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Autore: Akemichan    18/08/2003    2 recensioni
Approdati in un'isola, i nostri vivranno le avventure più disparate. Zoro si perderà nel bosco in dolce compagnia, Rufy incontrerà una studiosa di frutti dle Diavolo, Sanji sarà alle prese con l'unica donna che non ama mentre Robin incontrerà una sua vecchia fiamma alla ricerca di un 'affare importante'...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Robin era tornata alla realtà

 

 

Ora che Robin era ritornata alla realtà, rimanere lì era perfettamente inutile, così si accinse a tornare indietro. La strada fu più corta di quello che ricordava, forse perché aveva fretta di arrivare. Si stupì di non avere rincontrato Ace nella via del ritorno. Chissà dov’era finito? Quando finalmente uscì dallo stretto cunicolo, venne illuminata dalla prima luce del mattino. Era da poco iniziata l’alba e in cielo le stelle cominciavano a scomparire dolcemente lasciando il posto alle candide nuvolette nello sfondo turchese. Si guardò intorno, respirando la fresca brezza mattutina, poi ripercorse tutta la strada fino a tornare all’approdo nascosto da dove era partita la sua ricerca. E là lo vide. Disteso supino sulla roccia, sembrava dormire profondamente. Sorrise. Quante volte si era svegliata e lo aveva visto dormire tranquillo di fianco a lei? Troppe per poterle contare. Si chinò verso di lui, scuotendolo leggermente. Illuminato dal giovane sole le sembrava ancora più bello.

“Ace, sveglia!” Lui non si mosse e lei si accorse del respiro leggermente irregolare. Lo girò a pancia in su, premendogli il petto e chiamandolo ancora. “Acekun!” Una leggera preoccupazione incrinava la sua voce.

Finalmente lui aprì lentamente gli occhi, tossendo e sputando saliva e sangue. Si alzò, leggermente frastornato, e la guardò.

“Che è successo?”

Lui indicò la nave ancorata alle sue spalle. Poi sferrò un pugno al suolo. “Maledizione!”

“Hai combattuto contro…?”

Lui annuì. “Hai trovato l’ha mappa? No, vero?” Alla risposta negativa di lei, lui imprecò. “Dannazione, è tutta colpa sua!” Si alzò in piede. “Ah, ma adesso ti trovo, eccome se ti trovo! Aspettami!” Poi si rivolse nuovamente a Robin, che, alzandosi, si risistemò il cappello bianco alla cowboy – o alla cowgirl, nel suo caso. “Sbaglio o mi hai chiamato con il kun?” Sorrideva.

L’aveva fatto, anche se non se ne era resa conto sul momento. “Può darsi…” tergiversò, girandosi verso la nave.

Lui le pizzicò il body. “Robinchan… Credi che… Potrebbe tornare tutto come una volta?”

Ma lei aveva già deciso di cambiare argomento. “Come ha fatto a batterti? La sua taglia è più bassa della tua. Che potere ha?”

Ace borbottò risentito. “Non lo so… Ma la prossima volta non mi batterà più!”

“Sembri Rufy…” Il paragone non gli fece piacere.

* * *

Zoro e Tashigi avevano camminato fianco a fianco per tutta la strada indicatagli dal misterioso ragazzo. Non che non avessero nulla da dirsi, tutt’altro, ma non erano certo cose facili, specialmente per loro e in quel momento. Finalmente comparve il sentiero che riportava in città e i due si sarebbero dovuti separare. Lei, marine, poteva benissimo seguire la via principale, mentre lui, pirata, avrebbe fatto meglio a continuare lungo il fiume fino alla costa e da lì tornare alla sua nave.

Tashiji alzò lo sguardo, osservandolo di sottecchi. Si staccò da lui, lentamente. “Senti… A me non piacciono le relazioni stile una notte e via, però…”

“Neanche a me” Per Zoro costava molto dire questo. “Io… Io non sono ancora pronto per una relazione seria… Ci sono ancora molte cose che devo fare… E poi, non sono nemmeno sicuro di quello che provo perché…” Sperò che le parole uscissero da sole come l’ultima volta. “…perché non voglio che tu sia solo la sostituta di Kuina”. Avrebbe voluto aggiungere che teneva troppo a lei per farla soffrire ancora e che non aveva scuse per ciò che era successo quella notte.

