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Autore: Slytherin Nikla    19/01/2009    0 recensioni
Dopo l'incidente di caccia che ha ferito a morte suo nipote, un austero nobiluomo raggiunge il luogo dove tutto è accaduto: ad aspettarlo, la vedova, di cui l'uomo in passato è stato tutore...
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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momentaneous

La notte era limpida, rischiarata dalla luce asettica della luna piena, e fredda come da tempo non se ne verificavano; microscopiche gocce di rugiada certo si irrigidivano in cristalli ghiacciati che al comparire della luce del giorno avrebbero fatto sembrare la campagna uno spettrale paesaggio diamantato, mentre il silenzio era rotto dal ritmico, forsennato galoppo di due cavalli i cui zoccoli percuotevano con foga il terreno indurito e forse già gelato della strada, e dall'inconfondibile gamma di cigolii e scricchiolii che solo una carrozza lanciata a folle velocità può produrre.

L'uomo seduto a cassetta aveva perso da tempo ogni percezione del proprio volto, sentiva la sensibilità delle mani abbandonarlo gradatamente e non aveva dubbi su quel che a breve sarebbe certo potuto accadere se non si fossero fermati al più presto. Tuttavia teneva per sé quei pensieri: il suo padrone non era uso ad accettare richieste o pareri, e senza dubbio avrebbe risposto con una noncurante alzata di spalle anche se gli avesse fatto presente che i cavalli stessi erano allo stremo. Senza contare poi che la fretta con cui quella partenza era stata decisa non lasciava presagire nulla di buono. Tentò di riattivare la circolazione sanguigna nel viso con una lunga serie di smorfie che non produsse risultati, prima di assestare il cappello nero sulla testa e spronare un'altra volta gli animali esausti.

Il passeggero della carrozza in realtà non se la passava meglio. Gli spifferi dovuti alla velocità e alla non ottima qualità del mezzo – non c'era stato tempo a sufficienza, per far preparare la carrozza migliore, e ad ogni modo quella in cui si trovava restava di gran lunga la più leggera e veloce – erano un tormento, facevano volare le tendine in continuazione e rendevano la temperatura gelida quasi quanto quella esterna. Forse un altro uomo, meno convinto della propria infallibilità e più incline a riconoscere i propri errori di valutazione, avrebbe concesso almeno a se stesso di ammettere che posticipare all'indomani mattina la partenza sarebbe stata un'idea quantomeno da prendere in considerazione... Ma lui no.

I cavalli avevano rallentato notevolmente l'andatura, al punto che affacciarsi al finestrino per domandare spiegazioni al cocchiere non sarebbe più stato inutile come fino a poco prima, quando il frastuono degli zoccoli sulla strada dura avrebbe reso inutile la voce più possente. L'uomo seduto nella carrozza scura si sporse un poco, battendo con la mano aperta sul legno della vettura.

« Siamo quasi arrivati, milord, vedo le luci della villa ».

Lord Spencer Drake – orgoglioso discendente del nobile corsaro di Sua Maestà – sistemò con gesti meccanici e precisi il nodo del fazzoletto di seta nera che portava al collo, raddrizzò i gemelli e spolverò dal risvolto della giacca ogni inesistente residuo del viaggio. Lo attendevano incombenze pesanti, eppure – senza sapere perché – non riusciva a sentirsi afflitto quanto avrebbe dovuto e desiderato. Ma forse, pensò un attimo prima che la carrozza si fermasse, quella era solo la naturale, gradevole conseguenza di una vita intera trascorsa a controllare con ferrea disciplina se stesso e le proprie reazioni emotive.

« Milord ». La giovane donna, coi capelli rossi raccolti severamente, era uscita ad accoglierlo senza neppure uno scialle a ripararla dal freddo ingrato di quella notte. Subito accanto a lei era comparsa una serva, che aveva il suo buon daffare a mantenere acceso il lume ad olio; lord Spencer sfruttò per un breve istante l'apparizione di quella fonte di luce per scrutare senza essere scoperto l'aspetto della padrona di casa: era in una certa misura impressionante, prima ancora che doloroso, vederla tremare, con ostinata dignità, vestita solo dell'abito vedovile e senza null'altro a ripararla dalla bassa temperatura, come era doloroso, questo sì, vedere sul suo viso la prostrazione e la stanchezza per gli avvenimenti di quelle giornate. Si avvicinò a lei senza appoggiarsi al bastone, che portava più per vezzo – e per difesa, giacché nascondeva una lama affilata come era in voga all'epoca – che per necessità, e senza rispondere al saluto saltò subito ai rimproveri.

