua… commissione, professoressa?” le chiede, cambiando argomento e mettendo una distanza di sicurezza tra loro, per quanto minima, onde evitare di saltarle addosso, afferrando la borsa termica dalla sedia e aprendola, “l’insalata di pasta? E pure il semifreddo? Camilla, non dovevi, chissà-“
 
“Permetti anche a me di coccolarti un po’, dottor Berardi, visto che, almeno fino a quando non ricomincia l’anno scolastico, ho tempo per farlo,” lo zittisce Camilla, facendo riferimento al suo lapsus del mattino, posandogli un altro rapido bacio sulle labbra, “anzi, che ne dici se, fino a che non torna Livietta, da oggi in poi vengo io qui a mezzogiorno e pranziamo insieme?”
 
“Ma non voglio darti troppo disturbo e-“
 
“Devo comunque cucinare anche per me… e poi… almeno faccio due passi, esco di casa, faccio due commissioni. Non è un disturbo, davvero,” lo rassicura, accarezzandogli il viso.
 
“Ho qualche speranza di farti cambiare idea?” le domanda con un sorriso, conoscendo benissimo quel tono e quello sguardo di Camilla.
 
“Direi di no…” ammette, ricambiando il sorriso.
 
“Hai un’idea di quanto ti amo?” pronuncia, abbracciandola forte.
 
“Credo proprio di sì, visto che me lo stai dimostrando in ogni modo… e tu?” gli chiede di rimando, ricambiando la stretta e guardandolo negli occhi.
 
“Sì, e posso dire esattamente lo stesso di te, professoressa,” sussurra, cedendo infine alla tentazione di baciarla teneramente, profondamente, senza fretta.
 
Il suono di una porta che si apre, passi e un’esclamazione di sorpresa li portano a staccarsi immediatamente.
 
“Conti!” esclama Gaetano, colto alla sprovvista ed imbarazzato, vedendo la giovane agente bloccata con la bocca aperta.
 
“Do- dottore, mi scusi, non pensavo che… insomma… avrei dovuto bussare, ma…” balbetta, le guance che le si tingono gradatamente di rosso.
 
“No, figurati, anzi, non potevi certo sapere… in effetti non me la aspettavo nemmeno io questa visita: Camilla mi ha fatto una sorpresa,” la tranquillizza con tono gentile, rivolgendo un sorriso orgoglioso alla sua professoressa, prima di chiedere alla giovane agente, “avevi bisogno di qualcosa? Non c’è un’emergenza, vero?”
 
“No, no, dottore, nessuna emergenza. Volevo dirle che io e… e Cesari stiamo per andare a mangiare e ricordarle che oggi pomeriggio siamo in permesso…”
 
“Ah, sì, sì, certo, beh in realtà stavamo per andare in pausa pranzo pure noi. Divertitevi!”
 
“Ne dubito, dottore,” replica la ragazza con un sospiro, prima di girare i tacchi e andarsene.
 
“Prima cena ufficiale con i futuri suoceri…” chiarisce, avendo correttamente interpretato l’occhiata interrogativa di Camilla.
 
“Genitori di lui o di lei?”
 
“Di lui…”
 
“Povera Conti allora: la madre di lui di solito è LA suocera per eccellenza, quella da temere,” commenta Camilla con una mezza risata.
 
“Ti garantisco che in molti casi anche la madre di lei non scherza,” replica Gaetano, beccandosi un buffetto sul braccio.
 
“Touché,” ammette, sorridendo e alzando le mani in segno di resa, “in effetti credo che il mio sia un caso atipico… certo, la madre di Renzo è morta prima che ci sposassimo e non ho avuto modo di conoscerla granché, ma era una donne mite, timida, dolce. Pur avendo praticamente solo Renzo, visto che suo padre non c’era quasi mai, non era morbosa come diventano tante madri in casi come quello. Credo che… che fosse davvero felice che Renzo si potesse fare una famiglia. Quindi mia madre è sempre stata LA suocera in casa e credo che lo sarebbe stata anche se la madre di Renzo fosse ancora viva.”
 
“Ah, non ne dubito! Non è per niente facile essere più toste di tua madre…” ribadisce, facendola sorridere e scuotere il capo, divertita ed esasperata.
 
“No, non lo è. Sai, anche quando adorava Renzo e andava d’accordo più con lui che con me, è sempre stata molto, troppo presente, diciamo pure invadente. Certo, mi ha dato un aiuto enorme con Livietta, ma… per Renzo, devo ammetterlo, deve essere stata durissima e il fatto di abitare nello stesso palazzo… non ha aiutato a mettere dei paletti. E anche se questo forse mi rende una figlia degenere, sebbene mia madre mi manchi molto e vorrei poterla vedere più spesso, ammetto che l’idea che adesso ci siano tanti chilometri di distanza… un po’ mi rassicura per quanto riguarda noi due e il nostro rapporto. Che la sua invadenza non ti darà una ragione di più per stancarti di me e della mia vita familiare incasinata e mandarmi a quel paese.”
 
“Se parliamo di vita familiare incasinata, direi che anche io non scherzo, Camilla e quindi anche tu avresti già potuto mandarmici mille volte e non l’hai mai fatto, così come non lo farei mai io, e lo sai. E poi, comunque, anche se tua madre fosse più vicina a noi, secondo me sarebbe tutto diverso, perché tu sei diversa, Camilla: sei più matura-“
 
“Sì, diciamo pure vecchia-“
 
“Intendevo saggia e consapevole, anche se ancora molto testarda,” sorride, picchiettandole lievemente la fronte con l’indice, strappandole un altro sorriso esasperato, “basta vedere quello che è successo a Roma, Camilla. Hai preso una posizione con tua madre e ti sei fatta rispettare da lei, mi hai difeso, ci hai difeso e hai deciso di viverti quello che restava della nostra vacanza senza farti influenzare da lei. Sono sicuro che sarebbe così anche se lei tornasse a Torino. E in ogni caso ci penserei anche io a metterli dei paletti, anche perché secondo me è tua madre stessa che si aspetta questo da me, da noi, quasi per metterci alla prova.”
 
“Che c’è?” le domanda, quando Camilla non risponde e anzi lo osserva con un’espressione indecifrabile.
 
“C’è che mi chiedo come tu faccia a capire mia figlia e mia madre probabilmente meglio di quanto le capisca io. Davvero, non so come fai, ogni volta mi stupisci, in positivo,” proclama, la voce arrochita, sfiorandogli la guancia sinistra con un dito.
 
“Sarà che ho anni di pratica nel cercare di capire la Baudino più complicata di tutte. Deliziosamente complicata,” precisa, vedendola di nuovo sorridere, soprattutto quando le mordicchia lievemente la punta del dito con cui gli sta accarezzando il labbro inferiore, “e non credo che riuscirò mai a capirti al cento per cento, professoressa, dovessero passare cent’anni.”
 
“E invece mi capisci e mi conosci fin troppo bene, dottor Berardi,” mormora, sentendo il desiderio di sfiorare quelle labbra con ben altro che le dita farsi sempre più forte.
 
Sta per cedere, al diavolo eventuali scocciatori, quando l’occhiata di lui la blocca. È un’occhiata strana, diversa dalle solite occhiate in queste circostanze. Non c’è solo desiderio, ma aspettativa… non di qualcosa di fisico… è la stessa occhiata che le riserva quando, durante le indagini, dopo averle svelato un indizio attende le sue deduzioni, le sue conclusioni, le sue domande.
 
“Che c’è? Perché mi guardi così?” gli chiede, dando voce al suo dubbio.
 
“Così come?”
 
“Lo sai come,” esclama con uno sguardo eloquente, “vuoi dirmi qualcosa? Chiedermi qualcosa? O devo chiederti qualcosa io?”
 
“No… è che… non lo so… parlando di suoceri e suocere… curiosa come sei… mi aspettavo che mi domandassi qualcosa sulla tua di suocera. E non sto ovviamente parlando della madre di Renzo,” chiarisce Gaetano, pronunciando le parole quasi a fatica, a parte la battuta finale.
 
“Sono curiosa, è vero, ma… spero di non essere invadente quanto mia madre e… insomma, Gaetano, parliamoci chiaro: tu mi conosci meglio di chiunque altro e anche io credo di conoscerti molto bene. Ma tu sai praticamente tutto di me, o quasi, mentre io… so molte cose su di te e ne scopro di nuove ogni giorno ma… della tua famiglia di origine conosco solo Francesca, oltretutto perché un giorno è piombata nella mia vita e sei stato costretto a presentarmela. Della tua famiglia di origine so poco o niente: tu non ne parli mai e si vede che è un argomento delicatissimo per te, forse ancora più – se permetti il paragone – di quanto lo sia suo padre per Renzo. I tuoi genitori non c’erano al tuo matrimonio con Roberta e, da quello che mi hai raccontato, nemmeno al tuo matrimonio con Eva. Quindi non ti ho chiesto nulla di mia suocera perché… perché penso che non la conoscerò mai di persona. Le ipotesi sono due: o è come il padre di Renzo, ma non credo, visto che ricordo benissimo che tenevi una sua foto sulla scrivania, in cui sembravate andare molto d’accordo – anche se di tuo padre invece non c’era traccia in quella foto – oppure, ipotesi che mi sembra più probabile, purtroppo è… nello stesso posto in cui sono anche la madre di Renzo e mio padre.”
 
“Colpito e affondato due volte, professoressa,” ammette,  la voce che gli trema leggermente, nonostante tutto, perché sa che Camilla ha capito benissimo non solo di sua madre, ma anche del rapporto tutt’altro che idilliaco con suo padre, “in realtà anche mio padre è nello stesso posto… ma spero per mia madre, per tuo padre e per la madre di Renzo e pure per tutti gli altri che ci stanno… che mio padre sia in un angolo il più lontano possibile da tutti loro.”
 
Occhi negli occhi, si scambiano un lieve sorriso malinconico, mentre Camilla ritorna ad accarezzargli il viso.
 
“Che c’è?” gli domanda nuovamente, ritrovando la stessa espressione di attesa.

“Non mi chiedi altro?” rimpalla, sentendosi combattuto tra il desiderio che lei chieda, che lei sappia, che lo porti a confidarsi e quella parte di lui che invece ha sempre voluto tenere sepolto tutto quello che riguarda i suoi genitori, soprattutto suo padre, in un angolo nascosto della sua mente a cui non tornare mai più.
 
“È un argomento che vuoi o puoi affrontare nel tempo che resta della pausa pranzo?” pronuncia semplicemente, non lasciando i suoi occhi, e Gaetano scuote il capo: ha bisogno di tempo e di tranquillità.
 
Questo è un argomento da affrontare a casa da soli, magari dopo un paio di vermouth o, ancora meglio, abbracciato a lei, a letto, dopo aver fatto l’amore. In quei momenti si sente sempre in grado non solo di parlare di qualsiasi cosa, ma di affrontarla e di superarla, insieme. Sono i momenti in cui sente che il mondo fuori non fa più paura, finché sono insieme, uniti, fino a che ha Camilla al suo fianco.
 
“No,” conferma, altrettanto semplicemente, “ma voglio parlartene, presto. Sento che è arrivato il momento di farlo. Non voglio che ci siano segreti o misteri tra noi. Domani è venerdì… se ti va domani sera partiamo e stiamo via per il weekend e… ti porto in un posto. Che ne dici?”
 
“Non sono sicura di capire il nesso tra le due cose ma… certo che mi va, se va a te. Sei tu che lunedì devi tornare al lavoro, non io… basta che mi dici cosa mettere in valigia.”
 
“D’accordo… ma non pensare di riuscire a dedurre la nostra destinazione così facilmente, professoressa,” la punzecchia, facendole l’occhiolino, “e adesso che ne dici se mangiamo? Ho una fame!”
 
“A chi lo dici… ah, a proposito di mangiare… stasera ho invitato a cena Torre e la Lucianona. Mi sembrava carino, con tutto quello che hanno fatto per noi, tra le provviste, il corso di cucina e poi… che c’è? Perché mi guardi così? Lo so che l’ho fatto senza consultarti ma-”
 
Le labbra sulle sue soffocano il resto della frase, prima di trovarsi stretta in uno di quegli abbracci che la sollevano da terra.
 
“Sai che a volte mi sembra ancora incredibile? Invitare a cena i miei amici – diciamo pure i nostri amici, nel caso di Torre – tu che mi porti il pranzo al lavoro… come una coppia… normale,” le sussurra all’orecchio e Camilla si stringe ancora di più a lui, accarezzandogli la nuca, sentendo un nodo in gola.
 
“Normale? Tra me e te... c’è ben poco di normale,” ironizza quando ritrova la voce, sollevando il capo per guardarlo negli occhi e fargli l’occhiolino, vedendolo sorridere esasperato, prima di aggiungere, più seria, “lo sai… anche per me è lo stesso. Non hai idea di quello che significa per me essere qui a portarti il pranzo, perfino farci beccare in flagrante come poco fa da uno dei tuoi agenti… non immagini quanto ho sempre invidiato Roberta, che poteva venirti a trovare senza bisogno di alcuna scusa. E ora invece finalmente sono io la compagna ufficiale del vicequestore Berardi.”
 
“Se ti piacciono le interruzioni bastava dirlo, professoressa. E io che davo ordine a Torre e agli agenti di non disturbare quando c’eri tu… e solo tu… già a Roma…” scherza a sua volta per stemperare la commozione, “anzi, che ne dici se diamo loro qualcosa da interrompere?”
 
E, sentendola ridere sulle sue labbra, la travolge con un altro bacio: il pranzo, tutto sommato, può attendere.
 
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“Complimenti, professoressa, è tutto delizioso!”
 
“Lo so che non è al vostro livello… ma vi ringrazio per la gentilezza,” abbozza Camilla con un sorriso.
 
“Ma che scherzate?! La pasta con i carciofi era fenomenale, era dai tempi di Roma che non ne mangiavo una uguale, anzi, non so se ne ho mai mangiata una così buona!” proclama Torre, entusiasta, e Camilla deve ammettere che in effetti tra bis e tris l’ispettore e consorte se la sono spazzolata tutta.
 
“Ricetta di famiglia, di mia madre per essere precisi. È sempre stata lei la cuoca di casa…” si schermisce, compiaciuta però dai complimenti, anche se sa che probabilmente Torre, devoto com’è nei confronti di Gaetano, avrebbe trovato qualcosa di buono pure in una suola di scarpe.
 
“Ma anche la mousse al cioccolato con quel tocco di arancia… mi dovete dare la ricetta!” si inserisce la Lucianona e, anche in questo caso, dell’abbondante dose di mousse, sufficiente per sei persone – e loro erano in quattro – non era rimasta traccia.
 
“Merito del cioccolato fondente di Torino. Credo che qui ci siano le migliori cioccolaterie d’Italia…” minimizza, prima di alzarsi in piedi per sparecchiare, “caffè?”
 
“A quello, se permetti, ci penso io, che ormai so come piace a Torre,” propone Gaetano con un sorriso, cominciando a raccogliere i piatti, “e anche a sparecchiare, visto che tu hai cucinato.”
 
“Per nostra fortuna!” commenta Torre, facendoli ridere, “scusatemi, dottò, voi lo sapete quanto vi stimo, ma dobbiamo fare ancora un po’ di lezioni. Posso darvi una mano con il caffè?”
 
“Ma certo Torre, e figurati, lo so che in cucina sono ancora un disastro,” ammette con autoironia, avviandosi con i piatti in mano a preparare il famoso caffè alla napoletana.
 
Camilla rimane sola con la Lucianona, cercando un argomento di cui parlare. Non è facile, visto che di fatto si conoscono molto poco.
 
“Bellissima casa, davvero complimenti! Sembra quasi uscita da una rivista: i mobili sono perfetti. Ce lo avessi io un gusto così!” esclama la Lucianona, evidentemente cercando, proprio come lei, di fare conversazione.
 
“La ringrazio ma… l’arredamento l’ha scelto praticamente quasi tutto Renzo, il mio ex marito. Sa, lui è un architetto…” spiega, non potendo evitare di pensare che, fosse stato per lei, parecchie cose dell’arredamento sarebbero state diverse.
 
Lei aveva gusti più semplici, essenziali, mentre Renzo, pur essendo raffinato e avendo sicuramente buon gusto, aveva un senso estetico a volte fin troppo… da architetto, appunto, da rivista.
 
“Ah, mi scusi, mi spiace, io-“ balbetta l’altra donna, imbarazzata.
 
“No, ma si figuri! Mica è morto: ci siamo solo separati e so che Renzo è sicuramente molto bravo nel suo lavoro, e non ho alcun problema a riconoscerlo, anzi…”
 
“E sua figlia dov’è? Fuori con le amiche? Mi sarebbe piaciuto rivederla…” chiede, cambiando discorso.
 
“È a Londra con Renzo… lui è lì per lavoro e lei si fa una vacanza, così passano un po’ di tempo insieme,” chiarisce Camilla, non potendo trattenere il sorriso quando l’agente sembra sempre più a disagio, come se si stesse mentalmente sgridando per continuare a tornare, anche se involontariamente, in argomento del suo ex marito.
 
“E quindi si fa anche lei un po’ una vacanza?” deduce, cercando di tornare in un territorio dove di sicuro non ci siano ex mariti in ballo.
 
“Sì, in un certo senso, anche se mi manca molto mia figlia, però… Gaetano in questo mi aiuta tantissimo a non patire troppo la lontananza e-“
 
“E lei fa lo stesso per lui con Tommy: il dottore adora così tanto quel bambino! Ha visto le foto sulla sua scrivania?” le chiede con un sorriso materno ed intenerito.
 
“Sì, le ho viste oggi…” conferma, avvertendo di nuovo quel nodo in gola.
 
Si era quasi strozzata con l’insalata di pasta quando aveva visto incorniciata, in mezzo ad altre immagini del bambino – tra cui una tenerissima, travestito da sceriffo – al posto d’onore, la foto che era stata scattata a Gardaland a lei, Gaetano, Livietta e Tommy. Erano così belli insieme… sembravano davvero una famiglia.
 
E, subito accanto, in una cornice d’argento alta, che spiccava sulle altre, c’era una foto di lei e Gaetano, lui che le cingeva la vita, mentre lei gli toccava il risvolto della giacca e, soprattutto, si guardavano negli occhi in un modo che le faceva bene al cuore e la riempiva di orgoglio. Lo sguardo di lui lo riconosceva perfettamente, quello sguardo che la faceva sentire la donna più attraente e amata del globo terracqueo. Ma finalmente poteva scoprire come lei lo guardava e, come immaginava, la sua espressione rifletteva perfettamente quella di lui. E, non sapeva se fosse per quello, per il fatto che nessuno dei due fosse in posa, ma ritratti a loro insaputa, o per i vestiti da gala, ma non solo lui era così dannatamente bello, ancora più del solito, ma Camilla riusciva miracolosamente, per la prima volta, a vedersi davvero bella anche lei. Proprio lei che aveva sempre detestato la sua immagine fotografata, che non si piaceva mai.
 
Non si era nemmeno accorta che quella foto fosse stata scattata, ma aveva subito riconosciuto l’abbigliamento: erano alla serata della sfilata di Francesca. Probabilmente era stata Francesca stessa la fotografa e Gaetano doveva averle richiesto una copia della foto.
 
Gaetano aveva ovviamente notato che le foto avevano attirato la sua attenzione e le aveva domandato, quasi in ansia, se le andasse bene che lui tenesse una foto di loro due e una di loro due con i loro figli sulla scrivania. Le aveva perfino chiesto scusa per non averle chiesto il permesso, dicendole che tanto ormai, dopo il viaggio a Roma, tutti sapevano di loro in commissariato e che guardare quelle foto lo rasserenava e lo aiutava trovare la calma mentale e l’ispirazione necessaria quando era stanco e a corto di idee. Camilla, intenerita e ancora commossa, per tutta risposta l’aveva baciato con una passione tale che per poco non avevano rischiato di andare troppo oltre. L’aveva bloccato appena in tempo prima che la stendesse sulla scrivania, rischiando oltretutto di rovesciare insalata di pasta su tutti gli incartamenti.
 
Da lì si erano ripromessi, saggiamente, di evitare di rimanere chiusi in ufficio nei giorni successivi, ma di andare a mangiare al parco lì vicino, visto che in pubblico riuscivano a contenere meglio i bollenti spiriti. L’idea che, con quella foto, tutti sapessero che Gaetano era ed è felicemente impegnato, non le dispiaceva affatto, anzi, considerate tutte le donne – Ricci in primis – che ronzavano intorno alla questura – e al vicequestore.
 
Ma c’era un limite a quanto voleva che tutti sapessero di loro. E un conto era un bacio, un conto era essere beccati in situazioni ben più compromettenti.
 
“… ed è bellissima in quella foto, ha un vestito stupendo: ce l’avessi io un fisico come il suo! Dov’eravate, a una festa? Se non sono indiscreta, professoressa… professoressa?”
 
La domanda della Lucianona la risveglia finalmente dai suoi pensieri.
 
“Di che confabulano le signore?” arriva la voce di Gaetano a salvarla in corner, portando il vassoio con moka e tazzine, seguito da Torre.
 
“Mi stava chiedendo della foto di noi due che tieni sulla scrivania. È stata scattata a Roma, alla sfilata di sua sorella Francesca. L’abito l’ha disegnato lei, quindi è a lei che vanno i complimenti. Riesce a rendere elegante persino me e non è facile,” scherza, un po’ in imbarazzo per tutte le gentilezze dell’altra donna anche se deve dire che sembra sincera, come Torre quando fa i suoi complimenti, del resto.
 
“Voi siete sempre troppo modesta, professoressa. Ve l’ho detto già anni fa che avreste dovuto fare l’attrice perché siete fotogenica… e in quella foto, se la mia Luciana permette, devo dire che siete bellissima, sembrate una diva del cinema di una volta, quello in bianco e nero e-“
 
“Sì, magari muto, così non sentono la mia voce e acquisto punti,” commenta, facendo sorridere Gaetano, che la conosce ormai troppo bene.
 
“No, veramente. Diteglielo anche voi dottore!”
 
“Glielo dico, Torre, glielo dico in continuazione che è bellissima. Ma ha la testa dura e non vuole convincersi, che ci devo fare?!”
 
“Perché voi siete di parte. Tu perché… beh… perché mi ami. Torre perché… è Torre, lei perché è la fidanzata di Torre e-“
 
“Ma mica lo diciamo solo noi! Sapeste in quanti hanno commentato quella foto, facendo i complimenti al dottore-“
 
“In effetti il dottore è bellissimo in quella foto,” continua a scherzare Camilla, facendo finta di non capire.
 
“I complimenti su di voi, non su di lui! Perfino il questore ha detto che siete bellissima come… come… quell’attrice… com’è che si chiamava? Sidney Crawford?”
 
Cindy Crawford? Ed è una modella, non un’attrice e comunque il questore ha seri problemi di vista, dato che non abbiamo niente in comune… magari fosse!”
 
Joan Crawford, Torre, Joan Crawford,” chiarisce Gaetano con un sospiro, non riuscendo del tutto a nascondere l’irritazione al ricordo del modo in cui il questore, come se fosse la cosa più naturale del mondo, senza alcuna paura di essere indiscreto, aveva afferrato la cornice ed aveva osservato con cura la foto – con uno sguardo che gli faceva ribollire il sangue nelle vene – prima di complimentare l’avvenenza, l’eleganza e la classe di Camilla e di paragonarla alla famosa attrice.
 
Per un secondo si era quasi pentito di aver deciso di mettere quella foto sulla scrivania: Camilla quella sera era più bella che mai, sembrava quasi brillare di luce propria e sapeva benissimo di non essere stato l’unico a notarlo o a pensarla così. Già diversi colleghi, uomini e donne, avevano chiesto lumi sulla foto, incuriositi, sia perché da quando si era trasferito a Torino non aveva mai tenuto alcuna foto di una delle sue “fidanzate” sulla scrivania – la prima foto personale era stata una di Tommy – sia perché rimanevano colpiti dalla bellezza e dal fascino particolarissimi di Camilla, fatti di contrasti, che trucco e vestito mettevano ancora più in evidenza.
 
E il questore non aveva bisogno di ulteriori incentivi per rimanere ancora più stregato da Camilla di quanto già non fosse.
 
Però, allo stesso tempo, Camilla in quella foto era abbracciata a lui, a lui e a nessun altro. Ed era lui che guardava in quel modo che gli provocava un dolore piacevole al petto e un senso infinito di orgoglio. Tutti gli altri dovevano accontentarsi di ammirarla e basta, lui poteva viverla davvero, in tre dimensioni, senza filtri. Questa consapevolezza, quello sguardo di Camilla, ogni volta riuscivano a placare in lui il demone della gelosia che gli ruggiva dentro, come la prima volta che aveva visto quella foto. Ed aveva funzionato anche con il questore.
 
