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Autore: BabaYagaIsBack    13/07/2015    0 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Chapter Thirty One
§ The truce of the birthday §
part one

 

"I believe, I believe, I believe, I believe
That we're meant to be
But jealousy, jealousy, jealousy, jealousy
Get the best of me
Look, I don't mean to frustrate, but I
Always make the same mistakes, yeah I
Always make the same mistakes 'causeI'm bad at love (ooh-ooh)
But you can't blame me for trying"

 

- Bad at Love, Halsey


 

 

Risvegliarsi è traumatico per diversi motivi, stamattina. La testa vortica senza tregua, pare che all'interno vi sia un mulinello, ma ciò che più di tutto mi fa mugolare, mentre provo a rigirarmi di qualche centimetro in un letto che al momento non riesco a identificare, è il gonfiore alle labbra, il bruciore alla gola e una certa rigidità nella parte lombare del corpo - così provo a nascondermi sotto le coperte, rannicchiandomi il più possibile nella speranza di lenire i fastidi.

Fatico a mettere insieme i pensieri, a spiegarmi l'origine di ogni male, eppure so che tutto ha avuto inizio con una mia proposta - quella che al momento mi sembrava la migliore e che, ora, mi rendo conto essere stata la peggiore. Sono confusa, questo è certo, troppo annebbiata da ciò che ho bevuto la sera precedente e che ancora non ho smaltito per rendermi conto di cosa sia realmente successo; ricordo gli shots, i drink, le risate e i balli scoordinati appoggiata contro il corpo di Caroline. Ogni tanto ho qualche flash di Misha, seduta vicino al bancone mentre sorseggia qualcosa su cui non voglio soffermarmi, per non vomitare - ma poi? Cosa è successo? Non lo ricordo bene, o forse non desidero farlo.
Mugolo ancora, contrariata dalla consapevolezza di aver fatto qualcosa che forse mi sarei dovuta risparmiare; così mi giro un'ultima volta, cercando di mettermi faccia al muro per sentirmi un po' più al sicuro dai rimorsi, per avere uno scudo o qualcosa contro cui sbattere la testa, ma al posto di trovare il freddo dell'intonaco, ciò su cui poggio la fronte sembra essere vivo. Il suo calore è piacevole e la lieve morbidezza che precede il duro delle ossa ha un profumo familiare.

Oh... mi sorprendo, avvertendo un respiro regolare accarezzarmi la testa.
Merda, aggiungo qualche istante dopo, portando a galla tutti i frammenti mancanti della serata precedente. L'incontro, i baci, le lingue che si sfiorano, gli sguardi, il ritorno a casa. Casa Raven, sfortunatamente. E quello su cui mi sto premendo, quindi, è un corpo fin troppo conosciuto: appartiene a Seth Morgenstern. Il solo ed unico. Il mio sogno a luci rosa, rosse e qualsiasi tonalità possa rientrare nel range cromatico che dall'amore platonico passa al desiderio carnale.

Il suo viso addormentato, ora che alzo lo sguardo, poggia su un cuscino la cui fodera vorrei non riconoscere come mia, ma che purtroppo non posso impedirmi di associare all'arredo che compone la stanza in cui sono cresciuta. E in cui l'ho sognato. Più e più volte con sempre meno decenza.

Avverto le guance infiammarsi, il battito accelerare ancora e il respiro farsi corto.

Non posso averlo realmente fatto restare qui. Non posso aver messo così in pericolo la mia già instabile convivenza con mamma, papà e Liz - e persino Jace, seppur si trovi altrove.
Mi prendo il viso tra le mani, lo nascondo quanto più possibile e, nel torpore del risveglio, ora più simile a un sudore freddo, mi domando in quali guai mi sia cacciata. Ci avrà visti o sentiti qualcuno? Abbiamo fatto qualcosa che in questo edificio sarebbe stato meglio evitare? E... mi mordo il labbro, con forza.
Merda, spero di no. Vorrei potermela ricordare, la prima volta, soprattutto se con lui. E vorrei che fosse romantica, dolce... non condita con i contrasti che hanno segnato queste ultime settimane.

Mi allontano, fissandolo tra le fessure delle dita. Dorme beatamente, così stanco da non sentire nulla. Il suo viso è rilassato, serafico come non lo vedevo da giorni - e mi si stringe il cuore, dolcemente. 
Seth è mio. E' qui. E non si allontana mai, nemmeno quando lo scanso o gli sbraito contro. Resta, a prescindere da tutto; per questo, forse, dovrei smetterla di allontanarlo, anche se è l'origine dei miei mali - e ancora non ho idea di cosa mi aspetti una volta scesa al piano di sotto.

