Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: perkynurples    11/07/2015    3 recensioni
Bilbo Baggins conduceva una vita piuttosto tranquilla, grazie mille, fino a quando una vecchia conoscenza non ha deciso di stravolgerla, e ha finito per accettare un lavoro che è... diciamo che non è proprio la sua specialità, e potrebbe alla fine costargli un po' di più del suo prezioso stile di vita accogliente. Chi l'avrebbe mai pensato che fare il tutor al nipote un po' più che leggermente prepotente di un monarca leggermente minaccioso potesse rivelarsi una tale... avventura?
[Modern Royalty AU; Pairing: Bilbo/Thorin]
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bilbo, Fili, Gandalf, Kili, Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao!!!! Ce l'ho fatta finalmente: con tutto questo caldo stavo traducendo come una lumaca! Non mi dilungo tanto e vi lascio subito al capitolo. PIENO DI COLPI DI SCENA! A prestoooooooo!


CAPITOLO XXI

 

La stagione delle tempeste è in arrivo. Il cielo è di un colore grigio metallico minaccioso, le nubi pesanti che volano basse e si avvicinano al Palazzo come un cattivo presagio. Bilbo è accanto ad una finestra che si affaccia su quello che è arrivato a considerare come casa sua, i sentieri puliti e i cespugli potati e i prati modellati quattro piani sotto di lui come un mosaico attentamente costruito, come un quadro perfettamente dettagliato, e il martellare del suo cuore è più forte e più inquietante di qualsiasi tuono.

“Non ho niente da dirle,” mugola, e Smaug Bundushar ride brevemente dall'altro capo del telefono, e sembra come vecchia carta che viene strappata – un suono secco e in qualche modo sinistro.

“Mentre quello potrebbe essere vero,” risponde freddamente, “ho un certo numero di cose che io vorrei dire a lei .”

“Non le voglio sentire.”

Una parte piuttosto grande della sua mente sta urlando contro di lui, riaggancia, riaggancia adesso, porca miseria, e non rispondere mai più al telefono, ma è pietrificato. Non è nemmeno sicuro di stare respirando bene.

“Mi dica, Professore,” continua l'uomo, “come sta la famiglia? Al Re piace riavere il padre?”

Bilbo, sentendo tutto il sangue che defluisce rapidamente dalla sua faccia, lotta per rimanere dritto in piedi e non crollare contro la finestra.

“Continua a minacciare la gente – sembra sia tutto quello che è capace di fare,” riesce a dire debolmente, gli occhi incollati a Thráin ora, che si dirige con la sedia a rotelle verso l'altro lato della stanza a guardare fuori dalla finestra, beatamente inconsapevole di che cosa si sta dispiegando ad un paio di passi da lui.

“Non ha idea di che cosa sono capace,” dice Bundushar con molta calma, e Bilbo trema – probabilmente era l'effetto desiderato.

“Mi dica... mi dica solo quello che vuole.”

“Voglio che lei mi dica perché pensa che l'attacco al Palazzo sia successo – ha presente?”

“È stato lei!” ribatte Bilbo aspramente, “non... non giochi con me. Voleva... aveva scoperto chi sono – chi ero veramente, e voleva arrivare a me...”

Più risata secca.

“È un colpo di scena affascinante, uscito fuori da un libro giallo tascabile, ma davvero pensa che qualcuno sprecherebbe le proprie risorse per infiltrare il Palazzo Reale solo per arrivare ad un piccolo uomo?”

“Perché allora? Cosa vuole?!” grida Bilbo con disperazione, gli occhi che involontariamente scansionano il percorso più veloce che lo avrebbe portato fuori dai locali del Palazzo e il più lontano possibile da tutto questo.

“Voglio... chiamiamolo un incontro di lavoro, se la fa sentire meglio,” dice Smaug, e Bilbo riesce a percepire il sorriso sornione.

“Non voglio alcun incontro di lavoro con lei.”

“Va bene, allora mi permetta di riformulare la mia proposta – venga ad incontrarmi, o le prometto che scoprirà di che cosa sono capace. E, per delega, anche il Re potrebbe scoprirlo. Caro come è a tutti noi.”

Ti sta manipolando, gli ricorda una voce che Bilbo non sapeva di avere, un ricatto affettivo, si potrebbe definire.

“Se io sono solo un piccolo uomo,” raduna il coraggio di dire, “allora perché tra tutte le persone proprio lei vuole parlare con me?”

Ho avuto una festa di compleanno ieri e ho mangiato un sacco di torta al cioccolato e ho passato la notte a fianco del Re, e desidero davvero che quello fosse tutto quello che dovrebbe esserci nella mia vita in questo momento. Mi stai dicendo che la pace e la tranquillità non sono senza un prezzo? Scioccante.

“Venga a vedere di persona.”

Non vengo da nessuna parte.”

“Mercoledì a Palazzo c'è un'ultima sessione del Gabinetto prima della settimana delle elezioni, Professore,” dice Bundushar con noncuranza, ignorando completamente il tono tagliente di Bilbo (e confinante sull'isterico), “io e il signor Karkâl saremo lì, così come moltissime altre persone. Terreno neutrale, si potrebbe dire. Davvero, voglio solo parlare con lei.”

“Nel modo in cui ha solo parlato con me l'ultima volta? Mettendomi con le spalle al muro in una stanza e, e...”

“Oh, mi dia un po' di fiducia,” Bundushar ridacchia senza divertimento, “la stampa sarà presente.”

“Questo non sembrava disturbarla l'ultima volta,” dice Bilbo con facezia.

Smaug ride, di nuovo, ed è un suono che molto probabilmente perseguiterà Bilbo fino alla fine dei suoi giorni – una risata spietata ed agghiacciante che ti entra fin nelle ossa.

“Non vedo l'ora di parlare con lei.”

E così se n'è andato, l'altro capo della linea diventa silenzioso, ed è decisamente troppo facile fare finta che Bilbo se lo sia sognato – beh, a parte il fin troppo reale tremito nelle sue mani, e la sensazione di ciò che potrebbe essere un'imminente sorte avversa o un arresto cardiaco in rapido avvicinamento che sta avvolgendo i suoi artigli minacciosi intorno al petto e stringendo finché non ci sarà più aria nei suoi polmoni.

Riesce a fare un sorriso molto, molto debole in direzione generale di Thráin, agitando la mano prima che possa fare tutte le domande, e praticamente scatta in cucina, versandosi un bicchiere di acqua, senza alcun effetto. Ci siamo – ci siamo? Ha turbato l'universo decidendo di ignorare ogni buon senso e di essere egoista ieri sera? Freneticamente e stupidamente, considera una serie di scenari, mentre fissa nel lavandino della cucina, dal fare le valigie e lasciare il paese in questo momento, al rincorrere Thorin e dirgli tutto...

Ritorna nella zona giorno, lentamente e rigidamente, quasi tremando per un freddo che non ha nulla a che fare con nessuna causa naturale... e Thráin lo sta guardando, come se lo stesse aspettando, le braccia incrociate sul petto, le labbra increspate, una perfetta immagine speculare del figlio quando è infuriato.

“Lo schema si sta ripetendo,” dice per quella che sembra la decima volta nell'ultima ora, e Bilbo rabbrividisce.

“S-sì, l'ha già detto prima,” riesce a dire, domandandosi se Dwalin e i suoi uomini fuori lo troverebbero specialmente peculiare se dovesse passare di corsa proprio davanti a loro ora e non tornare mai più.

“Non sono così sordo come credono che io sia, sa,” continua Thráin, “ha o non ha appena parlato con Smaug Bundushar al telefono?”

Non c'è modo che lui lo sappia davvero. Bilbo non pensa di aver mai detto il nome di Bundushar in qualsiasi momento durante la conversazione, probabilmente perlopiù perché non riusciva a farlo passare oltre le labbra senza esserne raccapricciato. Così potrebbe costruire la sua difesa sulle illusione uditive di Thráin, ed essendo eccessivamente sospettoso, e vecchio, e... non c'è rimasto nulla nei suoi lineamenti del solito uomo leggermente eccentrico e corrucciato. Adesso è in tutto e per tutto il Re che non ha mai avuto modo di essere, seduto dritto ad osservare Bilbo con lo sguardo incrollabile a cui è stato oggetto molte, molte volte prima da Thorin. Una volta era bravo a sopportarli... Una volta era bravo a sopportare tante altre cose, onestamente. Una volta era anche bravo ad essere giudizioso.

“Se dico di sì, mi lascerà dirle perché?”

Ed è la fine di tutto, allora.

Thráin trasale in modo quasi impercettibile, come se non si aspettasse davvero che Bilbo confermasse tutti i suoi sospetti, e lo stesso Bilbo non ha la benché minima idea di cosa stia facendo. Non ha idea di dove questo si stia dirigendo, in realtà – l'unica cosa di cui è certo è che il treno sui cui sta viaggiando è decisamente deragliato, e sta accelerando in discesa verso una catastrofe terribile, e non c'è alcun modo di evitarla.

“È una sua spia,” esala l'uomo, e Bilbo quasi geme ad alta voce. Proprio un colpo di scena affascinante, uscito fuori da un libro giallo tascabile.

“Non sono... glielo prometto, non sono la spia di nessuno,” dice disperato, “per favore. Deve sapere che non lo farei mai – non mi sognerei mai di, di, sa, essere un traditore, o qualcosa di così drastico. Lo giuro. Sono stato davvero assunto come tutor. Se solo mi lasciasse raccontare la storia...”

“Mio padre è impazzito per colpa dei traditori,” commenta Thráin con calma, ancora fissando Bilbo – ma non sta ancora chiamando la sicurezza, o in alcun modo indicando che Bilbo si è trattenuto troppo, il che deve essere un buon segno... giusto?

Non sono...” Bilbo deglutisce, poi si ricompone, affermando con più chiarezza, “Non lavoro per Smaug Bundushar. Lo giuro sulla mia vita. L'unico che sta impazzendo qui sono io, glielo garantisco. Per favore, mi lasci spiegare cosa sta succedendo, prima che... non lo so. Mi consegni alle autorità.”

Thráin aggrotta le sopracciglia minacciosamente, ma poi si appoggia allo schienale della sedia a rotelle, pizzicandosi il ponte del naso.

Bene. Mi faccia una tazza di tè in aggiunta, però,” sospira. “Qualcosa mi dice che potremmo averne bisogno, tutti e due.”

E Bilbo lo fissa a bocca aperta per molto tempo, la sua mente completamente svuotata – è così che dovrebbe andare? La grande rivelazione della verità? Non con uno schianto, ma con il fischio di un bollitore? Lo rende estremamente a disagio, ma alla fine, fa come gli viene chiesto. Prepara il tè per entrambi, e condivide la sua storia camminando su e giù in cucina ed incespicando sulle parole.

È la prima volta che la racconta nella sua interezza a qualcuno che non ha idea di cosa sta succedendo, e non fa esattamente un lavoro stellare. È troppo nervoso, dimentica alcuni parti e poi ci ritorna in un secondo momento, e le mani gli sudano e la gola è secca. Thráin rimane lì come una statua, le sue risposte soltanto brevi cenni di testa o mormorii, fino al punto in cui Bilbo gli racconta di quel dannato raduno pre-elettorale a Gundabad, che è stato dove l'aveva visto per la prima volta, aggirandosi furtivamente e finendo in una camera con un letto di ospedale...

Thráin esce incredibilmente dai gangheri quando Bilbo gli racconta che Bundushar stava pianificando di fare qualcosa con lui, e per un momento Bilbo è quasi preoccupato per la sua salute – ecco quanto è furioso. Ma poi Bilbo inizia a parlare dell'attacco al Palazzo, e di aver incontrato l'uomo di Bundushar a Ered Luin (cosa che aveva provocato il suo svenimento sgraziato), e tutti e due cominciano a non riuscire a stare dietro alla storia, lentamente ma inesorabilmente. Quando Bilbo menziona il nome di Gandalf per circa la centesima volta, descrivendo come l'uomo gli aveva chiesto di avvicinarsi a Bifur Abkhûz, lui stesso ha perso tutti i punti che pensava di poter collegare raccontando tutto questo casino in una volta sola. E per di più, Thráin entra in una delle sue fantasticherie momentanee quando Bilbo gli racconta di Bard e Frida che indagano nell'Archivio alla ricerca di Dio sa quali informazioni, e comincia a borbottare nomi sottovoce, e date e luoghi, nessuno di loro ha alcun senso, e tutto questo tiene Bilbo ancora più sul filo.