Lei sembrò leggergli nel pensiero. “Anch’io ho molte cose da fare e poi… Per quello che è successo… Io ero d’accordo…” Alzò lo sguardo che aveva costantemente tenuto a terra. “Però… potremo riparlarne quando saremo sicuri di noi!” Era un tono speranzoso.

Lui annuì perché aveva un groppo alla gola, sebbene si vergognasse fino alla morte di essersi dimostrato così emotivo. Alcune lacrime sembrarono affluire agli occhi scuri di Tashigi, ma le ricacciò immediatamente indietro. “Allora… Allora questo è un arrivederci?” Si allontanò di qualche passo, sguainando la sua Shigure davanti a lui. Allora Zoro estrasse la WadoIchimoji e unì la sua lama a quella di lei. Una sorta di patto di sangue, quello, per due spadaccini. Si dovevano separare, ma non perché non fossero sicuri dei loro sentimenti, ma per ragioni di vita, più che altro.

Tashigi si allontanò sorridendo lungo lo stretto sentiero, mentre gli uccellini cinguettavano e l’odore di rugiada al suo passaggio si spargeva intorno a lei. Il mondo sembrava in armonia con il suo stato d’animo. Era felice. Perchè? Perché Zoro le aveva detto che non voleva confonderla con Kuina. E questa, per lei, era quello di meglio che poteva aspettarsi. Quello che le dimostrava che avrebbe potuto essere sé stessa anche con lui, nonostante la somiglianza.

Dal canto suo Zoro, mentre la vedeva allontanarsi, pensava a tutto ciò che era successo e trasse le conclusioni. La amava, ma aveva bisogno di tempo, perché il ricordo di Kuina era ancora troppo vivo dentro di lui. Finché non avesse mantenuto quella promessa, non sarebbe potuto avvicinarsi a qualunque altra donna e non avrebbe potuto vedere in Tashigi nient’altro che la sua reincarnazioni – una sostituta. Ma quando l’immagine di Kuina fosse sbiadita lasciando l’alone del bellissimo ricordo del suo primo amore, allora, e solo allora, lui avrebbe potuto vedere in Tashigi semplicemente Tashigi. Così avrebbe potuto nuovamente amarla come aveva fatto quella notte, stringere ancora il suo corpo e sentire il suo calore. Ma non prima. Aveva già fatto fin troppo a violarla prima che fosse il tempo. Ma il sui sguardo contento mentre aveva rinfoderato la spada lo aveva convinto che quel peccato, perché di altro non si trattava, aveva avuto una sua qualche funzione. Il classico male che non viene per nuocere.

* * *

Chopper uscì dalla cabina quando gli altri ancora dormivano e a ragione dato che non era ancora l’alba. Non era suo solito alzarsi così presto, ma quella mattina era accaduto così. Non sapendo cosa fare ma non volendo disturbare gli altri, decise di fare un passeggiata lungo la costa. Così, da solo, si trovò a pensare a tutto quello che gli era capitato e il tempo passò più velocemente del previsto, tant’è che era da poco passata l’alba quando raggiunse la parte opposta dell’isola. Lì era ancorata una nave stranissima e colorata e una specie di surf che credeva di aver già visto. Una ragazza dai capelli neri, alta e bella, stava in compagnia di un ragazzo muscoloso. Chopper si avvicinò, riconoscendo nelle due figure due sue conoscenze.

“Robin ciao!” e poi “ma tu non sei Ace?” I due si voltarono verso di lui.

“Chopper”

“Tu sei… Quello strano animale che c’è sulla ciurma di mio fratello, vero…?”

L’alce non si offese per l’appellativo di ‘strano animale’ perché non era detto con cattiveria. “Che fate qui voi due… insieme?”

“Noi-” dissero contemporaneamente, ma si interruppero non appena sentirono che l’altro stava dicendo la stessa cosa. Di sicuro si dovevano conoscere prima di quell’incontro e anche bene, a giudicare dal loro comportamento.

Solo allora Chopper notò il teschio che svettava sull’albero maestro. Si domandò se fosse quella la nave dov’era imbarcata la pecora Yuki.

“La nave di un membro della flotta dei sette” commentò schifato Ace.