Non avrebbe mai ringraziato abbastanza Francesca per avergliela regalata proprio nel momento più buio che lui e Camilla avessero mai vissuto da quando era iniziata la loro storia, cioè quando si erano lasciati per via delle incomprensioni seguite al caso Misoglio, con lui che tra le indagini, Marco e il fantasma di Renzo aveva davvero creduto per un attimo che Camilla non lo amasse, che fosse stata tutta un’illusione, un fuoco di paglia che si era bruciato in un istante.
 
L’aveva scattata uno dei fotografi con cui collaborava abitualmente, essendo rimasto colpito da questa ospite con indosso un abito che era stato visto anche in passerella proprio quella sera. Francesca gli aveva raccontato che il fotografo aveva proposto di usarla nella campagna pubblicitaria e le aveva chiesto se potesse dargli i nomi degli ospiti per chiedere loro il consenso. Francesca gli aveva spiegato che il modello oltre ad essere suo fratello era un vicequestore e quindi la cosa era fuori discussione, ma si era fatta lasciare una copia del file e gliel’aveva messa sotto il naso di domenica sera, quando era tornato, ancora in subbuglio, dopo una giornata campale di indagini su De Matteis e Mancini e, soprattutto, dopo quel bacio disperato con Camilla, dopo la discussione per via della reciproca gelosia nei confronti di Claudia e di Marco.
 
Non so cosa sia successo, fratellone, ma una donna non ti guarda così se non ti ama, e molto. Proprio come tu ami lei – aveva proclamato Francesca, quando lui aveva trovato la foto appoggiata sul bicchiere, di fronte al piatto tenuto in caldo da Francesca, visto che era rientrato tardi. Lui aveva ironicamente commentato che se voleva mettere il dito nella piaga, ci stava riuscendo benissimo, però era come se in lui la scintilla della speranza provocata da quel bacio si fosse intensificata e gli avesse dato forza e coraggio per affrontare quello che aveva davanti e per cercare di recuperare il suo rapporto con Camilla, senza farsi condizionare più dalle sue paranoie.
 
“Joan Crawford? Da vecchia o da giovane? Perché sai com’è, c’è una certa differenza,” ironizza Camilla, ricordando come l’attrice, tra problemi di alcolismo e con il suo look e i truccatori, fosse divenuta una specie di caricatura di sé stessa, con quelle sopracciglia spessissime ed arcuate degne di Crudelia Demon o della strega di Biancaneve e l’aria da arpia. E si diceva che lo fosse veramente, a giudicare dai racconti di una delle sue figlie adottive in quello che era stato il primo e forse il più famoso libro biografico di denuncia e di sfogo scritto da un parente di una celebrità.
 
“Da giovane, Camilla, ovviamente, da giovane, lo sai benissimo…”
 
Camilla non può evitare un sorriso compiaciuto nel sentire il tono così evidentemente geloso. Non si stupisce affatto che Gaetano non le abbia menzionato questo episodio con il questore quando avevano commentato insieme le foto durante la pausa pranzo.
 
“Bene, allora visto che sono una diva di Hollywood e non posso sporcarmi e rovinarmi le mani, i piatti li lavi tu stasera?” gli domanda con tono scherzoso, facendogli l’occhiolino.
 
“Ai suoi ordini, mia regina!” ribatte Gaetano con tono volutamente pomposo, esibendosi appunto in un baciamano da manuale, prima di versarle e servirle il caffè, nero e senza zucchero come piace a lei.
 
“Perché tu non sei mai così galante?” sentono la Lucianona lamentarsi con Torre, che alza gli occhi al cielo.
 
“Perché io cucino pure e senza lasciarti la cucina nello stato in cui te la lascerebbe il dottore,” ribatte Torre, prima di voltarsi verso Gaetano e aggiungere, in un tono di giustificazione, “mi scusi dottò, però, sa com’è con le donne… dai loro una mano e-“
 
“Ma magari fosse che gli uomini ti danno una mano, che la maggior parte si fa servire e riverire, altro che le dive di Hollywood. Non è vero professoressa?” rilancia la Lucianona, in modo cospiratorio.
 
“Già… però direi che noi non ci possiamo lamentare. Siamo fortunate,” ribatte Camilla con un sorriso, cercando di chiudere il cerchio e lo scambio di frecciatine, “anche perché un caffè come questo è da premio Oscar.”
 
“Ah, vedi? Il dottore sarà galante e gentile, ma pure la professoressa lo è, e soprattutto sa dare il giusto valore alle premure e all’impegno del suo fidanzato,” rimpalla invece Torre, lanciando alla fidanzata un’occhiata eloquente.
 
“Che ne dite di inaugurare il limoncello fatto in casa e il liquore al gianduiotto che ci avete portato?” si inserisce Camilla, alzandosi in piedi, prima che i due fidanzati ricomincino con i loro battibecchi affettuosi, per quanto divertenti. Capisce finalmente come si deve sentire Livietta quando lei e Gaetano iniziano a punzecchiarsi.
 
Peccato che non avesse tenuto in conto che i due avrebbero iniziato una disputa quasi infinita su quale dei due liquori assaggiare per primo e quale tenere per ultimo per “lavarsi la bocca”, risolta infine da Gaetano con la proposta di alternare tra l’uno e l’altro per decidere quale fosse la combinazione migliore. Anche da queste piccole cose si vedeva la sua diplomazia e la sua abilità nel mettere insieme tante teste diverse e Camilla non può, come sempre, evitare di ammirarlo per questo.
 
“Propongo un brindisi, anzi due,” proclama infine Gaetano, sollevando i due bicchierini da liquore, uno nella mano destra e uno nella mano sinistra, “all’amicizia e all’amore!”
 
“E alla fortuna incredibile che è trovarli entrambi nella stessa persona…” aggiunge Camilla, sollevando a sua volta i suoi bicchieri, incrociando lo sguardo di Gaetano, mentre Torre e la Lucianona fanno lo stesso.
 
“Che ha le tue stesse passioni e che ti capisce senza bisogno di tante parole,” si inserisce Torre, scambiandosi un sorriso complice con la compagna.
 
“E che anche se fa un po’ il brontolone, alla fine ti ama e ti accetta così come sei, con tutti i tuoi difetti…” conclude la Lucianona, facendo l’occhiolino a Torre.
 
Bevono un sorso e un sorso, quasi per un tacito accordo non scritto, in perfetto unisono.
 
“Posso farlo anche io un altro brindisi?” pronuncia Torre, l’emozione palpabile nella voce, rivolgendosi questa volta all’altra coppia, “al comandante migliore che abbia mai avuto e che è riuscito a farmi sentire a casa pure nella gelida Torino…”
 
“Gelida?” gli domanda la compagna, alzando un sopracciglio.
 
“Beh, prima che la mia Luciana mi facisse scoprire il calore e la bellezza di questa città e dei torinesi, di una in particolare che tiene il fuoco dentro, pure più di una napoletana,” precisa, facendola sorridere e arrossire come un peperone, compiaciuta ed imbarazzata.
 
“Ecco, che ti dicevo stamattina? Credo di averne già saputo di più di quanto avrei mai voluto saperne…” sussurra Gaetano in un orecchio a Camilla, che si morde il labbro per trattenere una risata, prima di dare il via ad un nuovo round di brindisi.
 
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“Grazie mille ancora della serata, la prossima volta però sarete nostri ospiti, eh, ci contiamo!”
 
“Con vero piacere!” ribatte Camilla, salutando sia Torre che la Lucianona con i classici due baci sulla guancia.
 
“Grazie ancora dottò, è stato un onore,” si congeda Torre, visibilmente emozionato, prima di venire trascinato, dopo un attimo di esitazione da entrambe le parti, in uno dei loro abbracci con pacca sulle spalle.
 
“Tienitela stretta, mi raccomando, non fartela scappare, che è quella giusta,” sussurra Gaetano a Torre, senza farsi sentire dalla di lui fidanzata.
 
“Lo stesso vale per voi, dottò. Ma che ve lo dico a fare, se già lo sapete?” mormora di rimando l’ispettore, prima di sciogliere l’abbraccio.
 
“Ci mancavano solo le frasi d’amore sussurrate: molto spesso mi chiedo se Pasquale ami più me o il dottore! Credo il dottore,” sospira la Lucianona con Camilla, facendola ridere.
 
“Ma che vai dicendo!” esclama Torre, imbarazzato, avendo sentito tutto, prendendola per un braccio e avviandosi con lei verso la porta, “scusatela… ogni tanto tiene delle uscite… dottò, professoressa, grazie ancora!”
 
“Grazie a voi, buona notte!” augurano all’unisono Camilla e Gaetano, chiudendo la porta dietro ai due poliziotti prima di guardarsi e scoppiare a ridere.
 
“Sono una proprio bella coppia, dai: certo, sembrano spesso come Sandra e Raimondo, ma si vede che si amano moltissimo,” proclama Camilla, aggiungendo, ancora con un sorriso, “non pensavo che esistesse qualcuno che riuscisse a punzecchiarsi più di noi due e invece…”
 
“Ma noi ci punzecchiamo in modo diverso… professoressa…”
 
“Che vuoi dire?”
 
“Che con me sei tremenda e magari mi fai le battutine e le frecciatine ironiche, ma in privato, quando ci siamo solo noi due. Al massimo ogni tanto quando c’è Livietta, insomma, quando siamo in famiglia. Mentre non lo fai mai né con estranei, né con Tommy presente e anche con Torre e la Lucianona… non hai mai raccolto nessuna battuta, nemmeno quando avevano ragione da vendere, come sulla mia cucina…”
 
“Beh, perché Tommy è tuo figlio e Torre e la sua fidanzata, anche se Torre è come un fratello per te, sono comunque tuoi sottoposti, quindi non mi permetterei mai di sminuirti, anche se scherzosamente, di fronte a loro. Mentre Livietta non solo è di famiglia ma… abbiamo lo stesso umorismo, Gaetano, è grande e mi conosce e sa bene che quando scherzo con qualcuno in quel modo vuol dire che, se mi sento di farlo, è proprio perché c’è una grandissima stima reciproca e una grandissima confidenza.”
 
“Camilla…” pronuncia, sempre più orgoglioso di avere accanto una donna così straordinaria.
 
“E comunque secondo me per Torre e la Lucianona è lo stesso. Voglio dire, non ce li vedo a battibeccare così di fronte a dei perfetti estranei. Ma tu sei di famiglia per Torre e quindi anche per lei e… insomma… Torre, anche se ti ammira, anzi, diciamo pure che ti idolatra, è abituato anche a scherzare con te. Tu lo punzecchi spesso per i suoi difetti e a volte anche lui si permette di farlo con te, ma senza mai mancarti di rispetto sul serio. E quindi anche la Lucianona si sente a suo agio a riprenderlo di fronte a te, sempre in maniera scherzosa. Ci hai mai pensato?”
 
“Mi sa che hai ragione… avresti potuto fare la psicologa, lo sai?”
 
“Di sicuro avrei guadagnato molto meglio che a fare la prof.! Ma sarei impazzita: non riesco a distaccarmi dai problemi e dalle sofferenze degli altri, e lo sai,” sospira, guardandolo negli occhi.
 
“Già… lo so fin troppo bene…” conferma, accarezzandole il viso e posandole un bacio sulla fronte.
 
“Comunque è stata davvero una bella serata... mi sono divertita molto!”
 
“Anche io… e ti ringrazio per l’idea e per la cena. Non solo perché era tutto buonissimo ma perché ci voleva proprio un’occasione per festeggiare insieme a Torre: credo sia praticamente la prima volta che sia io che lui siamo felicemente fidanzati e nello stesso momento!”
 
“Ma come?! Ricordo benissimo quando tu stavi con Roberta e lui con… com’è che si chiamava l’integralista salutista?” domanda Camilla con un tono sarcastico.

“Giulietta? Ma ho detto felicemente, professoressa e… mettiamola così: è la prima volta che siamo entrambi fidanzati con due donne che ci amano, che amiamo e che soprattutto sono sane di mente e non due arpie, anche se non è bello da dire.”
 
“Allora non mi consideri un’arpia? Anche se sono la nuova Joan Crawford?” scherza Camilla, indurendo volutamente l’espressione e i lineamenti fino ad assumere una posa da cattiva.
 
“A parte che l’ha detto il questore e non io, anche se in effetti un po’ di somiglianza c’è, ma quando era una donna bellissima che faceva girare la testa a mezza Hollywood, e interpretava sempre donne forti, di carattere, proprio come te. E tu sei una testona, è vero, ma sei anche la donna più buona e di cuore che io conosca, altro che arpia!” ribatte, pizzicandole i fianchi fino a farla ridere.
 
“Lo so che te l’ho già detto oggi, ma hai un’idea di quanto ti amo, dottor Berardi?” gli chiede, più seria, guardandolo negli occhi.
 
“E tu hai un’idea di quanto ti amo io, professoressa?”
 
“Mmm… vediamo… mi ameresti anche se avessi le sopracciglia di Joan Crawford… matura?” ironizza, continuando a squadrarlo, la bocca corrucciata per trattenere un sorriso.
 
“Sì… e proprio perché ti amerei lo stesso moltissimo, e ci terrei quindi alla tua vita sociale e scolastica, ti consiglierei vivamente di cambiare estetista!”
 
“Quanto sei scemo!” esclama, provando a dargli un colpo sulle braccia, ma lui le blocca le mani e, senza sapere come, si trova aggrappata a lui, avvolta dal suo corpo e dal suo bacio, premuti contro la parete del corridoio.
 
Sorridendogli sulle labbra, continuando a baciarlo, a tentoni, inizia a trascinarlo verso la camera da letto.
 
“Non dovevo lavare i piatti?” chiede Gaetano, con faccia da schiaffi, tra un bacio e l’altro.
 
“I piatti possono aspettare domattina. Questo no…” proclama Camilla, prendendolo per il collo della camicia e baciandolo in un modo che lo scombussola a tal punto che deve reggersi allo schienale del divano prima di perdere l’equilibrio insieme a lei.
 
“Mi piacciono molto le tue priorità, professoressa…” sussurra, decidendo che anche il letto – che sembra fin troppo lontano, anche se è solo a pochi passi – può attendere, prendendola in braccio e gettandosi insieme a lei sul sofà, facendola ridere.
 
“Anche a me, soprattutto dato che tu sei in cima alle mie priorità…” mormora con voce arrochita, mettendosi a cavalcioni su di lui.
 
“Mi hai tolto le parole di bocca…” sorride, accarezzandole il viso.
 
“E sono solo all’inizio!” promette, soffocando la risata di lui con le sue labbra.
 
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“Ecco, fatto, tutto pronto!”
 
Sorride soddisfatta: sono le undici del mattino ed ha appena finito di preparare il pranzo per lei e per Gaetano. Deve solo metterlo nella borsa termica.
 
Tramezzini con mousse di tonno e per dolce una fetta di cheesecake al limone. L’ideale per un picnic al parco.
 
Ormai grazie ad internet e ad un po’ di inventiva ha scoperto un sacco di ricette rapide, facili, ma buonissime, che conciliavano bene la sua poca voglia di stare ore ai fornelli, soprattutto d’estate, con la voglia di preparare qualcosa di meglio della fettina della professoressa o delle uova al tegamino.
 
L’abbaiare di Potti, che punta deciso con il naso verso il bancone su cui sono appoggiati i tramezzini la fa sorridere.
 
“Non sono per te, Potti. Tu hai la tua pappa. Adesso li mettiamo nella borsa termica, mi preparo e poi portiamo il pranzo a Gaetano e mangiamo tutti insieme, che ne dici?” gli domanda e il cane, per tutta risposta, abbaia forte e scodinzola.
 
Camilla si abbassa per accarezzarlo, ma Potti improvvisamente le sfugge e corre verso la porta, latrando e guaendo.
 
“Potti, Potti, dove vai?! Non è ancora ora di uscire, non posso uscire conciata così!” lo chiama, ma Potti rimane fisso davanti alla porta, continuando ad abbaiare.
 
“Non dirmi che sei veramente geloso di Gaetano, e-“
 
Il suono del campanello la interrompe prima che possa finire la frase. Non è il campanello del cancello, è proprio quello dell’appartamento.
 
“Ah… hai sentito che abbiamo visite… e bravo Potti,” intuisce Camilla, abbassandosi per fargli un grattino dietro le orecchie, prima di sollevarsi di nuovo per aprire la porta, chiedendosi chi possa essere, visto che non aspettava nessuno, “chi è?”
 
“Sono io… apri,” arriva una voce a lei assolutamente familiare ma con un tono stranissimo quasi… robotico… che aveva sentito solo in pochissime occasioni: quando era morta la madre di lui, quando aveva perso quel dannato concorso, quando Roberta l’aveva accusata di avere una tresca con Gaetano e quando erano stati indagati per omicidio lui, Carmen e Livietta. Un tono che non lascia presagire nulla di buono e che le provoca un tuffo al cuore.
 
“Renzo?!” chiede, stupita, precipitandosi ad aprire la porta, trovandolo lì, davanti a lei. Nessuna valigia, solo la sua solita ventiquattrore e, soprattutto nessuna traccia di Livietta.
 
“Che ci fai qui?! Non dovevate tornare tra… tra una settimana? Livietta dov’è?!” gli chiede, preoccupata, notando, nonostante gli occhiali da sole, il modo in cui l’uomo serra le labbra e contrae la mascella, quasi come se si stesse sforzando di trattenere o la rabbia o il pianto e che le conferma quanto già intuito dalla voce.
 
“Dobbiamo parlare… mi fai entrare?” risponde sempre con quel tono neutro, monocorde, senza chiarire nessuno dei suoi dubbi.
 
“Sì, ma… è successo qualcosa? Renzo, dov’è Livietta?” ribadisce, sempre più turbata, soprattutto quando Renzo si avvia verso il salone senza rispondere.
 
“Credo che sia meglio che ci sediamo, Camilla…” la invita, accomodandosi sul divano senza attendere risposta.
 
“È successo qualcosa a Livietta?! Maledizione, Renzo, rispondimi!!” grida, ormai in preda all’angoscia, anzi, al terrore.
 
“Sì, purtroppo sì,” conferma Renzo e Camilla si lascia cadere sul divano, la testa che le gira, mentre nella sua testa si tracciano gli scenari peggiori. Un incidente, un malintenzionato, un-
 
“È in ospedale?! È… è…” non riesce nemmeno a pronunciare quella parola, non la vuole pronunciare, “dannazione, Renzo, dov’è?!”
 
“È a Londra, a quest’ora credo sia a fare shopping con Carmen…” risponde Renzo e Camilla trattiene a stento l’impulso di tirargli uno schiaffo e allo stesso tempo di buttarsi distesa sul divano e tirare un sospiro di sollievo.
 
“Ma sei impazzito?!! Mi hai fatto quasi prendere un infarto!!! Credevo le fosse successo qualcosa di grave, di… di irreparabile!!! Cos’è uno dei tuoi giochetti alla – qualunque cosa succeda, vi ho voluto bene?!” grida, la rabbia che prevale sul sollievo stritolando il cuscino del divano per evitare di strozzare Renzo.
 
“No, purtroppo non è affatto un giochetto… credimi che vorrei che… che quello che… non riesco nemmeno a dirlo, che quello che le è successo non le fosse mai successo. E sì, è qualcosa di grave, anzi di gravissimo! Livietta non è in ospedale e non sta male fisicamente, per ora, ma potrebbe accadere presto qualcosa di irreparabile se non interveniamo, Camilla!” esclama Renzo, in un modo assolutamente disperato e che le suona come terribilmente sincero, nonostante tutto. C’è un’angoscia nel suo tono, nel suo sguardo, che ritornano a gelarle il sangue.
 
“Dannazione, Renzo, mi vuoi spiegare che succede? Lo so che tu pensi che mi piacciano i misteri e gli enigmi, ma in questo caso o parli chiaro o giuro che non rispondo di me!” intima, alzando la voce, fino a che Renzo, tira un sospiro, si china verso la sua ventiquattrore, che aveva posato sul tappeto, la apre e ne estrae il suo tablet. Ci smanetta per qualche secondo e glielo porge, con aria grave e solenne.
 
“Ecco… leggi tu stessa… e trai le tue conclusioni e le tue deduzioni,” sospira, in un misto tra un sibilo di rabbia e rassegnazione.
 
Camilla, sconcertata e preoccupata, non capendo più dove voglia andare a parare Renzo o perché sia lì, prende in mano il dispositivo e vede un testo.
 
 
Gaetano ha capito tutto, si è accorto di come lo guardavo… e ho dovuto confessargli ciò che provo. A lui ovviamente stava per venire un colpo e voleva dire tutto a mamma ma per fortuna sono riuscita a convincerlo a mantenere il segreto, perché a mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero.
 
Mi ha detto che devo togliermelo dalla testa, che è troppo grande per me e lo so che ha ragione, lo so che il mio è un amore impossibile, che lui non si interesserà mai a me… ma… ma che ci posso fare se mi piace da morire? Gli ho promesso che la mia è una cotta e mi passerà in fretta, ma la verità è che non so se passerà.
 
Speravo che il viaggio a Londra mi aiutasse e papà sta facendo davvero di tutto per farmi divertire, ho visto un sacco di bei ragazzi, ma quando provano ad avvicinarsi li evito tutti – e non solo perché c’è sempre papà che li guarda come se volesse ucciderli (almeno alcune cose non cambiano mai per fortuna, se no penserei che un alieno ha rapito papà!).
 
Il fatto è che mi manca da morire lui: vorrei vederlo, parlargli, chiamarlo, ma non posso. Continuo a sognarlo, a sognare il suo sorriso, i suoi occhi azzurri che ridono, la sua voce. Sono sogni così maledettamente reali che a volte vorrei solo poter tornare a dormire per sognarlo ancora. Stanotte ho sognato la nostra ultima lezione… quando mi ha insegnato quella mossa di difesa antistupro e per sbaglio me lo sono trovato steso sopra di me. Ho sentito di nuovo quel calore, quel fuoco dentro che provo solo con lui, potevo sentire il suo profumo, il suo respiro sul collo, era tutto così reale… e c’erano di nuovo le sue labbra così vicine alle mie. E almeno nel sogno avevo coraggio, avevo coraggio e lo baciavo. Non ho mai provato niente del genere prima, un desiderio così forte e intenso di fare l’amore con qualcuno, più forte della paura, nemmeno quando credevo di essere innamorata di quel cretino di Bobo. E quando mi sono svegliata mi sono sentita morire all’idea che fosse stato solo un sogno, volevo solo-
 
Prova a far scorrere la pagina, rendendosi conto che la mano le trema peggio che se avesse il morbo di Parkinson. Ma non c’è nient’altro da leggere: è solo un’immagine, un’immagine di una schermata.
 
Rimane per un attimo quasi come paralizzata, il tablet che le trema tra le mani, mentre sente una rabbia ed un’indignazione montarle dentro, fino a che il petto e la gola bruciano e non può più trattenersi.
 
“Non avrei mai pensato che saremmo arrivati a questo punto…” mormora con voce talmente roca che sembra uscita dall’oltretomba, alzando gli occhi per incontrare quelli di Renzo, desiderando solo urlare e vomitare e lanciare il tablet in cortile fino a vederlo infrangersi in mille pezzi.
 
“Lo so, Camilla, mi dispiace… io invece purtroppo me lo sentivo e credimi che speravo di sbagliarmi… non avrei mai voluto arrivare al punto di dirti: ‘te l’avevo detto!’, ma… ecco che cosa succede ad esserti presa un playboy palestrato che gira in boxer per casa sotto al naso di nostra figlia!! Se metti la paglia vicino al fuoco, si scatena un incendio e questa è la dimostrazione!”
 
“No, certo che no, Renzo,” sibila, esplodendo in una mezza risata sarcastica ed amara, “io non pensavo che… che saresti arrivato al punto di… di inventarti una cosa del genere, di metterti a scrivere una… una spazzatura del genere, e di prenderti la briga di farti un volo Londra – Torino per venire qui a sbattermela in faccia, sperando che io sia così scema da crederti… da credere a questa… a quest’immondizia! E questa è sì la dimostrazione, ma di che razza di… non posso nemmeno chiamarti uomo… di… di serpente ho avuto accanto per vent’anni! Mi fai schifo!!”
 
“Che cosa?” sussurra Renzo, incredulo e sconvolto di fronte alla reazione durissima di Camilla, che è paonazza in viso e lo guarda con un’espressione omicida, carica di disgusto, di disprezzo. Ma diretta a lui e non a quel… quel porco del poliziotto-super-più. Si aspettava di tutto ma non questo.
 
“Hai sentito benissimo, quindi ti consiglio vivamente di uscire da quella porta e in fretta, prima che faccia qualcosa di cui ci pentiremmo entrambi!” intima Camilla, trattenendo sempre più a fatica l’istinto di tirargli uno schiaffo, o peggio, “pensavo… pensavo che stessi ritornando in te… che… che… l’avresti piantata di cercare di gettare fango, anzi, diciamo pure merda, su Gaetano e soprattutto su nostra figlia, ma evidentemente mi sbagliavo!”
 