Ha bisogno di dire a Thráin di non aver mai voluto fare del male a nessuno, di avere paura, così tanta paura, ma continuano a speculare, a saltare a conclusioni sempre più inquietanti, e Bilbo è in realtà abbastanza preoccupato che questo potrebbe iniziare a gravare sulla salute dell'uomo.

“Devo parlare con il Dottor Grey,” decide Thráin alla fine, la prima cosa sensata di una lunga serie di frasi caotiche, e Bilbo, nervoso e spaventato e senza fiato, semplicemente lo fissa.

“Ne è sicuro, voglio dire... lo conosce?”

“Certo che lo conosco,” rimbecca Thráin, come se fosse offeso dal fatto che Bilbo non stia al passo, “era qui... per la rivoluzione. Mio padre l'aveva assunto... o la Regina l'aveva mandato... mi dovrà scusare, non ricordo i dettagli. Comunque, sì, sì... era qui. Lo schema, lui – lui stava aiutando a smascherare tutti quelli che si erano rivoltati contro mio padre. Alla fine erano... meno persone di quanto pensasse, vede. Sempre abbastanza da farlo impazzire però.”

“Io...” mugola Bilbo, ma Thráin solleva una mano, severa e semplice, ancora una volta rammentando a Bilbo di Thorin – in modo quasi doloroso.

“Lui saprà cosa fare,” dichiara Thráin con risolutezza, “se solo potesse...”

“Probabilmente dovrei chiamarlo comunque,” concorda Bilbo con un filo di voce, “per fargli sapere quello che Bundushar mi ha appena detto. È che... non so se sarà possibile contattarlo...”

Ma Gandalf risponde così velocemente che Bilbo ancora una volta adotta il sospetto che l'intero universo stia cospirando – se è per il suo beneficio o contro di esso, è incapace di dirlo. Thráin è impaziente di prendere il telefono, ma Bilbo non glielo lascia, invece spiega la situazione, non meno freneticamente di prima, e da parte sua Gandalf sembra morbosamente entusiasta.

“Oh, questa è una notizia eccellente, Bilbo,” esclama, “una notizia eccellente.”

Come, Gandalf?” geme Bilbo, ignorando Thráin che continua a pretendere il telefono, e camminando a grandi passi sul pavimento di legno duro – serve molto poco a calmarlo, ma almeno si sente meno come se si stesse dissolvendo sul posto in un inutile cumulo di nervi.

“Beh, sono sicuro che offrirà qualche discernimento su ciò che sta succedendo. Potrebbe anche confessare qualcosa se non sta attento. Oh, oh , devo vedere se riesco a farti avere una cimice. Sarebbe senza prezzo–”

“Gandalf, no. No. Ascoltami. Sono terrorizzato a morte. Non voglio parlare con Bundushar, per niente. Ancor meno indossare una cimice, non puoi fare davvero sul serio. Per favore, ti sto implorando, risolvi il problema. Sarai qui mercoledì? Devi essere qui.”

“Ci sarò.”

“Bene. Va bene. Io – oh, okay, okay . Ascolta, c'è qualcuno che vorrebbe parlare con te. È – beh, in realtà è il padre di Thorin. Ho tipo... Ho dovuto dirgli tutto, io... mi dispiace–”

Eccellente!” dice Gandalf, sinceramente soddisfatto, “passamelo!”

E così Bilbo glielo passa, e si accascia sul divano, sprovveduto e perdendo terreno solido sotto i piedi. Deve sforzarsi a non cedere al panico puro che ribolle appena sotto la superficie e minaccia di conquistarlo e fargli fare qualcosa assolutamente stupido, come scappare subito, o ubriacarsi orribilmente, o forse entrambi. Osserva Thráin parlare con Gandalf eccitato, e si rende conto che non sta affatto ascoltando. Fissa semplicemente in silenzio, incapace di qualsiasi altra cosa, davvero.

È un grande fan dello stress gentile, il genere che gli impedisce di essere inattivo per troppo tempo, ma questo... questo è paura e confusione e disperazione che gli rosicchiano i nervi, e non sa nemmeno come durerà per tutto il giorno. Chiude gli occhi e pensa a Thorin, a ieri sera, al calore e al comfort, e prima che possa farlo sentire in colpa, Thráin gli ridà il telefono, e la realtà della situazione precipita a capofitto su di lui.

“Gandalf,” sospira quasi senza fare rumore.

“Su col morale, Bilbo,” l'uomo ridacchia, “tutto sta andando come noi volevamo.”

“Come tu volevi, forse.”

“Oh, suvvia. So che Bundushar ti ha fatto davvero paura, ma fidati, andrà bene. Chiamerò Bard subito, e provvederemo ad organizzare qualcosa. Ci prenderemo cura di questo. Tutto quello che avrò bisogno da te è di essere lì quando abbiamo bisogno di raggiungerti. Per inciso, anche tutta la faccenda con Bifur Abkhûz di cui avevamo parlato qualche tempo fa si sta risolvendo da sola, dal momento che il padre di Sua Maestà mi ha appena detto che gli piacerebbe incontrarlo. Che è qualcosa che dovremmo essere in grado di organizzare. Ma non ti preoccupare di quello. Andrà tutto bene, te lo prometto.”

“E Thorin?” borbotta Bilbo debolmente, sentendo tutta l'energia che lentamente fuoriesce da lui.

“Thorin?”

“A che punto verrà a sapere di tutto questo?”

“Tutto ciò è solo un'ulteriore preoccupazione inutile per lui, Bilbo. Ha abbastanza gatte da pelare con le elezioni, e se giochiamo bene le nostre carte, lo verrà a sapere quando tutto questo sarà finito con successo. Il che avverrà presto.”

“Ma deve saperlo,” replica Bilbo, trovando con lo sguardo quello di Thráin, che sembra molto calmo per aver saputo tutto quanto, “deve – Gandalf, non posso più farlo. Non posso più mentirgli, io–”

“Non preoccuparti per il Re, Bilbo,” dice Gandalf gentilmente, “fidati, i miei uomini e i suoi servizi di sicurezza stanno lavorando insieme tutti i giorni, e viene tenuto aggiornato su tutte le cose importanti. Sta bene.”

“Ma–”

Rilassati, Bilbo. Mi prenderò cura di tutto da parte mia, che è molto più caotica della tua, credimi.”

“Perché sta accadendo proprio ora, Gandalf? Perché a me? Perché Bundushar vuole parlare con me? Vuoi che rimanga con le mani in mano a far finta che tutto non sia sottosopra quando in realtà... sai una cosa? Lascia perdere. Dimenticati tutto quello che ho appena detto. Mi limiterò a stare con le mani in mano e lasciare che tutti gli altri se ne occupino. Ne ho avuto abbastanza. Tienimi aggiornato e basta, va bene?”

“Lo farò,” concorda Gandalf, tutto felice e vispo, “stammi bene. Ti chiamo stasera.”

Dopo le dieci per favore, devo mettere i ragazzi a letto,” dice Bilbo senza vita.

“Okay. Stammi bene!”

Resiste alla tentazione di lanciare il telefono dall'altra parte della stanza, e invece lo lascia cadere sul divano, trascinando entrambe le mani sul viso. Ha improvvisamente una grande voglia di vedere i Principi, immergersi nei compiti con loro, fargli pulire le loro stanze – qualsiasi cosa di semplice e umile e che coinvolge i ragazzi che sono allegramente ignari e felici quando Bilbo non può.

“Cosa devo fare?” pigola, ed è più di un generale interrogativo che una domanda reale volta all'unica altra persona nella stanza con lui, ma riceve una risposta comunque.

“Deve portarmi in biblioteca.”

Scruta Thráin incredulo, forse con una corrente di fondo repressa di curiosità.

“Perché?”

“Ho bisogno... ho bisogno di dare uno sguardo ad alcune cose. Ho bisogno di leggere. E ho bisogno che lei mi porti dei libri.”

“Non... non credo che sarà così facile,” osserva Bilbo impotente, “Non sono autorizzato... ad andare da nessuna parte. Dwalin e i suoi uomini sono proprio qui fuori, e anche se riusciamo a convincerlo a lasciarla uscire, sarà circondato dalla sicurezza.”

Sì, eccellente pianificazione strategica, nel bel mezzo di una crisi personale. Forse ho ancora alcune riserve non sfruttate di... cosa? Determinazione? O cieca stupidità?

“Ho bisogno di leggere,” dice Thráin ostinatamente.

“Potrei... potrebbe dirmi i titoli dei libri che le servono e glieli potrei portare,” offre Bilbo anche se lo addolora persino pensare di fare altro che nascondersi nella sua stanza finché tutto questo non sbollirà, “cosa ne pensa?”

Thráin guarda da lui agli scaffali che rivestono la parete di fondo della stanza.

“... Sì,” ammette lentamente, “molto bene, allora.”

“Okay, bene,” dice Bilbo dice, sentendosi tutt'altro che okay o bene, “mi dica quello che le serve.”

La lista è disordinata e compilata solo con grandi difficoltà, perché la memoria di Thráin è ancora mancante di alcune parti cruciali. Ma da quello che raccoglie Bilbo, la linea temporale su cui l'uomo vuole leggere è molto limitata, e promette di fare del suo meglio per trovargli qualsiasi cosa che il vecchio re ritiene importante.

Il compito è sorprendentemente facile, ed innervosisce Bilbo – sa di sentirsi sul filo del rasoio, sa che è solo una questione di tempo prima che la proverbiale goccia faccia traboccare il vaso, e odia che questo è ciò che accade nel mezzo. L'attesa. L'incertezza e la speculazione. Le attività quotidiane apparentemente domestiche prolungano solo il falso senso di normalità... I bibliotecari sono incredibilmente utili quando sentono che è tutto una richiesta del padre del Re – il custode principale della biblioteca è quasi vecchio quanto lo stesso Thráin, e molto affezionato a lui da quello che capisce Bilbo. Non ha nemmeno bisogno di spiegare molto – ne sta pigramente accanto ai divani in pelle, al centro della vasta sala, e si domanda perché è proprio qui tra tutti i posti dove inizia a sentire una nostalgia quasi debilitante.

E poi si ricorda – qui è dove aveva incontrato i Principi per la prima volta, tanto tempo fa. Kíli era seduto... sì, proprio lì, a gambe incrociate sul tappeto riccamente decorato, leggendo un libro che era quasi più grande di lui, e Fíli era emerso da dietro quella libreria, le mani affondate nelle tasche e uno sguardo di sfida nei suoi occhi... Bilbo ha trascorso molte altre ore qui con entrambi, da allora, sfogliando grandi e pesanti atlanti colorati con Kíli, o dando lezioni a Fíli (con la cameriera occasionale o il bibliotecario che li sorprendevano), sulla storia della letteratura, o anche giocando a nascondino con tutti e due di tanto in tanto mentre aspettavano il pranzo.

Si domanda se questo sia un sentimento che si diffonderà – aggirandosi per il Palazzo fastidiosamente sopraffatto dai sentimenti ad ogni angolo. E se lui... e se finirà per essere del tutto incapace di stare qui, tormentato dal senso di colpa e dal dubbio? Va bene, Bilbo Baggins, adesso basta. Un paio di respiri profondi possono risolvere molto. Su col morale – sì, almeno in questo aspetto, ascolta Gandalf, per una volta.

Dwalin gli dà uno sguardo di particolare interesse quando appare di nuovo all'appartamento di Thorin, uno degli assistenti del bibliotecario con lui, entrambi gravati da una grande quantità di libri, ma Bilbo resiste abbastanza bene, pensa – non è uno sguardo di qualcuno a cui Thráin ha appena detto tutto quello che sta succedendo, e questa è una piccola vittoria.

