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Autore: Susy07    15/07/2015    2 recensioni
TRATTO DALLA STORIA:
Decido di entrare e, il più svelta possibile, lascio l’asciugamano accanto al lavandino, quando lui, sentendomi, apre la porta scorrevole della doccia e rimane fermo qualche istante a guardarmi, incuriosito.
“Se volevi fare la doccia con me, bastava chiedere” ammicca. Io, spaventandomi, cacciò un urlo degno della migliore gallina starnazzante.
“Mi hai fatto prendere un colpo!” urlo, voltandomi verso di lui, quando il cuore mi si blocca.
Edward è mezzo nascosto dalla porta scorrevole, mentre il resto è completamente scoperto. Ed è così… Oh, Dio.
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Quello che all'inizio era un rapporto burrascoso si trasformerà piano piano in un qualcosa che nessuno dei due poteva immaginare...
Leggete se volete!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Note dell’autrice…

Ciao carissime! Come state? Spero bene. 

Ebbene, eccomi qua di nuovo, con un’altra OS. Ultimamente ne sto scrivendo davvero molte, tante delle quali non avete ancora letto, ma che, probabilmente, posterò in seguito. 

Intanto, che ne pensate di questa? Spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta e se così non fosse, non fatevi problemi nel dirlo. Sono qui per migliorare, perciò critiche e consigli sono ben accettati, purché non siano offensivi o volgari. 

Questa storia è nata così, quasi per caso, in una sera particolarmente calda, come è quella in cui il nostro Edward e la nostra Bella si sono incontrati. 

Spero che mi direte ciò che pensate, perché mi farebbe davvero molto piacere scoprire come trovate questa storiella, che forse è uscita un po’ troppo lunga, ma pazienza! Perdonate gli errori, ho il brutto vizio di non rileggere quello che scrivo, cosa che dovrò imparare a correggere. 

Nulla, non so più cosa dire. Ci aggiorniamo più avanti, un bacione

Susy.

P.S. Recensite e se volete passate a leggere qualche mia altra storia.

 

Com’è fatta la felicità. 

Sono seduta su una delle tante sedie del tavolo, sul palco. Il pubblico mi fissa, quasi estasiato, mentre sento dei brividi che provengono direttamente dalla bocca dello stomaco. Mi giro a guardare il cast, lo scruto attentamente e sospiro. 

Non avrei mai immaginato che i personaggi, che mi sono sempre limitata ad immaginare, un giorno avrebbero avuto un volto vero e proprio. Osservo Callie, colei che sarà la mia protagonista e mi ritrovo a pensare che è esattamente come volevo che fosse. 

Certo, qualche pecca ce l’ha, ma sì, direi che rispecchia abbastanza bene l’idea che mi ero fatta di lei, quando me la immaginavo, durante la stesura del mio romanzo. 

In realtà mai avrei pensato di riuscire a diventare così famosa grazie ad uno dei miei libri, ad una delle mie creazioni. Ripenso a quando ho iniziato a scrivere, ovvero due anni fa ed a come fossi incredibilmente ansiosa. 

Pensavo che nessuno avrebbe mai notato le mie storie e la cosa mi terrorizzava parecchio, per questo ho sempre preferito scrivere per me, senza fare leggere niente ad anima viva.

Solo io potevo capire quello che scrivevo, le frasi tra le righe, ciò che ogni personaggio rappresenta veramente. Sono dell’idea che dietro ad ogni persona che compare c’è un mondo differente. Nessuno nasce così, tutti hanno un passato, un qualcosa da cui magari vogliono fuggire, nascondersi. E’ così anche per i miei personaggi, per ognuno di loro ho pensato un qualcosa di incredibile, diverso, perché ognuno di loro è speciale, a suo modo. E so che è tutto solo nella mia testa, ma se così non fosse, adesso io non mi ritroverei qui, a questa conferenza stampa, che presento quello che fino ad un anno fa ero solo carta ed inchiostro, ma che adesso sta per trasformarsi in un film.

“Signorina Swan” lo fermo immediatamente “Mi chiami pure Bella” 

“”Okay, Bella. Volevo chiederle se mai si sarebbe aspettata un così grande successo. Lei ha solo 24 anni, di sicuro quello che sta vivendo è un sogno” mi dice. “Sì” rispondo “Per me questo è davvero un sogno ad occhi aperti, ammetto che a volte ho paura che svanisca tutto in un attimo. Se provo a ripensare alla mia infanzia, a quando potevo solamente immaginare tutto questo, sono davvero orgogliosa di me, perché il mio obiettivo è sempre stato quello di trasmettere emozioni attraverso le mie storie e le mie parole.” l’uomo mi sorride dolcemente

“Beh, direi che ci è riuscita” e mi schiaccia l’occhiolino. Appena mi volto vedo un’altra mano alzata, stavolta di una fan e non di un giornalista. 

