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Autore: AdharaSlyth    11/07/2015    6 recensioni
* Seguito della storia narrata nel XIII° capitolo di “Ten things I hate about you (“Io ti odio Bellamy Blake!”)”*
"La mattina non vedeva l’ora di parlarle, di toccarla di nuovo, ma poi l’aveva vista e aveva deciso che non sarebbe mai più comparso nella sua vita.
Con uno sforzo immane l’aveva evitata per settimane, sperando che il non averlo intorno la aiutasse a dimenticare quello che era successo."
#Bellarke
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ma salve! Come avevo promesso nel tredicesimo capitolo della mia ff “Ten things I hate about you (“Io ti odio Bellamy Blake!”)” eccovi il seguito della storia descritta nel capitolo!

Non so assolutamente cosa pensare di questa piccola one-shot onestamente, perché sono le… 01.30 e io potrei avere il cervello completamente fuso!

Quindi vi chiedo in anticipo di perdonarmi se non vi piacerà! 

 

Avvertenze per chi non ha letto la raccolta “Ten things I hate about you”:

  • La storia storia segue il filo del capitolo XIII (“I hate it when you’re not around" -  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3184946) della raccolta, quindi sarebbe necessario leggere quello per poter capire a pieno la situazione di questa ff! Quindi se non avete voglia di leggervi tutta la raccolta lo capisco, ma a quel capitolavi conviene darci un’occhio o sarà tutto un pochino confuso! 

 

Aspetto con ansia di sapere cosa ne pensate! 

AdharaSlyth

 

 

 

 

 

 

 

 

That thing that I hate about me…

“I hate not to be around!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ricordo di quella notte lo tormentava da settimane, anche se riusciva a richiamarne alla memoria solo dei frammenti.

Ricordava come Clarke Griffin si fosse avvicinata ancheggiando, avvolta nella corta tunica greca bordata d’oro che aveva scelto seguendo il tema della festa, e di come si fosse accasciata accanto a lui sul vecchio divano che Lexa aveva fatto spostare in giardino.

Troppo vicina.

Troppo alcolica.

Nemmeno un secondo dopo la stava baciando come se la sua intera esistenza dipendesse da quello.

Tra tutte quelle immagini sfocate restava salda la sensazione delle cosce sode di lei sotto la pelle dei polpastrelli, mentre le mani, mosse da volontà propria, risalivano inesorabilmente sotto la stoffa.

E ricordava come lei aveva ceduto con un gemito roco all’assalto della sua lingua e gli poi gli aveva circondato le spalle con le braccia, infilando le dita tra i suoi capelli per attirarlo più vicino.

Non sapeva neanche vagamente dire quanto tempo avessero passato a baciarsi in giardino, davanti a tutti, prima di quella corsa scoordinata su per le scale verso l’unica stanza con un letto matrimoniale.

Mentre apriva il frigo poteva ancora sentire risuonare nelle orecchie lo scatto della serratura che si chiudeva. Dopo c’erano state solo le labbra di Clarke, la sua pelle calda e profumata mente i vestiti venivano via, le lenzuola attorcigliate attorno alle gambe , parole sussurrate senza logica e una foga animalesca che Bellamy non credeva di essere in grado di sperimentare prima di quella notte.

Gli era sembrato che il tempo non passasse mai, finché Murphy non era entrato accendendo la luce e urlandogli di smammare. 

 E Clarke era semplicemente scivolata via.

La mattina non vedeva l’ora di parlarle, di toccarla di nuovo, ma poi l’aveva vista e aveva deciso che non sarebbe mai più comparso nella sua vita.

Con uno sforzo immane l’aveva evitata per settimane, sperando che il non averlo intorno la aiutasse a dimenticare quello che era successo.

<< Beccato. >> disse fredda una voce che conosceva fin troppo bene.

<< Che ci fai qui, Clarke? >> le chiese cercando di non spostare lo sguardo dal frigo.

<< Octavia mi ha invitata a restare a dormire. >>

<< Intendevo cosa ci fai in cucina alle due di notte. >>

<< Cerco di tenderti un agguato. Dobbiamo parlare! >> gli disse avvicinandosi lentamente e appoggiandosi al muro con la spalla, imprigionandolo tra il suo corpo e l’anta aperta dell’elettrodomestico.

<< E di cosa dovremmo parlare? >> avrebbe voluto che il suo tono suonasse menefreghista e ironico come al solito mentre le dava le spalle e andava a sedersi al tavolo.

