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Autore: Fiamma Drakon    20/01/2009    0 recensioni
Quando Alphonse la vide rimase estasiato, mentre un sentimento nuovo che mai aveva provato fino ad allora si faceva lentamente strada dentro di lui...
[dedicata with love alla mia onee-chan]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Verdementa 2_Gigli dichiarativi Gigli dichiarativi
Era da poco sorto il sole.
Central City era ancora addormentata, mentre le prime luci dell’aurora iniziavano a illuminare il cielo da dietro le montagne.
Il giorno precedente si era concluso l’esame annuale per guadagnare il titolo di Alchimista di Stato: su cento candidati, solo cinque erano riusciti a conquistare tale titolo. Una fra questi era Fiamma Drakon, alla quale era stato assegnato il soprannome di Alchimista Cuorardente, per il segno nero e rosso, simile ad un foro da arma da fuoco, che aveva in prossimità del cuore.
Quella mattina, Edward si risvegliò madido di sudore, il battito del cuore accelerato, come se avesse corso la maratona dei cento chilometri. Erano già cinque notti consecutive che sognava Fiamma e la cosa iniziava ad infastidirlo, dato che il sogno terminava sempre con lei e lui in abiti nuziali davanti al colonnello Mustang nei panni del prete. Le possibilità erano solo due: o stava impazzendo o dietro all’amicizia con la ragazza c’era qualcosa di più... profondo. La seconda ipotesi era sopraggiunta qualche notte prima, quando si era ritrovato a sognarsi in spiaggia con lei, in un’atmosfera davvero romantica.
Le notti di incubi gli gravavano addosso come macigni e influivano non poco sul suo aspetto: quando andò in bagno a sciacquarsi il viso, nello specchio  vide riflesse due occhiaie paurose che gli cerchiavano gli occhi, facendolo somigliare ad un morto vivente. Dopo essersi sciacquato il viso, si sentiva un po’ più sveglio. Doveva esserlo: quella mattina avrebbero preso un treno per le regioni ad ovest di Central City. Si asciugò e, fra uno sbadiglio e l’altro, si vestì. Era incredibile quanto il sonno arretrato lo facesse sentire stanco. Quando si fu vestito, fece per avviarsi verso la porta, ma si fermò. Si voltò verso il letto e ci si sdraiò sopra. Lentamente le palpebre iniziarono a farsi pesanti. Stava ormai per cadere nuovamente addormentato quando la porta si aprì con uno schianto.
Edward sobbalzò e si mise ritto in piedi. Alphonse si alzò e spostò la sua attenzione alla ragazza ferma sulla porta. Fiamma era già vestita di tutto punto e fissava Edward senza sbattere le palpebre, sorpresa.
- Che cos’hai da guardare?! - chiese il biondo irritato. - Sei sicuro di stare bene? Hai delle occhiaie spaventose! - disse la ragazza. Edward si zittì, offeso. - Se ho queste occhiaie è solo colpa tua... - mormorò fra sé e sé.
- Allora... partiamo? Dove andiamo? -. Fiamma era evidentemente impaziente di partire.
- Il treno arriverà in stazione alle undici... non credi che sia un tantino presto per andare? - ribatté Edward con sarcasmo.
- Fratellone, forse è meglio se fai colazione... sinceramente: non hai una bella cera... - intervenne Alphonse.
- Uffa! Non ho niente che non va! - esclamò il biondo spazientito, precedendo i due fuori della camera. Sapeva che non li avrebbe convinti in quel modo, ma non aveva alcuna intenzione di essere oggetto delle loro preoccupazioni: sapeva benissimo cavarsela da solo.
Mentre si avviava verso la sala pranzo dell’albergo, si augurò che la colazione potesse ridargli un po’ delle forze perdute con le nottatacce degli ultimi giorni.
La colazione non sortì, purtroppo, gli effetti sperati. Edward non aveva affatto appetito, il che era parecchio strano. L’alchimista si limitò a mangiucchiare qualcosa e nient’altro. Fiamma e Alphonse lo guardavano fissi, con evidente preoccupazione.
