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Autore: BabaYagaIsBack    15/07/2015    0 recensioni
Jay ha diciotto anni e tutto ciò che ha imparato sulla vita le è stato insegnato da Jace, il fratello maggiore, e i suoi migliori amici. Cresciuta sotto la loro ala protettrice, ha vissuto gli ultimi anni tra la goffaggine dell'adolescenza, una cotta mai confessata e un istituto femminile di cui non si sente parte. E' ancora inesperta, ingenua e alle volte fin troppo superficiale, ma quando Jace decide di abbandonare Londra per Parigi, la sua quotidianità, insieme alle certezze, iniziano a sgretolarsi, schiacciandola sotto il peso di ciò che non sa
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Chapter Thirty-four
§ Things left Undone §
part one

 

"Be careful making wishes in the dark
Can't be sure when they've hit their mark
And besides in the meantime 
I'm just dreaming of tearing you apart
I'm in the details with the devil
So now the world can never get me on my level
I just got to get you out of the cage
I'm a young lovers rage
Gonna need a spark to ignite
"

- Fall Out Boy, My songs know what you did in the dark


 

Mi sveglio con il sole a scaldarmi il viso. Lo sento pizzicare la pelle con i suoi raggi tiepidi, così alzo un braccio nel tentativo di proteggere gli occhi e sottrarmi ai suoi dispetti, anche se ormai è un po' inutile. Mugolo piano, muovendomi sotto a delle coperte che finalmente riconosco come quelle di Seth. La confusione delle prime volte si è finalmente attenuata, dandomi semplicemente modo di apprezzare il loro profumo, la morbidezza, le fantasie delle lenzuola.
Sorrido con soddisfazione, sentendomi piacevolmente coccolata - peccato che nel girare il capo, mi accorgo essere già sola. Il suo angolo di letto è sfatto, ma lui non c'è: perché?
Puntellando i gomiti nel materasso mi tiro dritta, cercando d'indagare i dintorni - e solo a questo punto, con estremo stupore, mi rendo conto indossare solo il completino malefico che mi ha comprato nonna.

Sussulto, avvertendo le guance infiammarsi.

Per quale motivo non indosso altro? Cosa è accaduto? Possibile che io... noi...?

L'imbarazzo si fa totale, mi sento venir meno e, in un gesto del tutto privo di logica, tiro il lenzuolo fin sotto al mento cercando di coprire quanto più possibile delle mie misere grazie - peccato che quel che c'era da vedere, probabilmente, Morgenstern lo ha già ampiamente scoperto.

Al solo pensiero l'imbarazzo si fa più soffocante, avverto il cuore palpitare come il motore di una locomotiva a vapore, scandisce il tempo e lo fa con una forza tremenda, ma oltre a lui, un'altra fastidiosa sensazione si fa strada in me: la delusione.
Già, proprio lei. Densa e melmosa, si deposita sul petto, aumentando la terribile sensazione di non riuscire a respirare a dovere. Mi riempi i polmoni, li colma e, improvvisamente, mi rendo conto di star mordendo le labbra con veemenza, trattenendo le lacrime.

Non volevo andasse così, mi ripeto come un mantra mentre il tremolio prova a tradire la compostezza che vorrei mantenere ancora per un po' - solo un altro po' -, o almeno finché mi trovo qui, a un passo da lui.
Nel mio immaginario, forse troppo infantile, la mia prima volta con Seth aveva un retrogusto dolce, seppur intenso. Mi avrebbe scaldato fin dentro le ossa, scossa come un terremoto che sfida lo scheletro. Ne sarei rimasta travolta, assuefatta e... e invece mi ritrovo in un letto vuoto a chiedermi se ne avrò mai ricordo, se qualche fugace momento riemergerà dalle aree oscure di una mente assuefatta dall'alcol.

Merda!

Premo i palmi contro gli occhi, sento il tessuto delle lenzuola strofinare le palpebre - e tento di bloccare un pianto che sento minacciarmi. Pigio forte, ma il petto si gonfia comunque.
Come ho potuto rovinare un simile momento? Come ho fatto a sabotarmi in modo così stupido?

I denti premono un po' di più, e nella bocca ancora impastata dal sonno avverto farsi strada il sapore ferroso del sangue.

Dannazione.

«Post sbornia devastante?» La domanda di Seth mi fa sussultare, ma l'allegria nella sua voce pare colpirmi al pari di un pugno allo stomaco. Lo sento nausearmi, ma non perché provo ribrezzo per lui, che non si è fermato di fronte al mio stato di ottenebrazione alcolica, quanto più perché era cosciente: Morgenstern si ricorda cosa è successo, lui l'ha vissuto veramente. Io no.
Così involontariamente mi stringo nelle spalle, mi accovaccio su me stessa provando a nascondermi da ciò che è successo, pur sapendo di non avere chance.