“Chi getta merda non sono io, Camilla, maledizione! E non vado da nessuna parte fino a che non mi avrai ascoltato!! Vuoi schiaffeggiarmi? Fallo! Ma questo non cambierà la realtà delle cose e non me ne andrò da qui fino a che non capirai con che razza di… lui sì che non posso chiamarlo uomo perché non è un uomo… ma neanche un serpente, con che razza di verme, di invertebrato ti sei messa!” sbotta, deciso, non potendo evitare di alzare la voce.
 
È un attimo: il viso di lei si trasfigura in una maschera di furia, di odio e Renzo fa appena in tempo a bloccarle i polsi prima di beccarsi un ceffone da rivoltare la testa a trecentosessanta gradi.
 
“Lasciami! Lasciami, maledizione!! Lasciami!!!” grida, furente, dimenandosi per cercare di liberarsi dalla sua presa.
 
“Camilla, calmati, calmati e ascoltami, per favore!” la implora, cercando di farsi ascoltare, facendo uno sforzo sovrumano per trattenerla, prima che gli salti addosso o lo sbatta fuori: non può andarsene senza che lei sappia quello che sta succedendo.
 
“Mollami, mi stai facendo male, mollami!!!” gli grida in faccia, dibattendosi e divincolandosi con una disperazione ed una forza inattese.
 
Renzo sente che sta per cedere, che non ha la potenza muscolare necessaria per trattenerla ancora a lungo. Proprio in quel momento un ringhio ed un dolore lancinante alla caviglia lo portano d’istinto a guardare verso il basso, verso il piede e ad allentare la presa.
 
Potti… Potti l’ha… morso?
 
Ancora sotto choc, incredulo che Potti, il suo Potti, che ha visto cucciolo, che ha visto crescere ed invecchiare – che l’ha visto invecchiare – possa avergli fatto quella ferita alla caviglia che inizia a sanguinare, non si rende nemmeno conto che i polsi di lei gli si sfilano dalle mani. Si ritrova, con una mossa da manuale, messo letteralmente al tappeto, anzi, sul tappeto.
 
Le vertebre e le costole che protestano, nonostante sia caduto, tutto sommato, sul morbido, sente un peso sul petto togliergli il fiato rimasto, solleva lo sguardo e si trova Potti, con posa degna di un leone o di un lupo, che gli è salito sullo sterno e ancora abbaia e ringhia, come in segno di avvertimento.
 
E, in piedi sopra di loro, Camilla, che si massaggia i polsi, fissandolo con uno sguardo che definire carico d’odio e di ribrezzo sarebbe fargli un complimento.
 
“Non ci provare mai più, mai più, hai capito?! Se mi metti ancora una sola mano addosso ti denuncio e non sto scherzando!!” sibila, gelida, non potendo credere a quello che è appena successo e grata che le lezioni di difesa siano servite davvero a qualcosa. Ma non sa come il suo rapporto con Renzo potrà salvarsi da questo, come… come potranno mantenere ancora almeno quei rapporti civili che aveva sperato potessero mantenere, per il bene di Livietta.
 
Livietta… deve andare a recuperarla a Londra… non può più lasciarla da sola con lui e-
 
“Camilla, per favore! Io non ti metterei mai le mani addosso, non ti farei mai del male, maledizione! E-“
 
“Non mi faresti mai del male?! Ah, no?! E questi allora cosa sarebbero, eh? Farmi del bene?!” esplode, mostrandogli i polsi, i segni delle dita ancora rossi sulla pelle e che, ne è sicura, si trasformeranno in lividi.
 
“Mi dispiace io… io non volevo farti male… anzi, è proprio perché non voglio che tu… che tu ti faccia del male, perché voglio il tuo bene e quello di Livietta che ho bisogno che mi ascolti. Se vuoi rimango così, disteso sul tappeto, con Potti a ringhiarmi addosso ma, ti prego, mi devi ascoltare!” supplica, le mani giunte in segno di preghiera, guardandola negli occhi, mentre Potti continua a puntarlo come se fosse un pericoloso aggressore.
 
“Ascoltare che cosa? Eh? Il tuo veleno? Questa specie di… di soap opera perversa che ti sei inventato nella speranza di infangare Gaetano e-“
 
“Camilla, maledizione, ma ti senti?! Ti senti?! Siamo arrivati davvero al punto che dubiti di me, dell’uomo che ti conosce da un quarto di secolo, che conosci da un quarto di secolo, con cui hai fatto una figlia per… per credere ad una specie di Casanova dei giorni nostri, con cui hai una relazione da… quanto? Tre mesi?”
 
“Sì, Renzo, siamo arrivati a questo punto, visto che tu, di motivi per dubitare – e molto – della tua parola me ne hai dati a pacchi, in tutti i sensi, mentre Gaetano con me è sempre stato sincero e-“
 
“Camilla, per favore! Stiamo parlando dello stesso uomo che ha mollato una donna sull’altare, che ha mollato una donna con un neonato dopo pochi mesi di matrimonio, che correva dietro alle tue sottane – per modo di dire – non solo mentre tu eri felicemente sposata, ma mentre pure lui era impegnato e-“
 
“E non è la stessa cosa, Renzo. Perché Gaetano di quelle donne non era innamorato, mentre di me non solo è innamorato ma mi ama e ci posso mettere la mano sul fuoco, sia su questo che su di lui! Mentre su di te… è da quando sei tornato la prima volta da Londra che… che non ti è andato giù il fatto che io fossi felice con Gaetano e hai deciso di fargliela pagare con questa… con questa… dio mio! Con questa… non riesco nemmeno a dirlo!”
 
“E tu invece pensi che per me sia facile dirlo, che sia facile anche solo pensarlo? Dannazione, Camilla!” grida, ancora a terra, Potti che, sentendolo urlare, abbaia più forte e sembra pronto ad attaccare di nuovo.
 
Camilla, in un momento di lucidità, nonostante vorrebbe solo fare male a Renzo quanto lui gliene sta facendo, si china a prendere in braccio il cane, prima che Potti, nel suo istinto di protezione, faccia qualcosa di cui poi tutti si pentirebbero dopo. Se lo tiene in braccio, anche mentre il cane continua ad abbaiare e a divincolarsi, quasi usandolo come scudo nei confronti di Renzo che, tirando un sospiro di sollievo, si mette a sedere sul tappeto.
 
“Camilla, ascoltami, io lo so che devi essere sotto choc, non posso nemmeno immaginare quanto… quanto l’idea che… che Gaetano possa avere fatto una cosa del genere sia per te inconcepibile, inaccettabile, quanto ti devi sentire tradita e… e schifata… e che quindi preferisci non accettarlo, preferisci scaricare la tua rabbia su di me. Ma è la verità, Camilla, la pura e semplice verità. Lo so, ho sbagliato ad accusarlo all’epoca, a sparare a zero in quel modo, ma… è che me lo sentivo, Camilla, me lo sentivo! E lo so che… che è come la favola di quel bambino che grida ‘al lupo!’ e poi quando il lupo, in tutti i sensi, arriva sul serio, nessuno gli crede più. Ma io ti giuro, ti giuro su quello che ho di più caro, che è nostra figlia, che non mi sono inventato niente! Ma tu pensi che per me sia… sia stato facile o piacevole leggere… leggere dei sogni erotici di nostra figlia sul poliziotto-super-più e-“
 
“Non dirlo nemmeno per scherzo!” urla, la voce, la gola di cartavetra, allontanandosi di un passo da lui, che è ancora seduto sul tappeto, mentre Potti riprende ad abbaiare.
 
“Non posso, Camilla, perché non è uno scherzo, è la verità. Tu non immagini che cosa ho provato quando ho letto… quando mi sono ritrovato a visualizzare quelle scene, me le sono pure sognate la notte e-“
 
“Renzo!” intima, in un ringhio più forte di quello di Potti. Perché per colpa sua, ora quelle immagini sono stampate indelebilmente nella sua mente. Gaetano e Livietta stesi a terra, uno sopra l’altra, che si guardano, Livietta che lo bacia e lui-
 
No, non vuole, non deve pensarci!
 
“Camilla, lo sai che… che per me Livietta è sempre una bambina. Ma pensi davvero che mi sarei mai voluto immaginare una… una scena del genere? Che non sia inconcepibile per me tanto quanto lo è per te?!” esclama, il dolore, la ripugnanza che la sola idea di Livietta e il maledetto poliziotto insieme gli provoca, evidenti ne tono di voce, “credi che… proprio adesso che stavo ritrovando un rapporto con Livietta, con te… che eravamo arrivati ad una tregua, io… io avrei corso il rischio di venire qui e… iniziare una guerra con lei e… e con te, se non fosse necessario? A meno che non avessi alternative per proteggerla, per proteggervi?”
 
“Renzo…” sussurra, un brivido che le corre lungo la schiena, quando si rende conto, dal tono di voce di lui e soprattutto, dal modo in cui la guarda, che Renzo è serio, serissimo, che Renzo crede davvero ad ogni parola che dice, che non le sta mentendo, non consciamente almeno. Non è… non è l’uomo ferito che l’aveva attaccata alla gola due mesi prima… è arrabbiato, deluso, spaventato, schifato, ma lucido, convinto di ciò che afferma.
 
“Camilla…” sussurra di rimando, prendendo coraggio ed alzandosi in piedi, cercando di avvicinarsi lentamente a lei, come il domatore si avvicina alla fiera pronta a saltargli alla giugulare, lentamente, anche se lei inizia, per tutta risposta ad indietreggiare, “Camilla, guarda quella schermata. Vedrai che… che viene dall’account di gmail di Livietta. Lo riconoscerai visto che… che manda le mail anche a te e-“
 
“E quello può essere anche un fotomontaggio per quanto mi riguarda! Perché solo una foto di una schermata e non l’account o il documento originale, eh? E come avresti fatto a… ad avere accesso a… a quella cosa?!” gli domanda, il tono sospettoso ed incredulo.
 
“Per caso… volevo mandare delle mail di lavoro e recuperare dei file dal mio drive. Il mio computer ce l’aveva Carmen, Livietta aveva lasciato il suo sulla scrivania. E come mi hai detto tu una volta… se non se ne accorge, in fondo, che c’è di male e quindi l’ho usato e-“
 
“Intendevo se le prendevi in prestito il computer per fare qualcosa per te, non per spiare nostra figlia e-“
 
“E infatti non volevo spiare! Stavo solo cercando di scaricare i file dal cloud ma… Livietta aveva l’account con l’accesso automatico, si vede, e… e cliccando sul primo link a drive mi sono ritrovato su quella schermata… insomma… in quel file… credo che fosse il suo diario. Ne ho letto solo quel pezzo che hai visto, anzi, pure meno, perché dopo poco Livietta è rientrata in stanza. Ho fatto in tempo a fare uno screenshot e ad inviarmelo per email. Ci ho riprovato quando… quando Livietta era fuori con Carmen a… ad accedere al suo portatile… ma ha messo una password al suo utente di Windows. Evidentemente aveva la coda di paglia e si è presa paura che potessi leggere qualcosa… e quindi ho solo quello, ma-“
 
“E io dovrei credere ad una storia simile?” gli domanda, un sopracciglio alzato, una parte di lei che, purtroppo, comincia a credergli, o meglio, a credere al fatto che veramente quel documento non se lo sia inventato lui. Ma non può essere, non può essere come pensa Renzo, ci deve essere una spiegazione, un malinteso...
 
“Sì. Se non mi credi… indaga, maledizione, Camilla, indaga! È la tua specialità, no?”
 
“Non sono un’hacker, Renzo! Che pretendi? Che mi metta a cercare la password della mail di Livietta?” domanda, incredula, scuotendo il capo, “d’accordo, con il computer, internet e i cellulari me la cavo meglio di qualche anno fa ma… relativamente, non sono certo un’esperta! E poi la privacy e la fiducia sono due cose sacre, Renzo e-”
 
“Lo so, Camilla, ma, come tu mi insegni con le tue… indagini, la privacy è sacra fino a che rispettarla non mette in pericolo qualcuno, no?! E comunque, Camilla, certo che non pretendo che tu… ti trasformi in una hacker di Anonymous! Vieni a Londra con me e… e chiedilo a Livietta stessa! Parliamone con lei e… non potrà negare, perché… perché è la verità, purtroppo,” ribadisce, provando di nuovo ad avvicinarsi a lei, notando che Camilla non è più ostile come prima e, di conseguenza, anche Potti sembra essersi rilassato.
 
“Quindi tu non ne hai ancora parlato con lei? Non le hai ancora detto niente?” domanda, tirando un sospiro di sollievo, anche se, in fondo se l’aspettava: Livietta, altrimenti, l’avrebbe sicuramente chiamata e sarebbe scoppiata una vera e propria bomba, tra l’invasione della privacy e quello che Renzo pensa di aver scoperto.
 
“No, non sa nemmeno che sono qui a Torino oggi… le ho solo detto che avevo dei lavori da sbrigare. Volevo parlarne prima con te, parlarne con te per fare fronte comune. Perché su una cosa di questa gravità non possiamo essere separati, Camilla, dobbiamo essere d’accordo e agire insieme, prima che sia troppo tardi!” la esorta, accorciando ancora le distanze e allungando una mano tremante fino ad accarezzare la testa di Potti che, dopo un primo ringhio, sembra tranquillizzarsi e lasciarsi accarezzare, leccandogli la mano, quasi come a scusarsi di averlo ferito.
 
Fosse così facile anche con le donne, soprattutto una! Ma sente che Camilla comincia a capire, a credergli e questa è l’unica cosa che conta in questo momento.
 
“Renzo, sono d’accordo sul fatto che è un argomento delicatissimo e che dobbiamo concordare su cosa fare e… da un lato sono sollevata che tu sia venuto a parlarne con me prima di… di scatenare un polverone con Livietta, ma-“
 
“Bene, e allora vieni con me, stasera stessa. Io ho il volo di ritorno alle diciotto. Parliamo con Livietta e… vediamo di risolvere questa situazione insieme, in qualche modo. Potete… potete rimanere a Londra fino a che non devi riprendere la scuola e… e nel frattempo possiamo… possiamo cercare un appartamento per voi due e-“
 
“Cosa? Frena, frena! Rimanere a Londra? Un appartamento a Londra?” domanda, sbigottita e confusa, non capendo dove voglia andare a parare, o forse capendolo e non volendo capire.
 
“No, un appartamento qui a Torino. Lo so che tu non puoi certo insegnare a Londra e… poi non sei in tempo a chiedere il trasferimento per quest’anno e… e anche io ho ancora lo studio qui anche se… anche se forse per te non è così importante, ma… voglio dire… così almeno, anche se devi rimanere a Torino, tu e Livietta non dovrete vedervi davanti tutti i giorni… il poliziotto, insomma, e-“
 
“Stop, stop, stop!” lo blocca, dopo averlo lasciato parlare con occhi e bocca spalancati, non potendo credere a quello che sta sentendo: è evidente che Renzo ha pensato e rimuginato su questa storia parecchio prima di parlarne con lei.
 
Ed è ovvio che si aspetti che lei… che lei lasci Gaetano. Che non voglia più vederlo nemmeno in fotografia.
 
E probabilmente così sarebbe se lui… se Livietta davvero si fosse innamorata di lui e, soprattutto, se lui glielo avesse nascosto. Perché.. come potrebbe fidarsi ancora di lui? Come potrebbe vivere serena con lui e Livietta a pochi metri l’uno dall’altro?
 
Ma lei… lei non può crederci… non può… a meno che… a meno che non abbia mai capito niente né di sua figlia, né di Gaetano.
 
L’immagine mentale di lui sopra di lei, di nuovo torna a farla barcollare ma la scaccia, la scaccia e si concentra sulla realtà, perché è solo una fantasia, anzi, un incubo, solo questo può essere.
 
“Renzo, ascoltami,” pronuncia a fatica, un senso di nausea ancora nella bocca, “io posso… posso anche venire con te a Londra e… e discutere insieme con calma e sangue freddo con Livietta di questo… scritto e di quello che significa, ma… prima devo parlarne con Gaetano, affrontare con lui il discorso, capire che significa e ascoltare le sue spiegazioni e-“
 
“Beh, sì, capisco che tu voglia mandarlo a quel paese e lasciarlo di persona, prima di partire e-“ si blocca, realizzando quello che lei ha appena detto, “come sarebbe a dire ‘capire che significa? ascoltare le sue spiegazioni’?? Che vuoi che significhi, Camilla? Che c’è da spiegare?! È tutto lì, nero su bianco!”
 
“No, Renzo, non lo è… io… d’accordo, diciamo che ti credo quando dici di avere trovato questa pagina del diario di Livietta e che non è una tua invenzione, ma… sono sicura che non significa quello che pensi tu, quello che può sembrare a prima vista-“
 
Può sembrare a prima vista?” domanda, incredulo, alzando la voce, come se avesse di fronte una pazza, “Camilla, come puoi, come puoi negare l’evidenza?! Capisco che per te sia… sia difficile da accettare, che hai bisogno di tempo per elaborare la botta, ma-“
 
“Non nego l’evidenza! Sto dicendo che sono sicura che… che non è come sembra, che c’è un malinteso! Renzo, ma tu pensi davvero che… che nostra figlia mi farebbe mai una cosa del genere? Che sarebbe riuscita a nascondermi una cosa del genere senza che… senza che mi rendessi conto che c’era qualcosa che non andava? Qualcosa di molto grave? Che Gaetano mi nasconderebbe mai una cosa del genere? Che avrebbe potuto fare finta di niente, come se niente fosse, che io non me ne sarei accorta se… non voglio nemmeno dirlo! Non è possibile, Renzo, non è possibile, non è nella loro natura… è... non sono loro!”
 
“Camilla, ascoltami,” pronuncia, paziente, con il tono che si rivolge di solito ad una bambina che non riesce a capire un concetto difficile, “lo so che è dura da accettare, lo so che… che il mondo ti sta crollando addosso, lo so. Però… Livietta, anche se… anche se fatico ad ammetterlo, sta diventando grande, non è una bambina, è quasi una donna e… e Gaetano è un uomo e, come ti dico da mesi, non è suo padre, non è un parente, sì, l’ha conosciuto da bambina ma non l’ha visto per anni. E il poliziotto-super-più, anche se mi costa ammetterlo è… è un ‘gran figo’, uno che fa girare la testa a quasi tutte le donne che incontra. Prendi una sedicenne in preda agli ormoni, aggiungici uno come il caro Gaetano che le sfila davanti giorno e notte… ed ecco che succede…”
 
“No, Renzo, non-“
 
“Ascoltami, non dico che Gaetano l’abbia provocata volutamente, è chiaro da quello che scrive Livietta che… che grazie al cielo lui l’ha respinta e… che non voleva di certo che lei si prendesse una cotta o – peggio – si innamorasse di lui. Ma è successo e a quel punto lui… lui si sarà spaventato, avrà capito di aver esagerato nel suo essere gentile per ingraziarsela e farsi bello ai tuoi occhi e che la cosa gli è sfuggita di mano. E ha volutamente fatto in modo che fosse Livietta stessa a pregarlo di non dirti niente, per… per cercare di salvarsi la faccia, anzi, se mi perdoni il francesismo, diciamo pure per pararsi il culo. Perché sapeva benissimo che, se tu l’avessi saputo, l’avresti lasciato, Camilla, e lui questo non lo vuole, almeno ancora per un po’, e se per questo Livietta deve soffrire o farsi venire chissà quali traumi psicologici irreparabili, chi se ne frega! Perché, anche se non lo vuoi accettare, Gaetano Berardi pensa solo ed unicamente al bene di Gaetano Berardi, è un egoista, anzi un narcisista, Camilla, un narcisista patologico e-“
 
“Basta! Gaetano non è un egoista, è la persona più generosa ed altruista che io conosca e… e non farebbe mai una cosa simile!! Se anche Livietta gli avesse mai confessato di provare… o mio dio… di provare qualcosa per lui, lui o me ne avrebbe parlato o, anzi, sarebbe… sarebbe sparito, si sarebbe fatto lui stesso da parte per non… per non rovinare il rapporto tra me e mia figlia. Ne sono sicura, Renzo!” afferma, decisa, guardandolo negli occhi e pregando che capisca, che si fidi di lei, del suo istinto, per una volta, che le permetta di gestire la situazione.
 
“Proprio come si è fatto da parte per non rovinare la nostra famiglia, no, Camilla?” domanda, sarcastico, scuotendo il capo, “Camilla, stai parlando dello stesso uomo che non si è fatto il minimo scrupolo a corteggiare una donna sposata, con una figlia di otto anni da crescere! Ma tu pensi davvero che al nostro poliziotto sia mai fregato qualcosa del benessere di Livietta? Di quello che era meglio per lei?!”
 
“Sì, Renzo, sì. Gaetano… Gaetano mi ha sempre rispettata, è sempre stato un gentiluomo con me, anche se non ci crederai. Sì, mi ha corteggiata, ma ha sempre lasciato che fossi io a decidere e quando… quando ho deciso di tagliare i ponti con lui, tutte le volte che ho provato a farlo, ha sempre rispettato la mia scelta e non mi ha più cercato. Non è… non è il mostro che dipingi: si ammazzerebbe piuttosto che fare del male a me o a Livietta, ne sono sicura!!” conferma, risoluta e perentoria, scacciando dalla mente quelle immagini che continuano ad avvelenarle il cervello e il cuore, “ci deve essere una spiegazione, Renzo. Sono sicura che è un malinteso!”
 
“E quale sarebbe la spiegazione, eh?! Che nostra figlia sta partecipando ad un concorso di scrittura creativa e ha deciso di cimentarsi in un romanzo degno delle Liaisons Dangereuses?! O che, ma guarda un po’ che caso, esiste un altro Gaetano, dagli occhi azzurri che le dà lezioni di difesa personale?!” sbotta Renzo, sarcastico, non potendo credere a quello che sta sentendo, fino a che punto arrivi la rimozione di Camilla pur di non accettare la realtà.
 
“Ma certo! Ma certo!” esclama Camilla d’improvviso, afferrando di nuovo il tablet e ritornando sulla pagina incriminata, leggendola ad alta voce per confermare la sua intuizione, “ascolta: Gaetano ha capito tutto, si è accorto di come lo guardavo… e ho dovuto confessargli ciò che provo. A lui ovviamente stava per venire un colpo e voleva dire tutto a mamma ma per fortuna sono riuscita a convincerlo a mantenere il segreto, perché a mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero. Mi ha detto che devo togliermelo dalla testa, che è troppo grande per me e lo so che ha ragione, lo so che il mio è un amore impossibile, che lui non si interesserà mai a me…
 
“Camilla… lo so cosa dice quel maledetto diario! L’avrò letto un centinaio di volte e-“
 
“E non hai capito niente! Tu hai detto che… che questo era l’inizio di una pagina, no? Ma non è detto che sia l’inizio del diario di quel giorno. ‘Si è accorto di come lo guardavo’… lo può riferirsi a Gaetano, certo, ma potrebbe essere riferito anche a qualcun altro, ad un altro uomo o ragazzo e-“
 
“Per favore, Camilla, non posso credere che tu ti metta a fare l’analisi logica in un momento come questo e-“
 
A mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero. D’accordo che Livietta ti conosce e sa come sei fatto ma… non credi che in questo caso l’infarto dovrebbe venire a me ancora più che a te?!” gli domanda, vedendo una luce, una flebile luce di speranza in questo tunnel in cui si sente precipitata, in questa specie di casa degli orrori, dove niente ha senso, dove tutto… dove tutto è un incubo a testa in giù.
 
“Sì, forse sì, ma Livietta sa che… che cosa penso di Gaetano e quindi-“
 
“E poi: ‘mi ha detto che devo togliermelo dalla testa, che è troppo grande per me…’. Troppo grande per me? Sì, è vero ma… tu al posto di Gaetano, se avessi avuto il sospetto che Livietta si fosse invaghita di te… se davvero Gaetano fosse l’egoista che dici tu… saresti andato da lei ad affrontarla invece di sperare di esserti sbagliato? Non solo, ma come prima obiezione le avresti detto: “sono troppo grande per te!”. E non qualcosa tipo “sono il compagno di tua madre!”?. Non ha senso lo capisci?!”
 
“Camilla… ma che dici? Questo non è un… non è un enigma, un mistero da investigare, non c’è niente da capire e non posso credere che tu ti stia attaccando le virgole… il nostro caro Gaetano sarà andato in panico e avrà sparato le prime cose che gli saranno venute in mente!”
 
“Appunto! A te in un momento del genere verrebbe in mente la differenza d’età?! Non solo a te o a Gaetano ma a chiunque? Non lo capisci che è l’ultimo dei problemi in questo caso?! Mentre non lo sarebbe se… se non si trattasse di Gaetano ma di un altro uomo più grande di lei-”
 
“Che si chiama Gaetano, che ha gli occhi azzurri e che le insegna difesa personale?!” ribadisce, tra il sarcastico e l’esasperato.
 