Thráin sta, ancora una volta, sonnecchiando, ma il suo entusiasmo non conosce limiti quando si sveglia di soprassalto e vede ciò che Bilbo gli ha portato. Bilbo gli porta gli occhiali e gli fa più tè, e lo guarda per un po' mentre si immerge nel primo dei libri (una raccolta di saggi sulla rivoluzione a quanto pare, e Thráin recita i nomi degli autori con un amore che suggerisce che doveva sapere tutto di loro). È lui l'unico a reagire in maniera eccessiva a tutto questo? Perché Thráin sicuramente sembra più... entusiasta, rispetto a, ad esempio, infuriato. O impaurito. Oppure reagendo in qualsiasi altro modo che Bilbo avrebbe considerato normale data la situazione. Tuttavia, deve chiedere.

“Devo... Pensa che devo informare Thorin?” borbotta, “o ha intenzione di farlo lei?”

Thráin non reagisce affatto in un primo momento, ma poi lancia una breve occhiata a Bilbo.

“Non dirò nulla a lui,” risponde semplicemente, “Mi è parso di intendere che voi due...?”

La domanda aleggia nell'aria per troppo tempo, pesante e carica di ulteriori problemi, anche se la risposta è abbastanza semplice, ma prima che Bilbo possa radunare il coraggio per rispondere, Thráin aggiunge, un po' gentilmente: “Gli dirà quello che ritiene necessario, ogni volta che lo riterrà necessario.”

I suoi occhi sono sorprendentemente gentili quando guarda Bilbo, e sembra prendersi un momento per scrutarlo, come se stesse cercando qualcosa nella sua espressione.

“Grazie... per avermi detto la verità,” dice alla fine, e Bilbo sbatte le palpebre rapidamente.

“Beh, io, ehm... avevo bisogno di dirlo a qualcuno, credo. Starà bene da solo? Devo andare a prendere i ragazzi dalle loro lezioni, e...”

“Sì, starò bene,” Thráin sorride brevemente, gli occhi già che scansionano riga dopo riga di testo, “ma passi pure più tardi.”

“Ah... va bene,” mugola Bilbo, “e... se ha bisogno di qualcosa...”

Il vecchio annuisce semplicemente, e così Bilbo rimane per un po', grato quando Dwalin entra portando con sé un'infermiera con i farmaci di Thráin, offrendogli così l'opportunità di allontanarsi.

“Cosa sta succedendo qui?” dice il Responsabile della Sicurezza quando Bilbo gli passa accanto alla porta, e un brivido balla lungo la schiena di Bilbo, ma lo sopprime. Non essere sciocco.

“Oh, mi ha chiesto di andare a prendergli altri libri da leggere dalla biblioteca,” spiega Bilbo in quello che pensa sia un tono incredibilmente calmo, “voleva che lo portassi lì in un primo momento, ma sono riuscito a convincerlo che sarebbe stato un po' troppo difficile.”

Offre un'espressione molto vuota e chiara davanti a quella leggermente sospettosa di Dwalin, e per fortuna vince questo round, e viene rilasciato.

Non ha un minuto di tempo per se stesso per un paio di ore, e ne è felice. La sua mente vaga, tuttavia, mentre accompagna i Principi nelle loro stanze, e fa in modo che siano pronti per la cena. Una parte di lui vuole davvero cedere, credere alle parole di Gandalf sulla gestione della situazione, ma una più prominente (o almeno più potentemente fastidiosa) parte di lui è convinta di non essere in grado di starsene con le mani in mano e non fare nulla. Pugnala la sua cena con la forchetta distrattamente piuttosto che mangiare correttamente, il chiacchierio dei ragazzi niente di più che un ronzio di fondo nella sua mente sovraccarica. Non può mettere insieme un piano da solo. Non riesce a venirne a capo da solo. E non può aspettarsi che lo faccia Thráin – è ancora in uno stato piuttosto delicato, e Bilbo si preoccupa che se lo lascia ai suoi sospetti e teorie per troppo tempo, potrebbe essere responsabile di un considerevole colpo alla sua già fragile salute.

Preoccupazioni e dubbi lo affliggono anche quando si unisce ai suoi colleghi presso la caffetteria nell'edificio del personale per il solito telegiornale in tarda serata, dopo aver messo i ragazzi a letto – probabilmente dovrebbe sentirsi un po' in colpa per non prestare molta attenzione, sia quando ha letto meccanicamente la solita storia della buonanotte ai Principi, o ora quando Balin sta distribuendo i nuovi turni di lavoro e promemoria, ma, beh, già cova così tanto senso di colpa per così tante questioni differenti che sta diventando un po' difficile differenziare.

Bofur lo sorprende completamente perso nei suoi pensieri, quando quasi tutti se ne sono andati, non avendo assolutamente la minima idea di cosa il telegiornale appena concluso avesse parlato, e stringendo la sua tazza di cioccolata (almeno una piccola parte di lui aveva abbastanza buon senso da evitare più caffè) come un salvagente.

“Non hai un bell'aspetto,” nota l'autista allegramente, e Bilbo si desta con un po' di shock.

“Oh, io... Hmm. No, sto bene. Assolutamente bene,” balbetta, grattandosi la testa.

“Giusto. In ogni caso, indovina un po'. Ho osato chiamare la signorina Smythe oggi – ho pensato che sarebbe stata occupata durante la settimana, col dirigere una scuola e tutto il resto – ed era davvero emozionata quando le ho detto circa la nostra decisione per quanto riguarda nostro zio Bifur. Ha detto che pensava che Ibindikhel sarebbe entusiasta di raccontare la nostra storia. E a sua volta, Bifur sembrava altrettanto entusiasta quando gli ho detto di incontrare la nonna della signorina Smythe. Continuava a chiedermi quando sarebbe venuta. Non credo di averlo visto così eccitato per qualsiasi cosa che non fosse il calcio da molto tempo.”

Bilbo lo fissa con uno sguardo assente e cerca di capire se la sensazione della poltrona che lentamente lo inghiottisce abbia un qualsiasi fondamento nella realtà.

“Oh... bene. Ho bisogno di un drink,” dice in modo monotono, “pensi che ci sia del rum in cucina che posso aggiungere a questa cioccolata?”

“Ma che ti prende?” Bofur inclina la testa, chinandosi in avanti, e Bilbo sospira, sorridendo debolmente – è la sua unica difesa, ma probabilmente è anche solo una questione di tempo prima che tutti comincino a vedere attraverso di essa.

“Niente, sto bene, davvero,” mente, “Sono... senti, cosa ne sai tu del... com'è? Consiglio dei Ministri? Il grande evento di mercoledì?”

“Oh quello,” Bofur ridacchia, “è praticamente solo un grande incontro ufficiale tanto per fare show. Tutti i leader dei partiti politici hanno l'ultima possibilità di parlare prima delle elezioni, e questa è davvero una grande tradizione, in fondo. Si svolge nella Sala Grande, ci sono ovviamente i media, e Sua Maestà conclude tutto con, sì, ancora un altro discorso, avrai già notato che ha un talento per questo... In ogni caso, è tutto molto bello, ma ho sentito che stanno pensando di annullarlo. Soprattutto quest'anno, con tutto il casino intorno al partito di Karkâl, si parla del fatto che tutte le tradizioni non siano nient'altro che un bel velo per far dimenticare per un giorno quanti criminali il Palazzo ospiterà, sai.”

Bilbo ridacchia, e l'amarezza è del tutto genuina.

“Ho sentito che Smaug Bundushar sarà qui?” dice, spera casualmente, inghiottendo la bile in aumento in gola con un generoso sorso di cioccolata.

“Oh sì. Dimostra la tesi, non credi? Non riesco a immaginare che Sua Maestà ne sia troppo felice.”

“Hmm.”

Ma è proprio questo, non è vero? Di qualunque cosa Bundushar vuole parlare con Bilbo se vuole spaventarlo, o reclutarlo, o sbarazzarsi di lui o qualsiasi altra cosa, userà questa occasione nella sua interezza. Nessuno sospetterà gioco sporco, e Bilbo si ricorda quando l'aveva affrontato al Gabil-Dum, il grande edificio del Parlamento ereboriano, e come aveva visto le persone camminare fuori dalla finestra della piccola stanza in cui avevano 'parlato', e il fatto che fossero completamente ignare di ciò che stava accadendo all'interno era stata contemporaneamente la cosa più irritante e terrificante di tutta la faccenda.

Ma po i del resto, per la stessa ragione, in realtà non dovrebbe fare nulla, giusto? Ci sarà senza dubbio una grande intensità delle pattuglie di sicurezza lì, così come la stampa, e sì, anche Gandalf... Forse parleranno... e basta. Bilbo ci cr ede per circa dieci secondi, naturalmente, perché poi Gandalf lo chiama, come promesso.

“Buone notizie, buone notizie,” annuncia con gioia, anche se Bilbo ha la vaga impressione che sia di fretta – sente il debole brusio di una folla dall'altro capo della linea, così come alcune chiacchiere piuttosto agitate.

“Ho parlato con Bard, e hanno in programma un'intervista con Bundushar mercoledì. Il tutto è concepito molto ordinatamente. Saremo entrambi lì, e ti terremo d'occhio. Ora dimmi – saresti disposto ad indossare una cimice quando parlerai con lui? Faremo in modo che accada da qualche parte dove c'è un sacco di gente nelle vicinanze. Sarà perfettamente sicuro, ed è nel suo interesse non tentare nulla, lo sai. Sarà fermato immediatamente se lo fa, e se ne rende conto.”

“Non pensi che sospetterà la presenza di una cimice?” Bilbo chiede l'unica domanda, tra le tante che sta pensando, che lo fa sentire più a disagio.

“Oh, sono sicuro di sì. La nasconderemo. Un auricolare forse. Una di quelle minuscole telecamere nel tuo fermacravatta. Emozionante, non è vero?”

Gandalf,” geme Bilbo.

“Sarai perfettamente al sicuro, ti do la mia parola.”

“Beh, perdonami se non lo trovo molto rassicurante,” si lamenta Bilbo, “è davvero necessario?”

“Ovvio che no.”

“Io... eh?”

“Ovvio che non è necessario. Potremmo semplicemente restare in attesa degli eventi, vedere come finiranno le elezioni. Potremmo assumere che Bundushar abbia un ben più grande progetto in serbo, qualcosa che si snoderà solo molto lentamente, dandoci il tempo di capire tutto. Ma dimmi, Bilbo – quando hai condiviso la tua storia con Thráin, hai lasciato che anche lui parlasse?”

“Lo schema si sta ripetendo?” osserva Bilbo seccamente.

“Esattamente. Ha visto accadere questa cosa già una volta. Io ho visto accadere questa cosa già una volta. Bundushar era giovane allora, e aveva molta meno esperienza, e molto meno da perdere.”

“Ha detto...” Bilbo sospira, la sua voce un po' esitante, “ha detto che... Thorin non...”

“Sì, lo so. Mi ha detto la stessa cosa. Sembra pensare che il destino che ha colpito il padre sia in attesa anche di suo figlio. Faremo in modo che ciò non accada.”

“Ma che cosa vuol dire?” geme Bilbo, contento di essere da solo nel suo piccolo appartamento – offre almeno un lieve senso di sicurezza, come se niente lo potesse raggiungere qui.

“Senti, devo andare ora,” Gandalf cambia discorso, “Ti farò chiamare da Bard domani con i dettagli. Credo che avrà alcune intuizioni interessanti. Posso contare su di te per tenere duro fino ad allora?”

L'ultima frase viene fornita con un accenno di uno scherzo, ma Bilbo certamente non riderà molto presto.

“Non ne sono sicuro. Ti farò sapere quando mi sveglio domani. La paura esistenziale è una cosa particolare con cui andare a letto.”

“Paura esistenziale,” Gandalf ride, poi aggiunge, con fermezza, “starai bene, Bilbo. Davvero. Il tuo ruolo in tutto questo è importante, ma non in modo così pericoloso.”

“Buonanotte, Gandalf,” grugnisce Bilbo, e riaggancia prima che l'uomo possa rassicurarlo ancora di più fino a ritrovarsi dispiaciuto, e presto.