«Ti ho portato dell'acqua. E un'aspirina, se la vuoi» il peso del suo corpo rende i passi ben distinguibili; si sta avvicinando a me, ignaro di quello che mi sta passando per la testa. Mi chiedo come sarebbe stato ricordare quella medesima pelle, la sua carne, premuta sulla mia. Chissà se mi ha fatto male, oppure se è stato come nelle favole più romanzate. Vorrei sapere anche solo una di queste piccole cose, invece c'è solo il nulla - insieme al mal di testa.

Sento una pressione, poi il lenzuolo viene tirato, e in un attimo sono priva di difese.
«Ehi...?» Seth mi fissa. Ha le labbra tese in un mezzo sorriso, ma i suoi occhi sono pieni di preoccupazione, di una confusione che teme la peggiore delle circostanze.
Ci guardiamo per qualche istante, tempo scandito dal battito sempre più veloce del mio cuore. Ho paura di confessargli ciò che sto pensando. Ho il timore che mi consideri una povera sciocca, una bambina. Temo mi allontani.

Mi sposta una ciocca dietro all'orecchio, continuando a fissarmi: «Che c'è?»

Tanto.
Troppo.
Ho la testa così piena di domande e ansie che la sento sul punto di scoppiare, eppure non ho idea di come liberarla - perché aprendo la bocca farei scoppiare l'ennesima guerra, quella che sto evitando da giorni.
Involontariamente mi porto le ginocchia al petto e, a quel punto, il suo sguardo ricade sulla pelle nuda, scivolando lungo le spalline di un reggiseno che cerco di nascondere in ogni modo.

Forse capisce.
Anzi, lo fa per certo.

Nuovamente alza un angolo della bocca, poi punta l'indice nella mia direzione: «Era il mio regalo?»
Annuisco, intimorita. Non si era capito?
«N-non hai fatto in tempo a... notarlo, ieri?»
Lui si umetta le labbra, si immagina qualcosa che mi è segreto. Si gode un pensiero succulento, ma non riesco a capirne il motivo.
«L'ho notato, eccome» afferma, provando ad allontanare ancora un po' il lenzuolo: «Ma me lo sono goduto per poco. Ero troppo impegnato a metterti a letto».
Sogghigno: «A portarmi, vorrai dire» e la stretta allo stomaco diventa insopportabile.

Seth corruga le sopracciglia: «In effetti ho dovuto trasportarti dal taxi a qui...»
«Non intendevo quello» anche se vorrei restare all'oscuro di ciò che è successo e non riesco a ricordare, fermare la lingua diventa impossibile; si muove contro la mia volontà, dando fiato a parole che preferirei restassero mute.
I nostri occhi si ritrovano e, quasi sicuramente, legge nei miei la traduzione della frase appena pronunciata.

Si avvicina, pericolosamente. Il suo respiro bollente mi sfiora la pelle, cavalca la mia epidermide inebriandomi: sa già di caffè. 
«Fidati, lo avrei voluto» lo sussurra piano, voluttuoso. La sua voce è una malia che riesce a fermare il tempo, mozzarmi il fiato e bloccare il cuore nel bel mezzo di un battito. Ha le labbra sempre più vicine alle mie, minacciose, e d'improvviso non so cosa guardare: lui o quelle carnose arcate rosa, umide, ammalianti, assuefacenti. «Sarebbe bastato un bacio, Jay. Se nel torpore del sonno, o dell'alcol mi avessi baciato, giuro, avrei perso il controllo».

Un nodo mi si va a formare in gola, impedendo alla sorpresa di uscire in un'esclamazione di qualsiasi tipo. Sono troppo incantata, sopraffatta, per poter realmente dare un senso alle sue confessioni.

Un bacio è quello a cui anelo adesso
E se le nostre bocche s'incontrassero anche per un istante, forse, sarei io a perdere il controllo, ad annullarmi in un trasporto che fino ad ora ho trattenuto - per codardia, per inesperienza, per paura di un rifiuto.

D'un tratto Seth si ritrae, allargando il sorriso: «Ma purtroppo per me, eri talmente incapace d'intendere che appena ti ho tolto i vestiti ti sei accovacciata e hai iniziato a russare!» e senza preavviso mi pizzica il naso, facendomi tornare alla realtà - una caduta che m'imbarazza più di quanto non fossi prima.

«Io... io non russo!»
«Oh, sì che lo fai!» Ride, allontanandosi in previsione di una cuscinata: «E anche parecchio. Poi ogni tanto sbavi pure».

La vergogna ha la meglio - perché seppur voglia negarlo, così come ogni donzella, purtroppo non posso mentire: capita! Di solito proprio quando sogno Morgenstern.

Cerco di colpirlo alla bene e meglio, ma lui è più abile e sveglio e, quando finalmente riesce a bloccarmi, premendomi contro alla testiera del letto, aggiunge: «La prossima volta vedrò di essere più bravo» da allegro, il suo sorriso si fa malizioso, «magari riuscirò a tenerti sveglia, corvetto».

E, seppur involontariamente, mi ritrovo a pensare: sì, per favore - anche se dalle labbra non esce nulla, improvvisamente troppo occupate a ricambiare il suo primo bacio della giornata.
 


 
   
 
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