Poi il ragazzo dai capelli neri col codino già incontrato da Zoro e Tashigi atterrò dall’alto di una prominenza scogliosa accanto a loro. Non li degnò nemmeno di uno sguardo, avviandosi verso la nave colorata, mentre dalla porta della casetta uscirono la figura incappucciata e la pecora.

Chopper era deciso a scoprire di più su quel fantomatico membro della flotta dei sette, ma fu interrotto da alcune voci che provenivano non poco lontano da loro.

“Però la nave del ragazzo dal cappello di paglia non l’abbiamo vista… Sarà già ripartita?”

“Zhe Aha aha aha… Anche se fosse, non importa… Lo cercheremo ancora…”

“Si, però non perderemo il nostro tempo qui perché potremo sempre incontrare uno dei membri della flotta dei sette che non era presente alla riunione a Mally Joe…”

Poi cinque figure spuntarono. Ed erano le cinque persone che Robin avrebbe pagato per non incontrare.

“Ehi…” iniziò Chopper. “Ma quelli non sono i pirati che ci hanno attaccato prima della nostra partenza per Skipiea?”

“Si” rispose Robin. “Anche se ce n’è uno di più…”

“Barbanera!” esclamò Ace rivolgendosi alla figura al centro, un uomo robusto e in carne, sdentato e con i capelli neri e ricci. “Finalmente ti ho trovato!”

Quello sembrò sorpreso di vederlo, naturalmente. Invece il ragazzo alla sua sinistra, ancora più grosso di lui, ma dai capelli biondi e ricci, esultò. “Capitano, quelli sono due membri della ciurma di cappello di paglia! E poi lui” indicò Ace “è il comandante della seconda flotta di Barbabianca ed ha una taglia di 270 milioni di berry! Sicuramente non si potranno rifiutare di ammetterti della flotta dei sette se lo sconfiggeremo!”

“Inoltre” aggiunse l’uomo alto e allampanato che portava un fucile sulle spalle, “quella donna è Niko Robin. Taglia di 79 milioni di Berry…”

Lei sorrise. “Ma davvero?” disse, fingendo una dimenticanza.

L’uomo accanto all’ultimo che aveva parlato scosse il capo. Sembrava un po’ alternativo vestito di tutto attillato nero, con il cappello a cilindro e le labbra nere. “79 a 270, meglio la seconda” I quattro assentirono tranne Barbanera, che sembrava un po’ preoccupato.

“Fatevi pure sotto” disse Ace per niente spaventato. Era già abbastanza arrabbiato per via della sconfitta.

“Non mi sembra leale cinque contro uno!” esclamò Chopper comparendo al fianco del fratello di Rufy.

Il tizio con fucile osservo il ragazzo e la figura che osservavano la situazione da un po’ più in là. “Ma vedo che anche voi siete in cinque… Quindi possiamo fare uno scontro alla pari!”

“Benissimo”

Ace avrebbe pensato che quei due si sarebbero rifiutati di combattere, invece si avvicinarono e si misero al suo fianco. “Non mi sembrate granchè…E poi, non vi siete nemmeno presentati…” disse il ragazzo afferrando il suo arco.

“Hai ragione!” confermò il più grosso di quelli. “Bene, io sono Champion e sarò ben contento di affrontarti e dimostrarti il contrario!”

“Perfetto!”

Il tizio alternativo squadrò Robin da capo a piedi. “Davvero un bel bocconcino, 79 milioni di Berry… Be, non mi dispiacere affatto combattere con te…”

“Con prudenza, Lafitte” disse l’unico dei cinque che non avesse ancora parlato, l’uomo biondo a cavallo di un asino.

“Tu affronta me, dato che hai un animale!” fece la figura incappucciata mentre Yuki le compariva davanti.

Il tizio alto osservò Chopper con superiorità dal suo occhiale a mirino. “Be, pare che sia rimasto solo tu…” Imbroccò il fucile. L’alce dal naso blu si ricordava come quel tizio sapesse sparare bene e avesse una mira infallibile anche da grande distanza, ma per fortuna lui poteva contare sulla grande velocità delle sue gambe.

“Walk point” Trasformandosi in un vero alce, saltellò da una parte all’altra, riuscendo a schivare tutti i proiettili nonostante fossero sparati ad altissima velocità. Quando la scarica finì, Chopper era atterrato incolume su uno scoglio a pochi passi dal suo avversario.

“Una mutazione animalesca…” Prese di nuovo il fucile, ma stavolta mirò da tutt’altra parte.