- Ed... tutto bene? Non hai fame? - gli chiese Fiamma, allungando una mano verso la sua. Quando si sfiorarono, Edward avvertì una stranissima e spiacevole sensazione di imbarazzo mista a timore. Non gli era mai successo prima. Si sottrasse al tocco della ragazza. - No... non ho molta fame... - mormorò stancamente.
- Fratellone, non so Fiamma, ma io sono preoccupato... è da un po’ che ti comporti in modo strano... non mangi, parli nel sonno, hai quelle strane occhiaie... - disse Alphonse.
- Parlo nel sonno? - ripeté Edward sorpreso.
- Sì... qualche notte fa ti ho sentito che parlavi a proposito di un matrimonio con Fiam... -. Alphonse s’interruppe e scoccò un’occhiata alla ragazza, immobile seduta accanto a lui. Era improvvisamente diventata rigida. I suoi occhi dalle iridi ardenti fissavano Edward con terrore. Sembrava essere sull’orlo del pianto.
- ... un matrimonio con Fiamma... - terminò con voce flebile. Si alzò automaticamente e si allontanò con una rapidità che rasentava il soprannaturale.
Gli occhi di Alphonse ritornarono sul fratello, che stava a capo chino, con gli occhi spenti.
- Stavi sognando di sposarti con Fiamma davvero? - chiese Alphonse in un sussurro. Edward non poté far altro che annuire: non poteva certo mentirgli così spudoratamente.
- Adesso inizio a capire il perché di quelle occhiaie... - sussurrò Alphonse, più a se stesso che a Edward. Il biondo sospirò, afflitto.
- Non so più cosa fare! Ho paura perfino di andare a dormire, ma tanto poi il sonno arretrato ha la meglio e mi ritrovo punto e a capo la mattina dopo. È un inferno, non ce la faccio più! - esclamò. Sembrava essere sollevato di poter raccontare a qualcuno i sentimenti degli ultimi giorni. Alphonse non lo interruppe. - Sono dibattuto con me stesso. Sto impazzendo per tutto lo stress degli ultimi giorni? Oppure è realmente possibile che la ami? E perché l’amore, se davvero di questo si tratta, fa così MALE?! Io non resisto più Al! Lo sai, non sono mai stato bravo con le faccende di cuore, non sono mai stato innamorato di nessuna, non so cosa voglia dire, so solo che stare con lei mi fa male dentro. Voglio poter dormire di nuovo, parlarle di nuovo senza sentire dolore... voglio di nuovo una vita NORMALE! -. Edward si zittì: probabilmente si era sfogato a sufficienza. Alphonse rimase in silenzio ancora qualche istante.
- Per me dovresti provare... in fondo, se la ami, dirle che ti piace dovrebbe farti sentire meglio. Magari potresti anche scoprire che lei ricambia quello che ipoteticamente provi per lei... se non è d’amore che soffri, allora dovrò portarti da un bravo psicanalista... - disse Al. Edward rimuginò qualche istante sui pro e i contro di quello che Alphonse gli aveva appena consigliato e decise di provare: se la sua crisi emotiva era dovuta ad altro, si sarebbe abbandonato alle cure di uno psicanalista. Sarebbe stato molto meglio che passare il resto della vita chiuso in un manicomio con la camicia di forza.
Il biondo si alzò e si avviò verso la camera di Fiamma: era certo di poterla trovare lì.
- Ah, fratellone... perché non provi a portarle dei fiori? Penso che si sia offesa per prima... - disse Alphonse.
- Offesa... sono io quello che rischia di finire con la camicia di forza a quindici anni e lei si offende per cose del genere... bah! Però forse Al ha ragione... - mormorò fra sé e sé il biondo.
Prima di andare da Fiamma, Edward uscì, diretto in centro.