“Volevo sapere da Callie se…” 




La conferenza è appena giunta al termine e la platea di gente si è ormai ridotta a due o tre giornalisti, che cercano di ottenere ancora qualche informazione sul film. 

E’ stato bello, ma sono molto stanca e sinceramente non vedo l’ora di ritornarmene a casa, di sdraiarmi sul mio divano e guardarmi qualcosa alla televisione. Così tanta gente non fa per me, la confusione in generale non mi piace. Non fraintendetemi, sono felice ed orgogliosa di essere così apprezzata, ma a volte mi piace pensare a quando ero ancora “anonima”, quando nessuno sapevo chi fossi o cosa facessi. 

Prima ero solo una delle tante persone che, insieme agli altri, forma ciò che è questo vasto e popolato mondo. Ora sono Isabella Swan, la giovanissima scrittrice di successo che è riuscita a far trasformare una storiella qualunque in un libro straordinario, o meglio, il giornale pensa questo. 

Io in realtà sono solo una ragazza che sta vivendo qualcosa di forse troppo grande per lei e che mai avrebbe immaginato. Adesso devo solo stare attenta a non farmi inghiottire da questo immenso oceano, popolato da squali in cerca di un pesce abbastanza ingenuo da divorare. 

Mia madre me ne ha parlato, mi ha sempre detto di stare attenta, soprattutto ai giornalisti, i quali sono noti nel trasformare i fatti e le parole come piace a loro e che di conseguenza avrei sempre dovuto prima pensare e poi dare aria alla bocca. Sia mai che un giorno mi ritrovi spiattellata su qualche rivista, con delle dichiarazioni false e del tutto inventate, come è successo a quella figlia dell’amica di mia madre, della quale, tra l’altro, non sa più niente nessuno. 

Quando esco dall’enorme edificio mi viene quasi da tirare un respiro di sollievo per essere riuscita, ancora una volta, a sopravvivere ad una delle conferenza. Mi dirigo verso la mia macchina e percorro il tragitto che mi porterà a casa ascoltando musica a tutto volume e provando anche ad intonare qualche nota, ma le mie orecchie arrivano subito a ricordarmi quanto io in realtà sia stonata. 

Una volta arrivata, spengo la macchina ed esco, sbattendo con forse un po’ troppa forza la portiera. Cerco le chiavi nella borsa, mentre mi dirigo verso la porta d’ingresso. Una volta trovate le infilo nella serratura e dopo due giri la porta si apre, mostrandomi tutto il disordine che si cela dietro ad essa. 

Mi fermo tre secondi a guardare il disastro che ho davanti e mi pento di aver lasciato James a casa da solo, ieri sera. Mi dico che farò tutto più tardi, essendo in questo momento troppo stanca per darmi alle faccende domestiche e maledico James, mio fratello, ed il suo essere così disordinato ed infantile. Sorpasso la cucina ed arrivo in soggiorno dove lo vedo, in mutande, addormentato sul divano, con accanto a sé montagne di bottiglie di birra vuote. 

Con un verso disgustato, cerco di svegliarlo, ma nulla da fare. Alla fine torno in cucina e dopo aver poggiato la borsa su una sedia, afferro delle padelle e cominciò a fare rumore, sperando che si svegli. Quando succede, lui comincia a lamentarsi, poggiandosi bruscamente un cuscino sulla faccia.

“Okay, sono sveglio Bella, sono sveglio!” mi rassicura. 

“Si può sapere che cosa hai combinato, ieri sera?” gli domando. 

“Sono venuti dei miei amici, nulla di particolare” 

“Quanti, di preciso?”

“Sei o sette” dice, cercando di mettersi a sedere sul divano. 

Io mi poggio le mani sui fianchi e rimango ferma a guardarlo. O meglio, a fulminarlo. Quando lui si accorge dello sguardo di puro odio che gli ho lanciato, dice “Okay, forse erano un po’ di più” sbuffo, scuotendo sconsolata il capo. 

“James, non ti sopporto più. Arriverà il giorno in cui ti sbatterò fuori di casa, fidati” lo minaccio “Dici così tutte le volte” e ridacchia, facendomi diventare forse più isterica di quanto io non sia già. 

“Sai che ti dico, signorino? Oggi pulisci tu!” gli escono gli occhi dalle orbite “Stai scherzando, vero? Sai che non sono capace a fare le faccende domestiche, sono in grado solo di mettere in disordine io” precisa. 

“Beh, se vuoi vivere qua ti conviene iniziare a cambiare, tesoro mio. Altrimenti quella è la porta” e gliela indico con l’indice. 

“Bella, ti prego, non farmi questo…” mi supplica

“Non ci provare, James, o finisce male questa volta. Non ho più sei anni, non puoi farmi fare tutto ciò che vuoi” gli ricordo. 

“Ti preferivo quando avevi sei anni” dice, infilandosi una maglietta, sbucata in mezzo alle bottiglie vuote e ai mozziconi di sigarette. 

