Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: MissHoney    15/07/2015    4 recensioni
La guerra è finita da alcuni anni e un unico re, senza rivali, siede sul trono di spade.
Arya ha 17 anni, e ormai da tempo ha abbandonato definitivamente gli Uomini Senza Volto, ritrovando se stessa. Crescendo però ha imparato che, proprio come le diceva suo padre, bisogna scendere a compromessi, e che a volte anche un lupo deve indossare gli abiti di una lady. Fortunatamente ha sempre suo fratello Jon, ancora Lord Comandante dei Guardiani della Notte, pronto a consigliarla e sostenerla.
Ma se un segreto, custodito a lungo, arrivasse a cambiare per sempre il loro rapporto?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arya Stark, Jon Snow
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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Old Gods, forgive me
 
4. A Night With Wolves
 
Era la seconda volta che baciava qualcuno. Ricordava vagamente la prima e, fino a quel momento, unica occasione in cui le sue labbra avevano incontrato delle altre, ma non si trattava di una memoria piacevole. Il bacio era stato umido, troppo umido, ma era servito al suo scopo. L'ultimo bacio prima di morire, per la sua povera vittima. 

Stavolta, la situazione era molto diversa, eppure non riusciva a provare alcun tipo di entusiasmo mentre la lingua di Gendry s'intrecciava alla sua. Forse, semplicemente, non era portata per i baci, o magari non aveva ancora ricevuto il bacio che le avrebbe fatto cambiare idea.

<< Sei bellissima, mia lady >> le sussurrò suo marito, portando le labbra al suo collo. Arya se ne stava lì, immobile come una statua, alla sua mercé. Aveva imparato a muoversi come i danzatori dell'acqua, a cambiare volto, a uccidere… ma nessuno l'aveva mai preparata per quello. Era una lotta impari, una lotta in cui lei, abituata ad essere predatrice, in una vita e nell'altra, diveniva inesorabilmente vittima, inesorabilmente donna. 

Le mani di Gendry erano dappertutto, mentre le braccia della ragazza pendevano flosce lungo i fianchi. Si domandò se ogni sposa fosse così impacciata la prima notte di nozze o se lei rappresentasse un caso speciale. Per un attimo provò ad immaginare come doveva essere stato tra Sansa ed Edric, ma poi, dato che correva il rischio di vomitare, decise che preferiva non saperlo. 

<< Va tutto bene? >> 

Gendry, forse per la prima volta da quando le lady lo avevano condotto nella stanza, la guardò negli occhi. Doveva, alla fine, essersi accorto del suo silenzio. 

<< Si… io… >>

<< Bene, perché non vedo l'ora di saggiare tutta la forza e la passione della mia fanciulla lupo. >>

La strinse più forte a se, iniziando ad abbassarle le spalline della sottoveste. "Devo farlo. L'ho sposato e devo farlo." si disse e, mordendosi il labbro, allungò le mani verso le brache. L'uno con foga, l'altra un po' titubante, si spogliarono a vicenda. 

Quando Gendry l'adagiò sul letto, Arya si sentì al contempo terrorizzata e sollevata. Terrorizzata al pensiero che la sua verginità stesse per essere violata, sollevata perché suo marito sarebbe stato così preso dal suo corpo da non accorgersi che la sua mente - e il suo cuore - erano altrove. 

Le sorrise, torreggiando su di lei. << Sono così felice di averti sposata… mia lady. >> 

Arya non poté che ricambiare il sorriso, mentre sensi di colpa perpetravano in lei. Poteva sembrare un po' sbruffone, alle volte, e, crescendo, aveva dimostrato di amare il vino quanto suo padre, cosa che Arya non apprezzava, ma, alla fin fine, era lo stesso ragazzo, lo stesso uomo, che un tempo aveva lottato con lei nelle stalle di Lady Smallwood. Pur essendo stato legittimato, pur essendo divenuto un lord, non era cambiato, non più di tanto almeno e, soprattutto, non sembrava intenzionato a cambiare lei, nonostante fosse consapevole di non aver sposato la più malleabile delle lady. Era stato un buon amico, e sarebbe stato un buon marito - Arya non ne dubitava - ma, nel suo cuore, sapeva che il problema non stava in chi era Gendry, ma in chi non era.