“No! Che non si chiama Gaetano ma che ha gli occhi azzurri e le insegna difesa personale,” ribadisce Camilla, chiarendo, quando Renzo la guarda come se fosse impazzita, “l’istruttore, Renzo! È un bell’uomo, ha gli occhi azzurri e insegna difesa personale. E che piace alle signore non c’è dubbio e credo non sia così improbabile pensare che possa piacere anche a nostra figlia!”
 
“Quel… quel… quel gentiluomo che ha mollato Barbara ubriaca in un pub?!” sbotta Renzo, scuotendo il capo e passandosi una mano sugli occhi: il solo ricordo di quell’idiota gli fa ribollire il sangue nelle vene. L’idea che Livietta possa essersi invaghita di lui, poi, non ne parliamo. Anche se… anche se deve ammettere che una parte di lui preferirebbe mille volte quest’ipotesi piuttosto che quella che si sia invaghita del poliziotto-super-più.
 
Barbara?” domanda Camilla, alzando un sopracciglio, stupita dal tono, dal modo con cui Renzo ha pronunciato il nome della Venere del Botticelli.
 
“Sì, insomma, la Venere del Botticelli, che mi è toccato trascinare a casa ubriaca persa,” corregge il tiro, non volendo certo che Camilla sospetti qualcosa, prima di tirare un profondo respiro e domandarle, guardandola negli occhi, “quindi… quindi tu mi vuoi dire che durante la vostra ultima lezione… quel… quel… insomma… l’istruttore è caduto sopra a Livietta come lei scrive qui?”
 
Camilla apre la bocca per parlare e la richiude, ammutolita. No, non è successo niente del genere e lo sa bene. Si sente come un palloncino pieno d’aria che si svuota di botto, cadendo a terra, sgonfio e vuoto.
 
“No… no, in effetti no…” ammette, massaggiandosi la fronte con una mano, mentre Potti, che regge con l’altro braccio, le lecca una guancia, come per farle forza.
 
“Camilla… per favore… cerca di… di guardare in faccia alla realtà! Lo so che non lo puoi accettare ma… è la verità… e lo sai anche tu che c’è una sola soluzione. Un’unica cosa da fare e-“
 
“Renzo… non… non è che non voglio guardare in faccia la realtà è che… è che non ha senso, lo capisci, non è possibile! Non è possibile, per come conosco nostra figlia da quando è nata, per come conosco Gaetano… se fosse successo qualcosa del genere tra loro me ne sarei accorta, non… non è possibile,” ripete, sentendosi come un disco rotto ma è l’unica certezza che ha in mezzo a questo delirio.
 
“Ripeterti una cosa in continuazione non la renderà vera. E continuare a negare la realtà non la renderà meno reale… non serve a niente, Camilla, l’ho imparato in questi mesi. Ti prego,” la implora, chiudendo l’ultimo passo di distanza tra loro e posandole le mani sulle spalle, “ti prego, ragiona! Vieni via con me e… e cerchiamo di ricostruire quello che resta di quella che una volta era la nostra famiglia. Non dico che dobbiamo tornare insieme per forza se non lo vuoi ma… dobbiamo pensare solo a Livietta adesso.”
 
“E verrò a Londra, e parlerò con Livietta, certo, ma… ma prima devo chiarirmi con Gaetano, Renzo,” risponde, facendo un passo indietro per sciogliere il contatto tra loro, “voglio sentire dalle sue labbra che cosa significa… tutto questo, voglio-“
 
“Per fare cosa, eh? Per farti intortare un’altra volta da lui?! Non c’è niente da capire, niente! L’unica cosa che dovresti fare è sbattergli in faccia questo… questo schifo e dirgli di andare all’inferno e di stare lontano da nostra figlia! Vorrei farlo io ma… ma se lo vedo ora… giuro che non rispondo di me!” esclama Renzo, la tentazione di andare da lui, dal poliziotto, e spaccargli la faccia è straripante e, se avesse scoperto quello che ha scoperto quando stava a Torino e non mentre era bloccato a Londra, molto probabilmente l’avrebbe fatto.
 
Ma ha avuto tempo di riflettere, di ragionare, e sa che quel bastardo ha un sacco di amici in posti che contano in polizia e non vuole, non può passare dalla parte del torto, non questa volta. Gaetano Berardi pagherà, eccome se pagherà, ma con qualcosa che gli farà molto ma molto più male di un suo cazzotto.
 
“E infatti sono sollevata che tu… che tu sia venuto da me invece di… invece di tentare un’altra rissa con Gaetano, anche perché come minimo ci saresti finito tu in ospedale,” sospira Camilla, la testa e il cuore che le scoppiano, sentendo che i punti di sutura, che tengono insieme la maschera di tranquillità e ragionevolezza che ha retto finora, stanno per cedere di fronte al desiderio di chiudersi in camera sua e crollare e piangere ed urlare, “ma Gaetano è il mio compagno e… dopo tutto quello che c’è stato tra di noi devo dargli una possibilità di spiegarsi, di… darmi la sua versione dei fatti. Glielo devo, Renzo!”
 
“Glielo devi? Glielo devi?!” esplode, non potendo evitare di alzare di nuovo la voce, “quando ero io a volerti dare una spiegazione hai… hai preferito condannarmi senza possibilità di appello per una fattura, per una fattura, Camilla! Io ci ho provato in ogni modo a spiegarmi con te e tu… e tu non mi hai voluto ascoltare dopo vent’anni di matrimonio! Qui hai la prova, nero su bianco di che razza di individuo ti sei portata in casa e dopo ben tre mesi di relazione, questo non ti sembra sufficiente per sbatterlo fuori non solo da questa casa – che tra parentesi sarebbe pure casa nostra – ma dalla tua vita? Dalla vita di tua figlia? Di nostra figlia!”
 
“Renzo, se parliamo di seconde, terze e anche quarte possibilità penso che tu non ti possa proprio lamentare e che sia stata fin troppo generosa con te, anche dopo che mi hai riempita di palle e lo sai!” sbotta, non riuscendo a sua volta ad evitare di alzare i toni, “e dopo non tre mesi di relazione ma dopo dieci anni di conoscenza in cui non mi ha mai mentito, non mi ha mai fatto del male e non mi ha mai dimostrato, nemmeno lontanamente, di essere una persona che possa fare quello… quello che sembra da quel maledetto diario… penso che almeno la possibilità di confrontarci faccia a faccia gliela devo, Renzo, e soprattutto la devo anche a me stessa e a Livietta!”
 
“L’unica cosa che devi, che dobbiamo a nostra figlia è proteggerla, tutelarla, ad ogni costo!” grida, deciso, perentorio, guardandola negli occhi come se fosse una pazza.
 
“E tu pensi che non lo sappia?! Che non sia quello che voglio anche io?!” ribatte, nello stesso medesimo tono.
 
“No! Io non posso credere a quello che sto ascoltando, Camilla! Tu sei…  sei talmente innamorata di questo… di questo… che sei accecata, anzi, ti accechi volontariamente pur di non guardare in faccia la realtà e non rinunciare a lui, alla tua… alla tua dose quotidiana. È come una droga per te!” grida Renzo, indignato, turbato e scioccato dal modo in cui Camilla si ostina a negare l’evidenza, “e il peggio… e il peggio è che pur di non rinunciare a lui sei disposta a continuare a mettere in pericolo nostra figlia! Per te conta di più lui e la vostra tresca che il benessere di Livietta-AH!”
 
Non può evitare un grido di dolore quando la mano di lei lo colpisce con una forza tale da fargli voltare il capo, gli occhiali che volano a terra. Scioccato, si tocca la guancia: riesce a sentire ciascuna delle cinque dita di Camilla stampate a fuoco, dallo zigomo alla mandibola.
 
“Non ti permettere mai più di dire una cosa simile! Mai più!” grida, indignata, Potti che abbaia come un ossesso in braccio a lei, mentre osserva Renzo che, spaventato, indietreggia di un passo e, guardandola di nuovo come se fosse una belva pericolosa, si abbassa a raccogliere gli occhiali, “io non metterei mai in pericolo Livietta, piuttosto mi farei ammazzare!! E se fosse davvero come dici tu, non solo caccerei Gaetano a pedate dalla mia vita e da quella di nostra figlia, ma lo spedirei a cantare in un coro di voci bianche! Ma prima di condannare una persona senza appello, non una persona qualsiasi ma una persona che conosco da una vita e che non mi ha mai dato motivo di dubitare di lui in passato, credo di dovergli dare almeno la possibilità di spiegarsi, la si concede perfino ai peggiori criminali ed assassini! Sarà un confronto duro, Renzo, te lo garantisco, ma… maledizione, credo che il mio istinto sulle persone funzioni, abbia sempre funzionato e... fidati di me: Gaetano non è quel genere di uomo, avrà i suoi difetti, non sarà perfetto ma non è quel genere di uomo. E Livietta non… nostra figlia non farebbe mai qualcosa del genere, piuttosto si sarebbe tenuta alla larga da Gaetano, l’avrebbe evitato in ogni modo pur di non ferirmi!”
 
“Camilla… ti ricordo che nostra figlia è la stessa che stava per fuggire di casa con un omicida! Ha sedici anni e ragiona con gli ormoni impazziti, come tutte le ragazze di sedici anni!” ribatte Renzo, massaggiandosi la guancia, per poi aggiungere, con un tono perentorio, duro e gelido che non gli ha mai sentito prima, “a cinquant’anni invece bisognerebbe ragionare con il cervello ma evidentemente non è così e tu ne sei la dimostrazione! Quindi no, anche se in generale il tuo istinto sulle persone potrà anche funzionare, non mi fido del tuo istinto quando si tratta del poliziotto, perché quando si tratta di lui tu non ci capisci più niente Camilla, non ci hai mai capito niente e diventi peggio di una sedicenne! E io non posso permettermi di rischiare sulla pelle di mia figlia! Come ti ho già  detto, devo proteggerla e tutelarla, ad ogni costo ed è quello che farò, con il tuo aiuto o meno, con le buone o con le cattive!”
 
“Che… che vuoi dire?” gli domanda, sempre più sconvolta e turbata, la mano che le fa male ma mai quanto il cuore, la testa che le scoppia, sentendo come se fosse in un frullatore da cui non riesce ad uscire.
 
“Che voglio, pretendo ed esigo che Gaetano Berardi non veda mai più nostra figlia, nemmeno con il binocolo! Quindi, Livietta rimane a Londra con me fino a che tu non avrai tagliato i ponti con lui e non avrai trovato un altro appartamento in cui stare. Questo possiamo venderlo o affittarlo nel frattempo, non mi interessa, ti darò tutti i soldi che ti servono ma non voglio che nostra figlia abiti più in questo palazzo!” intima, categorico, gli  occhi piantati nei suoi, senza nemmeno battere ciglio.
 
“Voglio? Pretendo? Esigo? Renzo, tu non sei il mio signore e padrone, questa è anche casa mia, al cinquanta percento e non puoi costringermi né a cambiare casa, né a tagliare i ponti con Gaetano. Dopo aver capito qual è la verità, deciderò io cosa è giusto per me e per nostra figlia!”
 
“Giustissimo, per la carità, tu decidi pure cosa ti sembra giusto per te. Vuoi chiudere gli occhi e mettere la testa sotto la sabbia? Fallo pure! Vuoi continuare a vivere qui e a viverti la tua tresca con il poliziotto? Fallo, ma senza mia figlia! Perché qui Livietta non ci mette più piede, fosse l’ultima cosa che faccio!”
 
“Ma che stai dicendo?! Cosa vorresti fare? Costringerla a stare con te a Londra?! Livietta è grande e decide da sola cosa fare e con chi stare e-”
 
“È grande ma è ancora minorenne Camilla, ricordatelo bene. E se tu vuoi… vuoi proseguire con questa follia, se vuoi distruggerti la vita… beh, libera di farlo, ma io prenderò tutti i provvedimenti per tutelare nostra figlia, anche di fronte alla legge, se necessario!”
 
“Renzo… che cosa stai dicendo?” sussurra, temendo la risposta, conoscendola nel suo intimo, perché non l’ha mai visto così… ha una luce quasi febbrile nello sguardo che la spaventa, perché sa che Renzo ha già deciso e non tornerà indietro.
 
“Che o tagli i ponti per sempre con il poliziotto e cambi casa e vita o mi costringerai a chiedere la separazione con addebito e l’affido esclusivo di Livietta. Credo che con quello che ho scoperto, con le prove che ho in mano, qualsiasi giudice mi darà ragione,” proclama, il tono solenne e piatto di chi non cambierà mai idea.
 
“Cosa?” sussurra, sentendo il mondo crollarle sotto i piedi, gli occhi, lo stomaco, la gola che bruciano e un senso di nausea talmente forte che la testa le gira e le sembra di essere su una barca con il mare mosso. Fa appena in tempo a crollare sul divano e a lasciare andare Potti, prima di rovinare a terra insieme a lui.
 
“Mi dispiace, Camilla, non vorrei arrivare a tanto, ma ci arriverò se non mi lasci alternative,” ribadisce Renzo, mentre Potti comincia ad abbaiargli alle caviglie, per poi correre da Camilla e rifare esattamente lo stesso, prima di mettersi in mezzo a loro e iniziare a guaire.
 
È come se anche il cagnolino sentisse, esattamente come loro, che una barriera invisibile è stata infranta, forse l’ultima, l’ultima di tante barriere di tanti limiti che entrambi non credevano avrebbero mai oltrepassato, nemmeno alla lontana, quando si erano promessi di amarsi per tutta la vita.
 
Il dado è tratto e da qui non si torna indietro, lo sanno entrambi, è come se l’ultima traccia rimasta dei vecchi Renzo e Camilla, dell’amore, della fiducia, della complicità che li aveva legati per venticinque anni, per una vita intera, fosse stata spazzata via da un tornado.
 
“Io non… io non ci posso credere. Dopo tutto quello che… che ho ingoiato… dopo che… dopo che non ti ho nemmeno chiesto l’addebito dopo la prima separazione, anzi, ho accettato un accordo per evitare di finire in tribunale a litigare e… e mettere Livietta di mezzo… tu… tu non puoi… maledizione, Renzo, non puoi fare una cosa del genere!” grida, la voce che si incrina e sparisce in più punti, trattenendo a stento le lacrime e la voglia di vomitare, “se anche… se anche davvero Livietta fosse pazzamente… pazzamente innamorata di Gaetano, non è una cosa da sbattere in piazza, da fare diventare un caso di stato, in tutti i sensi. Lo sai che i giornali ci andrebbero a nozze con una storia del genere, soprattutto visto che Gaetano è un vicequestore! E lo sai come dipingerebbero nostra figlia, eh?! Come una specie di… di Lolita, di mangiauomini! Dobbiamo pensare a Livietta, a tutelarla, a proteggerla e-“
 
“Ed è quello che sto facendo Camilla, è quello che voglio fare, insieme a te, se me ne darai la possibilità! Ma se così non fosse… preferisco ritrovarmi Livietta sulla copertina di un giornale, anche nei panni della mangiauomini, piuttosto che ritrovarmela a letto con il poliziotto-“
 
“Renzo, per favore!” urla, completamente sconvolta, soffocando un altro conato di vomito di fronte alle immagini che si alternano nella sua mente come in una specie di caleidoscopio rivoltante.
 
“Sono io che lo dico a te, Camilla, per favore, per favore, ragiona! Io adesso torno in aeroporto, a prendere l’aereo della sera. Spero… spero di vederti arrivare… se non oggi domani o dopodomani e spero di… di poter combattere questa battaglia insieme a te e non contro di te. Se vuoi tempo per… per ragionare, per decidere, per chiudere questa… questa chiamiamola storia con il poliziotto te lo lascio, ma non è un tempo infinito, Camilla. Perché, in ogni caso, Livietta non tornerà a casa tra una settimana e… dovrò spiegarle il perché. Spero di poterlo fare insieme a te,” pronuncia, prima di lanciarle un’ultima occhiata, un misto tra un’implorazione, un estremo appello ed un avvertimento, raccoglie la valigetta da terra e sparisce oltre il corridoio, inseguito da Potti.
 
Pochi secondi, la porta d’ingresso che sbatte e si lascia andare sul divano, le lacrime che la accecano, i singhiozzi che la soffocano, abbracciata a Potti, che le è saltato in grembo e le si è accoccolato sul petto, come ad un’ancora di salvezza.
 
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Bagnato e freddo, sente solo bagnato e freddo, anche se è estate e fuori ci sono più di trenta gradi.
 
Le lacrime ormai le ha esaurite, consumate, gli occhi che le bruciano, le guance che tirano e prudono e pizzicano da morire.
 
Potti invece continua a leccarle il collo, come a cercare di consolarla, anzi, di svegliarla, come faceva sempre tutte le mattine quando dormiva… quando dormiva sola.
 
Strizza ancora più forte le palpebre per cancellare l’immagine di Gaetano abbracciato a lei, accoccolato a lei, che le dà il bacio del buongiorno, che…
 
Lo sguardo le cade sul tavolo da pranzo lì vicino, sul vaso di cristallo con quella rosa rossa a gambo lungo che le aveva fatto trovare quella mattina al risveglio sulla penisola della cucina, insieme al cornetto per la colazione e al caffè già pressato nella moka, pronta da accendere.
 
Di nuovo serra gli occhi perché… perché quelle immagini bellissime, dolcissime sono peggio di uno schiaffo, perché non può credere che un uomo in grado di farla sentire adorata, venerata più di una regina, di una dea, con mille attenzioni, mille piccole ma enormi dimostrazioni d’amore, d’amore puro, sia lo stesso uomo descritto in quel maledetto diario. Non può credere che lui, Gaetano, il suo Gaetano, l’uomo più… più tenero, più buono, più meraviglioso che abbia mai conosciuto, possa essere stato capace di… di comportarsi come si è comportato non solo da quando sono insieme, ma anche e soprattutto nell’ultima settimana, di essere più dolce che mai, più premuroso che mai, più innamorato che mai, dopo che… dopo che, se deve credere a quelle righe, Livietta gli aveva confessato di…
 
Non può nemmeno pensarlo!
 
Può davvero un uomo, anche il più grande bastardo, il più grande attore, fingere in questo modo? Fare finta di niente e continuare come se nulla fosse dopo una rivelazione del genere?! Mentirle, nasconderle la verità su una cosa così grave e così sconvolgente?
 
Non può essere… non può crederci. Perché se così fosse, se davvero così fosse, vorrebbe dire che non ha mai capito niente, che non capisce niente, che non sa niente, che non può più fidarsi non solo di nessun altro, ma neanche e soprattutto di se stessa.
 
Ripensa a quelle parole che ha letto talmente tante volte da conoscerle a memoria, da averle marcate a fuoco nel cervello, lancia un’altra occhiata al tablet sul tavolino e poi scuote il capo e richiude gli occhi.
 
L’immagine di loro due insieme, lui sopra di lei, Livietta che lo bacia, li porta a riaprirli di scatto e a lanciare un urlo di rabbia, un basta verso se stessa, verso il suo cervello che continua a tornare su quell’immagine, a torturarla, a tormentarla.
 
Potti, spaventato, guaisce e si ritrae leggermente dal suo collo, guardandola negli occhi e Camilla butta il capo indietro, spingendolo nel cuscino del divano, guardando il soffitto come se dovesse rivelarle i segreti dell’universo.
 
E li rivede, li rivede abbracciati davanti alla porta di casa… e non era la prima volta che li sorprendeva così… era successo anche a Roma, prima che lui se ne andasse per prendere quel maledetto treno e anche qui  a casa a Torino, quando li aveva osservati mentre Livietta si confidava con lui.
 
Ma le erano sembrati abbracci così innocenti, così dolci, come… come gli abbracci che Livietta riservava a lei e a suo padre quando era più piccola, non ci aveva visto nessuna malizia, e poi Livietta lo abbracciava spesso anche quando lei era presente, a dimostrazione che non c’era niente da nascondere.
 
Non stai dimenticando qualcosa? – la voce di Livietta, in una quasi perfetta imitazione della sua, dopo che lei aveva fermato Gaetano per dargli un bacio. E in quell’occasione Livietta aveva riso e gli aveva lanciato le chiavi, come se fosse solo una presa in giro del loro modo di fare da diabete – come diceva Livietta – ma… ma poi quando erano tornati insieme dal pub quella sera… Livietta l’aveva baciato sulla guancia, subito dopo aver baciato lei.
 
Un bacio innocente, si era detta. Si era anche commossa, come Gaetano del resto. Era come se Livietta l’avesse… l’avesse accolto in famiglia, come se fosse quasi una figura paterna, un parente, uno di casa.
 
Ma… e se invece in realtà quegli abbracci, quei baci avessero avuto tutto un altro significato, almeno per Livietta? Se non avesse saputo, voluto vederne il reale significato perché… perché la realtà le avrebbe fatto troppo male?
 
Scuote il capo, ricordando quanto Livietta era sembrata triste e delusa quando lei e Gaetano avevano litigato e si erano lasciati a Roma. Quanto fosse felice per lei, per loro, quando erano tornati insieme, come praticamente l’aveva incitata a passare queste due settimane da sola con lui, come le aveva ribadito che per lei non c’era nessun problema se loro due convivevano, anche se avessero deciso di convivere stabilmente.
 
E se… e se Livietta… se Livietta invece in realtà desiderasse… desiderasse che Gaetano venisse a vivere con loro per… per poter passare più tempo con lui? Per avere più occasioni per avvicinarsi a lui per…
 
Scuote di nuovo il capo per scacciare quella voce, quella voce subdola che le sussurra nell’orecchio e che ha lo stesso tono di Renzo.
 
Non è possibile: sua figlia non le farebbe mai una cosa del genere. La conosce, lo sa, non… non la pugnalerebbe mai alle spalle in questo modo.
 
Ma Livietta passava un sacco di tempo con Gaetano, sembrava cercare occasioni su occasioni per stare con lui, anche da sola. Ad esempio questa passione improvvisa per lo sport e per l’autodifesa… quante volte erano andati ad allenarsi solo lui e Livietta. E lei non ci aveva mai visto nulla di male, anzi, a volte era stata proprio lei stessa a spingerli ad andare ad allenarsi da soli e ne era stata felice perché Livietta da quegli allenamenti tornava sempre più serena, più tranquilla, come se si fosse liberata da un peso, dalla rabbia.
 
Le torna in mente quella sera quando Livietta era scappata dopo la lite a cena con Renzo e… e si era rifugiata a casa di Gaetano, si era sfogata solo con lui, confidata solo con lui e aveva perfino passato la notte lì.
 
Ma Gaetano era tornato da lei, non era rimasto con Livietta, anzi, a quanto aveva detto, era stata Livietta stessa a chiedergli di venire a casa loro e passare la notte con sua madre, mentre lei rimaneva da sola nell’appartamento di lui a riflettere.
 
Mi chiedo se troverò mai qualcuno che… che mi guarda come lui guarda te, che mi vede come lui vede te! –  la vede e la sente pronunciare, come se fosse qui, davanti a lei, quel tono di… di invidia benevola, che l’aveva fatta sentire così fortunata ed orgogliosa della sua relazione con Gaetano e del fatto che sua figlia avesse ricominciato a vederla, a vederli come un modello, a desiderare qualcosa di simile per se stessa. E se l’era augurato davvero, che sua figlia potesse trovare un ragazzo meraviglioso come Gaetano, un ragazzo che… che rendesse Livietta felice quanto Gaetano la rendeva felice.
 
E se invece… e se invece quello che Livietta desiderava, quel qualcuno non fosse qualcun altro ma… ma Gaetano stesso? Se vedendola così felice e soprattutto vedendolo così… così dolce… così buono, così… così perfetto, così gentile e comprensivo anche con lei… se Livietta non avesse potuto fare a meno di innamorarsene, proprio come… come lei non aveva potuto non innamorarsene tanti anni prima?
 
Livietta è così simile a te! – le ricorda la voce di Gaetano. Glielo ripeteva spesso, che Livietta crescendo sembrava somigliarle ogni giorno di più, almeno caratterialmente. E allora… e allora era tanto strano immaginare che… che potesse avere i suoi stessi gusti in fatto di uomini? Che potesse magari essersi innamorata di Gaetano senza volerlo, senza accorgersene, come era successo a lei.
 
Non si sceglie chi si ama… quante volte se l’era ripetuto ed era vero, è vero. Certo ci si può allontanare, si può cercare di evitare l’altra persona, di dimenticarla ma… anche lei non avrebbe mai dovuto innamorarsi di Gaetano, non avrebbe mai dovuto farlo. Eppure era successo, nonostante tutti i suoi sensi di colpa e i suoi tentativi di fuga da quello che sentiva e che sente. E lei aveva quarant’anni, non sedici…
 
Magari Livietta non voleva… non voleva che capitasse… in fondo non era stata lei a confessarlo a Gaetano, non di sua iniziativa almeno. Magari avrebbe voluto tenerlo nascosto, come un segreto inconfessabile ma lui l’aveva notato perché… perché è pur sempre un investigatore di professione e Livietta a quel punto non era riuscita mentire e aveva dovuto ammettere quello che provava.
 