Nel frattempo, nella camera di lei, Fiamma era in preda ad un contrasto emotivo. Camminava furiosamente avanti e indietro di fronte alla finestra, guardando a terra, rimuginando fra sé: - È tutta colpa mia! È a causa mia che Edward si comporta in modo strano! Non avrei mai pensato che potesse soffrire per sogni che ho anch’io! Oh... forse è meglio se li lasciassi viaggiare da soli, così Edward non soffrirebbe più. Perché sono causa di tutti questi problemi?! Se l’avessi saputo me ne sarei andata subito dopo la fine dell’esame ieri pomeriggio e me ne sarei tornata a casa... dopotutto, non era mia intenzione creare loro tutti questi disagi... -. Questi e molti altri pensieri affollavano la mente della ragazza, competendo fra loro per attirare l’attenzione di lei su di essi. Il rimorso per tutto quello che era successo e la consapevolezza di esserne la causa erano due degli innumerevoli pugnali che sfregiavano nel profondo il subconscio della ragazza. Erano ferite che, prima o poi, sapeva che si sarebbero rimarginate: in fondo, erano solo ferite emotive. Era riuscita a sopravvivere alla morte del suo migliore ed unico amico d’infanzia, sarebbe riuscita a sopravvivere anche a quello. Era terribilmente doloroso separarsi senza aver avuto una chance con Edward, senza potergli dire addio, ma se l’avesse rivisto un’ultima volta prima di andarsene sarebbe stato tutto più difficile.
La ragazza alzò lo sguardo e iniziò a preparare i suoi bagagli. Fu una cosa veloce, dato che viaggiava leggera. Appena ebbe concluso, si sedette sul letto e fissò il cielo azzurro oltre la finestra. Non poteva finire così, ma doveva. Era inevitabile. Se fosse rimasta, Edward avrebbe continuato a soffrire. Partendo, avrebbe impedito almeno a lui di provare altro dolore. Aggiungere altra sofferenza a quella che già provava dopo aver perso Dario non era niente per lei, dato che la trasmutazione umana che le aveva portato via Dario le aveva anche strappato parte della sua anima. La sua sfera emotiva era stata molto danneggiata dal suo tentativo di invadere il territorio divino, il tentativo di sottrarre Dario a una morte inevitabile e le emozioni che provava erano più deboli rispetto a prima di quella trasmutazione. Sarebbe stato facile per lei guarire da quel dolore: uno o due anni, forse di più, ma aveva la certezza di superare la separazione. In fondo, nella vita si incontrano tante persone, ma bisogna anche saper dire addio. Quella era una di quelle volte.
Fiamma sospirò e si alzò. Prese il suo zaino e stava per metterselo in spalla, quando qualcuno bussò alla porta della camera. Sorpresa, poggiò il bagaglio e andò ad aprire. L’unica cosa che vide furono fiori. Tantissimi fiori dai petali bianchi che, ad una più attenta analisi, giudicò essere gigli. Arrossì, imbarazzata, mentre si sporgeva per cercare di vedere chi ci fosse dietro a quel mazzo di gigli. Poi lo vide: un capello biondo ribelle ritto fra l’attaccatura di due ciuffi più consistenti di capigliatura bionda.
- Edward... - mormorò, spostando il mazzo. Dietro poté chiaramente osservare il viso del giovane Alchimista d’Acciaio: teneva gli occhi bassi, aveva le guance infiammate e si mordeva nervosamente il labbro inferiore, evidentemente a disagio.
- Ehm... ecco io... - esordì lui. Fiamma si fece da parte per farlo passare. Lui entrò nella camera di lei e si fermò in mezzo alla stanza. - Allora... che cosa vuoi? - domandò lei in tono molto più scortese di quanto volesse. Edward parve ritrarsi un poco, ma sembrava deciso. Inspirò a fondo e iniziò: - Fiamma... io volevo dirti che... mi piaci. Sì... mi piaci e... -. S’interruppe quando sentì dentro di sé un immenso sollievo, come se si fosse tolto un enorme peso dalla coscienza. Alphonse aveva ragione: soffriva d’amore. Era davvero innamorato di Fiamma, anche se non riusciva ancora a capacitarsi di come o perché fosse accaduto tutto ciò.
Da parte sua, Fiamma non poté fare a meno di rimanere in silenzio, visibilmente scioccata. Forse si era tutto un sogno, doveva esserlo di sicuro. Nella realtà Edward avrebbe mai avuto il coraggio di dirle una cosa simile? Ma soprattutto, avrebbe mai potuto provare amore verso una come lei? Fiamma sbatté più volte le palpebre: era certamente la realtà. Lei avanzò sicura verso il ragazzo, ancora immobile e imbarazzato al centro della stanza. Prese il mazzo di gigli e lo lanciò sul letto, in modo da avere libero lo spazio che la separava da lui e lo baciò. Quello era il suo primissimo vero bacio. Dal canto suo, Edward era rimasto sorpreso dalla mossa improvvisa della ragazza, ma era troppo stordito dalla felicità per potersi sottrarre volontariamente a quel bacio. Si sentiva benissimo, una sensazione nuovissima, mai provata in vita sua. Come fosse un riflesso condizionato, le cinse i fianchi con le braccia, come a proteggerla da un pericolo inesistente.