Forse doveva soltanto dargli la possibilità di conquistare la donna, come un tempo aveva conquistato la ragazzina. Forse avrebbe potuto innamorarsi davvero, magari proprio a cominciare da quella notte. Bastava avere fiducia in lui, abbandonarsi tra le sue braccia, convincersi che poteva essere al sicuro anche lì. Bastava ripetersi che non occorreva evadere, fuggire altrove. Ma sarebbero state bugie, soltanto bugie.

Si irrigidì, mentre avvertiva una pressione sempre più forte nel basso ventre. Gendry stava per entrare in lei. Per un attimo, desiderò che fosse un po' meno cortese e la prendesse da dietro, perché, in questo modo, almeno avrebbe corso meno rischi di essere scoperta, ma ormai non poteva farci nulla. Non avrebbe di certo preso lei l'iniziativa. Sospirò, mentre lui affondava le labbra nel suo collo. Chiuse gli occhi…

… ed iniziò a correre. L'aria era fresca e piacevole e lei si sentì finalmente libera mentre il vento della sera le sferzava il muso. Il parco degli dei era deserto, e non avvertiva alcun rumore nelle vicinanze. Silenzio, soltanto silenzio. Si voltò a destra e a sinistra. Sapeva quanto lui fosse capace di arrivare di soppiatto, eppure non lo vedeva da nessuna parte, nè lo percepiva, il che era stranissimo, considerando che, in un modo o nell'altro, anche nei giorni che li avevano costretti più lontani, erano sempre riusciti a percepirsi. Era comunque fiduciosa che sarebbe venuto. Doveva venire, altrimenti sarebbe andata a prenderlo, e, dopo, non ne sarebbe stato contento.

Raggiunse lo stagno e si abbeverò. La luna era alta nel cielo e illuminava tutto lo spazio circostante, sicché non aveva problemi a scorgere il suo riflesso. Gli occhi del colore dell'oro liquido parevano tristi, ma chi era ad essere triste, il lupo o la ragazza? 

Nymeria era frustrata. Stava bene a Grande Inverno, soprattutto adesso che era arrivato Spettro, eppure, alle volte, si sentiva incompleta. Le mancava il suo branco, i suoi cugini più piccoli, dal pelo grigio e dal pelo nero. Come procedeva la loro vita senza di lei? Erano rimasti insieme o si erano separati? Riuscivano ancora a farsi valere contro gli uomini, senza la sua guida? 

E suo fratello, il suo fratellino che odorava d'estate, dov'era? L'avrebbe mai più rivisto? Ricordava così poco di lui! Le loro strade si erano divise troppo presto, due lunghi viaggi che avevano portato lei a Sud e lui all'estremo Nord, lì dove né uomini né lupi potevano raggiungerlo. Avrebbe tanto voluto rincontrarlo, ma, per adesso, le bastava sapere che era vivo, e che stava seguendo il suo destino, lì con colui che doveva proteggere. 

Il pensiero del fratello la condusse inconsciamente verso il grande albero dalle foglie rosse. Ad un certo punto, però, percepì di non essere più sola, e scattò di lato. L'altro suo fratello, il metalupo albino, era arrivato, come aveva sperato, ma il suo tentativo di sorprenderla non aveva funzionato. Non funzionava mai. 

Ringhiò, beffeggiandolo. Era quello più grosso, eppure, se loro e Cagnaccio avessero costituito un vero branco, come quello di cui lei era a capo nelle terre dei fiumi, l'alfa sarebbe stata Nymeria, perché era Nymeria ad avere quell'indole, come la regina guerriera da cui aveva preso il nome. Ma non c'era nessun branco, in realtà. Il loro legame era forte, eppure, inevitabilmente, il modo e i luoghi in cui erano cresciuti impediva loro di rimanere uniti e compatti. O forse era semplicemente troppo grande il vuoto causato dalle loro perdite. 