Vorrei sbuffare, ma temo di poterlo svegliare, così silenziosa provo a sgusciare fuori dalle coperte e, nello smuoverle, noto che indosso ha ancora i boxer, esattamente come la sottoscritta il suo intimo spaiato - perché in programma non c'era alcuna condivisione di letto nè svestizione pubblica.

La sua maglia è raggomitolata a terra, insieme alla mia. I jeans sono malamente poggiati sulle scarpe di entrambi e le giacche sono stranamente appoggiate sulla scrivania, quasi a indicare un momento di lucidità nel caos della notte precedente. Osservo il disordine, lo studio, ma nella mente non mi si forma alcun pensiero se non una preghiera: "ti prego, fa che non sappiano di lui". Perché nonostante sia ben lontana dal vergognarmi di stare con un ragazzo tanto aitante, ciò che mi preoccupa sono due cose: la reazione dei miei fratelli in relazione a chi stia frequentando, e quella dei miei genitori nel sapere che abbiamo dormito, ubriachi - o quantomeno io -, nello stesso letto. Più volte, aggiungerei, anche se in situazioni differenti.
Nuovamente mi ritrovo a mordere il labbro inferiore, soppesando con cautela le opzioni a mia disposizione. Mi segrego con Morgenstern tra le quattro mura della mia stanza? Provo a convincerlo a calarsi giù dalla finestra? Scendo con nonchalance, fingendo totale innocenza, oppure mi decido a confessare la nostra relazione?

Con uno sbuffo, opto per una perlustrazione.

Stando attenta a non fare rumore, afferro dalla cassettiera il pantalone di un pigiama e una maglia lisa, probabilmente di Jace; mi vesto barcollando, aggrappandomi alla bene e meglio a qualsiasi superficie a portata di mano e, dopo essermi data una controllata veloce allo specchio, mi dirigo verso la porta, scoprendola chiusa dall'interno - grazie al cielo, nella scarsa coscienza della notte appena passata, ho avuto la decenza di proteggerci da interessi indesiderati.

Il sollievo si riversa fuori dalle labbra sotto forma di sospiro e, a quel punto, mi decido ad agire. Esco in punta di piedi, richiudendomi l'anta alle spalle con una premura usata solo durante le poche fughe non permesse dall'autorità materna, ma prima di scendere al piano inferiore per subire il terzo grado, mi concedo una perlustrazione.
La camera di Elizabeth è vuota, così come lo sono quella di mio fratello, dei miei genitori e il bagno - Seth non rischia di essere scoperto, non ora, quantomeno.
A questo punto, in parte rincuorata e in parte sempre più sulle spine, mi avvio lungo la rampa di scale che collega il sopra con il sotto, facendo susseguire i passi con una velocità sinonimo di abitudine. Ci vogliono quindi pochi secondi prima che, con il cuore in gola, mi ritrovi a varcare la soglia della cucina, lì dove tutta la famiglia Raven è riunita per quello che non capisco se essere una colazione o un brunch casereccio - e la mia confusione, a quanto pare, è condivisa anche da loro.

Mamma mi fissa, mentre Liz smette di bere e papà si concede un momento di distrazione dal giornale, quasi la mia entrata in scena non fosse prevista.

«Sei... sveglia
Deglutisco, voltandomi verso Catherine. Mia madre si rimette a controllare il caffè nella moka, cercando di capire se stia salendo o meno.
«N-non dovrei?» Le chiedo, rendendomi conto di quanto sia roca la mia voce. A quanto pare la gola non pare intenzionata a perdonarmi per le grida di ieri.
«Beh...» inizia una, alzando le spalle.
«Diciamo che sei tornata... tardi» aggiunge l'altra rimettendo il bicchiere sul tavolo e sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio, sottolineando la stranezza della situazione.
«E sembravi abbastanza... allegra, visti i risolini e i sussurri» conclude infine papà, rimettendosi a leggere quasi volesse nascondere il proprio imbarazzo nel sapere di avere una figlia incline all'ubriacatezza - e forse colpevole.

Sento lo stomaco stringersi. E' stata una scena così ridicola? Oppure stanno solo girando intorno alla questione?

Mi avvicino al tavolo, afferrando una sedia e lasciandomici cadere sopra.
«E... cosa c'è di strano, esattamente?»
Li vedo scambiarsi qualche occhiata complice, ma non in senso buono, poi il capo famiglia decide di chiudere il giornale e sfilarsi gli occhiali dal viso, strofinandosi il setto. L'agitazione aumenta con ogni istante d'esitazione.
«Devi dirci qualcosa, tesoro?»
Il cuore pare perdere un colpo, sento il sangue defluire dal viso.
Lo sanno. E' ovvio che sono a conoscenza di chi si nasconda in camera mia, sennò non si comporterebbero così. 
Sono nei pasticci.