Quasi non va da Thorin quella notte. Quasi trova sia più facile rimanere nel suo piccolo letto a fissare il soffitto, ma alla fine soccombe all'immagine del volto di Thorin, il sorriso che senza dubbio riceverà quando arriverà e la delusione se non succederà. Thorin è grande e caldo e morbido, ma solido come una roccia, e stasera, Bilbo deve avere le sue braccia attorno a sé come una coperta di sicurezza, per quanto egoista tale nozione sia.

È impassibile quando Dwalin annuncia che il Re è ancora con il padre; semplicemente entra a passo svelto, si siede sul divano per quello che potrebbero essere ore, e pensa a come tutto accade fin troppo in fretta in Erebor. Un giorno, è seduto qui in attesa di Thorin che venga da lui, e domani, o il giorno dopo, potrebbe affrontare la sua ira, o la sua delusione, o la sua tristezza. Oppure tutto questo in una volta.

Thorin non si presenta ancora, e un diverso tipo di nervosismo sopraffa Bilbo – e se Thráin avesse effettivamente deciso di dirgli tutto, e Bilbo ha i minuti contati di (relativa) pace, al posto di un numero indefinito di giorni? Medita anche di uscire di corsa e tornare al suo appartamento, ma prima che possa farlo, un leggero bussare alla porta annuncia Dwalin, che sembra un po' scontento quando dice a Bilbo: “Ha avuto una chiamata... inaspettata. Tornerà tardi, ma... ti chiede di restare.”

Bilbo lo guarda a bocca aperta un po' sbalordito, prima di ricomporsi e ringraziarlo, arrossendo con molto fervore per effetto aggiunto. Potrebbe giurare che Dwalin abbia roteato gli occhi, prima di chiudere la porta dietro di sé.

Una doccia è il corso più semplice di azione, e Bilbo spera che potrebbe effettivamente aiutare un po' – una volta che smette di sentirsi un po' come un intruso, trascorre più tempo lì, il vapore che sale intorno a lui, l'acqua calda che dissolve la sua tensione almeno momentaneamente. Spera di poter trovare Thorin quando esce dalla doccia, ma dato che questo non è il caso, si siede sul l etto, un po' confuso. Controlla i memo sul suo tablet, almeno una dozzina di volte. Rivede il compito scritto di Fíli, per la seconda volta quel giorno. Tira fuori la penna che Thorin gli aveva dato e la gira tra le dita, ancora e ancora. Fa di tutto per scrollarsi di dosso il crescente disagio che si stabilisce subdolame nte come un peso fantasma sulla nuca, facendogli accapponare la pelle.

Osa persino prendere la piccola foto incorniciata sul comodino tra le mani, e lo sguardo nel viso di Dís e Frerin, i fratelli di Thorin. Sono giovani nella foto, molto giovani, molto casual, seduti fianco a fianco sull'erba essiccata al sole, spirali di fumo che salivano dietro di loro, e Bilbo ricorda di come Thráin aveva parlato di aver portato i suoi figli a fare un falò nel prato dove la Principessa ora giace sepolta, e cuocere... cos'erano? Mele? Dís ha un sorriso smagliante, molto bella nel suo vestito a fiori e un grande cappello estivo, lunghe ciocche di capelli scuri a cascata sulle spalle, il braccio intorno al fratello minore. Frerin è appena nella sua adolescenza, azzarda Bilbo, l'età di Fíli – assomiglia al Principe in molto di più, infatti, con la sua criniera ribelle di capelli d'oro (Bilbo si meraviglia per un momento della genetica, ma decide ben presto che farebbe meglio a lasciar stare quell'area) e il luccichio malizioso negli occhi.

Bilbo li fissa a lungo, preservati nella loro felicità e gioia, e si alterna tra il sentirsi dolorosamente fuori luogo e dolorosamente colpevole. È inutile chiedersi come sarebbero ora, naturalmente, ma è molto facile immaginare perché è stato quasi impossibile per Thorin andare avanti. Per quanto Bilbo non vuole fare ipotesi azzardate, è abbastanza chiaro che Thorin probabilmente fosse il meno accomodante dei tre, con il suo status da erede-al-trono, e le aspettative e le responsabilità poste su di lui. Cosa gli hanno detto i suoi amici sulla Principessa nel tempo? Che era il sole della corte? Che era l'unica che sapeva come prendere Thorin? E Frerin... beh, nessuno parla molto di lui, in effetti, ma Bilbo ha l'impressione che fosse uno spericolato, il figlio preferito, chiassoso e gioioso, alleggerito da ciò che suo fratello ha dovuto sopportare...

È tutto molto toccante, e rannicchiato nel grande letto di Thorin ben oltre mezzanotte, Bilbo diventa un po' sopraffatto da quanta solitudine il Re deve aver provato – deve provare ancora anche ora, sicuramente, di tanto in tanto. Bilbo stesso è abituato alle grandi e caotiche riunioni di famiglia, e anche se non ne ha più preso parte da anni ormai, anche se i suoi parenti lo riempiono di amarezza, più che ogni altra cosa, in questi giorni, ancora si ricorda la sua eccitazione quando era bambino, ad incontrare tutti i suoi cugini e zii... Anche se la famiglia reale ha un certo numero di parenti, da ciò che Bilbo ha raccolto nel corso dei mesi, si chiede ancora se a Thorin non manca quella sensazione con cui Bilbo è così familiare – quella di sapere che non importa quanto si sente distaccato, ha ancora radici, ha ancora un posto dove tornare, ha ancora persone che lo considerano di famiglia (anche se a loro potrebbe non piacere particolarmente, osserva, pensando a zia Lobelia).

Pensa a come Thráin parla dell'infanzia di Thorin, ricordandola facilmente e ripercorrendola con molto meno dolore di quanto Bilbo si aspettasse – quanto strano deve essere, quanto ingiusto, che tutta la vita di Thorin è una serie di eventi incredibilmente sfortunati, miseria e perdita. La ricomparsa di Thráin l'ha fatto credere nei miracoli, Bilbo ha indovinato tanto, ma qualcosa gli dice che ne ricevi solo una scarsa quantità durante tutta la vita. Prima di accorgersene, il suo filosofare inquieto lo fa addormentare dolcemente, e un braccio che si avvolge stretto attorno a lui potrebbe essere solo una parte di un piacevole sogno che non merita minimamente.

***

Si sveglia quando l'allarme di Thorin scatta, il che naturalmente è ad un'ora assurda, ma a parte il movimento per spegnere l'incessante bip, Thorin è molto vicino e molto caldo, e quindi Bilbo non si lamenta molto. Non appena si ricorda di ieri, non vuole che il momento finisca mai, ad essere onesti.

“Scusa se sono arrivato tardi,” mormora Thorin nei suoi capelli, il suo braccio che culla Bilbo più vicino a sé è esattamente la coperta di sicurezza che aveva auspicato, e Bilbo respinge le scuse con un borbottio incomprensibile.

Forse, se non apre gli occhi per un po', con il volto sepolto nell'angolo della spalla di Thorin, il mondo deciderà di essere più gentile con lui oggi.

“Sono contento che sei rimasto però,” continua il Re, e Bilbo sorride, accarezzando il braccio di Thorin fin dove può arrivare.

“Amo il tuo letto,” spiega assonnato.

“Anch'io. Anche se mi capita di passarci vergognosamente poco tempo.”

“Mmm, dobbiamo porvi rimedio.”

“Già.”

Ma non ci vuole molto per tutta l'incertezza e l'agitazione di ieri ad iniziare a diffondersi, e nonostante il tepore delle lenzuola e un altro corpo vicino a lui, Bilbo è inquietamente sveglio inquietamente presto.

“Devi andare?” chiede, gli occhi che si aprono con riluttanza.

“A dire il vero, sì.”

Sembra così dispiaciuto. Bilbo si solleva in modo da guardarlo negli occhi, e sorridere si dimostra molto più facile di quanto avesse pensato di fronte ai suoi capelli arruffati e il suo tenero sguardo.

“Va bene. Ti faccio il caffè. O anche un toast? I tuoi elettrodomestici da cucina sono rimasti inutilizzati per troppo tempo.”

Questo induce una risatina gentile, e districano i loro arti, lentamente e con riluttanza, e Bilbo non sa Thorin, ma scendere dal letto sembra la cosa peggiore, il compito più difficile che dovrà affrontare oggi. Forse dovrebbe desiderare che fosse vero.

Scoprono che nessuno di loro ha troppo tempo da perdere, e quindi il caffè viene fatto in fretta, i toast imburrati mentre si abbottonano la camicia.

“Cercherò di tornare prima oggi,” dice Thorin, decidendo come bilanciare il mangiare e il sistemarsi la cravatta.

“Non sovraffaticarti,” Bilbo ammicca verso di lui, avvicinandosi e si fa carico della cravatta, “e mangia il tuo toast.”

Sente gli occhi di Thorin su di lui per tutto il tempo, e si sforza di pensare a cose forse un po' meno cupe delle crisi personali e dei mondi che finiscono. Si dimostra molto più facile quando la cravatta è fatta ed alza gli occhi, uno sbuffo di risata gli sfugge.

“Vieni qui,” ridacchia, togliendo le briciole dai baffi di Thorin con il pollice.

Thorin sembra sinceramente pietrificato per una frazione di secondo, ma poi sorride.

“Mi hai salvato la reputazione,” dichiara.

“Bene. Mi mandi un assegno?”

“Lo farò.”

“Adesso vai.”

Thorin trattiene il suo sguardo per un attimo, il suo sguardo ampiamente illeggibile, prima che sospiri ed annuisca, asciugandosi le mani con il panno da cucina più vicino, poi lisciandosi il vestito e camminando a grandi passi, Bilbo seguendolo a passo svelto al suo fianco.

“Oh, mi dimenticavo,” si ferma sulla porta, “mio padre dice grazie per i libri, e di fermarti da lui quando puoi. Che storia è?”

“Oh, um,” Bilbo deglutisce, nascondendo il brivido nervoso abbastanza bene, “è, uh... Abbiamo parlato ieri, e ha espresso il bisogno di leggere di più. Mi ha chiesto di portarlo in biblioteca, ho detto che non potevo davvero farlo, e così ho finito per svuotarla quasi tutta e portargliela invece.”

“Oh,” Thorin annuisce, poi, con grande sollievo di Bilbo, sorride, “Capisco. Bene. Grazie.”

“Non c'è–” inizia Bilbo a dire, ma viene fermato da un casto bacio di Thorin, motivo per cui finisce quella frase molto più felice, e con un piccolo sorriso si separano: “Non c'è problema.”

“Ci vediamo,” dice Thorin piano, “salutami i ragazzi.”

E con questo, apre la porta e viene portato via dalle sue guardie di sicurezza, Bilbo persiste a pochi passi dietro il gruppo in marcia con uno scopo preciso, finché non girano l'angolo e si ritrova da solo nel corridoio, la prima luce del sole del mattino che appena filtra. Bene allora.

Un po' stordito, mette mano ai suoi doveri, svegliando i ragazzi, chiacchierando di questa o quella modifica del programma con le guardie di sicurezza, mentre i Principi si gustano la loro colazione (con molte più briciole di Thorin, osserva Bilbo con affetto), ascoltando le notizie del mattino alla radio mentre vanno tutti in città in auto... sembra quasi un giorno come un altro, e rende Bilbo molto triste.

Frida lo prende da parte dopo il loro arrivo alla scuola di Fíli, ed ignora lo sguardo curioso del Principe e si affretta verso di lei, anche se preferirebbe di gran lunga tornare a casa in quel momento.

“Buone notizie,” esclama Frida non appena porta del suo ufficio si chiude dopo di loro, e Bilbo si sforza di non onorarlo con un gemito sincero – 'buone notizie' è arrivato a significare 'più guai in vista' ad un certo punto, e gli sembra come se l'avesse sentito non-stop in questi giorni.

“Io e mia nonna faremo visita a Bifur Abkhûz domani,” gli dice eccitata, e si limita a sbattere le palpebre.