Ogni tanto le piaceva immaginare che Lady e Vento Grigio fossero ancora vivi, da qualche parte, e che un giorno sarebbero sbucati fuori. Magari tutti insieme sarebbero andati su, oltre la barriera, capaci insieme di raggiungere la loro estate anche nel cuore dell'inverno. Fantasie, nient'altro che fantasie, piacevoli quanto impossibili.

D'improvviso, una foglia solitaria venne giù dal cielo, fermandosi ai piedi di Spettro. Entrambi i metalupi la seguirono con lo sguardo. A volte, quando era a Grande Inverno e le mancava il suo compagno, le piaceva fissare il folto capo dell'albero diga, perché le sembrava di vedere gli occhi del lupo silenzioso e, in questo modo, si sentiva meno sola.

Si avvicinò e provò a dargli una zampata, ma lui la schivò, arretrando. Si aspettava un contrattacco, ma suo fratello evidentemente non aveva poi tanta voglia di giocare. I turbamenti del ragazzo lo avevano reso più inquieto del solito. Poco prima, mentre il matrimonio si celebrava, aveva addirittura ululato. Nymeria non ricordava di aver mai sentito Spettro ululare e, adesso, non era certa di voler ripetere l'esperienza. Dolore, semplice, puro e profondo dolore. Era riuscita ad avvertirlo anche lei e aveva desiderato placarlo in qualche modo, ma l'albino si era poi allontanato, probabilmente per leccarsi le ferite in solitudine. Sapeva che non si sarebbe fatto vivo se lei non lo avesse chiesto a lui. 

Nymeria provò una fitta in un luogo imprecisato. Non riusciva a capire da dove provenisse quella sensazione di malessere, poi comprese…

 

Arya portò le mani al volto, alla fronte imperlata di sudore. I suoi capelli dovevano essere più disordinati del solito. Di certo non avevano bisogno che qualcuno li arruffasse…

Sbattè le palpebre due volte, prima di ricordare in che situazione si trovava. Era stato il dolore a farla tornare in se e, adesso che era di nuovo nella sua pelle, era tutto assurdamente imbarazzante. Quanto tempo era passato? Quanto tempo aveva trascorso nel corpo della sua metalupa? A giudicare dalla posizione di Gendry, non molto. 

<< Oh, mia lady… >> la chiamò suo marito, che, però, non sembrava interessato ad una risposta. Forse aveva fatto il suo nome più volte, mentre Arya non poteva sentirlo. 

Chiuse di nuovo gli occhi, infastidita dal cigolio del letto. Inconsciamente, allungò la sinistra verso la testa di Gendry, accarezzandogli i capelli e il collo. Il tocco lo fece rabbrividire, e Arya avvertì che iniziava a muoversi diversamente, non più su e giù, un po' impacciato. Forse stavolta l'avrebbe davvero presa da dietro. Ma ad Arya non importava. Stava sognando altri capelli, un altro volto, altri occhi…

… e poi si ritrovò di nuovo sola, a vagare per corridoi bui, poggiando sulle sue quattro zampe. Era all'interno del castello e stava seguendo suo fratello, che, d'improvviso, era fuggito via. Ma per andare dove?

Sentiva che era vicino. Stava tentando di capire quanto vicino, quando notò a terra un pezzo di stoffa stracciata e, illuminata sulle intenzioni di Spettro, iniziò a correre. Temeva di non fare in tempo, ma poi scorse il suo pelo candido e, con uno slancio, gli arrivò addosso. Rotolarono per un po', finchè Nymeria, il cui turbinio di emozioni l'aveva resa più feroce e forte che mai, non lo inchiodò al suolo, poggiando una zampa sul suo petto. Lo fissò negli occhi, e quasi desiderò arretrare. 

C'era ancora una parvenza di rosso, certo, ma il grigio scuro, tendente al nero, sembrava sul punto di prevalere definitivamente, rendendo lo sguardo del lupo più inquietante di quanto fosse mai stato. 

