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Autore: Nuel    13/07/2015    9 recensioni
La solitudine è un demone che fa impazzire. Quando il silenzio diventa l'unico compagno dei suoi giorni, Merope cerca una via di fuga tra la realtà e la fantasia, fantasticando di avere, un giorno, il coraggio di trasformare il suo sogno in qualcosa di concreto.
♣ Questa fanfiction si è classificata prima al contest "Di 15 in 50" indetto da S.Elric_ sul forum di EFP.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Giro girotondo



A volte basta poco perché tutto cambi e, quando tutto cambia, stranamente, rimane uguale.
    Potrebbe essere una questione di prospettiva, ma per Merope era una questione di inadeguatezza e di paura.
    Da quando era rimasta sola, Merope aveva scoperto il silenzio. La paura si era ingrandita, dentro di lei, fino ad esplodere come una bolla di sapone e lei aveva sussultato temendone il fragore ed era rimasta sorpresa ed allibita quando, invece, non aveva sentito alcun rumore.
    La voce concitata e lamentosa della sua paura si era zittita, messa in fuga dal suono cadenzato degli zoccoli di un cavallo. Era un suono familiare che non si era mai potuta permettere di ascoltare senza il timore di essere scoperta. Un ritmo costante, invitante come il sole che sbuca tra le nubi.
    La porta era rimasta aperta quando gli uomini del Ministero erano venuti a prendere suo padre e suo fratello, non perché lei la chiudesse, ma perché l'attraversasse, solo che lei era rimasta a lungo a guardarla con gli occhi sbarrati.
    Era stato difficile compiere quel passo: restare dietro le porte chiuse, all'ombra di Orvoloson e di Orfin, le era sempre riuscito bene, meglio che venire al mondo, comunque, quello non le era riuscito granché bene e, varcare quella soglia era stato come nascere di nuovo.
    Aveva preso un respiro profondo e lo aveva trattenuto, quasi temendo che fuori mancasse l'aria.
    Si era trovata al sole, coi suoi capelli sporchi e aggrovigliati, col suo corpo piccolo e pallido, coi suoi occhi, uno che guardava avanti e l'altro che scappava. L'aveva accolta un sole malaticcio come lei, quel sole pallido e po' scontroso di metà Ottobre, e tra simili, si sa, ci si comprende, quindi l'aveva scaldata senza scottarla, disegnandole sul vestito stropicciato ricami di luce e ombra rubando la fantasia ai rami dell'albero dietro cui aveva trovato riparo.
    Le era servito un riparo, una tana per un animale impaurito: il mondo non era mai stato tanto grande.
    Il suono degli zoccoli si era fatto via via più forte, scalpiccio ritmato sulla strada di terra battuta. Merope si era accucciata, piegando le ginocchia sporgenti ad osservare il suo sogno che si avvicinava, le passava davanti senza notarla e proseguiva lungo la via.
    Si era chiesta se ci fosse un modo per catturare i sogni e trattenerli.
    Le aveva risposto solo il silenzio, quello in cui viveva da quando la voce della sua paura aveva smesso di parlarle e allora aveva aperto la bocca per tenersi compagnia, senza sapere cosa dire, corde vocali avvizzite e gracchianti e mente vuota. Le era servito un po' per ricordare come si fa a pensare.
    Quando ci aveva provato, però, si era ricordata che il suo nome poteva essere pronunciato senza disprezzo, senza irrisione e si era ricordata anche di essere qualcuno, persino lei che non contava niente.
    Si era ricordata di essere una strega e la magia era ritornata, mezzo per ottenere quel che voleva: la magia poteva tutto.
    Aveva diciott'anni, e tutto era esattamente quello che voleva, perché, fino a quel momento non aveva avuto niente.
    C'erano giorni in cui la tristezza la faceva piangere in silenzio ed altri in cui rideva forte per spazzare via ogni incertezza.
    Non aveva equilibrio, ma l'avrebbe trovato col trascorrere dei giorni.
    Il tempo, però, scorreva in direzione dell'inverno ed il suo equilibrio somigliava a quello di una foglia ingiallita su un ramo ormai spoglio.
    «Dammi il tuo cuore e ti farò innamorare, dammi i tuoi occhi e cambierò quello che vedi...» cantilenava e piangeva mentre mescolava il contenuto del calderone, la voce che accarezzava l'udito con toni ancora un po' infantili.
    Libri di magia come libri di favole, coperti di polvere, scritti in caratteri così piccoli da essere difficili da interpretare, avevano dato un nuovo senso alle sue giornate, vago e brillante come una fuga dalla realtà.
    Aveva un… qualcosa, forse era un desiderio o forse un sogno. Non ne era sicura nemmeno lei. Definirlo progetto non era possibile e forse nemmeno obiettivo; somigliava di più alla fantasticheria di una bambina mai cresciuta, al desiderio di una donna un po' distratta. Somigliava ai suoi occhi: uno che guardava il movimento ipnotico della pozione nel calderone e si perdeva e l'altro che giocava a girotondo.
    
    Dammi il tuo cuore…
    giro girotondo
    … e ti farò innamorare…
    casca il mondo
    … dammi i tuoi occhi…
    casca la terra
    … e cambierò quello che vedi…
    tutti giù per terra.

La musica era fatta di zoccoli al trotto, melodia vivace su cui struggersi d'amore, lei che di amore sapeva tanto poco e di quella pochezza riempiva i vuoti con la fantasia.
    Merope, l'amore, l'aveva imparato dai gatti; randagi affamati che miagolavano di notte, dietro i cespugli,  scacciati a sassate, e immaginava che, un giorno, anche lei l'avrebbe trovato.
    Parlava coi sogni, perché solo loro le tenevano compagnia, li tesseva come un ragno tesse la tela e li distendeva intorno a sé, li mescolava sul fuoco, nel calderone dove la sua vita evaporava: fresca acqua di sorgente, estratto del suo cuore, prodotto dei suoi pensieri, distillato delle sue lacrime, mesciuto dal calderone i cui fumi l'inebriavano; gli avrebbe dato se stessa in un filtro d'amore.
    Nulla più che un sogno che forse non avrebbe realizzato mai. Se solo ne avesse avuto il coraggio… Se, per un giorno soltanto, la sua vita fosse stata vera e reale… le sarebbe bastato un giorno per uscire da un incubo ed entrare in un sogno.
    Quel coraggio, però, Merope non credeva lo avrebbe trovato mai, così continuava a mescolare, come il suo occhio continuava a girare.

 
    Giro girotondo...
    … e ti farò innamorare…
    casca il mondo
    … risveglia la mia anima…
    casca la terra
    … risveglia la mia anima…
    tutti giù per terra.
 


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Note:
  • Questa ff si è classificata prima al contest "Di 15 in 50" indetto da S.Elric_ sul forum di EFP col personaggio Merope Gaunt e la citazione “Dammi il tuo cuore e ti farò innamorare, dammi i tuoi occhi e cambierò quello che vedi”. – Mumford & Sons, Awake my soul, cui ho aggiunto "Risveglia la mia anima", dalla stessa canzone.
  • Scrivere questa storia è stato un parto: l'avevo in testa, ma non riuscivo a farla uscire... colpa del caldo, direi, ma spero che vi sia piaciuta comunque.
    Se è così, fatemelo sapere. ^^
    Ringrazio Aturiel per il banner che ha realizzato per questa storia e vi aspetto sulla mia pagina FB!
   
 
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