Mi mordo la lingua, cercando di capire cosa mi aspetta: «T-tipo?»
A questo punto, Catherine mi arriva alle spalle, bloccandomi in caso di tentativo di fuga. Sento la sua presenza farsi minacciosa e, persino senza guardarla, so che mi sta esaminando da cima a fondo alla ricerca di qualche indizio - il problema è che con questo gesto, mamma mi conferma di dover temere un imminente terzo grado.
«Perché non hai fatto dormire Seth in camera di Jace?»

Cazzo.

La stretta allo stomaco aumenta a tal punto da farmi sopraffare dalla nausea e, per l'ennesima volta, mi pento di non aver sviluppato il fantomatico istinto di sopravvivenza: sarei dovuta fuggire dalla finestra insieme a Morgenstern, appena si fosse svegliato.

Con lo sguardo cerco Liz, provo a trovare sul suo viso una qualche risposta, a capire vagamente le dinamiche che mi hanno condotta a questo punto, ma lei elude i miei occhi, mettendo in chiaro il fatto che, stavolta, sia ancor più riluttante dall'aiutarmi. E vorrei non biasimarla, peccato che mi sia impossibile. Da quando ha assistito al litigio tra nostro fratello e il suo migliore amico, nonché al pugno che mi sono beccata, la sua diffidenza nei confronti di Seth si è fatta pressoché totale - e di certo non mi eviterà la strigliata che mi attende; anzi, potrebbe persino essere capace di utilizzare qualsiasi mia confessione contro di me, riferendo tutto a Jace e aizzando la sua rabbia.

Infilzo gli incisivi nella carne del labbro, prendendo un grosso respiro, ma quando mi decido a parlare, la voce che fa capolino nella stanza è ben più profonda e mascolina.

«Colpa mia, signori Raven» sussulto, sentendo il cuore schizzare in gola: «eravamo talmente ubriachi che il primo letto che ho visto mi ha fatto crollare!»

Vedo i miei cambiare espressione, forse imbarazzarsi per essere stati scoperti nel bel mezzo di un interrogatorio, ma subito sono pronti a mostrare il lato di loro più cordiale e amorevole - dopotutto lo conoscono abbastanza da considerarlo una sorta di nipote mancato.
Papà tira un sorriso, mentre mamma si allontana da me per invitarlo a sedersi con noi.
«Beh, mi auguro che non ti presenti così ai genitori delle tue fidanzate» ride Catherine, tornando al caffè e regalandogli una pacca sulla spalla.
Seth prende posto al mio fianco, lo fa con una naturalezza che al momento gli invidio: «Con voi credo di aver già superato questo step».

Silenzio.

Gli occhi di Elizabeth corrono nella mia direzione. Per un attimo temo che possa aver capito, che la sua lingua biforcuta sia pronta a mettere zizzania, ma stranamente tace - non so se per pietà o dubbio, però lo fa e a me va bene così.

«Ad ogni modo, mi scuso ancora per l'intrusione e vi sono grato per l'ospitalità».
Catherine gli serve il caffè appena versato: «Oh suvvia, caro! Era il minimo visto che hai accompagnato questa irresponsabile a casa» poi allunga una mano e mi pizzica con malizia una guancia, facendomi mugugnare. «In quelle condizioni le sarebbe potuto succedere di tutto, se non fosse stato per te. Jane non ha alcuna cognizione delle conseguenze delle sue azioni!»

Mi porto una mano al viso, strofinando sulla parte offesa: «Guarda che sono qui» le faccio presente.
«Appunto! Magari questa volta impari l'antifona».

Seth ride, poi si sporge per afferrare la tazzina: «Stia tranquilla, Catherine, con me sua figlia è al sicuro» e quando sposto lo sguardo su di lui, quasi a ringraziarlo, lo scopro fissarmi di rimando - e nei suoi occhi, stamattina, c'è qualcosa di diverso dai giorni scorsi, o almeno è così fino a quando Liz non decide che è giunto il momento di rovinare tutto.

«Uhm... prima o dopo che le hai sfilato le mutande?»

Il panico mi assale, esattamente come la sorpresa fa con lui e i miei genitori. Vedo gli sguardi di tutti rimbalzare tra me e l'ospite, interrogarsi e interrogarci, riempirsi di dubbi e confusione mentre lei, dalla sua sedia, si crogiola nel successo di quella rovinosa domanda.


 
   
 
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