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Autore: ColettedeJarjayes    14/07/2015    6 recensioni
Con tutte queste belle storie di oggi, mi è venuta voglia di pubblicare questa storiella vecchiotta. Protagonista l'amore, quello del quotidiano, del non detto, del perché proprio quella persona. Protagonisti i nostri, in un futuro indefinito, con qualche riferimento storico qua e là, e raccontata da un testimone d'eccezione.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Papà, mettiti gli occhiali e raccontaci una storia..!
 
Non sono così talpa da mettere gli occhiali comunque. Siccome “c’era una volta” non mi piace, iniziamo così:
Furono tante le peripezie che seguirono quel 14 luglio ormai famoso, quello del 1789, quando cercammo di riscrivere la storia di Francia, e non immaginavamo che avremmo riscritto la storia d’Europa. Anche se non esattamente come avremmo voluto.
Ma tra complotti, ghigliottine, tradimenti, fughe, ricordo con più terrore alcune avventure…meno legate alla Storia, ma molto di più alla mia storia. La mia preferita.
 
Insomma, venne che il mio migliore amico si sposò. Finalmente eh, perché non era più giovanissimo, e, anche se “non sta bene dirlo” come dice sempre mamma, neanche la sposa era proprio giovanissima. Comunque, anche se ho sempre pensato al matrimonio come a una prig…no questa parte meglio non raccontarla…insomma, se erano sopravvissuti a quelle giornate di battaglia e a una marea di ferite, un motivo c’era. Ed era che volevano stare insieme, finalmente. Ma insieme insieme proprio.
 
Vivevano in casa di Bernard Chatelet. Non so se voi più piccoli lo ricordate, ma vostro fratello sì, lo ricorda. Pover’uomo. Povera anche la moglie…arrivarono a un punto in cui iniziarono a ghigliottinare anche chi commetteva l’errore di fare una gentilezza alla persona sbagliata. Mia sorella lavorava per un fioraio, aveva i migliori garofani della città, sapete, e… ma non importa. Volevate l’avventura.
 
Dunque, i primi tempi furono difficili, ma intriganti, entusiasmanti: sempre quella tensione di star per fare qualcosa di grande, ma allo stesso tempo la paura di un passo falso. E, per lei..oh per lei anche il legame con il suo passato, e la Regina, che era sua amica. Non puoi cancellare il tuo passato, in fondo.
È per questo che si trasferirono. Paesino di campagna, bello sperduto, che quando siamo arrivati ci hanno raccontato di aver saputo della fuga del re, anni prima, quando ormai era stato riportato da qualche giorno a Parigi. Ma non è una bella storia. E che cos’è questa voce dall’altra stanza?
 
Caro…Qual è la tua idea esatta di preparare i bambiniiiiii??!!
 
Va bene, richiudiamo la porta. La faccio breve. Si trasferirono, con la promessa di non intervenire più nella vita pubblica e di rispettare i ruoli imposti dal comitato in cambio di tranquillità e anonimato assoluto. E così, qualcuno dovette imparare a fare la brava moglie…E ricominciare dall’ABC.
 
C come Cucina. Vi dico solo che quel tozzo di pane e l’acqua neanche troppo limpida che ci davano quando eravamo puniti in caserma era un pranzo da re. Una volta ha cucinato dei tortini, credo, e dato che non le sembravano troppo morbidi le è preso il nervoso e ne ha lanciato uno contro la finestra. Con tutto quello che costano i vetri, andare a spaccarne uno! Le statue di marmo della reggia erano pain au chocolat, a confronto. E sapete, cosa mi ricordo? Che mentre io sistemavo i vetri (eh, avevo conosciuto mamma. Non potevo tornare a Parigi…c’era già in viaggio vostro fratello. Macché verso Parigi! Ma..Etienne! Io e te dobbiamo parlare seriamente, anche se hai otto anni. No Diane, con te non parliamone proprio. Hai mai pensato di fare la principessa rinchiusa nella torre da grande? No? Poi parliamo anche di questo eh), lui raccolse il dolcetto e lo poi andò in una bottega giù in paese. Fece fare una copia, di ceramica? Non so, su cui fece dipingere le parole il primo dolce di casa. Credo che l’abbia rotto la signorina, laggiù, che presta più attenzione al cavallo che al ragazzo. Beh tanto meglio. E no, non parlare così, Etienne, non è tale e quale alla madre e nonmiinteressaselodicosempre, gliadultiavoltescherzanoe…oh basta Diane, non picchiare tuo fratello!
 
Serve aiuto?
 