“Ti conviene iniziare subito, se non vuoi passare i prossimi quattro giorni rinchiuso in casa a pulire” lo sento sbuffare, mentre, dopo essermi voltata, salgo le scale e mi dirigo in camera mia. 

Una volta davanti alla porta della mia stanza, mi fermo a pregare che almeno essa sia in ordine. Per fortuna, una volta varcata la soglia, trovo tutto esattamente com’era quando l’ho lasciato. 

Mi lascio cadere sul letto, senza preoccuparmi di togliermi le scarpe e mi godo la sensazione di pace che la solitudine è in grado di darmi. 

Rimango così per almeno una ventina di minuti, quando la voce di James arriva poco chiara dal piano terra

“Bella, scendi, c’è un pacco per te” a malincuore mi alzo e scendo le scale

“Un pacco? Sarà qualcosa per il film” sussurro, quando il postino entra in casa e mi porge uno scatolone, particolarmente pesante. Lo prendo e lo poggio immediatamente sul pavimento, per poi fare un firma sul foglio che il ragazzo mi porge. Lui intanto si guarda attorno 

“Avete fatto baldoria, eh?” mi chiede, leggermente divertito. 

“Lui ha fatto baldoria” dico, sottolineando con la voce quel ‘lui’. 

Il ragazzo mi guarda, mentre vedo un leggero sorriso nascere sul suo volto, incredibilmente perfetto. E’ bello, con gli occhi scuri ed i capelli corti. 

“Grazie” sussurra, quando gli porgo nuovamente il foglio “Arrivederci” mi saluta, prima di lanciarmi un’ultima, lunghissima occhiata e sparire dietro alla porta. 

“Wow, hai fatto colpo sul postino, Bells!” mi deride mio fratello, per poi ricevere un pugno nello stomaco da parte mia. Lui si stringe le mani sulla parte lesa e sussurra “Già, dimenticavo quanto poco femminile fossi” con voce strozzata dal dolore. 

Io ridacchio “Ho preso tutto da te, fratellone” e me ne torno in camera mia, dove, una volta essermi sdraiata nuovamente sul letto, cado nelle braccia di Morfeo. 




Quando mi sveglio sono già le tre del pomeriggio ed il sole attraversa le tapparelle, illuminando la mia stanza. Dopo essermi ripresa dal sonno appieno, scendo e raggiungo la cucina. 

“Allora, cosa c’era nello scatolone?” mi chiede James, il solito curiosone. 

“Non l’ho ancora aperto. Sicuramente saranno delle cose riguardanti il film, non che la cosa ti riguardi comunque.” gli rispondo acida. 

“Eh, dai, sorellina! So che sei arrabbiata, ma non mi sembra il caso di farne una tragedia” gli lancio uno sguardo assassino “Okay, come non detto” sussurra “Comunque io esco stasera, vuoi venire?” 

“Dove vai?”

“Ad un locale nuovo, a pochi chilometri da qui. Dicono sia un bel posto” mi spiega. 

Rimango qualche secondo a pensarci “No, non ho voglia” decido alla fine. 

“Non potrai rimanere chiusa in casa per sempre” mi rimprovera James. 

“Sì che posso. E sarà quello che farò” 

“Morirai vergine e zitella”

“Chi ti dice che io sia vergine?” mi guarda, allibito. Non sa più cosa dire “Davvero?” sussurra alla fine. Scuoto il capo “James, ho 24 anni, non 16. Non dovresti stupirti. Non sono una facile, questo è vero, e non ho avuto molti uomini nella mia miserabile vita, ma non faccio nemmeno così schifo da arrivare a 24 anni ed essere ancora inesperta” spiego, ovvia. 

“Ah…” continua a fissarmi, incerto sul da farsi “Beh, spero che tu abbia usato precauzioni” sbuffo. 

“James! Non sono più una bambina!” mi volto e me ne vado, stanca del fatto che, nonostante la mia età, lui continui a trattarmi come un’adolescente in preda a crisi esistenziali. 

Sono una donna, ormai e se non fosse per il mio piccolo lavoro alla biblioteca comunale e al successo dei miei libri, adesso ci ritroveremmo senza casa, dato che lui non ha ancora la minima intenzione di sistemarsi e trovarsi un lavoro. 

Ripenso a quando eravamo più piccoli e lui era talmente protettivo nei miei confronti che non potevo nemmeno andare a mangiare un gelato con le mie amiche, che mi ritrovavo sommersa dalle sue domande. Per lui ed i suoi amici sono sempre stata la “cucciola” di casa. Quella piccola, da difendere e proteggere dal mondo, troppo cattivo e spietato, soprattutto dopo la morte di papà. 

Avevo 6 anni allora e James 11. Io, lui e la mamma ci siamo ritrovi all’improvviso soli, senza una figura maschile e paterna a guidarci e sostenerci. Fu allora che James si trasformò radicalmente, cercando invano di sostituire la figura di nostro padre, cosa che, ovviamente, non è mai riuscito a fare. 

