Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |      
Autore: sese87    11/07/2015    1 recensioni
Neil è un elfo di città come tanti, ma sfortunato più di tanti e innamorato di Flora, una elfo come tante (ma forse neanche tanto).
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
neil

La zuppa

 

__________________________________________________________________________

 

 

 

Il dolore esplose intenso e caldo nell’addome magro. 
Era la prima volta che Neil provava un dolore fisico così forte, e lo tossì via, graffiante in gola, quasi in conati, più che tosse, sull’acciottolato del cortile di casa McToupe.
Crowan, il maggiore dei tre figli McToupe, gli assestò un altro calcio, forte quanto il primo, nel basso ventre, prima di sollevare l’elfo per i capelli biondicci.
«E così hai di nuovo dimenticato di dar da mangiare ai cani!» Ll suo alito puzzava di alcool così come la mano, che tappava la bocca all’elfo, puzzava del sesso di qualche prostituta della Perla.
L’accusa era ingiusta perché Neil aveva dato da mangiare ai cani, per ben tre volte quel giorno. Ma non aveva importanza; i fratelli McToupe erano ubriachi, non ancora abbastanza stanchi da dormire e in cerca dell’ultimo divertimento della giornata: pestare il piccolo elfo rachitico.
Mentre Crowan lo teneva fermo, a Neil non restò che spalancare gli occhi azzurri sopra il naso tumefatto e gonfio alla vista del coltello cacciato da Carter, il secondo fratello.
«Che te ne fai di orecchie così lunghe, elfo?», disse quest’ultimo sguaiatamente. 
«Già, tagliale via, così la smette di sentire le stronzate che dice!» Crowan gli urlò l’ultima parola nei timpani che sapeva così sensibili. Nei più bui antri della sua mente invidiava gli elfi per lo loro doti e inveiva contro il creatore per aver sperperato doni simili su esseri così insulsi. Per mendicare non c’è bisogno di una vista acuta, né di un udito sottile.
Una lanterna si accostò alla finestra del secondo piano dell’abitazione, per poi risparire dietro una coltre d’indifferenza. Forse la signora McToupe svegliata dal baccano, oppure un altro domestico.
«
O magari sarebbe meglio cavarti gli occhi?» Riprese Carter, accarezzandogli la guancia scarna con la punta della lama. Anche il suo alito sapeva di alcool.
«
Se gli cavi gli occhi diventerebbe, fratello, inutile e non mi va di sprecare i soldi per comprare un altro servo». 
«È vero, siete sempre più costosi, voi schifosi porci mangia pane!» intanto s’inginocchiava, barcollando, per meglio tagliargli quelle inutili orecchie a punta. Crowan invece abbassava la mano dalla bocca di Neil per reggergli la testa dal mento.
L’elfo iniziò a respirare convulsamente, l’addome dolorante si gonfiava e sgonfiava con terribili fitte sui fianchi (probabile ci fosse qualche costola rotta). Voleva urlare, ma le dita dell’uomo gli premevano le guance ad accartocciargli la bocca.
Sentì la lama fredda del coltello e la pelle dell’orecchio staccarsi al suo passaggio tagliente, come una pergamena strappata. 
Le risa dei due fratelli parevano lontane, quasi Neil non fosse più lì con loro, nel cortile. E davvero non era più suo quel pezzo di orecchio coperto di sangue, che adesso, illuminato di luna, splendeva a terra?
Molto velocemente gli fu tagliato anche l’altro e poi, finalmente, l'elfo fu lasciato cadere sull’acciottolato, privo di conoscenza, come un sacco vuoto.
I due McToupe gli pisciarono addosso e, soddisfatti della bravata, se ne andarono a dormire il sonno del giusto.
A questo punto sarebbe opportuno dire che quella dei McToupe era una famiglia di mercanti ma che mancava di quell’arguzia tipica della categoria. Così era costretta a guadagnarsi il mercato con altri sotterfugi, come mettere fuori gioco gli empori altrui. Per far questo, si servivano dell’agile Neil. Il quale, istruito a dovere, doveva intrufolarsi nei suddetti empori e rovesciare il vino, o avvelenare le forme di formaggio (così che nessuno, reduce dalle più terribili coliche, si sarebbe azzardato a comprarle una seconda volta) o altre cosucce che, se scoperte, avrebbero di certo mandato alla forca il colpevole. 
Neil in quel caso. Il quale erano sicuri non avrebbe parlato, perché troppo terrorizzato all’idea di dover subire una vendetta, se solo avesse osato tradire i suoi mandanti. E di certo il suddetto non avrebbe voluto perdere anche la lingua.
Ma poi, chi darebbe peso alle accuse di elfo?
Era
ancora molto giovane ed era cresciuto nella convinzione che non esistessero altre realtà che quella in cui viveva. Altri umani lo avrebbero trattato allo stesso identico modo.
Tra la forca e la schiavitù, la seconda gli era sembrata la più vantaggiosa, abbastanza pavido da preferirla alla morte.
Inoltre, se pur fosse riuscito a scappare, non aveva altro posto in cui stare e preferiva di gran lunga dividere il sonno con i cani dei McToupe, in cortile, invece di vagare senza meta, ricercato. E poi… e poi c’era Flora…