No. In ogni caso, decidemmo che fosse meglio che non cambiasse troppo rispetto a prima, ecco. Dopotutto ci aveva rischiato la testa più volte, con la sua indipendenza, tanto valeva rispettarla. La sua amica Olympe, oh che matta quella, tutta particolare col suo teatro e la sua pazza idea di fare l’avvocatessa, beh insomma, a lei con tutto sto sbandierare l’indipendenza non è andata troppo bene…ma finché possiamo raccontare…
 
Ah, A come arredamento. Venne poi il momento di allargare un po’ casa, e insomma, all’epoca le finanze, i soldi cioè, erano quel che erano, e allora abbiamo pensato di spostare i mobili delle stanze per fare spazio. Eh spazio per la piccola, beh allora piccola, adesso…guardala là. E comunque, abbiamo passato due ore, due ore! Due ore della mia vita che nessuno mi restituirà, con un divanetto in mano io e il sant’uomo, ad ascoltare i suoi ma secondo me Nanny non l’avrebbe messo così, no no spostalo a destra, ho detto a sinistra Alain, ma se tu mi guardi così è a sinistra se mi guardi così è a destra, non sembri neanche un mio soldato. A proposito spostatelo da lì il divano che sembra la disposizione che avevo nell’ufficio della caserma e poi mi sudano gli occhi come ad Alain quando pensa che la sua mademoiselle cui non presta attenzione gli ha gridato in faccia che è l’ultimo uomo sulla terra che sposerebbe. Scusa Alain, André mi ha detto di chiederti scusa e di usare come giustificazione il fatto che siamo in due ad essere irascibili per i prossimi mesi. Boh cinque scarsi credo. Il divanetto lo vorrei nell’altra stanza adesso.
 
Era più donna che mai lei. E non lo sapeva. Lo era nella sua natura contraddittoria, nel suo intuito, nella capacità di fare più cose e di impegnarsi con un’abnegazione che…contraddittoria vuol dire che cambi spesso idea. Ma che cavolo fai tu tutto il giorno con la maestra? Lo so che ti fa lezione mamma, ma…come scusa?
 
Non è colpa mia se al tuo secondo maschio piace cucinare col grembiulino ricamato, Amore. Hai finito la storia?? Dovresti vedere quant’è tenero…tutte le donne in paese lo strapazzano di coccole!
 
Allora, figliolo, tempo qualche anno e spiegherò anche a te come farti strapazzare di coccole nel modo giusto. Nel frattempo, stai lontano da tua madre il più possibile; e fai qualche giro in più a casa Grandier eh.
 
Sì, ecco…S come…oh! Ce l’ho ancora davanti agli occhi…
La schiena dritta, le lunghe gambe divaricate, le mani sui fianchi. Io e il mio amico a sinistra e a destra, sbirciavamo oltre le sue spalle. Il nemico era davanti a noi, attendeva, immobile, apparentemente innocuo, come una belva pronta all’attacco…
-Sei sicura, amore?
-Sì.
-Comandante, io credo che sia meglio aspettare.
-Un soldato non abbandona il campo di battaglia. E porta sempre a termine una missione, con le risorse che ha.
-Comandante, io credo che siamo senza risorse al momento.
-Sciocchezze, mi ha spiegato tutto.
-E tu stai lì tutto zitto, bello bello, senza dirle nulla?
-Cosa dovrei dire?
-Niente, lascia pure che tua moglie faccia disastri.
-…
-Beh? Non dici nulla?
-Lascia perdere Alain. Lui ha sempre fatto così. Dava la sua opinione se richiesta, e se non richiesta mi assecondava perché io tirassi la corda per vedere se si spezzava. E se si spezzava, lui era lì a sorreggermi.
-Non ci sarà più nulla qui da fare se mi metto a vomitare comandante. È questo quello che volete?
-No. O lo uso sulla tua faccia.
-Intanto imparate a usarlo.
-Intanto il carbone è dentro.
-Ecco. Poi?
-Poi…
-Oscar, fossi in te io lo impugnerei. Ma sei sicura che vuoi farlo?
-Sì. Ho visto donne farlo da sole. In tre riuscirà anche meglio no?
-…
-Alain, stavolta stai tu zitto, per favore. Oscar, posso?
-Cosa?
-Fai fare a me, seguimi, per una volta.
 
Calmo come il mare quando non c’è vento, impugnò sicuro il ferro e iniziò a passarlo sul tessuto. Lui sapeva stirare! E lei lo amava anche per questo. Perché con pazienza e dolcezza, lui le insegnò anche a stirare. E lei non imparò mai.
No neanch’io ho imparato a stirare. Però i ferri da stiro mi fanno simpatia, da allora.
 