Avvertì una stretta al petto. Quegli occhi soffrivano e, in quel momento, il suo stesso corpo le risultava stretto. Desiderava ardentemente abbracciare suo fratello, stringerlo a se, accarezzargli i capelli e sussurrargli a mezza voce che lo amava così tanto… 

Spettro però non aveva capelli e, soprattutto, Nymeria non aveva braccia. Soltanto la ragazza e il ragazzo avrebbero potuto interagire in quel modo, eppure, assurdamente, per mille e nessun motivo, non gli era possibile. Tutto quel che restava loro era infiltrarsi nelle loro controparti animali, tentare di trasformare il dolore in rabbia, in naturale brutalità. Nymeria avrebbe potuto ringhiare quando Arya avrebbe desiderato urlare, e Jon avrebbe potuto sfogare la sua frustrazione correndo per Grande Inverno, dato che anche il metalupo, proprio come lui, sembrava preferire il silenzio.

Una voce giunse a distrarli. Una voce maschile, proveniente alla stanza che l'albino aveva provato a raggiungere. Fu un attimo, un maledetto attimo di disattenzione, durante il quale la metalupa si lasciò scappare il fratello.

 

L'angoscia fece destare la ragazza, appena in tempo per notare Spettro che mandava a sbattere la porta della camera e saltava sul letto. D'istinto, Arya tirò le lenzuola fino al collo, imbarazzata dallo sguardo del lupo, mentre Gendry, il quale, finalmente soddisfatto, si era disteso al suo fianco, sobbalzava all'arrivo di quell'ospite inatteso. 

<< Ma cosa…? >> urlò, fissando intimorito l'animale. 

Spettro aveva l'espressione contratta in un ringhio, ma, al solito, non emetteva alcun suono. Una furia cieca poteva leggersi nei suoi occhi che eran tornati del colore del sangue, probabilmente perché l'istinto della bestia aveva preso il sopravvento. 

Incerta, per la prima volta spaventata dal metalupo di Jon - se non addirittura da Jon stesso -, Arya allungò la mano per accarezzargli la testa. << Calmo, Spettro. Va tutto bene. >>

<< No che non va bene. Perché Jon non tiene a bada questo maledetto coso? >>

Prima che potesse spiegargli che non era saggio parlare in quel modo, Spettro scattò verso suo marito. Arya, però, era pronta, e si frappose tra l'uomo e la belva. 

"Lo stai proteggendo" sembravano rimproverarla gli occhi dell'albino. Per un momento, la ragazza provò l'irrefrenabile desidero di scoppiare a ridere per la frustrazione. Quella situazione era assurda, e biasimava se stessa per aver contribuito a crearla. Se non avesse fatto quella richiesta a Jon, se fosse stata coraggiosa come tante volte lo era stata nel corso degli anni…

E invece no. Lei, che aveva iniziato ad uccidere quando era solo una bambina, che aveva dimostrato una freddezza tale da arrivare ad assassinare la sua stessa madre - o quello che di lei rimaneva -, si era lasciata spaventare al solo pensiero di trascorrere una notte che tante altre ragazze prima di lei avevano, e che altrettante avrebbero, affrontato. 

Era stata egoista, semplicemente egoista, non rendendosi conto che i suoi capricci avrebbero sottoposto suo fratello ad un'ennesima sofferenza. L'indomani avrebbe dovuto chiedergli scusa. Anzi, lo avrebbe fatto subito. 