<< Di quello che è successo a casa di Lexa! Mi devi delle spiegazioni! >> 

Bellamy trattenne il fiato. Sapeva da anni che  Clarke non era una da fare giochetti con le parole. Ma non pensava che sarebbe arrivata al punto in maniera così drastica.

<< Non c’è niente da dire. Hai detto tu stessa che volevi che la cosa restasse in quella stanza. >>

<< Intendevo dire che non ne avremmo più parlato! Non che non avremmo più parlato in generale! >> 

Bellamy faticava a controllarsi! Come faceva a non capire che se non le parlava era solo per il suo bene?!

<< Non ti piaccio, l‘ho capito! Eri ubriaco e hai preso al prima che passava e di me non ti importa, ma a me importa! Capisco che da bravo maschio idiota ti vergogni che la gente pensi che ti sei scopato l’amichetta di tua sorella minore, ma non mi sembra affatto normale che ti comporti in questo modo! Io credevo che contasse qualcosa! Cazzo Bellamy! Ti avrei permesso di prenderti la mia verginità se avessi voluto! >>

<< Credi che io ti abbia evitato perché non volevo avere a che fare con i tuoi sentimenti?! >> l’aggredì saltano in piedi e guardandola in faccia per la prima volta da più di un mese.

<< E per quale altra ragione?! >>

<< Io mi vergognavo Clarke! Ma non di te! Di me! Ero pronto a chiederti di essere la mia ragazza quella mattina, ma poi ti ho vista mentre venivi a fare colazione! Ti ho osservata scendere le scale con quel sorriso sforzato, e ho visto le tue labbra gonfie e la pelle arrossata nel punti in cui ti ho morsa, sulle guance! Ho visto le smorfie che facevi quando passavi la lingua all’interno delle labbra dove la pelle era spaccata! Ho visto la fatica che facevi ad alzarti e sederti e ad accavallare le gambe per il dolore ai muscoli! E in controluce, sotto quella maledetta camicetta bianca che indossavi, ho potuto vedere i lividi sui tuoi fianchi, lividi che le mie dita ti avevano lasciato! E mi sono tornate in mente tutte le cose che ti ho detto! Che ti ho rivolto parole che non mi appartengono e che avrebbero fatto sentire sporca anche la più navigata tra le ragazze di questo mondo! Mi sono ricordato di come mi hai detto di non averlo mai fatto, di come io ti abbia risposto che andava bene, che non era il caso che succedesse così e che avresti trovato qualcuno di più adatto! E invece nemmeno cinque minuti dopo io… >> 

Bellamy si passò le mani sul viso distrutto. Aveva fatto di tutto per cercare di affogare quel ricordo, il ricordo di cosa le aveva fatto!

Le aveva fatto male! Qualcosa dentro di lui era uscito dalla gabbia in cui rinchiudeva i suoi demoni è aveva ferito l’unica persona di cui gli importasse davvero oltre a Octavia.

Si ritrasse istintivamente quando avvertì le dita della ragazza sfiorargli i capelli.

Quando alzò lo sguardo su di lei era quasi sull’orlo delle lacrime, eppure Clarke emanava di nuovo quell’aura di dolce abbandono, con il suo sorriso calmo e accogliente.

Perché non si allontanava? Perché non andava via così che la bestia che lui aveva così crudelmente scoperto di custodire non potesse più nuocerle?

<< Sai cosa ricordo io? Che stavo ridendo di imbarazzo e felicità, di euforia. Che sotto le tue mani ero bella, e che sentivo il mio corpo che si trasformava come per magia sotto le tue labbra, e che tutti i pezzi della mia anima tornavano insieme. E tutto quello che hai detto è vero. La mattina dopo avevo il labbro superiore martoriato dai morsi e i segni delle tue dita sui fianchi e mi facevano male le cosce. Ma niente di tutto quello mi è dispiaciuto! Mi faceva credere che tu fossi impazzito da guantoni desideravi. E io ti desideravo così tanto. Ti desidero così tanto! >>

<< Anche adesso? >> le chiese titubante senza però impedirle di avvicinarsi e posare lievemente le mani sul suo petto coperto solo dalla leggera maglietta bianca.

<< Anche adesso. >> 

La ammirò mentre tracciava linee immaginarie sfiorando il suo petto con l’indice, e non poté in nessun modo resistere all’istinto che lo portò a posarle una mano sotto il mento per cercare gli occhi di lei.

<< Clarke… >>

<< Lo so. >> gli bisbigliò sorridendo mentre le loro labbra di incontravano. 

 

 

 

   
 
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