Ma poteva averlo notato lui e non lei, sua madre? È vero che Gaetano sembrava capirla anche meglio di lei, che magari quando stavano da soli ad allenarsi erano più vicini, c’era un maggiore contatto fisico – di nuovo quell’immagine di loro due a terra le causa un attacco di nausea – e Livietta non era riuscita più a dissimulare.
 
E magari… magari avevano deciso di tacere perché… perché non volevano farle male, perché sapevano che in ogni caso il rapporto sia tra lei e Livietta che tra lei e Gaetano sarebbe stato compromesso, forse per sempre e… non volevano perderla.
 
Ma poteva davvero non essersi resa conto di niente? Non essersi accorta che le due persone che amava e ama più al mondo le stessero mentendo… le stessero nascondendo un segreto così grande?
 
Certo, non aveva mai pensato che Renzo un giorno l’avrebbe tradita, ad esempio, e quando aveva avuto la conferma definitiva dei suoi sospetti il mondo le era crollato addosso ma… per l’appunto c’erano stati dei segnali che l’avevano messa in guardia. Con Renzo i rapporti non erano idilliaci da anni ma, nonostante tutto, nonostante le cose già non andassero bene per nulla, quando aveva iniziato la sua liaison con Carmen aveva notato che c’era qualcosa di… di storto… che lui le stava nascondendo qualcosa.
 
E non poteva pensare che Gaetano e Livietta invece fossero improvvisamente diventati così bravi a mentire, a dissimulare. Quando Livietta le nascondeva qualcosa prima o dopo se ne accorgeva sempre, sempre, magari non sapeva subito cosa c’era che non andava ma… sapeva che c’era qualcosa che non andava.
 
E Gaetano… Gaetano non riusciva mai a tenerle nascosto qualcosa a lungo… di solito le bastava uno sguardo per capirlo, non tanto per capire se mentiva, perché, a parte qualche piccola e stupida bugia, di solito non le mentiva, ma anche solo se stava omettendo qualcosa, che riguardasse le indagini o la sua vita privata, la loro vita privata.
 
Avrebbe dovuto cogliere qualche stranezza e-
 
Le torna improvvisamente in mente, come un flash, la sera dell’antivigilia della partenza di Livietta per Londra. Livietta era uscita per allenarsi un po’, così aveva detto, e poi era rientrata con Gaetano, anche se non erano usciti insieme. Gaetano aveva detto di averla trovata che correva e averle dato un passaggio e del resto lui era ancora impeccabile in giacca e cravatta. Quindi quella sera non si erano allenati insieme, di questo ne era sicura, non poteva essere successo quello che… quello che quel maledetto diario suggeriva. Almeno non quella sera.
 
Ma quella sera erano stati strani tutti e due… anche se non ci aveva più di tanto fatto caso. Livietta sembrava triste, malinconica, e lo era diventata ancora di più la sera successiva, quando si erano abbracciate e poi avevano fatto una battaglia di solletico sul letto di lei, tra i vestiti pronti per essere messi in valigia.
 
Pensava fosse solo per via della partenza, che forse aveva un po’ di timore a rimanere per tanti giorni con suo padre, dopo così tanto tempo a frequentarsi a malapena. Livietta le aveva detto che avrebbe sentito la mancanza sua e delle sue amiche e lei ovviamente le aveva creduto.
 
Gaetano invece sembrava serio, come incupito, come se avesse qualcosa che continuava a frullargli in testa, che continuava a rimuginare. Quando era scesa insieme a lui con la scusa di portare Potti a fare i suoi bisogni, in modo da poterlo salutare e dargli il bacio della buona notte con calma, gli aveva chiesto perché fosse così pensieroso, se fosse successo qualcosa. E lui aveva detto che c’era stato un problema sul lavoro con uno degli agenti, che aveva scoperto che aveva commesso un’irregolarità, anche se non grave di per sé, ma che temeva che potesse essere indice del fatto che questo agente si approfittava del suo ruolo per fini personali. E non sapeva cosa fare, se scatenare un polverone e probabilmente rovinargli la carriera, con il rischio di coinvolgere altre persone innocenti in un procedimento lunghissimo o chiudere un occhio per questa volta.
 
Camilla lo aveva rassicurato dicendogli che era convinta che avrebbe saputo valutare al meglio la situazione e l’agente e arrivare alla soluzione più giusta ed equa per tutti.

Si chiedeva adesso se fosse una specie di messaggio in codice, cifrato, se l’agente in realtà fosse Livietta e lui le stesse domandando, in un modo molto contorto, se confessare o meno. La sera dopo l’aveva visto più tranquillo e lui le aveva confermato che aveva risolto tutto per il meglio. Ma magari era solo sollevato per la partenza di Livietta, perché sperava che a Londra avrebbe incontrato qualcuno e si sarebbe fatta passare “la cotta” per lui.
 
Ma… Livietta al telefono le era sembrata tranquilla, aveva anche scherzato su lei e Gaetano raccomandando di “fare i bravi” in un modo così naturale e spontaneo. Non sembrava affatto che stesse parlando di un uomo di cui poteva essere anche solo attratta, per non dire innamorata.
 
E Gaetano… Gaetano era stato ancora più meraviglioso del solito, era stato attento, dolce, premuroso, avevano passato insieme praticamente ogni momento in cui lui non doveva lavorare.
 
E se fosse stato il senso di colpa a portarlo ad agire così? A compensare, ad essere ancora più… più galante, più affettuoso, più amorevole del solito? Se avesse voluto sfruttare ogni momento con lei perché… perché temeva che sarebbero stati gli ultimi?
 
Ma non era così, facevano  progetti per il futuro… lui sembrava sereno, in pace… come avrebbe potuto fingere così bene? Anche quando Livietta telefonava o avevano parlato di lei, sembrava così tranquillo, a suo agio, come se non avesse nulla da nascondere…
 
La testa le scoppia, si sente divisa in due, scissa in due e non sa più cosa pensare, cosa credere.
 
“Camilla!”
 
Serra ancora di più gli occhi, perché in mezzo al delirio di pensieri, di paure, in mezzo allo choc… inizia pure ad allucinare, tanto che le sembra di sentire il suono della sua voce e-
 
“Camilla! Camilla, ci sei?! Camilla, se ci sei rispondi!”
 
Spalanca gli occhi di scatto, quando oltre alla voce sente passi concitati che si fanno sempre più vicini e lui è lì, sopra di lei, un’espressione angosciata sul volto, che si riflette anche nel tono di voce, nel modo disperato con cui la chiama.
 
Gaetano frena bruscamente la sua corsa accanto al divano, non appena i loro occhi si incontrano e la vede lì distesa, più bianca del divano, il colorito cinereo, gli occhi rosso fuoco di chi ha pianto, le labbra morse e tormentate a sangue, Potti accoccolato su di lei come a vegliare, a proteggerla.
 
“Camilla!” esclama, la confusione e l’apprensione per averla trovata in quello stato che smorzano in parte l’incredibile sollievo che prova nell’averla trovata, nel sapere finalmente che è viva e che sta bene.
 
“Che… che ci fai qua? Che ore… che ore sono? È già ora… di cena?” balbetta Camilla, sfregandosi gli occhi, come per accertarsi che non sia un’allucinazione, che lui è davvero lì.
 
“Sono le tre, Camilla! Ti ho aspettata e aspettata e aspettata: avevamo appuntamento per pranzo, non ti ricordi? Non ti ho vista arrivare e ho cominciato a preoccuparmi e… ho provato a cercarti al telefono di casa, sul cellulare e non mi hai mai risposto, suonavano a vuoto e mi sono spaventato. Pensavo ti fosse successo qualcosa, che avessi avuto un incidente!” chiarisce, avvicinandosi ancora di più a lei, appoggiandole una mano sul ginocchio per spostarle le gambe e sedersi vicino a lei, mettendosele in grembo. Si blocca immediatamente quando lei scatta bruscamente e le ritrae, come se la sua mano scottasse, accovacciandosi in posizione fetale.
 
Camilla si aggrappa a se stessa, perché, al contatto della mano di lui, ha visualizzato di nuovo quella scena e le viene da vomitare, mentre la testa le gira. Ha paura, ha paura anche solo a vederlo, a guardarlo negli occhi, ha paura di cosa potrebbe leggerci. Certo che aveva sentito il telefono suonare, i telefoni suonare, ma… ma non si era sentita in grado nemmeno di alzarsi dal divano, figuriamoci di rispondere, di fare conversazione, si sentiva come paralizzata e… e non è sicura nemmeno di poterlo affrontare ora, di riuscire a guardarlo negli occhi che sembrano osservarla, studiarla con tanto amore, tanta preoccupazione e… e magari scoprire che è stata tutta una bugia, la peggiore delle bugie.
 
“Camilla, che cos’hai? Non stai bene?” le domanda, sempre più preoccupato, per non dire angosciato, perché Camilla sembra… sembra pietrificata, assente, robotica, in stato di choc… come quando l’aveva rivista la mattina dopo aver lasciato Renzo, anzi, peggio, molto peggio.
 
“Camilla… Camilla, amore, ti prego, parlami, dimmi qualcosa. Mi spaventi così. Che cosa ti senti?” le chiede, sedendosi ai suoi piedi e provando a poggiarle una mano sul braccio, ma lei lo scaccia con una forza quasi esagerata, violenta, come se… come se avesse paura di lui.
 
Rimane con le braccia rigide, semipiegate davanti al busto, i pugni contratti, come in posizione… in posizione di difesa, di parata, o forse di attacco, gli occhi chiusi, l’aria di chi sta trattenendo il pianto o un urlo o entrambi.
 
Ed è a quel punto che lui li nota, come un pugno nello stomaco, che nota quei segni sui suoi polsi, segni di dita che stanno per diventare veri e propri lividi.
 
Choc, catatonia, paura del contatto… i sintomi tipici dopo un aggressione, dopo un evento violento e traumatico. Gaetano sente una paura, una paura folle, mista a una rabbia cieca che monta e rischia di esplodere.
 
“Camilla, che ti è successo? Cosa hai fatto ai polsi? Qualcuno ti ha fatto del male, ti ha aggredita? Ti prego, rispondimi,” la esorta, non provando più a toccarla, prendendo in braccio Potti che, a causa dei movimenti bruschi di Camilla, era saltato giù dal divano, sul tappeto, e che guaisce, alternando lo sguardo tra entrambi, sembrando in ansia quanto lui.
 
Camilla deglutisce: sente i guaiti di Potti e la voce spaventata, ansiosa di Gaetano, sente quanto è in pena per lei e si sforza di aprire gli occhi e di guardarlo, di affrontare la realtà anche se ne è terrorizzata. Incontra quel blu, quel blu calmo e rassicurante, anche se adesso la sua espressione è contorta dalla paura, dalla rabbia, ma quegli occhi la guardano con lo stesso amore, la stessa dolcezza, la stessa cura di sempre, anzi, forse ancora di più. Non sono gli occhi di un bugiardo, di un uomo capace di mentirle su qualcosa di così grave, come quel maledetto…
 
Quasi inconsciamente, Camilla getta un’occhiata al tablet, che giace ancora sul tavolino da caffè. Gaetano segue lo sguardo di lei e lo vede, vede la custodia in pelle nera con inciso il logo della FerreRocasE, lo studio di Renzo e di Carmen.
 
Renzo…
 
“Renzo è stato qui? È stato lui a… a farti questo?!” le chiede, l’indignazione e la rabbia che prendono il sopravvento sulla preoccupazione, mentre non può evitare di cercare di nuovo di prenderle il braccio, per vedere più da vicino quei lividi, “ti ha toccata? Ti ha aggredita?”
 
“No!” nega, sottraendosi di nuovo al suo contatto e ritraendo il braccio, “cioè… Renzo… mi ha afferrato i polsi ma… voleva solo evitare che… che gli tirassi uno schiaffo o che lo sbattessi fuori di casa. Ma poi gliel’ho tirato lo stesso… l’ho anche buttato per terra… Potti l’ha pure morso…”
 
“Cosa?” chiede, sbigottito e non solo da queste rivelazioni, mentre lancia un’occhiata sconvolta a Potti che ricambia, apparentemente tranquillo – il cagnolino dolce e mansueto che non avrebbe mai ritenuto capace di far male ad una mosca, figuriamoci di mordere qualcuno, Renzo poi. Ma è ancora più sconvolto dal modo in cui Camilla le sta pronunciando. Un tono monocorde, robotico che riconosce e non gli piace per niente.
 
“Perché gli hai tirato uno schiaffo, Camilla? È successo qualcosa? Renzo ha fatto qualcosa?” chiede, non capendoci più niente, finché nota un dettaglio fondamentale, anzi, un’assenza fondamentale, “ma perché Renzo era qui? Non doveva essere a Londra? Livietta dov’è? Le è successo qualcosa?”
 
Camilla, al sentire pronunciare il nome della figlia si irrigidisce visibilmente, chiude gli occhi e Gaetano sente il cuore andargli nello stomaco a questa conferma indiretta.
 
“È successo qualcosa a Livietta, vero? Camilla, per favore, parla, così mi uccidi, che cos’è successo?!” la implora, provando a prenderle le mani, ma lei serra i pugni e se li porta davanti agli occhi.
 
“Dimmelo tu, Gaetano. Le è successo qualcosa?” trova finalmente il coraggio di chiedere, levando le mani dagli occhi e guardandolo, dritto in viso, per cogliere ogni espressione, ogni movimento, ogni esitazione.
 
“Io? Camilla, sei sicura di sentirti bene? Come faccio a saperlo… Livietta è a Londra e non la vedo e non la sento da prima di te,” le ricorda, sempre più preoccupato, non capendo cosa stia dicendo Camilla e temendo che sia nel pallone a tal punto da non ricordarsi dov’è la figlia.
 
“Non a Londra, Gaetano, qui a Torino, prima di partire. C’è forse qualcosa che mi devi dire?” gli domanda, risoluta, anche se si sta quasi scarnificando i palmi delle mani con le unghie, continuando a fissarlo, senza battere ciglio.
 
“Qualcosa che ti devo dire?” ripete, non capendo dove Camilla voglia andare a parare perché a Livietta di sicuro non è successo nulla di grave a Torino… non che lui sappia almeno….
 
Un dubbio improvviso lo coglie, mentre Camilla si volta bruscamente e afferra il tablet dal tavolino. Che sia… che sia per via della storia di Ferri?
 
“Che significa questo?” sibila Camilla, lasciandogli cadere il tablet sulle gambe, come se pesasse un macigno o fosse incandescente.
 
Gaetano, sempre più turbato e sconcertato, la guarda e poi guarda il tablet e vede un testo scritto.
 
Gaetano ha capito tutto, si è accorto di come lo guardavo… e ho dovuto confessargli ciò che provo. A lui ovviamente stava per venire un colpo e voleva dire tutto a mamma ma per fortuna sono riuscita a convincerlo a mantenere il segreto, perché a mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero.
 
Lo scorre fino in fondo con lo sguardo, sentendosi quasi un guardone a leggere una cosa così intima, evidentemente un pezzo del diario di Livietta, contenente delle fantasie su Ferri che, seppur normalissime per una ragazza di sedici anni, avrebbe decisamente preferito non conoscere così nel dettaglio. In fondo per lui Livietta è come una nipotina e nel leggere quelle righe comincia sempre più a capire l’iperprotettività di Renzo, perché la sola idea di Livietta e Ferri in quella posizione o peggio… mentre fanno l’amore… non è qualcosa che avrebbe mai voluto immaginarsi.
 
“A Renzo sarà venuto davvero un infarto!” proclama ad alta voce, ma quasi tra sé e sé, capendo finalmente tutto, sollevando lo sguardo dal tablet per guardare negli occhi Camilla che lo osserva, seduta rigida come un palo, le mani strette a pugno, lo sguardo di chi sembra stia… trattenendo il respiro, anche se di questo invece non capisce assolutamente ancora il perché, “Renzo… Renzo si è messo a giocare a 007, ha letto il diario di Livietta ed è successo il finimondo, immagino… avrà rinchiuso Livietta in albergo sorvegliata a vista ed è corso qui da te a sfogarsi, giusto?”
 
Camilla non risponde, continua a guardarlo, sempre come se stesse trattenendo il fiato e forse anche il pianto o la rabbia.
 
“Mi dispiace, Camilla, non volevo che… che lo scoprisse in questo modo e che tu lo scoprissi in questo modo, io-“
 
“Mi stai dicendo… che quello… che quello che c’è scritto lì è… è vero?” sussurra, sentendo un dolore al petto talmente lancinante che davvero le viene il dubbio che le stia per venire un infarto, ma non le importa: la bocca amara, la testa che le scoppia, gli occhi che bruciano mentre le ritorna la voglia di piangere e urlare fino a non avere voce.
 
“Beh, sì, purtroppo sì, ma…”
 
Un rumore spaventoso, un misto tra un singhiozzo trattenuto ma esploso comunque ed un conato di vomito. Gaetano, atterrito, la vede portarsi le mani alla bocca, saltare giù dal divano e correre fino al lavandino della cucina – non sarebbe mai riuscita ad arrivare in tempo in bagno.
 
I conati che la scuotono fin nelle viscere, che sembrano essere finite sotto sopra, come tutto il suo mondo, Camilla vomita bile, aggrappata al bancone della cucina per non cadere a terra.
 
“Camilla!” la chiama Gaetano, correndole dietro, angosciato dal suo comportamento: l’aveva vista così solo una volta, non appena era passato il pericolo dopo aver creduto che lui fosse morto.
 
Ma allora era comprensibile, ora invece non capisce… certo la passione di Livietta per Ferri era preoccupante ma non… non in questo modo. Non si aspettava una reazione del genere nemmeno da Renzo, figuriamoci da lei.
 
“Camilla…” ripete, provando ad afferrarla per le spalle per sostenerla, per sorreggerle il capo, ma Camilla lo spinge via, sbilanciandosi rischiando quasi di precipitare a terra insieme a lui.
 
“NON… MI… TOCCARE!” grida tra i conati, fuori di sé, prima di doversi arrendere ai tremori che la scuotono e di abbassare la testa per vomitare altra bile.
 
Gaetano rimane paralizzato con la mano a mezz’aria, incredulo, sconvolto, scioccato da… dal tono e soprattutto dallo sguardo di lei. L’aveva guardato con odio, con disprezzo, come se fosse l’essere più rivoltante che fosse mai esistito.
 
Aveva visto quello sguardo solo due volte, ma per fortuna non era rivolto a lui ma a Misoglio e… e a Renzo dopo che aveva osato affermare quelle cose inconcepibili su lui e su-
 
Un colpo al cuore, netto, secco, il sangue che sembra corrergli tutto verso i piedi, si aggrappa a sua volta al bancone.
 
Non è possibile… non è possibile…
 
Lancia un’ultima occhiata a Camilla, accertandosi che non sembri in procinto di svenire e che possa rimanere per un attimo senza la sua supervisione, si volta e si lancia verso il tavolino, afferra quel maledetto tablet e rilegge.
 
Gaetano ha capito tutto, si è accorto di come lo guardavo… e ho dovuto confessargli ciò che provo. A lui ovviamente stava per venire un colpo e voleva dire tutto a mamma ma per fortuna sono riuscita a convincerlo a mantenere il segreto, perché a mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero.
 
O mio dio…
 
Tenta di fare scorrere il testo indietro e avanti ma c’è solo quello, c’è solo quello. È un’immagine, un brano di diario.
 
Con le gambe molli e vacillanti, come se stesse camminando sulla melassa, si avvicina di nuovo a Camilla, sentendo come se una pugnalata l’avesse trafitto da parte a parte, un nodo in gola. Ora capisce, capisce tutto e non ci può credere, non può credere che lei davvero pensi che…
 
“Camilla… Camilla ascoltami… tu… tu non penserai che… cioè… non penserai mica che… che l’uomo per cui Livietta ha perso la testa, di cui parla qui… non penserai che si tratti di me, vero?” pronuncia con voce roca mentre alla paura, al terrore gelido che sente fin nelle ossa di cosa questo potrebbe significare per lei, per loro, per Livietta, si alternano l’incredulità e l’indignazione.
 
Camilla, dopo un ultimo conato solleva lo sguardo dal lavandino. Il viso completamente bagnato di lacrime, la pelle di un colorito verdognolo, gli occhi talmente iniettati di sangue, spalancati, atterriti da sembrare spiritata.
 
E Gaetano ha la sua risposta.
 
“Camilla… come puoi… come puoi anche solo dubitare una cosa del genere?!” esclama, mentre il pugnale nel petto sembra ruotare una, due, tre volte, conficcandosi sempre più a fondo, “dopo tutto quello che c’è stato di noi, dopo che ci conosciamo da una vita, dopo che conosci tua figlia letteralmente da una vita! Come puoi pensare che… che ti faremmo mai una cosa del genere? Che lei… che lei potrebbe mai e che io… che io… avrei potuto nasconderti una cosa del genere?! Ma che uomo pensi che sia, eh?!”
 
Camilla sente di poter tornare a respirare, come se il mondo avesse ripreso a girare nel verso giusto, come se finalmente tutto potesse cominciare di nuovo ad avere un senso. Lo sente, lo vede che è sincero, non le serve nemmeno sapere di chi parli quel maledetto diario, per avere conferma che è un malinteso, come ha sempre pensato e sperato.
 
“E infatti non lo credevo, non ci potevo credere! Ho… ho aggredito Renzo per difenderti, Gaetano, maledizione!” urla e anche Gaetano non ha bisogno di altre conferme per capire che, grazie al cielo, lei gli crede, che è sconvolta, distrutta, ma terribilmente sincera, “ti ho anche chiesto che significava, volevo… volevo sentire la tua versione, ti ho chiesto conferma due volte e tu.. tu mi hai detto che era tutto vero che-“
 
“Sì, perché è vero quello che c’è scritto lì, ma non credevo che… che tu potessi averlo interpretato come… pensavo che sapessi tutto… che Renzo sapesse tutto, che avesse parlato con Livietta, che-”
 
“No, Renzo non ha parlato con Livietta, ha letto quel pezzo, solo quel pezzo del suo diario e… e puoi immaginare cosa ha capito… e si è precipitato qui a… a dirmi che…” si interrompe perché un altro conato di riflesso la scuote, anche se non esce più nulla, nemmeno la bile.
 
Gaetano, preoccupato, si avvicina a lei, passandole un braccio intorno alla vita per sorreggerla e tira un sospiro di sollievo quando Camilla non si scosta più ma anzi si appoggia a lui, abbandonandosi tra le sue braccia, permettendogli di aiutarla, mentre lei, tremando ancora come una foglia – probabilmente per via di tutta la tensione accumulata e dello choc – apre l’acqua per cercare di sciacquarsi il viso e lavare via almeno i segni più evidenti delle lacrime e del vomito.
 
Mentre la tiene stretta tra le sue braccia, Gaetano mette insieme gli ultimi pezzi del puzzle e capisce finalmente tutto: lo schiaffo a Renzo, lo stato dei polsi di Camilla, Renzo a terra, morso perfino da Potti. Immagina come Camilla debba aver reagito alle accuse di Renzo, come aveva reagito già l’altra volta che Renzo aveva insinuato quelle cose inconcepibili ma… ma ripassando il testo deve ammettere che… che leggendo solo quello chiunque avrebbe capito che…
 
“Solo quel pezzo? Ma certo… che coincidenza sfortunata!” sibila quasi tra sé e sé, colto da una rivelazione.
 
“Che vuoi dire?” chiede Camilla, avendo sentito tutto, voltandosi tra le sue braccia e sollevando il viso, ancora fradicio, per guardarlo.
 
“Che probabilmente il carissimo Renzo ha letto ben più di quello che dice di aver letto e ha… estrapolato proprio il pezzo migliore o magari l’ha pure modificato per farti pensare che parlasse di me, Camilla,” soffia, porgendole l’asciugamano e desiderando solo strozzare l’architetto per tutto quello che ha fatto passare a Camilla e per quello che ha rischiato di fare passare a lui.
 
“No, Gaetano, no, questo te lo garantisco!” afferma, convinta al cento per cento, sicura di sé, “anche io l’ho pensato, all’inizio ho pensato addirittura che… che si fosse inventato tutto per… per infangarti ma… era davvero sconvolto, sconvolto come non l’avevo mai visto. Mi ha detto che è capitato su quella pagina per caso mentre… mentre usava il computer di Livietta e che poi Livietta è rientrata in stanza e lui è riuscito a leggere solo quello e a scattare una foto a quella schermata e nient’altro, perché poi Livietta si è insospettita e ha messo la password al computer. Diceva la verità, Gaetano, era convinto di quello che credeva di avere scoperto, ne sono sicura, purtroppo!”
 