Lanciò un'occhiata a Nymeria, che se ne stava immobile sulla soglia, e gli occhi dorati della sua fedele compagna sembrarono suggerirle che anch'ella riteneva, adesso, la situazione più sicura. Certa che, nel caso di un ulteriore tentativo di attacco, la lupa sarebbe intervenuta all'istante, si alzò dal letto, che Spettro non dava segno di voler lasciare, e afferrò i primi vestiti che le capitarono sotto tiro. Infilatasi la vestaglia, tornò a rivolgersi alla fiera dalle rosse iridi. << Andiamo, Spettro. >>

La fissò confuso, ma fu Gendry a dare voce alla domanda inespressa. << Dove andate? >>

<< Lo riporto in camera di Jon. La sua vicinanza lo farà sicuramente calmare. >>

<< Ne sei sicura? >> 

Arya comprese perché al cervo non erano mai accostati aggettivi quali "coraggioso" o "audace". L'animale sullo stemma dei Baratheon le aveva sempre fatto pensare alla regalità, ma suo marito, che se ne stava con la schiena attaccata alla parete, terrorizzato, in quel momento non le appariva poi tanto regale. Quella semplice immagine bastò a farle dimenticare l'angoscia che aveva preceduto la sua prima notte di nozze. Adesso, il tutto sembrava essersi trasformato in una farsa da guitti.

<< Se sei preoccupato per me… >> cominciò la sposa, mentre Spettro balzava giù per seguirla. <<… puoi sempre accompagnarmi. >>

<< No, io… ti aspetto qui. >>

Aveva posto quella domanda non nutrendo alcun dubbio sulla risposta, e, sebbene si sentisse sollevata dal prevedibile rifiuto del suo novello sposo, non poté non domandarsi quanto di vero vi fosse nelle promesse che solo qualche ora prima aveva pronunciato dinanzi all'albero diga. Come avrebbe potuto proteggerla e vegliare su di lei se era bastato un animale di casa Stark a frenarlo?

"Forse ha semplicemente paura delle bestie" si disse. "E' comprensibile, considerando come è avvenuta la morte di Re Robert…" E poi, da quando necessitava di un uomo che la proteggesse? Era un lupo, e poteva cavarsela da sola. Doveva cavarsela da sola, anche perché tutti gli uomini che cercavano di proteggerla finivano per morire… tranne Jon. Jon era l'ultimo rimasto dei suoi salvatori, ma forse, per proteggerlo, sarebbe stato più saggio tenerlo a distanza. Alle volte Arya non poteva far a meno di pensare che lei e la morte fossero legate a doppio filo, sin da quando aveva ucciso quel ragazzo di stalla, innocente prima vittima della sua spada. 

Come sarebbero andate le cose se non avesse posseduto Ago? Sarebbe stata capace di difendersi anche a mani nude? Probabilmente no, e questo perché Ago rappresentava per lei molto più che una semplice arma. Ago era un oggetto, ma al tempo stesso non lo era. Era uno scrigno di ricordi, di un passato che era volato via troppo presto, portando con se la maggior parte dei protagonisti di quelle memorie. Ago era freddo metallo, freddo metallo che però le evocava calore, il calore della sua famiglia, dei camini accesi nelle notti d'inverno a Winterfell, degli abbracci di suo fratello, quel fratello che era passata dal guardare con affetto al guardare con ardore. Ago era un monito, un'esortazione a continuare a combattere perché, anche se in molti l'avevano lasciata, c'era ancora lui da poter raggiungere. Ma l'aveva poi davvero raggiunto, alla fine? Quando si eran ritrovati, aveva provato una gioia che credeva avesse abbandonato il suo corpo e il suo cuore, per non far più ritorno, nel momento in cui Ilyn Payne aveva staccato la testa di suo padre, ma, ora come ora, avvertiva tra loro una distanza incolmabile. Adesso che erano entrambi a casa, insieme, pareva che essere soltanto insieme non fosse più abbastanza. Era cambiato qualcosa tra di loro, o eran semplicemente loro ad essere cambiati, cresciuti? Immaginò di poter tornare indietro nel tempo e preannunciare alla se stessa ragazzina quello che, anni dopo, avrebbe provato per il taciturno fratello dai capelli neri. Le venne da ridere al solo pensiero.

<< Arya?! >>

La voce di Gendry arrivò come da molto lontano, fastidiosa interruzione del suo flusso di pensieri. Notò che il ragazzo e i due metalupi la stavano fissando confusi.