Quando se n’è reso conto è crollato in quella che possiamo definire depressione. Convinto di non essere in grado di reggere la famiglia, se n’è andato, per paura di doversi prendere responsabilità troppo grandi e insostenibili per un ragazzino. 

La sua fuga ha avuto breve durata, ma quando è tornato non era più lui. O meglio, con me era sempre lo stesso, cercava di non farmi capire quanto in realtà fosse accaduto ed io fingevo che fosse tutto apposto, perché non volevo che soffrisse, che si sentisse inutile più di quanto non pensasse già. 

Ma ormai a lui ben poco interessava della sua vita, talmente era improntata dentro di lui la mancanza di quell’immagine paterna, che avrebbe potuto condurlo su un retta via che, forse, adesso, lo avrebbe condotto da qualche altra parte. 

Io gli voglio bene, ed anche molto, ma ammetto che è difficile portare avanti tutto da sola, senza un aiuto economico. Mia madre fa quello che può, ma da quando mio padre se n’è andato, anche lei ha cominciato a perdersi sempre di più, a guardare il mondo non più con quella gioia e quell’allegria che utilizzava prima. Adesso l’unica cosa che riesce a scorgere in questa nostra vita è la cattiveria della gente, l’orrore, la parte brutta delle cose. 

“Bella, scusa…” sento la voce di James e quando mi volto lui è lì, appoggiato allo stipite della porta, che mi fissa con i suoi occhioni azzurri, ereditati dalla mamma. “Tu sei grande e lo so, ma è davvero difficile per me ammettere che ormai non sei più la mia bambina, la piccola che giocava per casa con le sue bamboline ed i peluche” sussurra. Mi alzo e vado verso di lui, abbracciandolo. 

“Scusami tu, ho esagerato, sai come sono fatta” 

“Sì, lo so. Vedi, non penso mi abituerò mai all’idea che sei diventata una donna” mi dice, sprofondando il volto nei miei capelli.

“Beh, dovrai, prima o poi.” 

“Mi serve solo un po’ di tempo” annuisco, guardandolo negli occhi “Sarai sempre e comunque la mia Bells, però. Qualsiasi cosa accada e qualunque età tu abbia” gli stampo un bacio sulla guancia “Sì, e tu sarai sempre James, il mio fratellone troppo protettivo e ficcanaso.” 




“Bella” mio fratello mi chiama, dal piano di sotto. Scendo velocemente le scale e lo raggiungo “Io adesso vado, sei sicura di non voler venire con me?” mi domanda. 

Annuisco solamente e lui mi guarda per qualche secondo “Ti andrebbe di avere compagnia?” 

“James, hai detto che avresti provato ad accettare l’idea di vedermi cresciuta” gli ricordo. 

“Non è per controllarti, te lo giuro. Lo dico perché siete entrambi a casa da soli…” mi mordo il labbro “Chi è che non vuole uscire? Emmett?” lui scuote il capo “Edward”. 

Edward… Edward? Chi cazzo è? 

“Non te lo ricordi più?” mi domanda James, notando la mia espressione perplessa. Io scuoto solamente il capo “Motivo in più per trascorrere con lui la serata. Tranquilla, è un bravo ragazzo, ti sorprenderai accorgendoti di quante cose vi accomunano” non ne posso più delle sue suppliche, perciò alla fine accetto le condizioni che mi propone e lo caccio via. 

Mi sdraio sul divano ed accendo la TV, facendo zapping tra i canali per trovarne uno che trasmetta qualcosa d’interessante, cosa che si rivela del tutto inutile e insoddisfacente. Alla fine opto per un buon libro, perciò mi alzo e mi dirigo verso una stanzetta, che costituisce la mia biblioteca personale. Osservo attentamente lo scaffale, ricolmo di ogni genere di libro, dai romanzi rosa, a quelli di fantascienza. Quando ancora sono indecisa sul da farsi, il suono del campanello mi distrae dalla mia accurata ricerca del libro perfetto per questa serata di inizio estate, forse un po’ troppo calda. 

“Chi è?” urlo, mentre mi avvicino alla porta d’ingresso “Edward” risponde una voce, che non riesco ad identificare. 

Gli apro e rimango qualche secondo a guardarlo. Alto, troppo alto rispetto a me, con i capelli sbarazzini, castani e due occhi verdi ipnotici. “Buona sera” sussurra, dopo avermi guardata a lungo, da capo a piedi. Arrossisco sotto il suo sguardo e mi sposto, per farlo entrare. 

“James mi ha detto di venire a farti compagnia” dice, sorpassandomi. Il suo buonissimo profumo m’investe, occupando le mie narici. Inspiro profondamente, quasi volessi imprimermi nella testa il suo odore, per non lasciarlo andare mai più. 