“Davvero? Così presto?”

“Sì! La sua famiglia è stata davvero incredibilmente solidale e cooperativa quando gliel'abbiamo chiesto. Neanch'io mi aspettavo che succedesse così presto! Oh, e Bard mi dice che anche il padre del Re vuole incontrare il signor Abkhûz? È così eccitante.”

“Per te sarà eccitante...” Bilbo sospira, pizzicandosi il ponte del naso.

“Bilbo, cosa c'è che non va?”

“Presumo che Gandalf – il Dottor Grey abbia detto a Bard quello che sta succedendo? Bard ti ha detto qualcosa?”

“No, io–”

“Bundushar mi ha chiamato ieri.”

Gli occhi di Frida si spalancano in shock vero e proprio, e si sporge in avanti nella sua grande poltrona.

“Che cosa vuoi dire, ti ha chiamato? Intendi...?”

“Intendo che ha preso il telefono e mi ha telefonato, sì.”

“Ma perché? Cosa vuole?”

“Vuole parlare,” Bilbo abbellisce l'ultima parola con una dose particolarmente ricca di sarcasmo, “del grande evento di mercoledì.”

“Oh Dio, il Consiglio dei Ministri? Cosa pensi che abbia progettato?”

Almeno ora lei sembra più presa alla sprovvista che entusiasta, e Bilbo apprezza il fatto, per qualche motivo.

“Vorrei davvero saperlo,” risponde, “Sono... terrorizzato, come puoi immaginare. Penso che Gandalf voglia mettermi una cimice, e che cerchi di convincerlo a confessare qualcosa, o come diavolo si dice in questi giorni.”

“Oh, Bilbo...” la sua mano vola alla bocca per un attimo, “questo è... poverino. Mi dispiace tanto.”

“Beh,” sorride con amarezza, “un po' di avventura non ha mai ucciso nessuno, no?”

Il viso di Frida si contorce in compassione genuina.

“È solo che... Mi dispiace che sei stato trascinato in questo. In tutto questo,” dice con sorprendente franchezza, “non... sei venuto qui per essere un tutor, per la miseria. Non per rimanere impelagato in... cospirazioni governative e quant'altro.”

“Sì, vorrei che avessero incluso 'coinvolgimento in operazioni clandestine una possibilità concreta' nel contratto originario,” dice con una sorta di umorismo disperato, “o forse ho letto male.”

***

L'amarezza non lo lascia per il resto della giornata. Bard lo chiama ad un certo punto intorno all'ora di pranzo, incredibilmente ed inopportunamente euforico per tutto, e prima che Bilbo se ne accorga, sta tenendo una sorta di improvvisata conference call con lui e Gandalf; i due fanno del loro meglio per convincerlo a trasformarsi in una spia, come se fosse in un film di James Bond, e indossare l'equipaggiamento che potrebbe potenzialmente fornire loro del materiale rivelatore per quanto riguarda Bundushar, nel caso dovesse parlare troppo naturalmente.

Bilbo concorda soprattutto per farli tacere. È seduto su una delle panchine nella parte più appartata del parco, lontano da qualsiasi occhi indiscreti, e una dolce brezza scompiglia le foglie del castagno sopra la sua testa, componendo una sinfonia ironicamente calmante con il canto degli uccelli tutto intorno.

La batteria sul telefono di Bilbo muore praticamente non appena finisce la chiamata, dopo aver accettato di incontrarsi con Gandalf domani mattina per un 'debriefing', ed è grato, accogliendo la possibilità di essere tagliati fuori da ogni comunicazione almeno per un momento. Guarda un gruppo di ciò che deve essere alcuni diplomatici stranieri a cui viene dato un tour della proprietà più avanti, e pensa a ciò che avrebbe detto sua madre. Che cosa avrebbe pensato delle sue ultime decisioni, se lo avrebbe sgridato per la sua imprudenza o elogiato per il suo coraggio. Hai trentacinque anni, per la miseria, forse dovresti fare fronte a ciò che esattamente che desideri. Suona abbastanza come una frase tipica di lei che Bilbo decide di lasciare che lo sproni, e si trascina di nuovo ai suoi doveri.

Quella notte, Thorin è di nuovo molto in ritardo e deve andarsene ancora più presto al mattino, e tutto sommato, c'è fin troppo poco di lui affinché Bilbo possa crogiolarsi abbastanza nella sua presenza per calmarsi, almeno un po'. C'è anche troppo poco dei ragazzi, il viaggio verso la scuola passa in un lampo, anche se vuole prolungarlo il più che può, e alla fine non c'è nient'altro da fare per lui che ingoiare la peggiore della sua ansia e dirigersi dove deve incontrare Gandalf.

Si sente dolorosamente vulnerabile, lasciando la sua piccola auto e salendo in quella grande di Gandalf dall'aspetto ostile, lussuosi sedili in pelle e vetri oscurati che forniscono soltanto poco conforto. Gandalf esprime con fermento che 'tutto è al suo posto' , e che 'non siamo mai stati così vicini ad arrivare a lui', e Bilbo si aggrappa alla sua borsa a tracolla in grembo e guarda avanti, con lo stomaco che lo informa piuttosto con veemenza che un toast per colazione, un caffè e un po' di stress non sono una combinazione molto sana.

Quasi gira sui tacchi e marcia (corre) lontano quando Gandalf lo porta in un imponente edificio austero nel distretto commerciale della città – il quartier generale dei Servizi Segreti Ereboriani. Si ricorda dell'ansia dei suoi primi giorni ad Oxford mentre si affretta dietro Gandalf, ma l'università consisteva di ingressi e prati e archi in pietra molto più belli, e molti meno corridoi artificialmente illuminati e persone dall'aspetto severo in uniformi scure che gli offrono brevi occhiate illeggibili.

Quasi si inghiotte la lingua quando viene condotto in una sala conferenze in fondo al labirinto dell'edificio, e incontra Bard lì, così come il Commissario Surkaz, il minaccioso Capo della Polizia, e un paio di suoi uomini. Bilbo si siede su una sedia, molto rigida e molto fredda, mentre gli altri camminano su e giù e parlano di 'misure di sicurezza' e 'precauzioni necessarie', e 'fattori di rischio', e firma il documento che Gandalf scivola verso di lui (“Solo una piccola assicurazione nel caso qualcosa vada storto,” l'uomo sorride facilmente) in uno stato di intontimento. Riceve istruzioni. Suggerimenti. 'La guerra psicologica è il suo campo, non il tuo, quindi lascialo parlare.' Incontra gli uomini che lo monitoreranno in mezzo alla folla. È leggermente sollevato quando gli viene detto di lasciare la sua pistola e di non preoccuparsene, 'ci saranno persone più capaci a sparare per te, se necessario.' Gandalf tenta di sembrare incoraggiante, mentre Bard scarabocchia nel suo taccuino ed invia una dozzina di messaggi al minuto, strizzando l'occhio a Bilbo di tanto in tanto; e il Commissario Surkaz adocchia tutti con sospetto malcelato. Quando Bilbo osa richiamare l'argomento di informare Thorin, l'uomo lo guarda come se non riuscisse a credere che l'abbia davvero detto, e tutti gli fanno giurare di tenere tutto per sé, il Re ha abbastanza di cui preoccuparsi così com'è...

Bilbo non riesce a dormire quella notte. Si sottopone ad una breve conversazione con Thráin, descrivendo che cosa sta per accadere con molta cura – l'uomo è interessato a tutto, ma proprio come Bilbo, non è ancora del tutto sicuro di come collegare i punti tra Bundushar e tutto il resto, e la sua vasta lettura non ha ancora dato i suoi frutti, e così augura solo a Bilbo tutta la fortuna del mondo e gli chiede di essere informato in merito all'esito. E così Bilbo si trascina verso l'appartamento di Thorin finalmente, e si siede sul divano, agitato e tremante da quello che potrebbe essere uno spiffero d'ora, ma potrebbe anche essere pura paura vecchio stile, e lo schermo del suo tablet splende troppo luminoso, congelato su questo o quell'articolo di notizie su cui i suoi occhi si rifiutano di concentrarsi.

Thorin quasi lo spaventa a morte quando appare finalmente, e a quanto pare sono le due del mattino, e a quanto pare Bilbo deve aver un aspetto davvero orribile, perché il Re vacilla e lo scruta quasi con circospezione. Quando gli chiede cosa c'è che non va, Bilbo quasi si spezza, quasi cede – ma alla fine, offre un sorriso un po' lacrimoso e giustifica la sua insonnia con una tazza di caffè bevuta troppo tardi per placare il Re. E più tardi, la pelle ancora calda per la doccia, le dita aggrovigliate delicatamente nei riccioli umidi sul collo di Bilbo, Thorin riesce a baciare quel tanto che basta di ansia via da lui in modo che possa alla fine addormentarsi. Ma si sveglia di soprassalto quasi prima che l'allarme cominci a suonare, la testa che gli gira, la bocca secca – per un momento, contempla la folle idea di darsi per malato in tutta questa faccenda.

“Oh, a proposito,” dice Thorin dal guardaroba, entrambi che si vestono a malincuore, “stasera parto.”

“Ah, sì?” osserva Bilbo, controllando con attenzione che la sua voce non tradisca la sua disperazione, “dove?”

“Francia.”

Francia?

“Mhm. Un incontro con i francesi, gli spagnoli e gli italiani. Non potrebbe essere il momento meno opportuno, se me lo chiedi. Non te l'avevo detto? Mi dispiace. Torno domenica.”

“Domenica,” espira Bilbo debolmente.

“Sei, ehm... il benvenuto a stare qui,” arriva un'offerta piuttosto timida, “Deidre è preparata ad innaffiare le nuove piante, naturalmente, ma ho pensato...”

Il viso di Bilbo si contorce in dolore, ed entra nella stanza del guardaroba, imbattendosi in Thorin che si allaccia le maniche della camicia e gli mostra un piccolo sorriso. Senza dire una parola, Bilbo si avvicina, le dita che strisciano sul suo petto per sistemargli la cravatta, essendo diventato una sorta di loro rito, e si morde l'interno delle guance contro l'improvviso attacco di emozioni.

“Allora quella cena sarà per un'altra volta,” dice nel tono più leggero che può evocare, con gli occhi incollati al motivo a strisce della cravatta, e Thorin si tende quasi fisicamente.

“Oh, io – tashrab, me ne sono completamente dimenticato, io... Tanti saluti alle mie capacità di pianificazione. Mi dispiace tanto...”

“No, non fa niente,” Bilbo riesce a guardarlo negli occhi con un sorriso, “davvero. Noi... la faremo quando torni. Va tutto bene.”

La piccola finestra dietro di loro fornisce solo un bagliore nebuloso alla stanza, e circondato da legno scuro e il profumo di colonia di Thorin, Bilbo si lascia tirare vicino, e fa del suo meglio per appropriarsi almeno di una parte del calore solido di Thorin nella proprie ossa rigide e doloranti.

Non è abbastanza. Thorin viene portato via troppo presto, e Bilbo ha i suoi doveri, che compie meccanicamente, i suoi sorrisi in risposta all'allegro atteggiamento dei ragazzi sono molto deboli quella mattina.

L'evento inizia con un pranzo al quale Bilbo, ovviamente, non è invitato – no, ha un compito molto meno piacevole da eseguire. Sente persone che discutono molto prima di raggiungere gli uffici della sicurezza di Dwalin, ed è... sì, il Responsabile della Sicurezza in una lite piuttosto accesa con il Commissario Surkaz. Bilbo fa del suo meglio per non tradurre il rigoroso khuzdul.

“E tu che ci fai qui?” sbotta Dwalin quando lo vede, e Bilbo apre la bocca impotente, ma ecco quando Gandalf interviene.

“Ho chiesto a Bilbo di incontrarmi,” dice con calma, e lo sguardo di Dwalin scatta verso di lui.

Mi spieghi cosa sta succedendo, adesso, o vi farò scortare tutti fuori dall'edificio,” ringhia.

“Questo è ovviamente un brutto momento...” prova Bilbo, ma Gandalf cammina verso di lui, una mano sul braccio.