A come…ah, sono arrivati. Presto, infilatevi i vestitini, dovete essere eleganti!
 
Papà…
 
Sì?
 
Perché scegli sempre una lettera prima di raccontare questa storia?
 
Non sceglie una lettera, sceglie le lettere C A S A, sempre! Vero papà!?
 
Vero. Non so nemmeno io come mi sia venuta in mente ma…seguire un’idea, quando racconto questa storia, mi aiuta. Altrimenti mi perdo nei ricordi, e sono abbastanza vecchio da affogarci.
 
Papà non sa nuotare
 
No, io so nuotare, ma… eh ma se scappate senza ascoltare però! Ehi…ecco, solo. Vabbé…
 
Comunque, lo faccio perché André, quando parlava di Oscar, lo faceva sempre con un tono di voce che mi ricordava quello di mio padre, quando rientrava a casa. Lui diceva sempre che in casa non c’è bisogno di gridare, perché ci si ascolta col cuore, che casa non è il palazzo dove sei cresciuto, ma le persone che ti porti dentro, che casa è qualcosa che ti scalda, che ti mette alla prova a volte, ma senza la quale non potresti essere tu, perché non saresti completo nei pregi e nei difetti. E quando li guardo, io sento profumo di casa. Quando gli chiesi perché proprio lei, lui mi disse che Oscar era sua da sempre, perché aveva dato tutto a un ragazzino senza casa e senza famiglia, perché come una dea terribile poteva togliergli tutto in un colpo solo, e invece non l’aveva mai fatto. Anche nei momenti di disperazione, in cui sembrava che lei implacabile stesse allontanandosi, e lui avrebbe voluto gridare. André invece ha sempre sussurrato tutto il suo amore, anche quando era disperato, e sussurrava il suo terrore che lei sposasse un altro. A volte non parlava proprio. La lasciava sbagliare, e la afferrava prima che toccasse terra. Stava in silenzio e capiva quello che c’era da fare. Con il tempo ho imparato anche io che l’amore è nelle piccole cose. Non servono grandi gesta da storie che piacciono tanto a chi ha tempo per leggere; una volta ho visto André correre verso Oscar che aveva dimenticato il mantello per portarglielo, e mi disse che non era la prima volta. Un’altra ancora l’ho visto portare una pazienza infinita, e poi sostenere la moglie con una semplice carezza sulla schiena, come a dirle “andrà tutto bene, siamo in due, io sono qui”. Tante altre ho visto Oscar regalargli sorrisi segreti, solo per lui, perché lui ne va pazzo e lei lo sa. André è una persona straordinaria, ma senza Oscar, sarebbe stato solo un ragazzo gentile ed educato. Anche profumato. E lei lo sapeva, ma come tutte le cose che ci portiamo dentro da una vita, spesso non le vediamo neanche. Che fortuna aprire gli occhi. Che difficile farlo, e superare tutti i dubbi, gli ostacoli e l’orgoglio, che ti dice che stai scegliendo una gabbia dorata e potresti essere libero…ma non puoi mai essere libero da te stesso. In fondo, Oscar ci ha guadagnato. Con lui è libera di essere se stessa. Ed è una libertà impagabile. Anche André, adesso, solo legato a lei, è libero. Libero di amarla, di essere se stesso. Non un attendente con il comandante, non il servo devoto con la padrona, non il marito di…, non la moglie di…, non solo i genitori di… Loro sono Oscar e André, e io ho avuto il privilegio di conoscerli e vederli liberarsi l’un l’altro.
E in un certo senso hanno liberato anche me…
 
Che hai da guardarmi così?
 
Nulla, tesoro. Sei bellissima.
 
Oddio, che hai fatto?
 
Ma perché mi rispondi sempre così?
 
Perché ho sposato Alain de Soisson. Che hai fatto?
 
Ti detesto quando metti le mani sui fianchi così. Ma ti amo anche per questo.
 