« Non avresti dovuto uscire per accogliermi, e specialmente in queste condizioni. La padrona di casa attende all'interno i suoi ospiti, ben al caldo e al riparo della sua dimora »

« Sono mortificata », si scusò lei, docilmente, rialzandosi dall'inchino di benvenuto « Ma attendevo tanto il vostro arrivo, che... Non ho riflettuto, milord; domando scusa se il mio comportamento è stato avventato ». Chinò appena la testa, senza tuttavia abbassare lo sguardo né allontanarlo da quello dell'uomo. Che di fronte al tono di quel “se” si produsse in una sorta di sorriso.

« Almeno questo lo ricordi ancora. Ne sono lieto ».

L'atrio della villa era sempre stato molto grande, forse eccessivo, e non gli era mai piaciuto; numerosi lumi rischiaravano l'ambiente quasi a giorno, comunicando a chi entrava la sensazione di una certa composta opulenza. I due grandi specchi alle pareti laterali erano coperti ciascuno da un lenzuolo di lino ricamato: era la consuetudine, fino a quando il corpo del defunto non veniva consegnato alla pace della terra, per evitare che lo spirito, lasciando il mondo, potesse perdere la strada. La donna fece per introdurlo nella stanza preparata per l'ultimo saluto, ma lord Spencer la trattenne per un braccio.

« Posso fare da solo. Tu va' a riposare, ti raggiungerò più tardi ».

Charity McElroy si ritirò nel proprio salotto privato, al piano superiore, ignorando – o fingendo di farlo – le pie donne che l'attendevano nel salone del pianterreno per consolarla in quell'ora di dolore; si lasciò cadere rigidamente in poltrona, stirò le gambe e gettò indietro la testa contro lo schienale. Era stata una giornata davvero molto faticosa, e solo l'idea di analizzare gli avvenimenti le dava la nausea.

« Hai dato disposizioni riguardo il funerale? » La giovane tremò violentemente come se qualcuno l'avesse scossa a forza: non aveva idea di come o quando fosse successo, ma doveva essersi addormentata...

« Non ancora ma pensavo di svolgerlo domani stesso, se sarà possibile. Quella ferita non consente di tenere il corpo a lungo dentro casa... » Lord Drake assentì con un movimento grave della testa, per poi accendere la pipa con la mente in apparenza altrove.

« È stato un incidente, Charity? » La donna, che fino a quel momento aveva seguito con affettuosa nostalgia i gesti familiari dell'uomo che le stava seduto di fronte, ebbe come l'impressione che quelle parole, nell'atmosfera sonnolenta della stanza, avessero spezzato un incantesimo. Ogni briciola di stanchezza sembrava sparita.

« Così mi è stato riferito da chi era con lui, milord. Un assurdo incidente di caccia ». Drake la scrutò impassibile tra una boccata di fumo e l'altra.

« E tu lo credi? »

« Per la verità non mi sono neppure presa la pena di pensarci, con le mille cose che ho dovuto affrontare in questi giorni. Ma resta vero che vostro nipote non era un uomo senza nemici, e lo sapete meglio di me ». Di nuovo quel lento movimento del capo.

« Ti trattava come un gentiluomo? » Charity sorrise, ed ebbe l'impressione che fosse il primo vero sorriso da giorni; in effetti da quando il marito era stato ferito durante la battuta di caccia del sabato precedente non aveva più avuto alcun motivo per farlo, e ormai era trascorsa quasi una settimana.

« Proprio come il mio tutore gli aveva chiesto di fare ». Spostò per qualche istante lo sguardo per la stanza quindi congiunse le mani in grembo con un gesto deciso, come se avesse appena preso una difficile risoluzione. « Quindi secondo voi il ferimento di Jonathan non è stato accidentale ». Lord Spencer Drake emise alcune nuvole di fumo prima di esprimersi, e anche alla fine lo fece con cautela.

« Desidererei rifletterci ancora, ma ci sono alcuni dettagli che non corrispondono... Non sono convinto, diciamo così, ma tu non preoccuparti di nulla ». Si alzò appoggiandosi al bastone – era incredibile come quell'uomo potesse cambiare, nel giro di un paio d'ore – e la fissò con calma « Forse sarebbe opportuno congedare le donne in salone, Charity »

« Non se ne andranno. Hanno una gran paura di potersi perdere qualche particolare succulento... Farò servire qualche tramezzino e del tè anche se l'ora non è delle migliori, sono certa che non rifiuteranno. E se Dio vuole, con la bocca piena faranno un po' più di silenzio. O magari saranno assalite dal sonno...» Spencer Drake rise di gusto, si chinò su di lei e la baciò sulla fronte.

« Tirarti su con tutti con tutti i crismi è stata un'impresa... Ma ne è valsa la pena, bambina ». Charity chinò il capo compiaciuta, le mani abbandonate sui braccioli della poltrona a conferirle un aspetto quantomai solenne.

« Questo perché siete stato il migliore dei maestri, milord ».

  
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