“Ma che fa?” si chiese. “Non potrà mai colpirmi così!” Ma i proiettili sembrano rimbalzare dalla roccia che avevano colpito e andare nella sua direzione. Saltò in verticale giusto in tempo per schivarli.

“Complimenti, ottimi riflessi” sorrise quello, sistemandosi il mantello dietro le spalle. “Il mio nome in codice è Supersonic a causa della mia velocità, ma non è il mio unico punto di forza. Il mio fucile è in grado di sparare quattro tipi diversi di pallottole”

“E allora? Io posso mutare in sette livelli!” rispose Chopper risentito estraendo una della sue Rumbe Ball.

“Allora schiva queste!” Un’altra scarica, che l’alce evitò spostandosi lateralmente. Ma questa volta le pallottole non arrivarono nemmeno a rimbalzare lungo la parete opposta, ma cambiarono direzione precipitandosi verso di lui. Schivò ancora, ma quelle non gli davano tregua.

“E ora l’ultimo…” Dal fucile di Supersonic si generò una specie di raggio infuocato rosso come il sangue, ma molto più distruttivo del fuoco, come un laser, che non colpì Chopper solo perché lui all’ultimo saltò di qualche metro con il jumping point. Poi riprese a correre finchè non riuscì a fermare le pallottole che lo inseguivano contro una roccia. Si alzò assumendo la forma di un alce umano. “Scope” Bastava togliergli quel fucile, senza di quello non sarebbe stato più in grado di fare niente. Si precipitò verso di lui, ma quello aveva già ripreso la mira contro di lui.

“Le tue mutazioni sono belle, ma non possono niente contro i miei proiettili… perché io sono in grado di incorporare due tipi in uno solo!” Di nuovo il raggio rosso, che Chopper evitò riducendosi alla sua solita forma, ma stavolta, come avevano fatto le pallottole prima, il raggio tornò indietro puntando sempre verso di lui. L’unica soluzione possibile gli parve quella di cercare di far colpire Supersonic dalla sua stessa arma, ma non aveva calcolato che la sua velocità non consisteva solo nello sparare. Infatti, appena vide l’alce precipitarsi verso di lui, appoggiò il fucile a terra e usandolo come spinta saltò, atterrando sulle spalle dell’avversario. Quindi saltò ancora sulla roccia più vicina, mentre Chopper era ancora inseguito da quel raggio rosso che puntava dritto al suo cuore.

“Se solo riuscissi a colpirlo una volta…” Il laser non fece in tempo a sfracellarsi contro la parete della scogliera che Supersonic ne aveva già sparato un altro. “Jumping point” Mentre saltava gli venne in mente che, come le pallottole, forse anche lui avrebbe potuto unire più mutazioni insieme. “Walk-Horn point” disse, sperando di riuscirci. Gli spuntarono le grandi corna, ma le zampe rimasero quelle solite di un alce normale. In questo modo riuscì a precipitarsi a velocità elevata verso l’avversario, che stavolta non ebbe il tempo di saltare, ma venne bloccato con forza contro la roccia della corna, sputando sangue. Chopper afferrò il fucile immediatamente e lo mise davanti a sé, facendolo colpire e distruggere dallo stesso raggio. Supersonic era accora a terra, strofinandosi la bocca sporca di saliva rossa. Doveva avere sicuramente alcune costole rotte dato che l’impatto era stato piuttosto violento. L’alce decise di non infierire, dato che non avrebbe potuto attaccarlo senza fucile.

Quello tossì nuovamente, mettendosi in una posizione dove sentisse meno il dolore delle costole. Più di così non riusciva ad alzarsi.

* * *

Zoro, dopo molto scarpinare, era finalmente tornato all’approdo della Going Merry. Salì a bordo. Rufy stava parlando con una ragazza sconosciuta dai capelli blu, mentre Usop, da una parte, stava sperimentando qualche nuova arma per la sua fionda. Entrambi i ragazzi lo salutarono, quindi la ragazza si presentò.

“C’è anche la sorella di Sanji” aggiunse Usop in tono allegro.

“La sorella di Sanji?” ripetè Zoro incredulo. L’interessata uscì in quello stesso momento.

Immaginazione di Zoro: una ragazza bassa e grassa, con i capelli biondi corti e unti che le coprivano l’occhio destro, bocca enorme e sopraciglia a ricciolo.