Perché, Camilla lo sa benissimo, il fatto che lei creda a Gaetano, che lei sappia che è stato tutto un malinteso, non significa che sarà così semplice anche con Renzo, affatto. Renzo è determinato come non l’ha mai visto prima, determinato ad andare fino in fondo con i suoi propositi e se non lo fermano in tempo, se non riescono a spiegargli, a fargli capire cos’è successo, a fargli comprendere che Gaetano non è e non sarà mai una minaccia per Livietta… sa benissimo che quello che resta della loro famiglia, del rapporto tra loro e con Livietta sarà distrutto per sempre, se non riescono a bloccarlo e a chiarirsi con lui prima che sia troppo tardi.
 
E il primo passo è capire esattamente cosa è successo realmente a Livietta e che significa quello che c’è scritto su quel maledetto diario. Si scosta dall’abbraccio di Gaetano, sentendosi abbastanza forte e abbastanza stabile per riuscire di nuovo a camminare.
 
Gaetano la osserva, preoccupato, ma lei gli fa un cenno come a dire che va tutto bene, anche se la sua espressione è serissima, grave, solenne.
 
“Dobbiamo parlare, Gaetano, molto seriamente,” afferma, sedendosi di nuovo sul divano, mentre Potti, che era rimasto ad osservarli in disparte, si piazza vicino ai suoi piedi.
 
“Va bene,” annuisce, seguendola e accomodandosi accanto a lei, aggiungendo con un sospiro, guardandola negli occhi, “immagino tu voglia sapere di chi stava parlando Livietta nel suo diario… chi è l’uomo per cui si è presa una cotta o… di cui, considerato… quello che ha scritto… a questo punto temo che sia proprio innamorata.”
 
“Per cominciare, sì,” conferma, ricambiando lo sguardo.
 
“Si tratta di… di Ferri, l’istr-“
 
“L’istruttore di difesa, lo sapevo, lo sapevo!” esclama Camilla, non sapendo se essere più sollevata o più preoccupata.
 
Perché Ferri non è Gaetano, certo, grazie al cielo, è un poliziotto e non un serial killer o un tipo alla bello e dannato stile Bobo, e oltretutto è bellissimo e corteggiatissimo non solo dalle signore over anta del corso, ma da ragazze, anzi, da donne altrettanto bellissime, per quanto leggere, come quella Barbara, disposta perfino a spappolarsi il fegato per lui. Non che Livietta non sia bellissima, lo è, Camilla lo sa bene, ma è ancora una ragazzina e le probabilità che uno come Ferri, abituato ad avere a sua disposizione donne che sembrano uscite da un concorso per aspiranti veline e soubrette, molto più grandi, più formose e più… disinvolte di sua figlia, si accorga proprio di Livietta sono veramente basse.
 
È ed è destinata a rimanere una di quelle cotte impossibili ed innocue per un uomo più grande, di solito un insegnante appunto, che capitano a quasi tutte a quell’età.
 
Ma sa già che Renzo, anche se riusciranno a chiarire il malinteso, non la vedrà così, perché Ferri è un uomo di trent’anni che probabilmente gli ricorda fin troppo Gaetano, tra il fisico, gli occhi azzurri, il successo con le donne, e che oltretutto Renzo disprezza per via della vicenda con la Venere del Botticelli e considera una specie di satiro.
 
“Come, lo sapevi?” la voce stupita di Gaetano interrompe i suoi pensieri e le sue paure, riportandola alla realtà presente.
 
“Cioè non è che lo sapessi con certezza ma… lo sospettavo. Uomo più grande, occhi azzurri, lezioni di difesa… ho anche provato a dirlo a Renzo che poteva essere lui ma-“ si blocca, ricordando un dettaglio fondamentale, che non torna, non torna affatto.
 
“Ma?”
 
“Ma… in quel diario si dice che… che durante l’ultima lezione, lui le avrebbe insegnato una mossa antistupro e sarebbero finiti a terra, con lui… sopra di lei,” pronuncia a fatica, perché l’immagine mentale di Livietta con Ferri, per quanto sicuramente infinitamente meno sconvolgente di quella di sua figlia e Gaetano, non è certo ciò che una madre vorrebbe visualizzare in dettaglio. Scuote il capo e guarda Gaetano dritto negli occhi, prima di domandare quello che a questo punto teme di domandare, “ma… a quella lezione c’ero anche io e non è mai successo niente di simile…”
 
Gaetano annuisce, sospira e si passa una mano tra i capelli, chiaro sintomo di disagio.
 
“C’è qualcos’altro, non è vero? Qualcos’altro che io non so di questa storia?” chiede, anche se è più un’affermazione, sentendo che la risposta non le piacerà.
 
“Sì, Camilla… Livietta non… non si riferiva alle lezioni ufficiali, diciamo,” chiarisce con un altro sospiro.
 
“Vuoi dirmi che-“
 
“Ti ricordi mercoledì scorso, quando io e Livietta… siamo tornati insieme, lei da un allenamento e io dal lavoro?” le chiede e Camilla annuisce: certo che se lo ricorda, era proprio la serata in cui li aveva visti così strani, lei triste e malinconica e lui preoccupato.
 
“Mi hai detto che… che vi eravate trovati per caso per strada, mentre lei stava correndo…” gli ricorda con un’occhiata eloquente, intuendo benissimo che le cose non erano andate così, affatto.
 
“Sì, lo so, ma… ma non era vero, Camilla. O meglio, era vero solo in parte,” ammette, prendendo un respiro prima di spiegare, guardandola negli occhi, “ci eravamo incontrati per caso sì ma… ero andato nella palestra dove eravamo stati anche insieme, ti ricordi? Visto che Livietta si era così appassionata alla difesa personale e alle arti marziali, ero andato per chiedere informazioni per un corso a settembre... ma arrivato lì mi sono trovato di fronte Livietta, anzi, Livietta e Ferri.”
 
“Si… si stavano allenando, insieme?” domanda Camilla, la conferma che Gaetano le abbia mentito, le abbia nascosto qualcosa che la colpisce come uno schiaffo, dopo tutto quello che è successo nelle ultime ore.
 
“No… si erano… si erano già allenati… penso sia… sia quando è successo… l’incidente di cui Livietta scrive nel suo diario. Quando li ho visti io erano nel parcheggio, parlavano, scherzavano, ridevano e… e stavano per andare via in moto insieme.”
 
“Che cosa?!” esclama, incredula, lo schiaffo che diventa un pugno nello stomaco perché… perché questo cambia, cambia tutto. Altro che cotta impossibile ed innocua!
 
“Sì… io chiaramente mi sono preoccupato e mi sono anche arrabbiato... e li ho affrontati, o meglio, ho affrontato soprattutto lui. Mi hanno spiegato che… che si erano messi d’accordo per fare delle lezioni extra di difesa personale, per recuperare quelle che Livietta aveva perso e-“
 
“E pure di educazione stradale?! Di nascosto?!” sbotta Camilla, guardandolo negli occhi, furiosa, non potendo credere a quello che sta sentendo, a quello che significa quello che sta sentendo.
 
“Lo so… Camilla, è la stessa cosa che ho detto io a loro, praticamente parola per parola. E… e Livietta mi ha detto di essere stata lei a… a chiederglielo e a decidere di fare tutto di nascosto per… per non creargli problemi visto il regolamento e… e lui ha detto invece che la colpa era sua e che non voleva che si sapesse che dava lezioni private a Livietta perché nessuno pensasse che volesse farmi indirettamente un favore, insomma… che fosse un tentativo di corruzione. Io gli ho detto chiaramente che questo era molto ma molto peggio e che non sarebbe finita lì e poi… insomma… ho fatto in modo che Livietta tornasse a casa a con me. Le ho parlato e le ho detto chiaro e tondo che… che avevo visto come lo guardava, come gli parlava, che avevo capito che le piaceva e molto e che doveva toglierselo dalla testa, che lui è troppo grande per lei e che alla sua età una storia con un uomo di trent’anni… insomma, che poteva farsi molto male. Lei ha cominciato a dirmi che lo sapeva, che lui non aveva mai fatto nulla di male e che comunque non si sarebbe mai interessato a lei e-“
 
“E tu le hai creduto?!” gli domanda, con un sopracciglio alzato.
 
“Sì e no… cioè… sul fatto che tra loro non sia successo niente di… di… di concreto, sì, le ho creduto e quel diario in un certo modo lo conferma, no?” risponde e Camilla deve ammettere che è vero, “però… sul fatto che lui non sia interessato a lei… diciamo che ho visto come la guardava, come le parlava e… e ho capito subito che Livietta non gli era affatto indifferente come lei crede. Ma ovviamente questo a lei non l’ho detto perché non volevo certo incoraggiarla a provarci con lui.”
 
“Gaetano,” sibila, sul viso un’espressione di rabbia trattenuta ma che sta per esplodere che le ha visto poche altre volte nella vita, che non promette niente di buono, “mi stai dicendo che… che mia figlia di sedici anni si vedeva di nascosto con un uomo che ha il doppio dei suoi anni, che le piace da morire, anzi, diciamo pure di cui è innamorata e a cui mia figlia piace parecchio, anche se probabilmente lui invece non ne è innamorato ma posso immaginare a cosa sia interessato, e tu lo sapevi e non mi hai detto niente?!”
 
L’ultima domanda viene pronunciata in quello che è praticamente un urlo, l’espressione da leonessa che protegge i suoi cuccioli che Gaetano le ha visto usare ogni volta che Livietta era in pericolo, ma mai, mai rivolta a lui. Capisce immediatamente di avere sbagliato tutto, di avere fatto una cazzata, una cazzata epocale.
 
“Lo so, lo so, hai ragione, hai ragione, ho sbagliato, ho sbagliato a non parlartene e ti chiedo scusa, Camilla. Ti giuro che volevo farlo, anzi, che ho cercato di convincere Livietta stessa a parlartene, come… come c’è scritto anche su quel maledetto diario,” assicura, sollevando le mani in segno di resa, sperando che lei capisca quanto è sincero.
 
“Ma non l’hai fatto…” sibila di nuovo Camilla, serrando le labbra e la mascella, non sembrando per nulla addolcita.
 
“No, perché… Livietta mi ha implorato di non dirti niente… non voleva che ti preoccupassi e soprattutto che… che lo venisse a sapere suo padre e… insomma… sapeva che avrebbe fatto fuoco e fiamme e-“
 
“Ma io non sono Renzo! E non sono mai stata irragionevole riguardo a mia figlia, mai! E tu avevi il dovere di dirmelo!”
 
“Lo so… ma… mi ha garantito che era l’ultima lezione e che… dopo l’ultima lezione ufficiale non l’avrebbe mai più rivisto. Che era solo una cotta e le sarebbe passata, come capita a tante adolescenti e che non era il caso di farti preoccupare e scatenare un polverone per qualcosa che non era mai successo e non sarebbe mai successo e-“
 
“E tu le hai creduto?!” esclama, alzando le mani e gli occhi al cielo e scuotendo il capo.
 
“Mi è sembrata sincera Camilla e… e comunque mi sono ripromesso di verificare ma… ma non volevo tradire la sua fiducia e-“
 
“Tradire la sua fiducia?!” sbotta, incredula, non potendo evitare di alzare di nuovo la voce, “e la mia fiducia allora? Gaetano tu sei il mio compagno, non sei il migliore amico di Livietta e dovresti essere leale prima di tutto con me!”
 
“Lo so e lo sono, Camilla, ma… maledizione, mi è sempre sembrato che… che tu ti fidassi del mio giudizio riguardo alle… alle confidenze di Livietta… anche se non te le riportavo ogni volta, anzi che… che tu fossi contenta che si confidasse con me invece che… che con le sue amiche. E avevo paura che se… che se Livietta avesse capito che te ne avevo parlato, visto che sembra accorgersi praticamente di qualsiasi cosa facciamo… insomma… che avrebbe smesso di confidarsi con me e che se fosse successo qualcos’altro con… con Ferri o con chiunque altro non me l’avrebbe mai detto e-“
 
“Esattamente come ti aveva detto delle lezioni con Ferri o di essersi presa una cotta per lui, no?!” gli fa notare, scuotendo il capo, sospirando e massaggiandosi le tempie, prima di guardarlo negli occhi e domandargli, “Gaetano, ma tu pensi sul serio che Livietta ti avrebbe mai detto qualcosa di questa storia se tu non l’avessi beccata con… con le mani nella marmellata? Che ti direbbe qualcosa se dovesse rivedere Ferri o… o se dovesse succedere qualcosa con lui, visto che sa benissimo che né tu, né io, né suo padre approveremmo? È un’adolescente, Gaetano, un’adolescente! E anche se non concordo con Renzo quando pensa che dovrebbe essere murata in casa e guardata a vista, io con gli adolescenti ci lavoro, li conosco e so che quando si innamorano o… o comunque quando perdono la testa per qualcuno, perdono la testa appunto, spesso non ragionano e… e soprattutto non si arrendono così facilmente e arrivano a fare delle… delle follie, delle stupidate colossali! Vedi la storia di Bobo! E poi c’è pure la controparte, cioè Ferri. Se è stato capace di darsi appuntamento con Livietta di nascosto in quel modo, se come dici tu Livietta gli piace – e immagino che intenzioni possa avere con una sedicenne – anche se Livietta fosse sincera e convinta di riuscire a mantenere la sua promessa, se lui invece la cercasse ancora? Se insistesse? Se la… se la seducesse? È un trentenne, Gaetano e con… chiamiamola l’esperienza che ha, come minimo Livietta se la mangia in un boccone!”

“Lo so, Camilla, lo so, pensi che non ci abbia pensato e che sia ingenuo a tal punto?! È ovvio che chi mi preoccupava di più è sempre stato Ferri e ti garantisco che non l’ho presa sottogamba, anzi. Ho fatto indagini su di lui, ho un dossier su di lui nella scrivania del mio studio degno dei servizi segreti! So vita, morte e miracoli su di lui, su cosa fa, su dove vive, su chi frequenta di solito, sui suoi studi, sulla sua carriera… conosco più cose su di lui che sui miei agenti e ti garantisco che anche sui miei agenti sono più che scrupoloso. E ho scoperto che sì, piace molto alle donne e le donne gli piacciono ma… ma non è mai venuto fuori niente riguardo alle sue allieve, anzi, tutte le persone con cui ho parlato mi hanno parlato benissimo di lui, me l’hanno dipinto come un’ottima persona prima che un ottimo agente, buono, generoso, senza nessun’ombra nella sua vita o nel sul curriculum, affidabile, che non ha mai dato segni di aggressività o instabilità e soprattutto che è sempre stato molto professionale e onesto e-“
 
“E grazie, ci credo, bella forza: se fa le cose di nascosto! Alla faccia del professionale e dell’onesto!”
 
“Lo so, è quello che temevo anche io, che fosse… che fosse un viscido e un furbo della peggior specie, che la sua reputazione fosse solo una facciata e dopo le ricerche sono andato ad affrontarlo di persona, prima della vostra ultima lezione. L’ho minacciato di denunciarlo per quello che aveva fatto e l’ho volutamente provocato riguardo alle sue intenzioni con Livietta, sul fatto che volesse approfittarsi di lei e che aveva il coltello dalla parte del manico con una sedicenne e… e non so come spiegartelo, Camilla, ma ha parlato di lei con un… non solo con affetto, ma con rispetto, quasi ammirazione. Gli ho mostrato il… il dossier su Bobo per fargli capire perché… perché Livietta non potesse permettersi un’altra batosta del genere, che qualcuno si prendesse ancora gioco di lei e… e l’ho visto veramente indignato nei confronti di Bobo, credo che se non fosse in galera, sarebbe andato a cercarlo per dargli una lezione. Ti garantisco che… che Ferri tiene molto a Livietta, sul serio, tiene al suo bene, al fatto che stia bene e sono sicuro che si sia fatto e si farà da parte e non la cercherà più.”
 
Camilla non risponde, si limita a guardarlo, ancora delusa, delusa da questa bugia, da quello che significa, da quello che comporta e comporterà.
 
“Camilla, per favore, mi conosci, lo sai che non… che non farei mai niente che possa mettere in pericolo Livietta, che puoi fidarti di me e del mio istinto sulle persone e-“
 
“E infatti io mi sono fidata di te e ti ho lasciato praticamente carta bianca con Livietta! E, ti ripeto, non pretendevo che tu venissi a parlarmi di ogni singola cosa che lei ti confidava, ma pensavo che se fosse successo qualcosa di grave o di preoccupante, come in questo caso, ovviamente tu me l’avresti riferito. Ti ho già detto una volta che non pretendo che tu mi racconti ogni singola cosa che ti succede Gaetano, l’ordinaria amministrazione, diciamo, ma che se scopri o se succede qualcosa che può avere ripercussioni gravi su di me o sulla nostra famiglia, esigo che tu me lo dica, perché ho il diritto di saperlo!”
 
“Lo so, ho sbagliato, ma ti garantisco che sono stato più che scrupoloso, come e più che se Livietta fosse stata mia figlia e-“
 
“Ma Livietta non è tua figlia!” esclama Camilla e Gaetano si sente come se gli avesse tirato uno schiaffo, anche se sa che è vero, “e anche se probabilmente avrai anche avuto ragione, anche se il tuo istinto sicuramente non si sarà sbagliato, non avevi il diritto di decidere tu anche per me! Dovevi parlarmene e dovevamo valutare insieme, Gaetano, insieme. E poi probabilmente avrei concordato con te, ma non è questo il punto! Il punto è che sono io la madre di Livietta ed ero la sola – insieme a Renzo, con cui sicuramente parlerei di più, se fosse ragionevole quando si tratta di nostra figlia – ma comunque ero la sola ad avere il diritto e il dovere di decidere il da farsi. E siccome per l’appunto Renzo è irrazionale quando si tratta della vita sentimentale di Livietta e siccome sono l’unica che può e quindi deve prendersi la responsabilità di decidere in casi come questo, vorrei, anzi, ho bisogno di sapere che il mio compagno mi aiuta, mi sostiene nel mio ruolo di madre, che posso fidarmi ciecamente di lui, che è al mio fianco in tutto, e non che invece mi mette i bastoni tra le ruote, minando oltretutto la mia autorità nei confronti di mia figlia!”
 
“Minando la tua autorità? Camilla, io non ho mai fatto e non farei mai niente del genere, io-“
 
“E far passare il messaggio a Livietta che è lecito e normale nascondermi una cosa del genere, con la tua complicità oltretutto? Secondo te che cos’è, eh? Livietta mi ha sempre parlato delle sue vicende sentimentali prima… prima della separazione e di tutto quello che è successo, e vorrei che capisse e sapesse che può farlo anche adesso, perché io la sosterrò e non la giudicherò ma la aiuterò a trovare la strada giusta e ci sarò a sorreggerla se cadrà e si farà male. E che essere adulti significa avere il coraggio di prendersi la responsabilità delle proprie scelte, delle proprie azioni, di dire la verità sempre, anche quando sappiamo che non piacerà agli altri o che sarà scomoda, non di nascondersi. Era quello che speravo avesse capito vedendo… vedendoci insieme, vedendo quello che abbiamo superato per stare insieme, quello che stavamo affrontando per stare insieme, ora che finalmente avevo trovato il coraggio di essere sincera io per prima su tutto, ma… evidentemente non l’hai capito neanche tu, Gaetano, e come può capirlo Livietta se tu per primo le mostri che è lecito, che è normale mentire alle persone che diciamo di amare?”
 
Per Gaetano è come un pugno allo stomaco… sentire il tono di Camilla, vedere il suo sguardo, così carico di delusione e di… di tradimento. Sa di avere sbagliato, sa che ha ragione ad essere furiosa e ha paura, ha paura di aver compromesso, forse irrimediabilmente, la fiducia che Camilla aveva nei suoi confronti.
 
“Camilla, mi dispiace, hai ragione, hai ragione ho sbagliato, ma ti amo da morire e voglio un bene dell’anima a Livietta e non… non volevo mentirti, e sì, lo so che tra omissione e bugia non c’è differenza, ma… mi dispiace, ti giuro che ho capito e che non succederà mai più! Camilla, ti prego, devi credermi, io ho il massimo rispetto di te come… come madre oltre che come compagna e non avevo la benché minima intenzione non solo di mettere in pericolo Livietta, ma nemmeno di… di minare il tuo ruolo o crearti problemi con Livietta o-“
 
“Lo so, ma l’hai fatto lo stesso, Gaetano. E le scuse non servono, non bastano, perché ormai la frittata è fatta!” proclama, guardandolo negli occhi, delusa ed arrabbiata, non sa se più con lui o con se stessa e soprattutto spaventata, “tu non ti rendi conto delle conseguenze di quello che è successo! Per… per colpa di questa storia io rischio di perdere mia figlia e-”
 
“Camilla, non ti sembra di stare esagerando? Lo so che sei spaventata dal fatto che a Livietta piaccia un uomo tanto più grande di lei, ma non è successo niente e sono sicuro che non succederà niente di male. Possiamo parlarle, spiegarle, non è capitato nulla di irreparabile e-“
 
“E invece sì. O se non è capitato sta per capitare! Non sto parlando dell’istruttore, Gaetano, sto parlando di me, di Renzo e di Livietta e che, comunque vadano le cose, mia figlia rischia di non avere più due genitori!”
 
“Ma che stai dicendo? Che vuoi dire?” le chiede, confuso e turbato da questa affermazione e dal tono disperato di Camilla.
 
“Che Renzo era fuori di sé dalla rabbia e dalla preoccupazione e mi ha dato un ultimatum, Gaetano. O ti lascio, vado con lui e Livietta a Londra e cambio casa e non ti vedo più o… o chiederà la separazione con addebito e l’affido esclusivo di Livietta. Mi ha minacciato di… di portare davanti al giudice quel pezzo di diario e-“
 
“Che cosa?” sussurra, sentendo il sangue gelarsi nelle vene, comprendendo ancora di più perché Camilla fosse così sconvolta, mentre l’indignazione sale e monta, “ma come ha potuto?! Dopo tutto quello che ti ha fatto passare con Carmen… dopo tutti questi anni di matrimonio non può farlo, non può-“
 
“E invece può, purtroppo, e lo sai benissimo, visto che, di fatto, a questo giro, sono io che ho una relazione con un altro uomo e… e sinceramente, Gaetano, da un lato lo capisco: prova a metterti nei suoi panni, se tu credessi che… che il nuovo compagno di Eva fosse un pericolo per Tommy, non faresti lo stesso? Se tu fossi stato al posto di Renzo e avessi… avessi letto quel pezzo di diario, non avresti reagito così?”
 
“No, perché sarei andato a parlare con mia figlia che, a differenza di Tommy, non ha cinque anni e può esprimersi, le avrei chiesto che significa e avrei chiarito l’equivoco prima di scatenare questa tragedia greca! Mentre Renzo, come al suo solito, ha scelto la strada più facile e invece di affrontare sua figlia o al limite me, ha preferito pensare subito al peggio e venire a sputare veleno con te e a lanciare ultimatum!” esclama, deciso, prima di aggiungere, più calmo, cercando di tranquillizzarla, “comunque sia è stato solo un malinteso, Camilla e una volta che verrà chiarito Renzo non potrà non-“
 
“Renzo non potrà cosa?! Ma tu pensi davvero che sia così semplice, Gaetano?! Io lo conosco, non l’ho mai visto così… così furioso, così deciso e secondo te sarà semplice farsi ascoltare da lui, riuscire a fargli credere che è stato tutto un equivoco? E anche se ci riuscissimo, sai cosa succede se parla con Livietta prima che ci chiariamo con lui? Livietta non lo perdonerà mai per aver pensato… quello che ha pensato di lei e di te, mai. E proprio per questo ringrazio il cielo che sia venuto da me prima di scatenare il finimondo con lei e soprattutto che non si sia messo a fare rissa con te, ci mancava solo quello!”
 