Così mandava giù tutti i bocconi amari, le angherie e le percosse che, ad onor del vero, prima di quella notte non erano mai andate oltre qualche schiaffo o qualche calcio. 
Non vedeva altra vita.
Persino il più giovane dei tre fratelli, il piccolo Marten, non era esattamente uno stinco di Andraste nei  confronti di Neil. Era piccolo sì, ma in corpo aveva tanta cattiveria quanto grande era la sua stupidità.
Anche quella buona donna di sua madre certe volte si spaventava del suo stesso figlio ma, troppo sciocca da saperlo educare, lo lasciava fare o peggio lo lasciava agli insegnamenti dei due più grandi. Né McToupe padre, dalla tomba, avrebbe potuto intervenire per trasmettere ai figli un po’ di buon senso. E dire che di intelligenza ne aveva avuta lui, forse tanta che nella testa bacata dei figli non aveva trovato posto. 
Nemmeno per sbaglio.
Una mancanza che gli toglieva ogni misura: nessuno dei tre sapeva porsi un freno e capire quando il troppo era davvero diventato “troppo”.
Per Crowan e Carter era stato quindi naturale quella sera, ubriachi come non erano mai stati, picchiare Neil per aver esitato a rispondere a quel “i cani hanno mangiato?” E c’erano andati giù pesante, soprattutto per divertimento. Anche troppo, appunto.
Tagliare le orecchie ad un elfo, persino al più servile degli elfi, è forse l’affronto più grande che si possa fare.
Quando Neil si risvegliò, all’alba di quella nottataccia, piangeva di dolore, e a stento riusciva a muoversi, mentre il puzzo acido di urina e sangue rappreso gli era praticamente penetrato nella pelle. 
Un odore che gli sarebbe tornato al naso anni dopo, quando avrebbe ucciso il suo primo Prole Oscura in circostanze misteriose che non narreremo adesso per non turbare troppo il lettore.
Per il momento, era soltanto un servo. Aveva ancora sedici inverni la mattina in cui avrebbe dovuto aprire gli occhi ad una nuova consapevolezza; ma nemmeno gli avvenimenti di quella notte erano riusciti a cambiarlo.  Ne aveva prese tante, per così tanto tempo che ancora una volta il suo servilismo era giunto a fargli credere di essere stato davvero colpevole.
Sapeva di aver dato davvero da mangiare ai cani, lo ricordava alla perfezione, ma non avrebbe dovuto esitare a rispondere. Avrebbe dovuto abbandonare il sonno, essere vigile e prontamente rispondere “Sì, ho dato loro da mangiare tre volte oggi”.
Invece
aveva esitato e i suoi padroni avevano ben pensato di punirlo. Se i suoi riflessi fossero stati più pronti, non avrebbe perso le sue orecchie.
Ciò lo indusse a ridere, così forte che il dolore allo stomaco, già provato dalle botte della sera precedente, tornò con prepotenza. Un riso convulso e disperato il suo, quasi ironico.
Le lacrime gli si seccarono sul volto, lasciando solo due strisce chiare sulle guance incrostate di sangue.
Quando a stento riuscì a rimettersi in piedi, in un capogiro che quasi gli fece perdere l’equilibrio, la testa gli martellava e la brezza gli accarezzava i solchi dove un tempo erano le sue lunghe e belle orecchie.
Neil si concentrò su quella sensazione, azzardò a toccarsi le ferite con la punte delle dita. Stranamente gli pareva di averle ancora le sue orecchie, quasi ad avvertire un pizzicore sulla punta di quella destra.
Tutto ciò era impossibile, giacché quei due mozziconi di carne giacevano sull’acciottolato ai suoi piedi scalzi.
L’elfo raccolse da terra quel che restava delle proprie orecchie e lo mise in tasca.
Più tardi li avrebbe tagliuzzati e aggiunti alla minestra che avrebbe servito ai suoi padroni, nel piacere sadico di "infettare" le loro pance con una parte di sé, la sua stessa carne.
Tuttavia, sarebbe stata proprio la sua Flora quel giorno a preparare la cena. La dolcezza in persona aveva ben pensato di salvare una porzione per suo caro amico Neil! E di sorridergli nella stoltezza dell’ignoranza per assicurarsi di vederlo mangiare, lui tanto magrolino.
Cosa non avrebbe fatto Neil per lei? Già, cosa non avrebbe fatto.
«
Come mai indossi quel fazzoletto intorno alla testa?» Gli chiese amorevole come una sorella al fratello.
«
Nulla, ho una terribile otite!» Spiegò, ingoiando una generosa cucchiaiata di zuppa. E chissà che se quel qualcosa tra i denti era un pezzo di carota o un pezzo del suo orecchio?

 

Continua…

 

Ciao a tutti! Manco da molto da questo fandom e di sicuro molto sarà cambiato. Ho trovato questa storiella in una cartella dimenticata e, così, ho deciso di proporvela. Spero questo primo capitolo vi sia piaciuto. Non seguirò necessariamente un ordine temporale, e non ho ancora deciso in quale dei tanti Dragon Age la storia verrà ambientata, è da considerarsi una storia parallela, che non riprende le vicende della storia originale se non di “striscio” come si vuol dire.

Grazie a chi ha letto! :)

Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: sese87