Immagine reale di Sakura: alta e magra, con i capelli lunghi, puliti e leggermente mossi nelle punte. Gli occhi erano ben visibili e niente sopraciglia a ricciolo. La bocca era piccola ma carnosa.

Zoro fece una faccia stupita nel vederla così diversa dalla sua immaginazione, tanto che lei gli chiese “qualcosa non va?”

“No” rispose lui. Decisamente la giornata, anche se era appena mattina, era stata troppo pensante per lui. Andò nella poppa della nave e si addormentò.

Intanto Nara sbirciava la sua amica Sakura di sottecchi. Era il momento di farle *quel favore*.

* * *

Robin era alle prese con Lafitte, ma aveva già trovato il modo per sconfiggerlo. Le bastava stare ferma. Quello cercava di distrarla spostandosi in continuazione a ritmo di tip tap.

“Allora?” commentò annoiata. “Non sia fare di meglio?” Si mise una mano davanti alla bocca per coprire lo sbadiglio.

“Stai solo bluffando. Come pensi di attaccarmi stando ferma?”

Lei sorrise amabilmente. “Sai qual è la strategia di caccia delle piante carnivore? Stanno ferme, ma appena la preda è nelle vicinanze scattano. Come ora”

Lafitte sentì qualcosa afferragli la gamba. Abbassò lo sguardo notando il braccio che sembrava uscire dalla roccia che lo teneva stretto. Girà lo sguardo altrove e vide che era attorniato da mani che spuntavano fino al polso. Tirò la gamba libera indietro, ma l’arto che era dietro di lui scattò, immobilizzandolo definitivamente.

“Accidenti” Fece spuntare un coltellino dal bastoncino nero che teneva in mano e si accinse a colpire quelle braccia.

“Game over. Trois Fleur” Spuntarono altre tre braccia che gli immobilizzarono le mani e la testa. Quindi una di quelle che gli teneva le gambe scomparve, mentre quell’altra cominciò a farlo roteare in aria, poi lo lasciò e quello partì velocemente verso una roccia lì vicino, dove lo stava aspettando una gamba, che con un calcio gli premetta la faccia lungo la roccia. Mentre tutti i ‘fiori’ di Robin sparivano, Lafitte crollava a terra privo di sensi.

Ace, mentre fronteggiava Barbanera, aveva osservato tutto lo scontro, anche se avrebbe dovuto sapere che non c’era da preoccuparsi per lei. In quel momento di distrazione si sentì improvvisamente toccare la schiena lungo tutta la spina dorsale. Si girò e vide che si trattava di quel ragazzo dai capelli neri.

“Ma che fai?!”

Quello non rispose, ma tornò a fronteggiare il suo avversario che si trovava lontano un centinaio di metri. “Che fai, scappi?”

“Affatto” disse Champion. “Stavo solo pensando che neanche tu ti sei presentato e poi hai accusato noi di essere maleducati!”

“Allora io sono Rei, tanto piacere. Ma a che ti serve saperlo dato che fra poco morirai?” rispose quello afferrando il suo arco e una freccia.

“Io? Ah ah” Si ingrandì, diventando alto almeno una decina di metri e cercò di colpire con il suo enorme pugno il ragazzo, che, sorpreso, riuscì a schivare all’ultimo. “Vediamo come te la cavi contro il frutto di Big Big”

“Allora ho fatto bene a prendere l’abilità del fuoco” pensò rialzandosi e balzando sul pugno del suo avversario, usandolo come spinta, finchè non saltò in modo da raggiungere un’altezza considerevole, quindi lanciò la freccia che aveva precedentemente presa e gli colpì l’occhio, ma venne scaraventato a terra violentemente dal pugno che Champion gli aveva dato nonostante il dolore. Mentre si rimetteva in piedi tra i detriti di roccia, si sentì afferrare e sollevare. Il suo avversario stava cercando di stritolarlo. Notò il sangue che gli colava copiosamente lungo la guancia. “E’ proprio come un gigante delle fiabe” pensò sorridendo. Dopodiché fece illuminare il suo corpo di rosso fuoco, costringendo l’altro a mollarlo. Atterrò dolcemente sentendo solo un po’ di dolore alle braccia.

L’avversario si soffiò entrambe le mani nel tentativo si calmare il bruciore. “Allora anche tu hai il potere del Foco Foco!”