Fiamma si sentì ardere le guance e, a malincuore, si sciolse dal bacio. Fissò Edward dritto nelle sue profonde iridi color oro: sembravano vive, pronte ad emanare scintille.
- Fiamma... io ti... -. Il dito di lei scivolò lentamente sulle sue labbra, zittendolo.
- Non dire altro. Lo so già... ti amo anch’io - mormorò lei. Il suo tono di voce caldo e affettuoso fece letteralmente sciogliere il biondo, che avvampò di nuovo.
Fiamma lo vide armeggiare con la giacca rossa, alla ricerca di qualcosa. Poi, quando finalmente trovò quello che cercava, arrossì ancor di più: era arrivato il momento più imbarazzante e sincero della sua vita, l'unico modo che aveva per assicurarsi una forse momentanea pace interiore, almeno per quanto riguardava le faccende amorose. S’inginocchiò e le mostrò una piccola scatola nera, dentro alla quale si scorgeva un anellino d’argento simile ad un serpente, nella cui testolina era incastonato un piccolo rubino.
- Oh... Edward...! - esclamò lei, arrossendo. Lui sembrava essere ancora più imbarazzato di prima: si sentiva un emerito imbecille, eppure era assolutamente convinto di quello che stava facendo.
- Fiamma... vorresti farmi l’onore di diventare la mia fid...! -.
- SÌ! Oh, sì Edward, sì! - esclamò lei, felicissima. Edward si rialzò, spiazzato da una reazione tanto energica e le infilò l’anello all’anulare destro. Fiamma lo osservò, estasiata, prima di abbracciare Edward, che ricambiò l’abbraccio con energia.
Alle undici di quella stessa mattina, Edward, Fiamma e Alphonse partirono verso le regioni dell’ovest...
- AL! Ehi, Al! Mi senti?! È ora di andare! -. La voce di Edward riportò bruscamente Alphonse alla realtà. Si volse per guardarsi attorno e notò Fiamma e Edward sul ciglio della strada, mano nella mano.
- Eccomi, arrivo! - esclamò Alphonse, salendo di corsa su per il pendio erboso.
Il pomeriggio era trascorso velocemente. Ormai il sole era prossimo al tramonto e tingeva il cielo di calde tonalità tendenti al rosso e all’arancio. Era uno spettacolo meraviglioso.
Il trio fece ritorno all’albergo, dove Edward e Fiamma cenarono.
Successivamente, i tre si diressero verso le loro stanze. Fiamma si fermò fra le camere e si voltò verso gli altri due.
- Be’... qui ci separiamo. Buonanotte! - esclamò, baciando Edward su una guancia.
- Separarci... guarda che non andiamo mica tanto lontano... ci vediamo domattina... ‘notte... - mormorò, avviandosi nella camera a destra, seguito da Alphonse. Fiamma entrò nella sua stanza e si preparò per la notte. Stanca dopo la lunga giornata e i due giorni di viaggio, la ragazza cadde quasi istantaneamente in un sonno profondo.
Nella camera accanto, mentre Alphonse se ne stava tranquillo steso sul letto aspettando di prendere sonno, Edward si spogliava: si sciolse i capelli, che gli ricaddero in una pioggia di sottili fili d’oro sulle spalle, si tolse la giacca rossa, il giubbino nero, i pantaloni e gli stivaletti, che appoggiò ad una sedia ai piedi del letto. In canottiera e mutande, il ragazzo s’infilò sotto le coperte.
- ‘notte Al... - farfugliò, già mezzo addormentato.
- Buonanotte fratellone... - gli rispose l’altro.
Edward, spossato dalle lunghe giornate di viaggio, scivolò rapidamente nel sonno, mentre Alphonse, nel letto accanto, veniva lentamente avvolto da un tranquillo torpore.
   
 
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