“O meglio, a controllarmi” dico, quasi certa della mia affermazione. Lui mi guarda qualche secondo, non sapendo bene cosa dire “Beh, dipende dai punti di vista” dice, alla fine. ‘Tu sei bello da qualsiasi punto di vista’ penso, per poi pentirmene qualche secondo dopo. 

“Sai, non riesco proprio a ricordarmi di te” dico, sincera. 

“Strano, di solito le donne non faticano a ricordarsi chi io sia” e già partiamo male. Ma perché tutti quelli belli sono anche degli stronzi innati? 

“Sì, ho capito” sbuffo “Comunque io adesso volevo dedicarmi un po’ a me, perciò tu fai quello che vuoi, basta che non mi stai troppo tra i piedi” dico, fredda, quasi isterica. 

Ammetto che mi abbia dato una bella impressione inizialmente, ma ho già capito che genere di persona sia. E non mi piace, per niente. 

“Quanta acidità…” sussurra, ma lo sento chiaramente “Senti, coso” dico, fingendo di non ricordarmi il suo nome “ Ho ben altro da fare, che stare qui a discutere con te su quanto io sia acida e fredda” 

“E incredibilmente sexy” mi interrompe lui. Sbuffo “Sì, ciao.” e mi volto, senza più dire una parola, stanca di quel comportamento che appartiene alla maggior parte degli amici di James. 

Fortunatamente sanno che il mio è un campo minato, essendoci mio fratello, ma questo tizio, questo Edward, non sembra aver ancora recepito il messaggio, cosa che mi manda fuori di testa. E non in senso positivo. 

Prendo il primo libro che mi capita fra le mani e salgo le scale il più in fretta possibile, imponendomi di non voltarmi a guardarlo, per osservare cosa stia facendo. 

Raggiunta la mia camera mi siedo alla scrivania e guardo il libro, scoprendo di averlo letto, più o meno, sei volte. Lo lancio sul letto ed afferro il computer, aprendo la pagina Word ed iniziando a scrivere le prime cose che mi passano per la testa. 

E’ sempre così, quando inizio una nuova storia. Non c’è mai un perché, semplicemente arriva quella specie di illuminazione, a volte geniale, a volte meno, che mi porta ad iniziare a scrivere e non smettere più. 

Scrivo per quelle che mi sembrano ore, lasciando vagare la mia fantasia e allontanandomi da questo mondo, troppo spietato e banale per una come me, che cerca ‘il diverso’ un po’ ovunque. 

“Wow” sento una voce e sobbalzo, spaventata. Quando mi volto Edward mi sta fissando,seduto sul letto “E’ incredibile il fatto che io sia qui da più o meno mezz’ora e che, in tutto questo tempo, tu non ti sia accorta minimamente di me” sorrido “Perché avrei dovuto?” 

“Non lo so, di solito faccio effetto alle persone che incontro” 

“Scommetto che ti riferisci a persone di sesso esclusivamente femminile”

“Infatti” ammette. “Beh, io non ti trovo così irresistibile, sinceramente”.

“Ah, no?” chiede, con un sorriso che non mi piace per niente. 

“No. Cioè, sì, sei un bel ragazzo, ma per il resto non mi sembra nulla di nuovo. Ragazzi come te se ne vedono tutti i giorni” spiego.

“Definisci il ‘come te’” mi incita. Io ridacchio, scuotendo il capo “Non capiresti. Anzi, probabilmente ti sentiresti offeso” 

“Potrei stupirti” 

“Non penso”

“Tu prova” mi incita. 

“Scommetto che quando andavi alle superiori eri acclamato ed abbastanza popolare” inizio e lo vedo annuire. 

“Probabilmente non vuoi relazioni serie, ti piace il sesso, la carne. Vai dietro a quelle facili perché sai che te la danno senza dire niente, senza un pizzico di dignità. Ti piace giocare, ma anche vincere. Probabilmente le donne per te sono una conquista, di cui vantarsi con gli amici. Beh, non siamo tutte così” 

lui ride “Dite tutte così: ‘io non sono come le altre’, ma invece siete esattamente tutte tali e quali. Vi credete speciali, cercate l’esemplare di uomo dolce e romantico, ma appena vedete un po’ di muscoli ed un bel viso, eccovi a gambe aperte” 

“Se pensi che siano tutte così, è perché hai sempre volute donne di quel tipo, troppo occupato a soffermarti a guardare il seno ed il culo, probabilmente non degnando di uno sguardo tutto il resto.”

“Beh, su questo hai ragione, lo ammetto. Ma io sono sicuro che infondo anche tu sei proprio come quelle contro cui punti il dito”

“Esci dalla mia stanza, adesso!” dico, decisa, senza permettergli di rispondere. 

“Ma che…” prova “Esci, subito, prima che ti prenda a calci in culo” e lui se ne va, fortunatamente. 

Chiudo la porta a chiave, per impedirgli di tornare ad infastidire la mia quiete. 