“Affatto. Ci toglieremo di torno,” sorride a Dwalin educatamente, poi si rivolge brevemente a Surkaz, “parleremo dopo.”

Il Commissario offre un cenno del capo e uno sguardo vago a Bilbo, e poi Gandalf lo porta via, in modo rapido e risoluto.

“Cosa sta succedendo?” vuole sapere Bilbo, guardando sopra la spalla ed incrociando lo sguardo sospettoso di Dwalin un secondo prima che girano l'angolo, “Dwalin...?”

“No. Non sa niente di quello che sta succedendo con te,” lo rassicura Gandalf, “il Commissario Surkaz ha semplicemente un momento difficile nel giustificare perché molti dei suoi uomini si trovano qui. Andrà tutto bene, non ti preoccupare minimamente. Ah, eccoci qui.”

Bilbo viene accompagnato in un ufficio proprio come qualsiasi altro, nel gruppo principale dell'Ala Comune, dove il pubblico è permesso, e si siede su una sedia e circondato da un paio di tecnici, gli uomini che gli forniranno la sicurezza in piedi in un angolo a conversare in tranquillità in khuzdul, mentre Gandalf gli ripete tutto quello che deve essere per la centesima volta. Bilbo prova ad ascoltare, lo fa davvero. Ma il suo cuore sta martellando un migliaio di battiti al minuto, e quasi guaisce quando uno dei tecnici gli chiede molto cortesemente di sbottonarsi la camicia, e gli attaccano quello che è un filo quasi impercettibile su di lui – e anche se non fosse visibile sotto la camicia e il cardigan, sembra comunque come se un peso immenso fosse stato aggiunto al petto, quasi come se fosse gli stesse fisicamente comprimendo i polmoni.

“Starai bene,” gli dice Gandalf prima di lasciarlo, il suo sorriso incoraggiante in realtà non funziona affatto, “sentiremo quello che stai dicendo in ogni momento, sapremo dove sei in ogni momento. Non ti succederà nulla. La parola di sicurezza?”

“Brea,” dice Bilbo obbediente, “ma Gandalf–”

“Hai la mia gratitudine per esserti prestato a questo. Se qualcosa va storto, la colpa ricadrà su di me, te lo prometto.”

“Beh, questo sì che è rassicurante.”

“Lo so. Adesso vai. È showtime.”

***

E così Bilbo va. Si confonde con la folla come meglio può. Il suo compito è semplice – lasciare che Bundushar lo trovi. Oh che gioia. La parte importante di tutto l'evento inizia tra circa un'ora, e Bilbo in qualche modo deve aver fatto per allora, perché nonostante tutto, ha alcuni compiti reali che coinvolgono dei Principi. Il che significa che ha bisogno di sopravvivere a questo. Sì.

La maggior parte della folla si trova vicino alla Sala Grande in fondo all'Ala Comune per quanto è stato informato, e quindi si dirige lì, valorosamente, facendo del suo meglio per non sbirciare dietro le spalle ogni due secondi per determinare se le sue guardie lo stiano ancora seguendo. Si imbatte in Bard, dopo aver incontrato un numero scomodo di volti noti, i suoi sorrisi sempre più nervosi ogni secondo che passa, e così è quasi contento di vedere l'uomo.

“Eccellente, sei qui,” dice il giornalista in tono un po' cospiratorio, “senti, ho appena finito con lui, è in quel salotto sciccoso con il pianoforte, capito quale? Già. Vai. vai. Non ti preoccupare, è di un buon umore sorprendente. O, aspetta, sì, forse è una ragione in più per preoccuparsi. In ogni caso, buona fortuna!”

E con questo, scompare, il suo telefono già all'orecchio, e ogni passo che Bilbo fa verso la stanza che Bard gli ha suggerito è più pesante e più difficile – non è nemmeno sicuro se ce la farà ad arrivare lì. Si tira al colletto della camicia e desidera avere bevuto un po' di più.

Vede Bundushar prima che l'uomo veda lui, e qualcosa nel petto si stringe e lo fa fermare di botto. L'uomo è circondato da un sacco di gente, in profonda discussione su ciò che è sicuramente qualcosa di intrinsecamente malvagio e Bilbo è pietrificato sul posto, incapace di fare qualsiasi cosa a parte fissarlo imbambolato, in attesa che Bundushar lo noti.

“Professor Baggins.”

Guaisce e il suo cuore quasi salta fuori dal petto, e vede che il Signor Zundush, l'assistente losco di Bundushar, è apparso al suo fianco. La colonia dell'uomo è troppo dolce e ne ha indosso fin troppa, e lo stomaco di Bilbo si rivolta pericolosamente, e deglutisce.

“Siamo lieti che ce l'abbia fatta,” gli dice Zundush, come se tutto questo evento appartenesse a Smaug e Bilbo non è altro che un ospite qui, “ora mi segua, per favore.”

Bilbo apre la bocca, per protestare forse, ma le parole non escono, e Zundush offre solo un sorriso apertamente allegro e un cenno del capo, facendo segno a Bilbo di seguirlo. E Bilbo lo fa, contro ogni buon senso.

L'uomo lo porta lontano da Bundushar, lontano dalla massa principale della folla, e Bilbo giunge alla conclusione terrificante che in qualche modo, Zundush sa esattamente dove sta andando. Bundushar probabilmente agisce come se tutto questo palazzo appartenesse a lui, e il pensiero trasforma un po' della paura di Bilbo in rabbia – che è qualcosa a cui dovrebbe probabilmente aggrapparsi.

“Dove stiamo andando?” chiede in quello che spera sia un tono fermo, “e che cosa volete voialtri da me?”

“Per favore, Professore,” dice Zundush seccamente, “non si preoccupi sempre così tanto. Il signor Bundushar vuole davvero solo parlare con lei. In privato, ovviamente.”

“Ma perché?” mugola Bilbo, il nastro che tiene il filo in posizione prude un po', come se per ricordargli che sì, deve assolutamente continuare a fare domande.

Ma Zundush lo ignora, e invece si ferma nel bel mezzo di un corridoio che Bilbo sa che conduce alla galleria – sono vicini ad una parte del Palazzo che non è più accessibile al pubblico, e in qualche modo, il fatto serve solo ad alimentare il risentimento di Bilbo. Che Bundushar osi tanto.

“Eccoci qui,” dice Zundush con un sorriso radioso, sinceramente felice, come se tutto stesse andando secondo i piani, indicando una porta che conduce in uno dei salotti dove Bilbo non ha mai passato molto tempo – sono perlopiù utilizzati per ricevere ospiti meno importanti, da quello che sa.

La bile gli sale in gola quando Zundush tiene la porta aperta per lui – riesce a gettare uno sguardo nel corridoio prima di entrare, e vede che è purtroppo privo di persone, e le guardie di sicurezza ad ogni estremità di esso non sembrano troppo interessate a loro. Le guardie di Bilbo sono lì da qualche parte, pensa di intravederle fermarsi ad una delle grandi finestre, e ora può solo sperare che saranno di qualche utilità.

L'interno è, fedele alla migliore tradizione del Hurmulkezer, tutto in marmo bianco e sedie piuttosto antiche, fiori e un grande specchio su una parete, e in confronto con tutto ciò, i due grandi uomini massicci in abito scuro in piedi vicino alla finestra alta sono più inadatti che mai, e Bilbo li risente immensamente per aver contaminato tutto questo con la loro presenza. Non risparmiano uno sguardo nella sua direzione, si muove solo per stare vicino alla porta mentre Zundush gli sorride e dichiara: “Se potesse per favore aspettare qui. Ritornerò con il signor Bundushar.”

Bilbo spera di sembrare propriamente disgustato, e l'uomo viscido si limita a sollevare un sopracciglio e poi se ne va, le guardie di sicurezza chiudono la porta alle spalle rendendo molto chiaro a Bilbo che non lo seguirà molto presto. Rischia un'occhiata a loro, ma i loro occhi sono concentrati sulla parete, e così Bilbo sospira, rassegnato, e si accascia sulla fodera costosa della sedia. Si sente stranamente... vuoto. A tutti gli effetti, ora sarebbe il momento di essere davvero spaventato, ma è semplicemente... beh, ancora un po' nauseato, ma anche incavolato, furioso che Bundushar si sia permesso di sfilare nel Palazzo così e requisire stanze casuali per eseguire i suoi incontri segreti e terrificando le persone.

Guarda fuori dalla finestra, una siepe ben curata che oscura la maggior parte del giardino che sa che probabilmente è pieno di gente... pensa di sentire il profumo delle rose. Pensa che gli piacerebbe vedere le rose, almeno ancora una volta nella sua vita – il che implicherebbe uscire vivo da qui, e non è ancora del tutto sicuro circa le sue possibilità. Non sarebbe ironico, respirare il suo ultimo respiro qui, probabilmente rovinando la moquette follemente lussuosa nel processo?

È così perso nei suoi pensieri assolutamente ridicoli che nemmeno sussulta quando Bundushar marcia nella stanza. Indossa un abito scuro e un sorriso ancora più scuro, che cerca e fallisce ad apparire benevolo. Bilbo vorrebbe dirgli che non ha la faccia per questo – no, finti sorrisi possono essere messi a segno solo da persone come il suo assistente sudato Zundush, abbastanza semplice e non ancora così pieno di malignità che si insinua in ogni sua espressione facciale.

“Professor Baggins,” dice Bundushar, “è un piacere, di nuovo.”

Tende la mano verso di lui, ma Bilbo semplicemente la fissa, lo sguardo che guizza dalla mano a Smaug, in un messaggio molto chiaro da 'non si può aspettare sul serio che lo faccia'. Bundushar cede infine, sogghignando leggermente e ritirandola ('ritraendo i suoi artigli', fornisce la mente di Bilbo), e Bilbo si lascia sfuggire uno sospiro tremante, contorcendosi un po' sulla sedia.

“Che cosa vuole?” chiede.

“Dovrebbe chiedere a se stesso la stessa domanda,” risponde l'uomo con facilità, e con un piccolo gesto di manda le guardie fuori.

“So quello che voglio,” ribatte Bilbo con sorprendente determinazione, “mi piacerebbe molto un po' di pace da tutto questo. Da lei.”

“Pace,” ripete Bundushar lentamente, ed è come se non fosse abituato a persino usare la parola, ma poi sorride, quasi divertito, “forse avrebbe dovuto pensarci prima di accettare questo lavoro. Un delicato uomo inglese che fa da tutor per il nipote del Re. Immagino che non avrebbe mai immaginato che tutto questo potesse succedere a lei, ho ragione?”

“Beh, di certo non pensavo che avrei incontrato persone come lei,” borbotta Bilbo sottovoce, il tono beffardo dell'uomo gli fa ignorare il ghiaccio sottile su cui sta camminando.

“Ma davvero?” dice Bundushar tranquillamente, e qualcosa nella sua voce costringe Bilbo a guardarlo negli occhi.

L'uomo lo scruta, lo ispeziona, lo valuta, e Bilbo pensa di notare uno strano accenno di sospetto nel suo sguardo.

“Avrei pensato che essendo lei un insegnante, sarebbe stato più bravo ad esprimere il suo pensiero,” dice Bundushar in modo incredibilmente vago, e Bilbo aggrotta le sopracciglia, sia in confusione che in collera.

“Avrei pensato che essendo lei un politico, sarebbe stato più bravo a convincermi di volerlo fare,” dice con facezia, e Bundushar ride, brevemente, senza vita.

“Oh, io non sono un politico,” osserva con leggerezza, “non lo guarda il telegiornale? Mi chiamano enigmatico in questi giorni. Un filantropo, se non faccio in tempo a fermarli. Ho anche sentito il termine 'boss' venir utilizzato una sola volta, e sebbene sia lusinghiero, non è di certo accurato.”

“Trova più idoneo 'genio criminale'?” sbotta Bilbo, e si deve sforzare un bel po' nel secondo successivo in modo che le sue mani non volino alla bocca con orrore alla propria spavalderia.

Ma Smaug semplicemente ride un po' di più, e Bilbo deve riconoscerglielo, è una buona tattica – una bella risata vaga nasconde un sacco.