* * *

”E questo che frutto è?” chiese Rufy indicandolo sul blocco che Nara gli stava mostrando.

“Oh, questo è il frutto Copy Copy. Chi lo mangia è in grado di acquisire le abilità del diavolo del propri avversari”

“Davvero?”

“Si, ma è molo più complicato di quanto non sembri in realtà!”

“Perchè? Con un frutto come questo potresti combattere ad armi pari con chiunque!” esclamò Usop.

“In realtà l’effetto dura solo quindici minuti e inoltre, per prendere l’abilità, bisogna toccare tutta la spina dorsale, dalla punta alla coda. Se non si fa questo, non ci si riesce, quindi niente acquisizione”

“Che fregatura!”

* * *

“Devo finire questo incontro in fretta” pensò Rei, accendendo il suo pugno col fuoco, mentre con l’altra mano teneva fermo l’arco e una freccia. Saltò e colpì violentemente l’avversario alla pancia, spandendo fiamme lungo tutto il suo corpo. Il calore era tanto che Champion dovette ritornare alle dimensioni originali per gettarsi a terra e tentare di spegnere le fiamme. Il suo corpo era pieno di ustioni, compresa la più grave, quella sullo stomaco, che sanguinava. Tentò di mettersi in piedi, ma invano, perché una freccia gli trapassò il braccio e lo bloccò sulla roccia che c’era dietro di lui. Rei atterrò, l’arco in mano pronto a scoccare la freccia letale, ma poi, vedendo in che condizioni era il suo avversario, lasciò perdere.

Ace lo notò e pensò che mai si sarebbe aspettato che uno così risparmiasse qualcuno. Lui stesso forse non l’avrebbe fatto.

* * *

Nami uscì dalla cucina per godersi un po’ del sole caldo che risplendeva quella mattina e spandeva i suoi dolci raggi caldi lungo tutta la costa, facendo brillare il mare come tanti diamanti. Nello stesso momento Usop, che aveva finito il suo lavoro, rientrò in camera per fare il bucato, visto le condizioni in cui era ridotto il suo vestito, tra la vernice di quella misteriosa figura e le sue stelle esplosive.

Ora sul ponte c’erano solo Nara e Rufy, che stava osservando intento tutti i disegni di frutti del diavolo che la ragazza dai capelli oceano aveva raccolto in tutto questo tempo. Ad un certo momento si sentì come gelare. Alzò lo sguardo verso Nara che lo guardava incuriosita, quindi si avvicinò e premette la bocca contro la sua guancia in un piccolo bacio. Nara finse di arrossire.

Nami, che si era avvicinata, restò impietrita davanti a quello che aveva appena visto. Non sapeva perché ma le lacrime cominciarono a scorrerle, mentre Rufy continuava a guardala assente. Corse immediatamente via, giù dalla nave, in qualunque posto fosse possibile, lontano da tutti e soprattutto da lui, anche se non capiva bene. Cos’era quel dolore tremendo che stava provando?

Rufy scattò in piedi, osservando la sua compagna correre via in lacrime. “Ma che le prende?” fece preoccupato.

Nara si alzò spolverando i pantaloni. “Cosa aspetti a seguirla?” Non c’era bisogno di dirlo perché lui era già sceso e la stava rincorrendo. Non capiva bene cosa fosse successo, in realtà, ma l’unica cosa che sapeva era che la sua Nami stava piangendo e che lui non poteva stare fermo. L’aveva promesso, no? Ma non era di certo solo quello il motivo per cui ora stava correndo lungo la spiaggia, schizzando l’acqua delle onde che lambivano la costa qua e là.

Sakura comparve accanto alla sua amica osservando i due che si allontanavano.

“Prima li fai litigare e poi… Mi spieghi che hai?”

“Niente” rispose Nara tranquilla. “Fa tutto parte di un piano, non capisci?”

“Cosa posso capire della tua mente malata! Ora vado e gli spiego tutto!” Senza aspettare una risposta scese dalla nave con un piccolo tonfo e uno schizzo, quindi seguì le impronte sulla sabbia lambite dal mare che le stava già cancellando. La ragazza dai capelli oceano sorrise osservando le scarpe di vernice che Sakura si era tolta prima di scendere per non rovinarle.

 

 

   
 
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