Non lo conosco, ma già fatico a sopportarlo. Non capisco come possano certe donne donarsi a persone come lui che, sì, sono belle, ma che oltre all’apparenza non hanno niente. 

Sento bussare, ma preferisco non rispondere. 

“Senti, scusa…” lo sento dire “Non volevo offenderti. E’ che il tuo discorso mi ha fatto uscire di testa” si aspetta veramente che io lo perdoni? Ci vuole ben altro che due frasi fatte per convincermi. 

“Okay, ho capito” dice, da dietro la porta “ Hai ragione, Bella. Tutto quello che hai detto, tutto, era la pura e semplice verità. Sono uno stronzo, che si interessa solamente di sesso e soldi, che va dietro a quelle facili perché sa che non deve sudare, non deve faticare. E tu non sei come loro, l’ho capito subito.” 

Giro la chiave nella serratura, apro la porta, lo guardo e dico “Tu ricordati che le ragazze che aprono subito le gambe, quelle facili, sono la conquista dei deboli” e mi richiudo nella stanza, aspettando di sentire i suoi passi che si allontanano, per lasciarmi sola. 

Quando succede, mi sento più libera, rintanata nella mia solitudine. Torno alla mia scrivania e inizio a scrivere di nuovo, perdendomi nei meandri della mia mente, alla scoperta di idee nuove ed originali. 

Dopo quelle che mi sembrano ore, osservo l’orologio, accorgendomi che ormai è l’una di notte. 

Esco dalla mia stanza e percorro le scale in silenzio, quasi avessi paura di svegliare qualcuno che in realtà non c’è. Raggiungo la mia biblioteca e mi viene un colpo al cuore quando mi rendo conto che Edward è lì, seduto sulla poltrone volta verso la finestra, addormentato. Mi avvicino e noto che tra le mani stringe un libro, del quale non riesco a scorgere il titolo.

Lo guardo, gli occhi chiusi, le labbra serrate e la mascella liscia. E’ bello, peccato che sia anche incredibilmente stronzo.

Non so se svegliarlo e farlo tornare a casa, o permettergli di passare la notte qui. Alla fine decido che lasciarlo lì sia la cosa migliore, perciò me ne vado, chiudendo la porta dietro di me e mi sdraio sul divano. 

James non è ancora tornato e, pur sapendo che dovrei aspettarmi di vederlo tornare a casa all’alba, non posso non essere preoccupata. Quel ragazzo mi farà morire di infarto, prima o poi…

“Sei scesa” la sua voce mi giunge alle orecchie, distraendomi dai mille pensieri che mi girano in testa. 

“Ti sei svegliato. Bene, puoi tornare a casa tua, allora” gli dico. Lo vedo sbuffare “Tuo fratello mi ha detto di restare qui fino a quando non sarà tornato” 

“Non devi obbedire a quello che ti dice James. Non sei un cane, puoi fare quello che vuoi” 

“Io voglio restare”

“Ma io non ti voglio” mi guarda e noto un leggero velo di tristezza nei suoi occhi. “Va bene. Ma non disturbarmi” dico, decisa. Edward annuisce, sedendosi sul divano, nel posto accanto al mio. Io mi stringo sul bordo, in quello che è un gesto di puro istinto, quasi volessi proteggermi, ma da cosa, poi? 

“Non ti mangio, tranquilla” mi rassicura. 

“Mangiarmi forse no, ma qualcos’altro…” lo vedo sorridere di sbieco ed ancora più bello, se possibile. 

“Non mi piace avere rapporti con donne che non approvano” decido di non rispondere e nella stanza cala uno strano silenzio. Entrambi non proferiamo parola, persi probabilmente nei meandri delle nostri menti, troppo impegnati a non far capire all’altro i nostri pensieri e le nostre voglie. 

Lo guardo con la coda dell’occhio, che fissa dritto davanti sé, come se si aspettasse che quel tavolino, tutto ad un tratto, potesse spostarsi da solo. Mi chiedo a cosa possa stare pensando, ma non mi azzardo a chiederglielo.  

Lui, probabilmente sentendo il mio sguardo addosso, si volta e mi chiede “Che hai?” 

“Nulla.” rispondo solamente, mordicchiandomi leggermente il labbro inferiore. 

“Sei strana tu, eh?” mi domanda. Gli rispondo con un’alzata di spalle “Se con ‘strana’ intendi che difendo le mie idee e diritti sì, lo sono.” ridacchia leggermente. 

“Sai, mi piaci” dice, all’improvviso. 

“Tu, a me, per niente” cerco di sembrare distaccata, fredda, ma non sono tanto convinta di esserci riuscita. 

“Isabella…” sussurra “Mi basta pensare al tuo nome e capisco che non sei come le altre”

“Prima mi hai detto il contrario” 

“Quello non valeva, mi stavo incazzando.” 