“In effetti sì,” sorride ampiamente, appoggiandosi allo schienale della poltrona ed incrociando le mani sulle ginocchia, “molto teatrale, anche se, ancora una volta, inaccurato. Ma basta con i soprannomi. Mi piacerebbe molto a progredire al vero argomento di questa conversazione.”

“Prego, faccia pure,” dice Bilbo, incrociando le braccia sul petto in difesa, gli occhi che guizzano fuori dalla finestra.

La giornata è bella, e Kíli e Fíli sono probabilmente a pranzo in questo momento, allegri e chiassosi e felici, e così, così lontani... Deglutisce, inspira profondamente e si fa coraggio a riportare la sua attenzione su Bundushar. Che, da parte sua, sembra considerarlo con quello che Bilbo non esiterebbe a chiamare intrigo.

“È straordinariamente bravo,” dice, destabilizzando Billbo un po', “Non sapevo che li facessero più come lei. I miei complimenti alla Regina.”

“La – la Regina,” ripete Bilbo debolmente a pappagallo, e il volto di Bundushar si dissolve in pura gioia.

“Meraviglioso! Ma si guardi. Un ruolo incredibilmente tagliato su misura. Il fragile e spaventato insegnante che si impelaga in questioni di alta politica perché vuole solo aiutare. Oh, il Re deve pensare che lei è una delizia.”

L'ultima parola è pronunciata con una dose speciale di veleno, e Bilbo arrossisce, stringendo i denti e facendo del suo meglio per non distogliere lo sguardo.

“Di che diavolo sta parlando?” chiede, e si compiace quando esce in tono accettabilmente severo.

“Oh, suvvia, può parlare liberamente con me,” Bundushar sembra divertirsi immensamente, “fingere deve essere così estenuante per lei.”

“Fingere? Fingere cosa?” esclama Bilbo, diventando davvero confuso.

Smaug lo fulmina con lo sguardo per un attimo, poi emette un breve sospiro, come se fosse deluso di Bilbo per qualche ragione, e si sporge in avanti, dicendo con cura esagerata e finta calma: “So per chi lavora.”

Le sopracciglia di Bilbo si inarcano così in alto che la fronte quasi gli fa male fisicamente, e una risatina incredula gli sfugge del tutto involontariamente.

“Per chi lavoro?” ripete, il sorrisetto soddisfatto di Bundushar ancora al suo posto, “e chi sarebbe?”

Qualcosa di molto simile ad una rabbia appena velata balena nello sguardo di Smaug per una frazione di secondo, ma sparisce così rapidamente come è venuta.

“No, ha ragione, naturalmente,” dice, scuotendo la testa, e Bilbo si chiede se la sua confusione gli stia contorcendo la faccia tanto quanto pensa che stia facendo – nulla diventa più chiaro quando l'uomo aggiunge, “siamo entrambi dei professionisti, dopotutto. Andiamo al sodo, dal momento che non sembra essere interessato a giocare, e francamente, mi annoio facilmente se il mio oppositore non mi affronta.”

Bilbo si schiarisce la gola, socchiudendo gli occhi, il cervello che accelera a mille miglia al secondo per cercare di capirci qualcosa.

“Presumo che abbia familiarità con lo Schema,” dice allora Bundushar, e gli occhi di Bilbo si allargano, cosa che l'uomo sembra prendere come un sì.

“Immaginavo,” offre un piccolo sorriso soddisfatto, “le mie fonti mi dicono che Grey tiene la corte attentamente all'oscuro di tutta la vicenda? Presumo che questo includa lei – non c'è bisogno di rispondere, lo sguardo di completo disappunto è sufficiente. Non se ne dia pena, Professore, se c'è qualcosa in cui Dottor Grey eccelle, è la cautela con cui tratta tutti, compresi i suoi più stretti collaboratori.”

Completo disappunto, si domanda Bilbo, è davvero così che il mio sguardo... sembra? Mi sento più nel regno della più totale inconsapevolezza.

“Ora, a dispetto di cosa possa pensare di me,” continua Bundushar prima che Bilbo possa esprimersi in qualsiasi modo, “io ho a cuore il benessere di questo paese. Non mi guardi in quel modo. È diventato un tale sostenitore convinto della Corona che non riesce a vedere di che cosa si tratta?”

“Forse.”

Decisamente, almeno la 'vedere di che cosa di tratta' parte.

“Davvero,” Bundushar ridacchia, “influenzato dalla famiglia, vero? Molto poco professionale. No, non credo che sia così. Penso che lei sappia esattamente cosa c'è in gioco. È per questo che le sto facendo questa offerta – lo Schema per la sicurezza del Re. E i suoi adorabili nipotini, naturalmente.”

“Ancora minacce,” dice Bilbo, riuscendo a nascondere il suo brivido abbastanza bene, pensa, date le circostanze.

“Oh, sì,” replica Smaug francamente, “ma anche promesse mantenute. Vi ho dato Thráin – quello da solo dovrebbe essere sufficiente per credermi quando dico che faccio sul serio a tal proposito.”

Quale proposito?!, vuole urlare Bilbo, di cosa sta ancora parlando? E che diavolo è lo Schema? Ha bisogno di un drink. O di diversi drink. Forse un buon pranzo. Bene, pensa. Che cosa la gente di solito dice in situazioni come queste?

“Sarebbe un pazzo a pensare che... lo tradirei,” dice in un tono più o meno stabile, e sembra confondere Bundushar, anche se momentaneamente.

“Il Re?” commenta, “o Grey? Ti assicuro, nessuno dei due ne vale la pena. Presto niente ne varrà la pena.”

“È terribilmente crasso per qualcuno nella sua posizione,” ribatte Bilbo mentre il suo cervello gli grida ma che cosa stai dicendo?! Ascoltati!

Sente l'adrenalina scorrere nelle sue vene, il sangue alla testa, e dove è venuta fuori quella frase esattamente?

“La mia posizione,” ripete Bundushar quasi con attenzione, “mi illumini, Professore, che posizione è? O meglio ancora, parliamo della sua posizione. Ancora non capisco cosa Grey stesse pensando quando l'ha mandata a Gundabad – oh sì, lo so che è stato lui. Oppure ha pensato che quel giornalista piagnucoloso... Ibindikhel... mi avesse convinto per un secondo di aver organizzato tutto quanto da solo? Buon Dio. Kevin Kent. Era proprio un bravo ragazzo.”

Bilbo lo fissa imbambolato, e la sua mente è completamente, perfettamente sgombra. Non ha la minima idea di cosa diavolo sta succedendo, e lo lascia stranamente vuoto. Non è sgradevole, trova. È solo – beh, vuoto. Sente la curiosità che rosicchia ai margini della sua mente, ma la ignora per ora, ricordandosi di Gandalf che gli diceva di lasciar Bundushar parlare. Spera solo che l'uomo inizierà presto a dire qualcosa di sensato, perché comincia a sentire i morsi della fame... Lo scoppio di risa tranquillo gli sfugge in modo del tutto involontario, il tipo di risata disperata di qualcuno che è mortalmente esausto e ancora più disperatamente ignaro.

Bundushar non si muove di un millimetro, ma i suoi occhi si socchiudono quasi impercettibilmente – Bilbo suppone che questo potrebbe essere il suo equivalente di uno scoppio di rabbia, e così reputa saggia che sia probabilmente il momento di calmarsi un pochettino.

“Io, ehm... non ho davvero la minima idea di che cosa lei stia parlando,” dice molto educatamente, e Smaug rotea gli occhi – c'è qualcosa di intrinsecamente minaccioso nella smorfia.

“Ma davvero,” commenta con freddezza, e quando Bilbo si limita ad annuire, scrollando le spalle, il suo labbro si contrae in un ringhio malcelato, e si ispeziona le unghie, proseguendo in quel tono apertamente condiscendente, “così lei è solo qui per accompagnare i Principi a scuola e riprenderli. E chiacchiera con il padre perduto del Re ogni giorno di... cosa? Del tempo?”

“A dire la verità, sì,” Bilbo fa un sorriso smagliante, e ha difficoltà a non ridere di nuovo – potrebbe non essere il corso di azione più saggio, pensa.

“Interessante. Allora presumo che avrà anche una spiegazione del tutto normale sul perché il suo nome compare sorprendentemente spesso in qualunque cosa Grey sia coinvolto. Perché era proprio lì durante l'attacco.”

Bilbo si distende sulla sedia, la sua curiosità più forte della sua paura – per ora.

“E come fa a saperlo? Non mi ricordo di averla vista tra i commando armati, anche se sono sicuro che sarebbe stata una gioia per gli occhi.”

“Okay, va bene,” Bundushar ridacchia, e qualcosa dice a Bilbo che sta cominciando a perdere la pazienza molto lentamente, “So per certo che il Principe più grande frequenta una scuola diretta dalla nipote della Duchessa di Khazad, che, nel nostro mondo, è una connessione piuttosto precisa a lei, non le pare? Sono certo che il nome di Laura Ibindikhel le sia familiare, anche senza passare il suo tempo a cospirare con suo figlio. Per quanto riguarda il padre del Re, beh, è proprio sotto il suo naso ora, non è vero? Tutto molto comodo, niente di tutto questo una coincidenza, oserei dire.”

Lo schema si sta ripetendo. Qualcosa si sta battendo per l'attenzione nella parte posteriore della mente di Bilbo, ma non riesce ad afferrarla bene. Contro tutto ciò che gli è stato suggerito, e contro tutto ciò che ha detto a se stesso di non fare, decide di rischiare e vedere se può aiutare quel pensiero vagante a venire alla luce.

“E Bifur Abkhûz?” chiede, e una strana scossa di euforia danza lungo la schiena quando nota il lampo di vera e propria confusione negli occhi di Bundushar.

L'uomo si sporge in avanti, chiaramente incuriosito ma ovviamente ancora mirando a mantenere la sua aria minacciosa, e dice, sottovoce e con grande attenzione: “Chi?”

Bilbo offre un piccolo sorriso che è fin troppo sfacciato, nelle date circostanze, e Bundushar aggrotta la fronte.

“Beh,” commenta Bilbo, sentendosi stranamente, pericolosamente sventato, “per essere un genio criminale, pensavo che sarebbe stato più bravo a tenersi al passo.”

Può vedere le nocche di Bundushar sbiancarsi mentre la sua presa sui braccioli si stringe, e pensa beh ora è probabilmente il momento di avere paura. Ma la sua bocca decide di giocare una partita diversa.

“Non può farmi dire nulla,” dice, e la sua voce leggermente tremante per lo sforzo di avere tutto sotto controllo si adatta alla situazione, immagina, “in realtà, penso che troverà che non vedo di buon occhio la gente che spreca il mio tempo.”

E va bene, quella è una frase che ricorda distintamente che Thorin ha detto ad un certo punto, e oh mio Dio, è davvero in un libro giallo tascabile adesso.

“Ha o non ha accesso allo Schema?” chiede Bundushar molto lentamente, poi, come se stesse ricordando qualcosa di divertente, “è consapevole che il destino del paese dipende da questo, spero.”

Bilbo deglutisce.

“Sono... consapevole che lei pensa questo,” offre, quasi contorce il viso in completa disperazione per la sua mancanza di eloquenza, ma poi gli sovviene qualcosa.

“Ma sa almeno cos'è lo Schema?” dice, e non trascura di aggiungere un pizzico di divertimento risentito – si dimostra più facile di quanto sembri.

Sembrerebbe che abbia avuto successo (in qualcosa), perché Bundushar lascia che il suo volto lo tradisca per un momento, un'inconsapevolezza con cui lo stesso Bilbo ha molto familiarità che splende.

“Ho la sensazione che non ha intenzione di correggermi se mi sbaglio,” dice l'uomo con disprezzo, e Bilbo opta per la sua più sincera espressione da 'ma ti prego'.

“Molto bene, allora,” Smaug sospira, “allora risponda almeno ad una domanda.”

“No.”

“Risponderò ad una delle sue.”

“Sinceramente?”

“Dipende da cosa è disposto ad accettare come verità.”