<< Ci vediamo dopo. >>

Senza dare spiegazione alcuna, si fiondò fuori dalla stanza, Spettro e Nymeria alle calcagna. Si rese conto di star procedendo a passo svelto, spinta forse dal desiderio di raggiungere la camera di Jon. Si sarebbe arrabbiato perché lo aveva coinvolto, anche se indirettamente, in quella assurda situazione? O sarebbe stato felice di poterla vedere ancora quella sera? Arya riteneva che, ormai, la discussione nata tra loro dopo il banchetto fosse acqua passata, ma se la passeggiata nella pelle dei lupi avesse fatto rimontare la collera nel ragazzo?

Stranamente, si sentiva fiduciosa. Se esisteva una persona in grado di placare Jon, quella era lei.

Mentre attraversava il castello, immersa nel silenzio e nel buio totale, ricordò un vecchio ricordo: una bambina di nove anni che, per inseguire un dispettoso gatto, si era persa nei meandri della Fortezza Rossa, tra scheletri di drago da cui, da subito, aveva provato a non farsi spaventare, e inquietanti stregoni che, anni e anni dopo, aveva capito di non temere. Adesso quella bambina era una giovane donna, una novella sposa, che, a causa degli eventi, era stata costretta ad apprendere tanto, ma a cui non avevano mai dovuto insegnare il coraggio, perché semplicemente le apparteneva. Era una fanciulla, ma era anche una fiera. Era diversa dai due che stava guidando, e al contempo uguale a loro. Non era nata con quattro zampe, ma in lei scorreva il sangue di lupo, cosa che, secondo suo padre, era un dono e una maledizione. "Il branco deve restare unito" pensò, mentre scivolava tra i corridoi come un fantasma, scortata dalle sue feroci guardie. Silenziosa come uno spettro, audace come una regina guerriera.

Un lupo, riflettè, si sceglieva il compagno che riteneva più degno, e quale compagno era più degno per una fanciulla del nord di un suo pari, di qualcuno del suo stesso sangue? Così legati da essere invincibili, non troppo legati da risultare dannati agli occhi degli dei.

Quando giunse dinanzi alla porta di Jon la trovò socchiusa, probabilmente in attesa del ritorno del metalupo.

Entrò. Suo fratello era disteso a letto, apparentemente immerso in un sonno profondo. Il suo sguardo passò dal ragazzo all'animale ma, nonostante le sue capacità da metamorfo, non riusciva a capire se Jon fosse tornato o meno nella sua pelle. 

Provò ad accarezzargli i capelli. Il contatto improvviso, in teoria, avrebbe dovuto risvegliarlo, eppure non si mosse, non ebbe alcun sussulto. Sembrava semplicemente addormentato.

"Ma come ha potuto addormentarsi sapendo che sarei venuta?" si domandò. Possibile che avesse lasciato il corpo di Spettro dapprima che questo irrompesse nella sua stanza? Non aveva senso. 

Dopo qualche istante trascorso a fissare il petto di Jon che si alzava e abbassava al ritmo del suo regolare respiro, comprese però che non avrebbe aperto gli occhi, a meno che non lo avesse destato in modo brusco. Delusa, accettò che la sua fuga era stata breve e non particolarmente intensa, e, dopo essersi abbassata per dare un buffetto al metalupo dal pelo color della neve, si decise a lasciarlo da solo col suo padrone. Era comunque il caso che anche lei riposasse un po' dopo quell'interminabile giornata. 

Fece un cenno a Nymeria e, pur con riluttanza, fanciulla e lupo, silenziose come un'ombra, lasciarono la camera. Non avrebbero mai saputo che, un attimo dopo che la porta s'era richiusa alle loro spalle, Jon Snow aveva sollevato le palpebre. 

 

Quanto tempo è passato dal mio ultimo aggiornamento? Sembrano passati SECOLI. 
Spero ne sia valsa la pena aspettare #_#
Come sempre, grazie del passaggio.

MissHoney
 
  
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