“E perché questo dovrebbe valere?” devo averlo spiazzato, perché non mi risponde. Mi guarda e basta, forse indeciso sul da farsi, ma alla fine preferisce non rispondermi. Si volta, prende il telecomando ed accende la televisione. 

Non mi sono pentita di quello che gli ho detto, perché lo pensavo davvero. Ho sempre fatto fatica a fidarmi delle persone, forse a causa di mia madre, che mi ha sempre convinta del fatto che la gente sia cattiva e che per raggiungere i suoi scopi sia disposta a fare di tutto, di conseguenza, non riesco a lasciarmi andare con nessuno, figuriamoci con Edward. 

“A cosa pensi?” mi chiede, d’un tratto. 

“Perché ti interessa?” 

“Non lo so. Forse è perché non ho mai incontrato nessuno come te. La tua testa, il tuo modo di pensare mi affascina” 

“Pensi che ci caschi davvero? E’ questo quello che fai, quando vuoi convincere qualcuna a dartela?” lui china il viso “Ero serio.” risponde

“Anche io” mi alzo e me ne vado, diretta verso la cucina. All’improvviso mi è venuta una gran fame 

“Si può sapere che ti ho fatto?” mi ha seguita. 

“Non mi hai fatto niente” rispondo, con il tono più calmo che riesca ad avere in questo momento. 

“E allora perché mi tratti così? Cos’ho di male?”

“Tu. Sei tu che non mi stai bene.” sono stronza, lo so, ma non mi va di stare male e so con certezza che se mai mi dovessi lasciare andare con un tipo come lui, soffrirei molto, forse anche più di quello che penso. 

“Non mi conosci nemmeno” ridacchio

“Andiamo, Edward. Sei ESATTAMENTE come penso” 

“Non sei così infallibile come pensi” 

“E tu che ne sai?”

“Perché te ne sei andata prima, Isabella? Hai paura di sostenere un discorso con me?” scuoto il capo

“No, non ti temo affatto” 

“Non mi temi, però sei attratta da me” mi metto a ridere. Una risata isterica, quasi difficile da sostenere. 

“Ma chi ti credi di essere?” lui mi si avvicina “Vedi come fai, tu. Mi respingi, cerchi di tenermi lontano perché hai paura di me, di quello che potresti provare se dovessi lasciarti andare” 

“No, ti sbagli. Io ti sto alla larga perché conosco i tipi come te, e rischierei di prenderti a pugni in faccia ogni singola volta che ti vedo” è molto vicino a me, con lo sguardo furente. 

“Sei una bugiarda, Bella.” sussurra. E’ incredibilmente bello, con i capelli scompigliati e quel profumo che è la fine del mondo. 

Le sue dita mi afferrano il mento, me lo alzano e lui si avvicina “Sei così sexy” sussurra sulle mie labbra. 

Io mi scosto “Non ci provare, non con me” e torno in sala. 

Forse ha ragione lui, forse sto scappando, ma preferisco mille volte essere codarda che soffrire per una persona come Edward. 

“Perché fuggi da me?” mi chiede. Vorrei rispondergli, urlargli in faccia tutti i peggiori insulti che mi saltano alla mente, ma invece ciò che riceve come mia risposta è il silenzio. 

Decido di non rispondere, perché a volte il silenzio è la migliore arma del mondo. 

Sento dei rumori e quando mi volto verso la porta, James la spalanca bruscamente. E’ ubriaco, si regge in piedi a malapena.  

Corro verso di lui, tentando di aiutarlo, inutilmente. Sono troppo bassa e fragile per riuscire a sostenere il suo peso. Edward si fa avanti, lo prende su una spalla e sale le scale, mentre io gli indico in quale stanza portarlo. 

Lo lascia sul suo letto ed io mi avvicino “Che testa di cazzo!” dico, maledicendolo in tutte le lingue che conosco, esistenti o meno.

Edward si lascia andare su una sedia lì vicino “Pesa tuo fratello, vedi di metterlo un po’ a dieta” mi dice. Non posso fare a meno di sorridere leggermente, quando qualcuno suona il campanello. 

“Chi cazzo è alle due di notte?” esclama Edward, quasi infastidito. Percorro le scale in fretta e quando arrivo davanti alla porta e la apro, mi sorprendo di vedere il postino. 

“Ciao” gli dico “Che ci fai qui a quest’ora?” 

“Scusami se ti disturbo, ma abbiamo sentito dei rumori e mia madre si è spaventata, quindi ha mandato me a controllare. Tutto bene?”

“Oh, sì. Scusami se ti abbiamo disturbato, non sapevo abitassi qua vicino”lui annuisce “Sì, la casa qui accanto. Ci siamo trasferiti l’altro giorno, forse tu non c’eri.” io annuisco “Sì, ero via per lavoro” gli spiego. 

“Sei una scrittrice, vero?” mi domanda e la curiosità che leggo nei suoi occhi mi fa quasi dimenticare la terribile serata appena trascorsa. 