“Ma Camilla, se non le ha ancora parlato, se ti ha lanciato questo ultimatum evidentemente… evidentemente voleva che ne parlaste insieme a Livietta e aspetterà. Siamo ancora in tempo per… per chiarire, per fermarlo. È tornato a Londra o è ancora a Torino? Possiamo andare a parlargli e-“
 
“E ti ripeto, pensi che sarà facile convincerlo che è stato un malinteso? E anche una volta che riusciamo a spiegarci e scoprirà che no, Livietta non si è innamorata di te, ma di un uomo di trent’anni che lui considera una dongiovanni della peggior specie e che nostra figlia si è vista con lui di nascosto e tu lo sapevi e li hai coperti… cosa pensi che succederà, eh? Che ti farà i complimenti? Se io, io che ti amo e ti conosco e mi sono sempre fidata di te sono furiosa con te per questo, come pensi reagirà Renzo?” sbotta, amara, sarcastica dura, trafiggendolo con un’occhiata che è come una pugnalata, “te lo dico io come reagirà: non farà mai un passo indietro, anzi, tirerà dritto per la sua strada, perché si convincerà ancora di più che tu sei un pericolo per Livietta, una pessima influenza su di lei e… e finiremo in tribunale e-“
 
“E se anche fosse, Renzo non ha alcuna speranza di vincerla una causa del genere, Camilla. Né quella dell’addebito, visto che lui per primo ti ha tradito con Carmen e l’ha anche richiamata a lavorare con sé, tutte cose che distruggono la fiducia coniugale, sia quella sull’affido di Livietta. Perché anche se lui dovesse portare quel pezzo di diario come prova, ovviamente il giudice vorrà verificare il documento originale e da lì cosa emerge? Sì, che non ti ho parlato di una cotta di Livietta ma che non l’ho certo istigata ad avere una relazione con uomo di trent’anni, anzi, ho pure cercato di farla desistere. E forse non sarò perfetto, e avrò sicuramente sbagliato, ma non per questo qualcuno ti toglierebbe l’affido di Livietta, ma nemmeno lontanamente, perché non è certo colpa né mia né tua se a Livietta piace qualcuno che Renzo non approva!”
 
“Gaetano, possibile che non capisci? Che non capisci che, comunque vadano le cose, che io vinca o perda quella dannata causa, se finiamo in tribunale il rapporto che abbiamo con Livietta non tornerà mai quello di prima e Livietta non ce lo perdonerà mai, soprattutto visto che in un processo del genere ci toccherà mettere in piazza non solo i nostri affari, ma soprattutto i suoi! Si sentirà violata nella sua intimità, Gaetano e sai cosa vuol dire una cosa del genere a sedici anni? Soprattutto se capita per colpa dei tuoi genitori e-”
 
“Per colpa di Renzo se mai e-“
 
“E per lei non farà differenza, Gaetano! Perché penserà che è colpa di entrambi per essere arrivati a quel punto, che avremmo dovuto e potuto evitarlo!” esclama, passandosi di nuovo una mano sugli occhi, “e il problema è che non so come fare per evitarlo, per calmare Renzo. L’unica speranza che avevo di… di farlo ragionare, sarebbe stata se… se l’avesse saputo da me di Ferri o quantomeno se quando mi ha mostrato quel maledetto diario, io gli avessi potuto dimostrare che sapevo e che… che avevo preso le dovute contromisure. E invece-“
 
“Invece cosa? Vuoi dire che è colpa mia? Che se tu e Renzo finirete in causa è colpa mia?!” domanda, non potendo credere a quello che sta sentendo, non potendo evitare di alzare la voce e di guardarla questa volta lui come se l’avesse tradito, pugnalato, “d’accordo, ho sbagliato a non parlarti di Ferri, ho sbagliato e ti chiedo perdono e ti giuro che non succederà più e me ne prendo la responsabilità ma… ma se Renzo ha deciso di spiare Livietta – per caso o non per caso – e poi di saltare alle conclusioni e venire qui chiedendoti la mia testa e poi, anche dopo le nostre spiegazioni, deciderà di essere irragionevole e di arrivare a trascinarti in tribunale per una cosa del genere, facendola pagare non solo a te, ma soprattutto a sua figlia, la colpa è solo ed esclusivamente di Renzo, non di certo mia!”
 
“Gaetano-“
 
“No, Gaetano niente! Ti rendi conto che Renzo aspettava solo questo, era lì in agguato, in attesa del mio primo errore, che non vedeva l’ora di farmela pagare e di poterti dire: ‘te l’avevo detto?’. Che probabilmente pure se su quel diario Livietta non avesse fatto il mio nome ma avesse solo parlato di un uomo con gli occhi azzurri o più grande di età, Renzo avrebbe pensato subito a me? Che già mi accusava senza il minimo straccio di elemento in mano solo perché Livietta e io andiamo d’accordo?”
 
“E appunto per questo dovevamo stare doppiamente attenti, Gaetano, tutti e due… per dimostrargli che si sbagliava, che si sbaglia, non prestando il fianco alle sue paure e alle sue accuse e invece-“
 
“E invece ho fatto un errore, lo so, ho sbagliato, Camilla, lo riconosco e capisco che tu sia arrabbiata per la storia di Ferri e, ti ripeto, mi prendo ogni responsabilità anche di fronte a Renzo, ma del mio errore, non delle paranoie e degli sbagli di Renzo! Che cosa pretendevi da me, da noi due? La perfezione? Che non facessi mai alcun passo falso, che fossi sempre impeccabile? Lo vorrei anche io, vorrei davvero esserlo, Camilla, vorrei essere il compagno perfetto e non deluderti mai ma sono umano e… non mi sono mai trovato in una situazione di questo tipo, a… a essere il compagno di una donna con una figlia adolescente. E ce la sto mettendo tutta, ti prometto che sto facendo e farò del mio meglio per fare il meno errori possibili, per imparare dai miei sbagli e non ripeterli, ma… purtroppo probabilmente ne farò ancora, anche se in buona fede, e ho bisogno di sapere che potremo affrontarli insieme, che potrai anche arrabbiarti e potremo discutere, litigare ma che non… che non presterai tu il fianco a Renzo nei suoi tentativi di dividerci, condannandomi senza appello ad ogni mossa sbagliata!”
 
“Io non ti sto condannando senza appello, Gaetano. Ma sono arrabbiata e delusa perché… perché scoprire che mi hai mentito, che mi hai nascosto una cosa così… così grave mi fa male, molto male e poi sono spaventata per quello che succederà con Renzo, lo capisci?!” esclama, guardandolo negli occhi, pregandolo di comprendere, sentendosi come se le fosse passato sopra un treno. E lo sguardo ferito di lui, quello sguardo da cane bastonato, il tono di chi si sente tradito non la aiutano di certo, anzi, le fanno ancora più male.
 
“Sì, lo capisco e, ti ripeto, hai ragione, ma non puoi mescolare le due cose e dare a me la colpa di tutto. Sembra che con Renzo tu non sia arrabbiata, anzi sei perfino comprensiva dopo tutto quello che ha detto, quasi… quasi rassegnata, perché Renzo è così, Renzo è irrazionale e irragionevole quando si tratta di Livietta, quindi Renzo può sbagliare, anzi, quasi ti aspetti che sbagli ma io no! Se vuoi sfogarti io sono qui, ma non posso prendermi tutta la colpa di tutto,” ribatte, nello stesso identico tono di lei, un misto tra delusione, amarezza e desiderio, bisogno che lei capisca.
 
“Io non pretendo che tu sia perfetto, Gaetano, che non sbagli mai, ma che tu sia sincero con me sì. Se pretendo di più da te che da Renzo è perché Renzo mi ha già delusa in molte, in troppe occasioni, anche e soprattutto dal punto di vista della sincerità. Dopo quello che ho passato con lui e Carmen ho bisogno di sapere che l’uomo che ho accanto è sincero, leale ed onesto, che posso contare su di lui per sapere la verità, anche quando è scomoda o può fare male o può fare paura. Ce lo eravamo promessi, te lo ricordi? E se me lo aspetto e se sono rimasta così delusa è proprio perché ho sempre pensato che fossi la persona più sincera, onesta e leale che abbia mai conosciuto, mi sono sempre fidata di te e-“
 
“Davvero? Peccato che sia bastato un pezzo di un diario per farti dubitare non solo del fatto che avessi potuto mentirti, ma proprio su una cosa… inconcepibile e gravissima come il fatto che tua figlia potesse essersi presa una cotta per me. Per farti dubitare anche di tua figlia: bella fiducia!” sbotta, perché quel dubbio di Camilla gli brucia ancora dentro come una lama incandescente.
 
“Non ho dubitato di te, ti ho sempre difeso a spada tratta, Gaetano, anche oggi e mi è bastata una tua parola per crederti, una tua parola, senza nemmeno che tu mi dovessi spiegare nulla! Se non mi fossi fidata di te, non avrei mai iniziato una relazione con te, non ti avrei mai portato nella vita di mia figlia! E ti garantisco che se in quel diario ci fosse stato il nome di chiunque altro invece che il tuo, mi sarei comportata molto ma molto diversamente e a quest’ora l’uomo in questione si ritroverebbe a dover declinare il suo nome al femminile e cambiare genere all’anagrafe!”
 
“Non avresti dovuto avere bisogno nemmeno di una parola, Camilla, perché non avresti dovuto avere il minimo dubbio su una cosa del genere! Perché se fosse mai successa una cosa del genere, probabilmente sarei stato io per primo a farmi da parte e a… ad allontanarmi per non compromettere il rapporto tra te e tua figlia, perché lo so e l’ho sempre saputo quanto Livietta è importante per te e che senza di lei non puoi essere felice e che Livietta viene e verrà sempre prima di me, ed è giusto così e-“
 
“Ed è quello che ho detto a Renzo oggi, parola per parola. Non che Livietta venga prima di te, ma che tu mi ami a tal punto che per proteggermi e tutelare il rapporto con mia figlia saresti stato capace di allontanarti e magari prenderti pure le colpe di tutto, farmi pensare che eri uno stronzo, piuttosto che distruggere il rapporto tra me e Livietta e-“
 
“Mi fa piacere che tu con Renzo mi abbia difeso a spada tratta, Camilla, peccato che invece quando eravamo soli io e te, ti siano venuti i dubbi su tutto, quindi questo significa che li avevi anche quando mi difendevi da Renzo. E a quel punto mi viene spontaneo chiedermi chi stavi difendendo: se me o te stessa e il tuo orgoglio, Camilla, il tuo orgoglio nei confronti di Renzo! Forse per cercare di mascherare il potere… l’influenza che ha ancora su di te,” esprime, guardandola negli occhi, il dubbio che lo sta tormentando.
 
“Orgoglio? Potere? Influenza? Ma che stai dicendo?!” gli domanda, incredula e confusa.
 
“Il fatto che non vuoi ammettere con lui e forse neanche con te stessa che l’opinione di Renzo, quello che Renzo pensa e crede, per te ha ancora un peso e non solo perché è il padre di Livietta o per l’affidamento di Livietta ma perché… perché nonostante tutto quello che è successo, nonostante tu ti aspetti che lui sbagli e sia irrazionale e irragionevole, lo giustifichi appunto e soprattutto le sue parole, le sue opinioni ti influenzano ancora, hanno il potere di destabilizzarti e di metterti la pulce nell’orecchio. Se tu avessi scoperto della storia di Ferri, che ti avevo nascosto questa cosa, in un altro modo, non da Renzo, se non fosse c’entrato Renzo, ti saresti arrabbiata, lo so, e avresti avuto ragione ad arrabbiarti, ma non… non avresti reagito in questo modo!”
 
“È perché mi è arrivato addosso tutto insieme, Gaetano, non per Renzo, non lo capisci? È perché proprio nel momento in cui avevo più bisogno di avere conferme del fatto che posso contare su di te, conferme della tua sincerità, della tua lealtà nei miei confronti, scopro che mi hai nascosto una cosa e non di poco conto. E la mazzata è stata doppia, ovviamente!” esclama, trafiggendolo con un’altra occhiata eloquente, prima di prendersi la testa tra le mani.
 
“E qui torniamo sempre allo stesso punto, cioè che ho sbagliato, è vero, ma tu… tu non dovresti avere bisogno di conferme per sapere che puoi contare su di me e che, anche se ogni tanto sbaglio, non lo faccio in cattiva fede, che ti sono leale, sempre e non ti mentirei mai per farti del male, non ti farei mai del male!” ribatte, allungando le mani per prendere quelle di lei, scoprendole di nuovo gli occhi e il viso, “Camilla, tu a Roma mi hai detto che senza la fiducia non si va da nessuna parte ed è vero. E io ho paura che… che una parte di te stia sempre lì a temere la fregatura, a temere che ti deluderò… forse come ti ha deluso Renzo o peggio, non lo so. E il problema è che Renzo forse lo percepisce, anche solo inconsciamente, e… e continua ad attaccarmi, a cercare di minare la fiducia che hai in me, a cercare di metterti contro di me, a cercare di farci lasciare, come dimostra il suo ultimatum di oggi.”
 
“Ma se ti ho difeso sempre, SEMPRE, praticamente ho tagliato i ponti con Renzo per settimane dopo quello che aveva detto su di te e Livietta e sono ancora furiosa con lui per questo ma-“
 
“Ma gli permetti lo stesso di condizionarti, Camilla, di farti male, di farci male. E ho paura, Camilla, ho paura perché… perché se tu non hai la massima fiducia in me e io in te se non… se non facciamo fronte comune ci distruggeremo,” pronuncia, stringendole le mani e guardandola negli occhi, “non solo perché se non siamo uniti, se non ti fidi di me al cento per cento, sarà davvero impossibile riuscire a convincere Renzo che non sono un pericolo per tua figlia e che mettere su un processo sarebbe inutile, che non concluderebbe niente, che avrebbe solo da perderci. Ma anche e soprattutto perché, nel caso in cui comunque non riuscissimo a convincerlo, se davvero si finisse a processo… so cosa succede in questi casi e sicuramente… sicuramente Renzo e i suoi avvocati tireranno fuori il peggio su di me, dal mio passato da… da playboy, mi dipingeranno come l’uomo peggiore del mondo. E anche se, ti ripeto, credo che Renzo non abbia speranza di vincerla una causa, io ho paura che… che tu non solo arriverai a dubitare sempre di più di me, ma soprattutto che arriverai a… a covare risentimento, odio nei miei confronti, ad incolparmi per questa situazione, per… per il fatto che, se non fossi stato presente nella tua vita, se non avessi fatto questo sbaglio con la storia di Ferri, non ci saresti arrivata in tribunale e non avresti mai rischiato di perdere tua figlia. Che arriverai a pentirti di quello che c’è stato tra noi. E io non voglio questo, non potrei sopportarlo, Camilla e se dobbiamo arrivare a questo, se non sei davvero sicura di me, pronta a combattere con me, per me, per noi due, per un futuro insieme, come ti ho già detto, preferisco farmi da parte e… lasciarti libera di cedere al ricatto di Renzo. Almeno non andremo inutilmente al massacro, tu, io e anche Livietta per poi perderti lo stesso e nel modo peggiore.”
 
Silenzio, il silenzio più totale e gelido. Camilla lo guarda a bocca aperta, incredula, un nodo in gola e nello stomaco, se prima era sotto un treno ora… ora non riesce nemmeno più a definire cosa sente, un misto di dolore, rabbia, senso di colpa ed incredulità.
 
Sta per aprire bocca, per ribattere, quando squilla il cellulare. Il cellulare di Gaetano. Una suoneria che è ormai familiare ad entrambi, visto che li ha interrotti un’infinità di volte.
 
Torre.
 
“Devo rispondere…” sospira, estraendo il telefono dalla tasca, “Torre, sì, no, tranquillo, è qui con me, sì, sì, no non ha avuto un incidente, fisicamente sta bene. Che cosa? Il questore? Ora? Ma io non-. Ho capito, ho capito, sì, arrivo, a tra poco.”
 
“Il questore mi vuole parlare per l’omicidio-suicidio, a quanto pare… e non posso rifiutarmi. Devo andare… del resto… forse è meglio così… abbiamo parecchio su cui riflettere, no?” chiarisce, il tono e lo sguardo carichi di stanchezza e di una pacatezza che la spaventa.
 
Camilla non riesce a parlare, è sfiancata, distrutta, non sa spiegare nemmeno a se stessa cosa prova, figuriamoci spiegarlo a lui.
 
Gaetano serra la mandibola e le labbra, annuisce, non sa se a lei o a se stesso, si alza dal divano e, dopo averle lanciato un’ultima occhiata, si avvia fuori dalla porta.
 
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Sono ormai passate le diciannove e Gaetano non è ancora tornato.
 
Dopo aver guardato quel maledetto orologio per una ventina di volte, Camilla non ce la fa più, non ce la fa più a stare su quel divano abbracciata a Potti. Ha riflettuto, eccome se ha riflettuto, ora non è più tempo di riflettere o di piangere o di commiserarsi, deve agire.
 
Si alza, decisa a prendere la situazione in mano, il toro per le corna. Deve farsi ascoltare e non si arrenderà fino a che non l’avrà fatto. Va in camera sua per fare quello che aveva in mente di fare quella mattina, prima che scoppiasse il finimondo: cambiarsi e uscire di casa.
 
Indossa i vestiti che aveva già preparato per la giornata e vede la valigia, anzi, le valige già pronte: avrebbero dovuto partire insieme quella sera, chissà per dove… Gaetano non glielo aveva mai detto.
 
Certo che le vacanze e i viaggi non portano proprio bene… spera che quella valigia non gli serva per altri motivi – è il suo unico pensiero, prima di finire di prepararsi a tempo di record, afferrare la borsa e uscire di casa.
 
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“Camilla?! Camilla?! Potti, dov’è Camilla?”
 
Il cane gli risponde nell’unico modo in cui può farlo: abbaiando e dando zampate alla porta.
 
“È uscita, vero?” sospira, passandosi una mano sugli occhi prima di guardare l’orologio, “sono le otto passate, ma dove può essere?!”
 
Potti, per tutta risposta, abbaia e corre verso la cucina, continuando ad abbaiare in direzione del bancone sopra al quale Camilla tiene la scatola dei croccantini, prendendo la ciotola lì vicino in bocca e guardandolo scodinzolando.
 
“Poté più la fame della gelosia…” commenta tra sé e sé, sorriderebbe se non fosse preoccupato: per uscire dimenticandosi di dare da mangiare a Potti, Camilla doveva davvero essere sconvolta, nel pallone.
 
“Ecco qui,” proclama, chinandosi per versarli nella ciotola, su cui Potti si lancia con appetito, “contento te… questa roba ha un odore terribile. Sa di… pesce marcio?!”
 
Si guarda intorno perché i croccantini di Potti puzzano, è vero, ma non in questo modo. Il fatto che ormai riconosca l’odore dei croccantini di Potti o che inizi anche lui a parlargli come se potesse dargli risposta di solito lo farebbe, di nuovo, sorridere o preoccupare. Ora gli causa solo un nodo alla gola.
 
Gli bastano pochi secondi per riconoscere la fonte dell’odore: ci sono due contenitori di plastica ancora sul bancone, vicino ad una borsa frigo aperta. Apre uno dei due contenitori e il tanfo aumenta in maniera esponenziale: tramezzini di tonno, rimasti probabilmente tutto il giorno fuori dal frigo. E lo stesso vale per una povera cheesecake al limone che ha decisamente visto momenti migliori.
 
Il pranzo che Camilla avrebbe dovuto portargli.
 
E poi era arrivato Renzo…
 
Un altro nodo in gola, svuota i contenitori nell’immondizia, chiudendo il sacchetto per portarlo nel cassonetto prima che appesti tutta la casa. Ma se per il mangiare non c’è più niente da fare, non vuole e non può pensare che il loro rapporto possa fare la stessa fine. Non vuole e non può gettarlo via, gettarli via né per colpa di Renzo, ma soprattutto non per colpa sua.
 
Dopo aver riempito la ciotola dell’acqua di Potti, ormai a secco, prima che il cagnolino si strozzi con il mangiare, prova a chiamare Camilla, ma il telefono non è raggiungibile.
 
“Abbiamo parecchio su cui riflettere… abbiamo parecchio su cui riflettere?! Lo so Potti, non guardarmi così, hai ragione: sono un idiota, un cretino! Sarei dovuto rimanere qui con Camilla per parlare, per chiarirmi con lei, anche solo per starle vicino, con tutto quello che le è successo oggi, e mandare a quel paese il questore e il suo tempismo!”
 
Potti abbaia tre volte, sembrando quasi annuire. Se sul fatto che lui sia un idiota o se sul mandare a quel paese il questore o entrambe le cose non avrebbe saputo dirlo.
 
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“Basta, sono stufa di stare qui fuori, peggio di una stalker: adesso entro,” decide d’impulso, scendendo dall’auto, prima di cambiare idea.
 
Sa di essere in condizioni pietose, dopo quasi mezzora passata nell’auto rovente aspettando di vederlo uscire. L’auto di Gaetano è parcheggiata vicino alla sua, quindi deve essere ancora lì dentro, ma non voleva entrare e rischiare di interrompere un meeting con il questore: ci mancava solo quello per completare la giornata e irritare ancora di più Gaetano.
 
Ma, dopo mezz’ora di attesa, non vuole certo passare la notte a fare la sauna lì fuori.
 
“Professoressa, che ci fate qui? State bene? Oggi ci avete fatto prendere un bello spavento!”
 
“Torre!” lo saluta, grata del fatto che l’ispettore sia uscito proprio in quel momento, “sì, sto… sto bene… cercavo Gaetano, so che aveva un incontro con il questore ma ho bisogno di parlargli. Sa se ne avrà ancora per molto?”
 
“Non lo so, professoressa, il dottore non c’è…”
 
“Ma c’è qui la sua macchina,” gli fa notare, indicandola.
 
“Sì, ma… è che andato via con l’auto di servizio del questore, dovevano andare su una scena del crimine vicino alla Mole… poi non li ho più visti, non so se a questo punto torneranno o no… perché non provate a chiamarlo sul cellulare? Tanto anche se sta con il questore… voi non lo disturbate mai, lo sapete…”
 
Camilla si limita ad annuire: altro che non disturbare mai, se Torre sapesse…
 
“D’accordo, Torre, grazie, buona serata!”
 
“Anche a voi, e grazie ancora per la cena di ieri sera. E per le ricette!”
 
Camilla di nuovo riesce solo ad annuire: se pensa a com’erano sereni e spensierati la sera prima. Sembrava una vita fa…
 
Sapendo che non c’è alternativa, estrae il cellulare di tasca, decisa a chiamarlo, e si rende conto solo in quel momento che è spento… batteria esaurita. Per fortuna ha il caricabatteria in auto.
 
Quando finalmente riesce ad accenderlo, viene sommersa da messaggi di chiamate perse: Gaetano.
 
Incredibilmente sollevata dal fatto che lui l’abbia cercata, si affretta a richiamarlo.
 
“Camilla, finalmente, dove sei? Cominciavo a preoccuparmi!” risponde dopo uno squillo, l’ansia evidente dal tono di voce.
 
“Sono… sono davanti alla questura… non tornavi e… e ho deciso di venire io a cercarti… temevo che non rientrassi a casa o che… che rientrassi tardi, visto come ci eravamo salutati… ti ho aspettato per un po’ ma non uscivi e… e poi Torre mi ha detto che eri via con il questore. Sei ancora con lui?”
 
“No, Camilla, sono a casa già da quasi mezzora ormai…” replica, decisamente sollevato e rincuorato, non solo di averla trovata e che non le sia successo niente, ma dal fatto che lei sia andata a cercarlo. Sa quanto Camilla sia orgogliosa e che difficilmente fa la prima mossa. E invece era uscita, sfidando stanchezza, afa e il traffico del venerdì sera per andare da lui.
 
Lo sa che non è tutto ok, che ne hanno di cose da discutere e da superare ma almeno… almeno è un inizio, un inizio più che incoraggiante.
 
“Ma la tua macchina è ancora qui!” ribatte, mordendosi la lingua: anche se non può vederlo né sentirlo è sicuro che lui stia sorridendo dall’altra parte del telefono all’ennesima prova della sua ficcanasaggine.
 
“Lo so, Camilla, ma il questore non mi mollava più, era già tardissimo, eravamo già in centro e con il traffico del venerdì sera… ho preferito farmi lasciare sotto casa… non volevo farti aspettare un’altra ora, come minimo. Non volevo che pensassi… quello che poi hai pensato, Camilla,” chiarisce e Camilla torna a respirare, non potendo evitare anche lei di sorridere e di provare un incredibile sollievo: lo sa che ne hanno di cose da chiarire e da affrontare ma è un ottimo segno, che la fa ben sperare, “mi dispiace che… che ti ci sia trovata tu in mezzo al traffico per niente…”
 
“Non fa niente… è anche colpa mia… avrei dovuto chiamarti. Torno subito… non ci metterò tanto, il traffico dovrebbe essersi smaltito.”
 
“Sei sicura di riuscire ancora a guidare dopo la giornata che hai avuto?” le domanda, sentendosi nuovamente in colpa, “se vuoi prendo un taxi e ti raggiungo.”
 
“No, Gaetano, se no perdiamo ancora più tempo e… voglio solo tornare a casa. Tu non ti muovere da lì, ok?”
 
“Agli ordini, professoressa.”
 
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Il rumore della porta che si apre, Potti che balza giù dal divano – si era accoccolato vicino a lui, se per sorvegliarlo o per tenergli compagnia non avrebbe saputo dirlo – e zampetta verso il corridoio di ingresso.
 
Si alza e si volta, sentendola salutare e vezzeggiare come al suo solito il vero re della casa. Pochi passi, volta l’angolo e i loro sguardi si incrociano.
 