Bilbo è affamato, per bene ora. Sente il sudore intorno a quel nastro maledetto che tiene il minuscolo microfono al suo posto, e ha paura che potrebbe staccarsi se si muove troppo. Può solo sperare che chi è all'altro capo riceva tutto. Può solo sperare che valga la pena la sensazione della terra che si sgretola sotto i piedi, la sensazione di guardare giù da una rupe enorme, sapendo che sta per essere spinto, totalmente incapace di fare qualcosa al riguardo.

“Mi faccia la sua domanda.”

“Preferirebbe sparire dal paese senza lasciare traccia, o far sapere a tutti cosa le è successo, in... straziante dettaglio?”

La bocca di Bilbo probabilmente forma una 'o' perfetta, ma nel frattempo si sente perfettamente intorpidito, i suoi sensi smorzati dal rombo del sangue che corre alla testa. Ci siamo? Com'era quella stupida parola di sicurezza? Nella sua testa c'è un vuoto assoluto così vasto che pensa di non poter mai più dare ordine ai suoi pensieri. Il mondo si restringe sul viso di Bundushar di fronte a lui, quelle labbra sottili contratte in un sorriso privo di umorismo, quegli occhi da lucertola che ti fissano, in attesa... In un primo momento pensa che sia solo il cuore che batte ad un ritmo molto irregolare, ma scopre che è qualcuno che bussa alla porta, e il signor Zundush fa capolino, spezzando l'incantesimo.

“Fuori!” ordina Bundushar, ma il suo assistente risponde in khuzdul rapido, qualcosa in merito alla riunione che si avvicina, e... sì, 'Karkâl vuole parlare con lei', tutto il tempo gli sguardi di Bilbo e di Bundushar rimangono intrecciati. Bilbo resta senza fiato quando l'uomo si alza, fluidamente e rapidamente.

“Beh, questo è stato... fruttuoso,” dichiara, “ma temo che il dovere chiami.”

Tutto qui?! vuole urlare Bilbo, ma le sue corde vocali si rifiutano di cooperare al momento.

“Che ne dice se rispondo a quell'ultima domanda per lei, Professore?” aggiunge Bundushar, “molto presto, glielo prometto.”

E con ciò se ne va. Se n'è andato. Non degna Bilbo di un altro sguardo, ma Zundush sì, gettandogli una breve occhiata prima di lasciare la stanza, e la bocca di Bilbo rimane spalancata. Non è così sicuro che le gambe lo sorreggeranno se si alza in piedi. Qualcosa di pungente gli sale in gola, e si rende conto che saranno lacrime se non sta attento, così si morde il labbro, fissandosi le mani incrociate in grembo.

***

Quello che succede dopo è avvolto nella nebbia. Si desta dal suo stordimento quando i due uomini che avevano il compito di tenerlo al sicuro irrompono nella stanza – a quanto pare ha Bilbo non detto nulla per alcuni minuti, e tutti pensavano che gli fosse successo qualcosa. Lo scortano nella stanza dove gli avevano messo la cimice, gliela tolgono e gli viene chiesto di aspettare. Solo aspettare. Per quando Gandalf arriva, Bilbo è colmo di domande, rabbia, e adrenalina residua.

“Pensa che io sia una tua spia, Gandalf?” è la prima cosa che sbraita all'uomo, che ha il fegato di accompagnare il suo sospiro con un sorriso.

“Forse. Però hai fatto un gran bel lavoro per una spia finta, e per una vera.”

“Oh, non ci prov-posso farti causa per questo?” farfuglia Bilbo, “o dovrei fare causa alla Regina? A cosa stai pensando, Gandalf? In che cosa mi hai trascinato?!”

“Niente che non potevi gestire, ovviamente.”

“Ma non ho gestito nulla, per la miseria! Continuava a parlare in enigmi, e a cianciare qualcosa sullo Schema, e... Sai di cosa si tratta? Sono così confuso, Gandalf. Oh, e ho dimenticato di menzionare che la mia vita è stata minacciata, di nuovo? Questa volta molto chiaramente, penserei!”

“Sì, ho sentito.”

L'uomo sta ancora sorridendo.

“E?!” grida Bilbo, chiedendosi in una frazione di secondo se il suo grido arrabbiato si senta fuori dalla porta. Probabilmente sì.

“E non avremmo potuto desiderare un risultato migliore.”

“Gandalf, giuro su Dio...”

“Aspetta, aspetta. Ascoltami. Vuoi sapere cos'è lo Schema?”

“No! Beh sì. Ma non ho bisogno di saperlo!”

“Beh, io sì. E penso di aver bisogno del tuo aiuto per scoprirlo. Solo – no, non guardarmi in quel modo. Tutto quello che ho bisogno che tu faccia è ascoltare. Bundushar ha menzionato un paio di nomi, li conosci tutti. Laura Ibindikhel, la defunta madre di Bard. La Duchessa di Khazad, la nonna di Frida. E, ultimo ma non meno importante, il padre del Re, Thráin. Penso che potresti avergli fatto una soffiata su Bifur Abkhûz, però?”

Sono soli nella salottino ora, e Bilbo non vuole nient'altro che uscire da lì, prendere un po' d'aria fresca, un po' di distanza, e un po' di cibo. Crede di stare ancora tremando.

“Che cosa vuoi dire, una soffiata?” chiede disperatamente.

“Beh, adesso cercherà di scoprire chi sia Abkhûz, questo è sicuro. Non gli ci vorrà molto a fare i collegamenti. Ecco perché noi dobbiamo agire in fretta.”

Noi?” esala Bilbo.

“C'è del lavoro da fare, Bilbo. Ho fatto delle chiamate, mi sono assicurato che Bundushar sia sotto stretta sorveglianza. Abbiamo fatto un errore una volta, non gli siamo stati con il fiato sul collo, per così dire, in tutta la faccenda con Thráin... Comunque, non è necessario che ti preoccupi di questo. Tutto quello che devi sapere che queste persone – Laura Ibindikhel, la Duchessa, Thráin e Bifur – stavano tramando qualcosa prima della rivoluzione tanti anni fa. Lo Schema? Chi lo sa. Dobbiamo scoprirlo. Bard si metterà in contatto con te, noi–”

“No.”

A Gandalf serve un po' di tempo per registrare il rifiuto tranquillo di Bilbo, e quando infine lo fa, si limita a lanciargli un breve sguardo come se stesse dicendo 'oh, suvvia, non essere sciocco', come se stesse rimproverando un bambino. Bilbo ne ha avuto abbastanza, però.

“Gandalf, io sono stufo,” dichiara, “Ho fatto quello che mi hai chiesto. La mia testa sta... sta turbinando con tutte queste nuove informazioni che non ho bisogno di sapere, e io... io non voglio farne parte. Ho finito. C'è qualcosa che devo fare. Qualcosa che avrei dovuto fare da molto, molto tempo fa.”

In realtà non si aspettava che Gandalf lo facesse uscire dalla stanza, ma in qualche modo, ci riesce, e la sua marcia vivace si trasforma rapidamente in un passo svelto, e presto sta correndo per i corridoi, alla ricerca di qualcuno, chiunque–

“Balin!” esclama quando vede la criniera familiare di capelli bianchi in cima ad una scala, “Balin, dov'è il Re? Dov'è Thorin?”

Il Capo di Stato Maggiore lo squadra, come se non riuscisse a credere che Bilbo avrebbe osato comportarsi così vergognosamente nei corridoi del Palazzo.

“Il Consiglio dei Ministri si è appena concluso. Sta partendo – credo che te l'abbia detto?”

“L'ha fatto, l'ha fatto, ma per favore ho bisogno di parlare con lui prima che parta. È urgente.”

“Tutto ciò che devi dire, puoi dirlo a me e glielo riferirò.”

“No, no, non posso, non questo, io–”

“Bilbo, ma che ti prende?” vuole sapere Balin, “sembri davvero un invaso!”

“Sì, sì, questo è esattamente ciò che sono. Invaso. Ora ti prego, ti prego puoi farmi vedere il Re?”

“Mi piacerebbe, ma ho paura di non poterlo fare.”

Bilbo ha voglia di prendere a calci qualcosa. E possibilmente lanciare cose dalle finestre. E urlare contro qualcosa, sì, sembra proprio la cosa giusta da fare. I suoi pensieri stanno correndo e inciampando e gorgogliando, il cuore gli balza in petto come un coniglio troppo zelante, e qualche parte di lui sta cercando di dirgli che se non si mette a sedere presto, potrebbe esplodere.

Qualunque cosa sia,” gli dice Balin in modo sorprendentemente gentile, la mano sulla spalla di Bilbo lo stabilizza almeno un po', “può aspettare il fine settimana, no?”

Bilbo lo fissa disperatamente, desidera una sorta di magia o un gesto che potrebbe comprendere tutto il casino in corso proprio ora in modo da non dover trascorrere un'ora a spiegarlo... Vuole così tanto togliersi questo peso dal petto, proprio ora. Ha bisogno di dirlo a Thorin. Deve dirlo a Thorin...

“Lo schema,” pensa, e gli servono un paio di secondi per rendersi conto di averlo detto anche a voce alta, “oh, lo schema. Lo schema si sta ripetendo.”

Non è un'epifania – è più come una piccola lampadina che si accende da qualche parte negli angoli più oscuri della sua mente, illuminando un sentiero che potrebbe portare verso un'epifania. Si rende conto che Balin lo sta ancora fissando – deve pensare che Bilbo è impazzito del tutto. Beh, non lo metterebbe in discussione in questo momento.

“Mi dispiace,” balbetta, “Dio, sono... saluta il Re da parte mia, okay? Sì, bene. Vai con lui? Bene. Voglio dire... comunque. Devo proprio andare. Mi dispiace averti disturbato, io–”

Lascia la fine di quella frase appesa ad un filo, e lascia dietro di sé un Balin molto ovviamente esterrefatto. Oh, questo non è affatto ciò che ha accettato come lavoro. Potrebbe finire per fare causa alla Regina. Potrebbe finire morto, per quanto ne sa. Che ne dice se rispondo a quell'ultima domanda per lei? Oh, sì, sicuramente finirà morto. Ma non prima...

“Lo Schema,” borbotta sottovoce, passeggiando rapidamente attraverso i corridoi, evitando abilmente le persone, “lo Schema, lo Schema. Perché suona familiare?”

Preme con forza lo schermo del telefono, inviando quello che è probabilmente il messaggio più vago nella storia dei messaggi vaghi a Bard, e poi è fuori, e le mani gli stanno tremando, scopre. E le sue guance bruciano, ed è sorprendentemente ventoso, il cielo di un grigio metallico, ancora una volta, la stagione delle tempeste è in arrivo, dopotutto, e dovrà andare a prendere i ragazzi da scuola molto, molto presto, e ancora non ha mangiato e...

Ignora la maggior parte dei suoi colleghi, quando entra nell'edificio del personale, e i suoi polmoni quasi cedono quando entra nella caffetteria, e Bofur e Bombur sono entrambi lì, e si spaventano quando lo vedono.

“Bilbo!” esclama l'autista, “sei in ritardo per il pranzo! Penso che ci sia qualche avanzo in cucina, giusto Bombur?”

“Oh sì, è il giorno della pasta oggi,” lo chef sorride, ma Bilbo deve avere un aspetto veramente orribile, perché aggiunge, “oi... stai bene?”

E Bilbo non sta bene. La stagione delle tempeste è in arrivo. Lo schema si sta ripetendo. Sto impazzendo. Affonda in una delle poltrone, le gambe cedendo alla fine e accogliendo il resto, e gli servono un paio di respiri profondi prima di potersi concentrare di nuovo sui suoi amici, che per allora lo fissano del tutto scioccati.

“Bilbo, che cosa sta succedendo?”

Sente questa domanda per quello che potrebbe essere l'ennesima volta quel giorno, e la maggior parte della sua mente urla 'Tutto!' in risposta. Prende un respiro profondo, e li guarda con quello che potrebbe essere euforia o disperazione più totale. Sa che c'è un solo modo per scoprirlo di sicuro.

“C'è una cosa che devo dirvi.”

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: perkynurples