Alain. Non puoi metterti a…”piovere dagli occhi” ogni 14 luglio! Sono qui, sono di là in cucina, mentre tu fissavi fuori dalla finestra, i tuoi bambini sono saltati al collo dello zio André e adesso la piccola Diane sta sfinendo la zia Oscar di domande sui duelli, perché non la vede da ieri sera. A proposito, va bene che ha 8 anni e che è piccoletta, ma devi seriamente parlarle, non può rispondere a tutti “io da grande farò il cavaliere”…Per non parlare di tuo figlio grande, che a 15 anni è già partito per la coetanea più pazza che potesse trovare. Sì sì, non dirmi che non ti sei accorto di come la guarda! Ha i capelli biondi e gli occhi verdi e un carattere impossibile, praticamente per uno così è perfetta. Ma se lei somiglia appena appena alla madre, gli darà del filo da torcere. Mi piace quella ragazzina! Ma poi sono così giovani! Se penso a che età avevi tu quando ti ho conosciuto! Alain? Mi ascolti?
 
Sì, ti ascolto.
 
Mi piace quando mi abbracci così, e appoggi il mento sulla mia testa. Ti ho già detto che il tuo mento fa tanto eroe da feuilletton? Tipo eroe che tutte lo vogliono ma lui si sposa una che sparisce e viene salvata da un principe esotico e torna a casa quando lui ormai è partito per un’altra che ha praticamente passato tutti i letti della famiglia nobile per cui lavora?
 
Sì, me l’hai detto. E lo odio.
 
Anch’io, ma la sarta doveva sistemare un vestito ed era una cosa lunga, e…
 
Che vestito?
 
Una giacca di André. Aveva una bruciatura da far spavento! Non dirglielo però, ma lei ci prova ancora a stirare a volte. Perché sospiri?
 

 
Alain?
 
Perché lui lo sa. Ma la ama lo stesso.
 
Come lo sa?
 

 
Alain mi sorrise, mi diede un bacio sui capelli, e mi superò, fermandosi sulla porta, prima di voltarsi, prendermi per mano e portarmi a festeggiare con i nostri amici, Oscar e André, il 14 luglio.
Ha cambiato tanti nomi da allora, il 14 luglio. A volte era quasi proibito festeggiarlo. Ma Alain diceva che era il suo anniversario speciale, e che la libertà va festeggiata sempre. Lo prendevo in giro, gli dicevo che era un po’ troppo politico, per i miei gusti.
Ma guardavo gli occhi dei nostri amici, guardavo Oscar, una donna un po’ più grande di me, ma con una vitalità da ragazzina, vestirsi ancora da uomo. E lui ammirarla come fosse coperta di diamanti. Secondo Alain non era coperta proprio. Ma vabbè. Li guardavo e capivo cosa intendesse Alain, e con soddisfazione posso dire che li guardavo e non vedevo ruoli: non c’erano moglie e marito, non c’erano uomo e donna, c’erano Oscar e André, un uomo e una donna sì, ma liberi di amarsi, di amare la propria figlia e farle studiare ciò che voleva, di essere ciò che volevano. Perché prima di tutto c’era rispetto, comprensione, e soprattutto un amore tanto forte da farli crescere insieme, anche nei momenti peggiori.
E ci sono stati, e tanti.
Ma Alain li salta sempre quando racconta. Come fossero un principe e la principessa: prologo-innamoramento-ostacolo-vittoria contro il cattivo- vissero per sempre felici e contenti.
Insomma. La Vita vera non è così. Che fai quando la Storia ti prende a schiaffi, la quotidianità prende il sopravvento e non sei più un ragazzino che sistema tutto facendo scintille la notte con la tua dolce metà? Non lo so. Ma ti ami. Punto.
A volte non va come vorresti (e il capo, qui, ne sa qualcosa di mogli ripudiate, ma non possiamo dirlo troppo ad alta voce. Bravissimo per carità, in battaglia, una testa da far invidia, ma un bel tiranno anzicheno, eh?!), e la vita ti separa.
 Altre volte, devi combattere, stringere i denti, chiederti cosa non va e cosa funziona.
E poi guardare al tuo fianco.
Perché al tuo fianco può esserci l’amore della tua vita, ma di fianchi ce ne hanno dati due, perché ci fosse spazio anche per gli amici.
Io il 14 luglio, lo chiamo la festa dell’Amore. Perché con sguardi d’amore e libertà, e braccia amiche di sostegno nei momenti difficili, puoi fare una rivoluzione. Fuori e dentro. 

Con tutte queste belle storie, ho preso coraggio e pubblicato dopo tanto tempo qualcosina anch'io, un piccolissimo contributo, e neanche tanto serio, nemmeno revisionato troppo. Così, di getto. Tanto Oscar ha pensato abbastanza a lungo per entrambe, no?! Vi lascio anche senza note, coglieteli voi citazioni e riferimenti storici ;)
Un abbraccio e felice 14 luglio a tutte. 

 
  
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