Nonostante le valige sotto gli occhi che ormai sono dei bauli e l’aria un po’ stropicciata, gli occhi di Camilla sono vivi, vividi, il suo sguardo non è più appannato e perso come quando l’aveva trovata sul divano, né arrabbiato e deluso come dopo il loro chiarimento.
 
Qualche secondo di silenzio, mentre si studiano a vicenda, il dispiacere e il senso di colpa che legge nello sguardo di lei che, ne è sicuro, riflette il suo.
 
“Mi dispiace, ho esagerato,” pronunciano in perfetto unisono, prima di spalancare gli occhi, mordersi il labbro e trattenere un sorriso.
 
“È che-“ esordiscono di nuovo, in contemporanea, per poi aggiungere, sempre in totale sincronia, “prima tu-“
 
Gaetano non riesce più a non sorridere, anche se lievemente, fa un passo verso di lei e le posa un dito sulle labbra, “inizio io?”
 
Camilla annuisce, ricambiando il sorriso.
 
“Avevi… avevi ragione tu ad essere arrabbiata e delusa per quello che è successo con Livietta e Ferri e-“
 
“Lo so,” ribatte lei con sguardo deciso ma un mezzo sorriso sulle labbra.
 
“Lo sai?” domanda, scuotendo il capo, non potendo evitare di sorridere di nuovo: la adora quando fa così.
 
“Sì, e non ti nascondo che… che sono ancora un po’ arrabbiata per questo e… credo che la delusione mi resterà ancora per un po’, ma… ho esagerato e avevi ragione tu ad arrabbiarti per… per aver dubitato, anche se solo per un secondo di te e di Livietta… e soprattutto per quello che ho detto su Renzo e sul processo. Non è colpa tua se Renzo ed io finiremo in tribunale e-“
 
“Lo so,” le fa eco, con lo stesso identico tono e sguardo che aveva usato lei e Camilla a sua volta scuote il capo e gli dà un buffetto sul braccio, “ma Camilla… lo capisco che… che eri appunto arrabbiata e ferita e delusa e in panico e ti era appena passato sopra un treno e… non avrei dovuto andarmene e lasciarti così o prendermela così tanto ma… ma lasciarti sfogare e starti vicino. Mi dispiace.”
 
“No, e invece avevi ragione, Gaetano, non avevo nessun diritto di sfogarmi in quel modo. E ti garantisco che non ti incolpo e non ti incolperò mai di quello che è successo e potrà succedere con Renzo e che mi fido di te. Con Livietta sei stato meraviglioso in questo periodo, non so come avrei fatto se non ci fossi stato tu, a volte ho approfittato fin troppo della tua pazienza e... forse non ti ho lasciato solo carta bianca ma… la verità è che tu mi hai dato una mano con lei ma io no… ti ho lasciato forse fin troppo solo, ad arrangiarti e ad autogestirti con lei, proprio perché mi fido di te e del tuo giudizio e so che le vuoi bene. Ma… gestire un’adolescente non è facile per niente, non so se io stessa ne sono del tutto capace… ho fatto un sacco di errori con Livietta negli anni e… avrei dovuto confrontarmi di più con te, parlarti di più. È che tu mi capisci quasi sempre senza… senza bisogno di parole ma… a volte parlare è importante.”
 
“Camilla, ti ringrazio ma… la verità è che potevo anche capirlo da solo che non era una buona idea non parlarti di Ferri, che avevi il diritto di saperlo e di decidere tu. Anche io mi sarei arrabbiato al posto tuo e hai ragione tu: dobbiamo essere e mostrarci uniti e fare fronte comune con Livietta e-“
 
“E a questo proposito, dobbiamo essere e mostrarci uniti e fare fronte comune anche con Renzo. E ti garantisco che l’idea di cedere al suo ultimatum non mi è mai passata per la testa. Non solo perché a te non ci rinuncio, Gaetano, non ho nessuna intenzione di rinunciare a noi due, ma anche perché voglio che Renzo capisca che… che non può obbligarmi a fare quello che lui ritiene sia giusto, anche se dal suo punto di vista pensa di avere ragione. Che le cose si risolvono discutendone civilmente e vedendo il punto di vista degli altri e non lanciando ultimatum o finendo in tribunale. E che Livietta ormai è grande e… e non è spiandola o portando in tribunale me o te che, purtroppo, le impedirà di sbagliare o di farsi male, anzi, rischia solo di ottenere l’effetto opposto. Non c’è modo migliore di far innamorare perdutamente un’adolescente di una persona, che impedirle di frequentarla…”
 
“Lo so, purtroppo,” sospira, ripensando a Francesca e a tutti i grandi amori della sua vita adolescenziale, che di solito erano proprio i ragazzi che sapeva benissimo che loro padre avrebbe disapprovato di più.
 
“E io lo so che… che ci attendono tempi difficili Gaetano, difficilissimi. Come dici tu, se davvero dovessimo finire in tribunale… sarei messa in discussione non solo io come madre ma anche tu e… con il tuo lavoro e tutto il resto… lo so che rischi di avere enormi problemi. E voglio sapere se… se sei davvero disposto ad affrontare tutto questo insieme a me, perché ho bisogno di averti al mio fianco, ne ho bisogno più che mai ma… anche io non potrei sopportare se arrivassi a pentirti di stare con me, di essere rimasto con me, se pensassi che ti ho rovinato la vita e-“
 
“Per te sarei disposto a finire sotto un ponte o in galera, anche domani Camilla e non penserei mai che tu mi abbia rovinato la vita, mai. Non sarà colpa tua se… se finiremo in tribunale e neanche io rinuncio a te, a noi due. Io ci sono, fino in fondo, anche se non sarà facile, ma se io e te siamo uniti e ci mettiamo in testa di fare qualcosa, non ci ferma nessuno e possiamo affrontare qualsiasi cosa, di questo sono convinto, Camilla,” proclama, deciso, posando le mani sulle spalle di lei e guardandola negli occhi.
 
Un secondo e si trova stretto in un abbraccio fortissimo, uno di quegli abbracci che lo fanno sentire a casa, in pace col mondo e con se stesso, che valgono più di mille parole e di mille baci. Non aveva mai capito fino in fondo la bellezza, l’importanza di un abbraccio prima di Camilla e di Tommy: di quanto ne avesse bisogno per stare bene e quanto fosse bello riuscire a fare stare bene qualcun altro.
 
“Adesso dobbiamo pensare solo a Livietta e cercare di risolvere questa cosa tra noi e Renzo, se possibile. Renzo è ancora qui? È nel suo residence?” le chiede, staccandosi leggermente da lei per guardarla negli occhi, anche se vorrebbe rimanere così per sempre.
 
“No… aveva il volo alle sei, insomma alle diciotto… a quest’ora sarà già a Londra… non voleva che Livietta notasse la sua assenza, visto che non le ha detto di essere tornato in Italia,” chiarisce con un sospiro, prima di appoggiare la sua fronte a quella di Gaetano, quasi per farsi forza.
 
“Allora dobbiamo andare a Londra, Camilla… non so se stasera ci sono ancora voli, magari prendiamo il primo volo disponibile domattina, così ti riposi anche un po’, sarai distrutta…” propone, accarezzandole una guancia.
 
“E tu no?! Ho solo… ho solo paura di come reagirà Renzo vedendoti…” commenta con un altro sospiro, appoggiandosi alla sua mano, “che… che farà qualche sciocchezza prima di permetterci di spiegargli come stanno realmente le cose con Livietta. Dire che sia furioso con te è fargli un complimento. Se non fosse un non violento di natura, credo che ti ammazzerebbe.”
 
“Lo so, Camilla, ma ti prometto che cercherò di stare calmo, di lasciarlo sfogare e di non cadere in nessuna provocazione e non provocarlo. Però se non vado a metterci la faccia e a prendermi le mie responsabilità di quanto è successo con Ferri… sarà ancora peggio…”
 
“Hai ragione, purtroppo. Ascoltami, per me va bene partire domattina, basta trovare un volo… le valige sono anche già pronte,” commenta con un mezzo sorriso malinconico e sarcastico, per poi aggiungere, più seria, “mi dispiace per la nostra vacanza per… per tutto… ti sconvolgo sempre i piani e la vita con i miei problemi…”
 
“I nostri problemi e in quanto a sconvolgermi la vita… lo fai da dieci anni, ma in meglio, professoressa,” la rassicura, guadagnandosi un bacio dolcissimo che lo fa sciogliere, prima di avviarsi abbracciato a lei verso lo studio, dove tiene il suo portatile, per prenotare i biglietti.
 
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“Renzo… Renzo, mi ascolti?”
 
“Scusami, ero sovrappensiero, dicevi?” le chiede, ridestandosi dai suoi pensieri, che ormai da giorni hanno solo due protagonisti, in una specie di incubo ad occhi aperti senza fine.
 
“Dicevo… non sapevo che il futuro si potesse leggere anche nella poltiglia galleggiante di cornflakes,” commenta Carmen, sarcastica, indicando la pappetta collosa e dall’aspetto disgustoso che Renzo ha nella ciotola, a furia di mescolare i cereali come se potessero, appunto, rivelargli le verità del mondo, “sono tre giorni che non mangi quasi niente… che c’hai? Non stai bene?”
 
“No… è la mia digestione… dopo tanti giorni a mangiare in albergo o ristoranti…” ribatte, inventandosi la scusa più plausibile che gli viene in mente. La verità è che l’immagine di sua figlia e del poliziotto, di quello che sua figlia sogna sul poliziotto, gli blocca lo stomaco e l’appetito.
 
“Però era da un po’ che non avevi problemi di stomaco, anche se stiamo più fuori che… che a casa,” commenta Carmen, che lo conosce bene e non ne è per nulla convinta. Era da Torino, da prima della separazione da Camilla che non lo vedeva così.
 
Anzi, forse l’ultima volta che l’aveva visto così era stata in quei maledetti ultimi giorni prima del trasferimento da Roma a New York. Aveva capito già allora che c’era qualcosa di grave che non andava, anche se aveva scelto di fare finta di niente e fino all’ultimo aveva sperato di sbagliarsi, ritrovandosi a prendere un aereo da sola, senza più un socio e soprattutto senza più un compagno.
 
Deve essere successo qualcosa di serio anche stavolta, qualcosa che lo tormenta. Anche il giorno prima, l’aveva lasciata da sola a fare shopping con Livietta ed era sparito per tutto il giorno, dicendo che doveva andare urgentemente in banca e da un consulente per valutare la possibilità di un finanziamento agevolato per aprire uno studio vero e proprio a Londra.
 
Della parte finanziaria e contabile se ne era sempre occupato Renzo, era una delle cose che Carmen aveva faticato di più ad abituarsi a gestire da sola quando si erano lasciati, quindi il fatto che avesse fissato questi appuntamenti non l’aveva stupita, anzi era stata felice di questa iniziativa, di questo passo avanti. Ne avevano parlato spesso di un distaccamento londinese di cui avrebbe potuto occuparsi lei, magari con Jack, visto che la distanza non aiutava di certo il loro rapporto e sapeva che o si ricongiungevano in tempi brevi, o probabilmente non ci sarebbe più stato un rapporto da ricongiungere. Ma la sera quando aveva provato a parlargli Renzo era stato vago e si era ritirato in camera prestissimo dicendo di essere stanco.
 
“Scusate… visto che non ho più fame, ritorno in stanza a finire di prepararmi…” proclama Renzo, posando il tovagliolo sul tavolo ed alzandosi in piedi.
 
“In effetti bisogna prepararsi con cura per passare una giornata chiusi in hotel…” ironizza Livietta, sarcastica, non riuscendo a nascondere la delusione nel tono di voce.
 
Se i primi giorni di vacanza a Londra erano stati davvero al di sopra di ogni sua aspettativa, con suo padre che si era fatto in quattro per stare con lei e farla divertire – tanto che le era finalmente sembrato di ritrovare il suo papà, quello tenero, dolce e divertente che aveva adorato da piccola e che tanto le mancava e le manca – era come se ad un certo punto suo padre avesse di nuovo avuto un brusco cambio di personalità.
 
Negli ultimi tre giorni era più il tempo che aveva passato altrove che con lei e quando erano insieme era sempre serio, di cattivo umore o malinconico e non riesce a capire il perché. Si chiede se gli siano bastati così pochi giorni per stufarsi di lei, non può evitare di domandarsi se sia un peso per lui averla con sé e non può evitare di starci male per questo.
 
Ma la cosa più strana è che, quando non passava il tempo a fissare il vuoto, immerso nei suoi pensieri, l’aveva beccato alcune volte a studiarla di nascosto, a fissarla con uno sguardo strano come… come si osserverebbe un’aliena.
 
“Lo sai com’è fatto il mio lavoro… mi devo anche occupare delle scartoffie e della burocrazia e rispondere alle mail, negli ultimi giorni ho accumulato parecchio arretrato. Sono sicuro che tu e Carmen vi divertirete al British Museum e stasera andiamo a vedere Les Misérables,” replica, sforzandosi di sembrare tranquillo e sereno, anche se si sente lui il più miserabile dei miserabili. Ma aveva già comprato i biglietti prima che succedesse tutto quello che è successo.
 
Deve rimanere in hotel nella speranza che Camilla lo chiami e lo raggiunga o quantomeno lo chiami. Non vuole arrivare davvero ad una battaglia legale con lei e prega e spera che Camilla ragioni e che non debba ricorrere a misure così drastiche e irrimediabili per proteggere Livietta dal poliziotto e da se stessa.
 
Ignorando il modo plateale in cui Livietta sbuffa, gira sui tacchi e si avvia verso la reception e verso gli ascensori.
 
Sta per premere il pulsante per prenotare la salita, quando una voce inconfondibile alle sue spalle lo frena.
 
“I am looking for Renzo Ferrero. Yes F E R R E R O. He is… he is my husband. He is staying here with our daughter.”
 
È come se il peso sul cuore e sullo stomaco sparisse all’improvviso, lasciando il posto ad un incredibile sollievo, al fatto che lei sia qui e poi… quelle due parole: my husband, mio marito, che aveva pensato di non sentire più, non rivolte a lui.
 
Un sorriso sulle labbra, si volta e il sorriso sparisce, trasformato in una smorfia di sdegno e di incredulità quando, dietro a Camilla, quasi come una guardia del corpo o un cane da guardia – un bastardo da guardia – riconosce l’inconfondibile corporatura ipertrofica del poliziotto-super-più.
 
“Camilla!” la chiama, non riuscendo a trattenere la rabbia nel tono di voce, a questa ulteriore conferma che Camilla è completamente andata, impazzita, che non ci sarà alcun modo di risolvere questa cosa civilmente, tra persone ragionevoli, perché Camilla quando si tratta del maledetto poliziotto non ragiona e basta.
 
“Renzo…” lo saluta, intuendo immediatamente, dal modo in cui serra la mascella e stringe i pugni che, se non fossero in un luogo pubblico, sarebbe probabilmente già saltato addosso a Gaetano.
 
“Che cosa ci fa lui qui?! Come hai potuto farmi questo? Come hai potuto mettermelo davanti, Camilla, come?! Dopo quello che questo… che questo… ha fatto con nostra figlia… vuoi che arriviamo alla rissa, è questo che vuoi?” sibila facendo leva su tutto il suo self control per trattenersi il più possibile dal gridare –  anche se le persone alla reception si girano comunque per guardarli – e per evitare di spaccare la faccia al dottor Berardi.
 
“No, Renzo, anzi, tutto il contrario. Se ho portato con me Gaetano è perché le cose non stanno come credi tu, è stato tuto un malinteso e dobbiamo parlarti e spiegarti che cosa è successo prima che-“
 
“Mamma? Mamma!!” li interrompe la voce di Livietta.
 
Camilla volta il capo e la vede: è insieme a Carmen, in fondo ad un corridoio che corre perpendicolare alla zona della reception dove si trovano loro.
 
Livietta sorride, felice ed incredula per questa sorpresa, correndo ad abbracciare la madre.
 
Camilla si ritrova con due braccia buttate al collo, stretta in un abbraccio a morsa che ricambia, lanciando un’occhiata implorante a Renzo, sperando che capisca il messaggio e la preghiera non verbale di non dire niente, di parlarne dopo.
 
“Che bello! Non mi aspettavo di vederti e… Gaetano ci sei anche tu?” chiede, non riuscendo a contenere la gioia e la commozione per questa improvvisata. Ora finalmente capisce lo stato d’animo di suo padre e la sua stranezza… non doveva essere stato facile per lui invitare non solo la mamma ma anche Gaetano a raggiungerli per il weekend, ma nonostante tutto l’aveva fatto, l’aveva fatto per lei e non potrebbe essere più felice ed orgogliosa di suo padre di così.
 
Si stacca da sua madre e si avvicina a Gaetano per abbracciarlo. Fa per sollevare il braccio, ma si sente afferrare per un gomito e trascinare indietro.
 
Volta il capo e vede suo padre, un’espressione assolutamente furibonda che non gli ha mai visto sul viso, nemmeno durante i peggiori litigi tra lui e mamma, che urla, rivolto a Gaetano, con odio, con disprezzo, “non ti azzardare a toccarla, hai capito?! Devi starle lontano!! Non pensi di avere già fatto abbastanza danni, eh?!”
 
“Papà, ma che dici? Che fai? Sei impazzito?!” esclama Livietta, sbigottita, cercando di liberarsi dalla presa, ma suo padre non la molla.
 
“Impazzito?? Impazzito? Forse sei tu che sei impazzita, signorina! E sai benissimo di che cosa sto parlando, non negarlo!” ribatte Renzo, guardandola con uno sguardo carico di delusione, di amarezza, come se lei lo avesse pugnalato.
 
“Ma che stai dicendo? Io non ci capisco più niente!” esclama Livietta, a dir poco confusa e ferita dall’atteggiamento del padre.
 
“Renzo, per favore, non è come credi, possiamo parlare due minuti in privato?” prova ad inserirsi Camilla, cercando disperatamente di evitare il disastro.
 
“Non è come credo?! Ma come fai ancora a negare l’evidenza! Ti ho portato le prove, nero su bianco e-“
 
“Le prove? Ma di cosa state parlando? Lasciami, papà, lasciami!” grida Livietta, riuscendo finalmente a svicolare dalla sua stretta.
 
“Di cosa stiamo parlando? Del fatto che tu hai perso la testa, in tutti i sensi, per questo grande uomo qui! E che il grande uomo invece di avere almeno la decenza di vergognarsi e di sparire dalle nostre vite, ha ancora  la faccia tosta di presentarsi qui!”
 
“EH?!” domanda, sconcertata e sconvolta, sperando di avere capito male, “papà ma che stai dicendo? Stai scherzando vero?!”
 
“Vorrei stare scherzando, vorrei davvero stare scherzando ma lo sai benissimo anche tu che non è così. Non negarlo, almeno, non negarlo! Lo so che non è colpa tua che… che hai sedici anni e che la colpa è soprattutto di questo fenomeno qui, ma-“
 
“Renzo, per favore-” tenta di nuovo disperatamente di intervenire Camilla.
 
“Ma sei fuori completamente? Ma che ti sei fumato??!! Mamma non… non crederai sul serio che io-“ pronuncia, in panico e sotto choc, alternando lo sguardo tra suo padre, sua madre e Gaetano.
 
“Non mi sono fumato niente, io, purtroppo! Vorrei tanto che fosse un’allucinazione ma non lo è, Livietta e vorrei almeno che tu la smettessi di negare l’evidenza e di mentire! Vogliamo parlare di: Gaetano ha capito tutto, si è accorto di come lo guardavo… e ho dovuto confessargli ciò che provo. A lui ovviamente stava per venire un colpo e voleva dire tutto a mamma ma per fortuna sono riuscita a convincerlo a mantenere il segreto, perché a mamma e soprattutto a papà verrebbe un infarto se sapessero,” recita a memoria, visto che ormai ogni parola gli è stampata nella mente e nel cuore, come un marchio a fuoco indelebile.
 
“Che cosa?” sussurra Livietta, incredula, sentendosi tradita, tradita e ferita ed umiliata come mai prima d’ora, “hai… hai letto il mio diario?”
 
“Sì, purtroppo sì, visto che non avrei mai voluto leggere di te che sogni di… di baciare… questo… questo qui!” sbotta, trattenendosi disperatamente dall’usare termini ben poco eleganti o da spaccare la faccia al poliziotto che rimane in silenzio in disparte, passandosi una mano sugli occhi, come se fosse contrito, lui e la sua grandissima faccia tosta!
 
“Io non ci posso credere… non ci posso credere… non solo ti sei messo a leggere il mio diario e mi hai spiata, ma hai letto pure male e… è evidente quello che pensi di me, quanto mi vuoi bene, quanta fiducia hai in me! Prima mi trattavi da bambina deficiente, mentre adesso… adesso pensi addirittura che sono una specie di… di zoccola!” esplode, gli occhi che le pungono, trattenendo la voglia di piangere.
 
“Non dico questo, Livietta, sto dicendo che hai sedici anni e ti... ti innamori o credi di innamorarti facilmente, la colpa non è tua, ma è sua,” replica Renzo, indicando Gaetano.
 
“E quindi sono una deficiente, una deficiente manipolabile e zoccola… fantastico!” esclama Livietta, scuotendo il capo, prima di rivolgersi a sua madre, pregando che almeno lei non ci creda, “non farei mai una cosa simile a mamma, mai! Mi sono presa una cotta, è vero ma per L- l’istruttore di difesa! E Gaetano l’ha scoperto e… e mi sono confidata con lui! Gaetano per me è come… come uno zio… e meno male che almeno posso contare su di lui, visto che non ho più un padre!”
 
“Livietta, che stai dicendo, io-“
 
“Sto dicendo che sono stufa! Stufa! Sembrava andare tutto così bene, mi sembrava di avere ritrovato mio padre, stavo pensando proprio due minuti fa a quanto ero orgogliosa di te, perché… perché credevo che avevi invitato mamma e Gaetano per farmi una sorpresa. Che per una volta avevi pensato più a me che a te! Ma tu… tu devi sempre rovinare tutto, sempre! Ma questa non te la perdono, questa è l’ultima, l’ultima che mi fai! Con me hai chiuso!” urla, non riuscendo più a trattenere le lacrime, voltandosi e scappando fuori dall’hotel.
 
Le lacrime che le appannano la vista, cerca di farsi largo tra la folla di londinesi e turisti che nemmeno la notano, grazie al cielo nelle grandi città a nessuno frega qualcosa se piangi, se il mondo ti è appena crollato addosso un’altra volta.
 
Un’auto nera con un cartello giallo: un taxi.
 
Ci si fionda dentro, ancora in lacrime. L’autista, un indiano sikh, la guarda appena, imperturbabile, chiedendole dove vuole andare in un inglese dal terribile accento.
 
“Just go, please!” risponde, desiderando solo allontanarsi il più possibile da lì.
 
L’autista non si scompone minimamente a questa richiesta, forse abituato a cose ben più strane e, con un’accelerata brusca, si immette nel traffico della City.
 
 
 


Nota dell’autrice: ho deciso di chiudere qui e di lasciarvi con questo cliffhanger… come vedete la bomba è scoppiata del tutto e nessuno ne è rimasto indenne. È stato un capitolo difficilissimo da scrivere perché i temi sono terribilmente delicati, secondo me ognuno dei personaggi ha le sue ragioni per agire come agisce: Renzo perché ha paura per l’incolumità della figlia dopo quello che ha letto e che per lui non lascia spazio ad interpretazioni, Camilla a cui praticamente passa sopra un treno, ritrovandosi per un istante catapultatasi in un incubo e con la prospettiva di rischiare di perdere tutto ciò che ama di più nel modo peggiore, Gaetano che si sente crollare la terra sotto i piedi, temendo di perdere la fiducia di Camilla e Livietta che si sente ferita, tradita e offesa e che, come sempre in questi casi, sceglie la via della fuga per allontanarsi da ciò che la fa stare così male. Dato che il tema non è delicato, di più, spero di essere riuscita a mantenere tutti abbastanza in personaggio e aver rappresentato correttamente il punto di vista di tutti, non era facile per niente, quindi… non lo so, spero che il capitolo non abbia deluso le aspettative e la lunga attesa.
 
Nel prossimo capitolo dalla demolizione con il caterpillar si passerà finalmente anche ad un po’ di ricostruzione. Ci attendono la ricerca di Livietta, l’incontro/scontro tra Camilla, Renzo e Livietta e tra Renzo e Gaetano, vedremo se e come i nostri personaggi riusciranno ad affrontare e superare anche questa prova. E poi ci saranno altri ritorni molto attesi che porteranno con loro un altro tsunami… per la serie, non si può stare mai tranquilli!
 
Come sempre vi ringrazio tantissimo per avermi letta e seguita fin qui, per i vostri commenti e pareri e per condividere con me questa avventura e, se vi va, vi do appuntamento al prossimo capitolo!
 
Ormai manca pochissimo all’attesissima sesta serie ;)!
   
 
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