Annuisco solamente “ Ho visto una tua intervista alla televisione, qualche settimana fa e sono corso a comprare il libro nuovo. E’ meraviglioso, sei davvero molto brava” arrossisco leggermente “Grazie, io non…” sono tremendamente in imbarazzo, cosa che non mi capita molto spesso. 

“Ti andrebbe di farmi un autografo?” mi domanda di getto, quasi per paura che potessi scappare, o scomparire da un momento all’altro. 

Sto per rispondergli, quando la voce di Edward che mi chiama mi interrompe. Lo vedo comparire alle mie spalle e sul viso del postino cala un velo di tristezza “Mi dispiace, non sapevo che fossi in compagnia” dice, cercando di allontanarsi. Sono io a fermarlo “Vieni qui domani, prima di mezzogiorno. Ti farò l’autografo” gli prometto. Lui mi sorride dolce e se ne va. 

“Chi era quello?” mi chiede Edward. 

“Non sono affari tuoi” gli rispondo. Lui rimane qualche secondo a fissarmi, poi sussurra “Forse è meglio che io vada. Prenditi cura di James, mi raccomando” io annuisco ed Edward esce. 

Resto qualche secondo a fissare la porta chiusa, senza una ragione precisa. Un po’ mi dispiace per com’è andata la serata, ma per uno strano ed incomprensibile motivo, sento di odiare Edward con tutta me stessa. 

E’ strano, perché non sono il tipo da pregiudicare il poter conoscere bene una persona. Non mi piace giudicare prima di sapere, puntare il dito contro qualcuno di cui infondo non so niente. Eppure con lui è diverso. 

Edward ha rispolverato sentimenti che prima restavano celati dentro di me. 

Forse è perché, in quasi tutte le relazioni, di qualsiasi tipo, che ho avuto avevo sempre il controllo della situazione, mentre con lui esso sembra scivolarmi via dalle mani. Sì, probabilmente è questo. 

E’ perché con lui fatico a controllare quello che sento e ciò che potrebbe sentire lui, oppure semplicemente ho paura. Paura perché di ragazzi come lui ne ho incontrati abbastanza da potermi ritenere esperta, soprattutto quando ero più piccola e facilmente manipolabile. 

Tutti si prendevano gioco di me, sapendo che qualsiasi cosa avessero fatto, io sarei sempre stata lì, come una stupida, ad aspettarli. 

Ho trascorso l’adolescenza a farmi del male, andando dietro a persone alle quali ben poco importava di me, ad aspettare colui che mi avrebbe reso la vita migliore. Ho aspettato così tanto, che alla fine ho capito che nessuno sarebbe mai arrivato a salvarmi. 

Perciò mi sono salvata da sola. Ho tirato fuori le palle, il carattere. Ho cominciato a ribellarmi a quegli stronzi che mi sfruttavano come fossi un oggetto, per poi buttarmi via, peggio della spazzatura. 

Ho detto “basta” a quella vita orribile, sotto la quale stavo cedendo ed adesso sono orgogliosa di quello che sono, pur non avendo un carattere particolarmente socievole ed apprezzabile. 

Salgo le scale e quando arrivo nella stanza di James, lo vedo che dorme beato sul letto. Mi avvicino e mi sdraio accanto a lui, prendendogli una mano e stringendola fra le mie. 

Osservo il suo viso e mi rendo conto che, ormai, lui è l’unica cosa che mi rimane. Per quanto mi faccia disperare e per quanto poco maturo sia, gli voglio talmente tanto bene che farei qualsiasi cosa per lui e per vederlo felice. 

Felice. 

Non lo è più da molto tempo, e neanche io. Fingiamo di stare bene, ma entrambi sappiamo della sofferenza dell’altro e la cosa che mi fa stare più male è che non posso fare niente per aiutarlo, e per lui vale lo stesso. 

Il nostro è un dolore che ci portiamo dietro da molto, moltissimo tempo. Ho vissuto l’infanzia avendo come compagna d’avventure lei, la sofferenza. 

Dopo un po’ dovrei imparare, aspettarmi di stare male, ma la verità è che non ci si abitua mai. 




Apro gli occhi e mi ritrovo vicino al viso di James, che mi guarda sorridente. 

“Come stai?” mi chiede. Io sbadiglio

“Bene, tu piuttosto?” 

“Ho un po’ di mal di testa, ma per il resto è tutto okay.” 

“No, invece. Non è tutto okay, proprio per niente” gli dico, seria. 

“Perché?” 

“Devi smettere di bere, James.” la mia voce è ferma, sembra quasi un ordine il mio. 

“E tu devi smetterla di preoccuparti. Io sto bene, Bella e tu dovresti imparare a pensare un po’ di più a te stessa” 

“No, James. Le tue sono tutte balle, perché non hai il coraggio di ammettere che ormai niente va più bene. Andiamo, James. Sono cresciuta, capisco quello che provi, non serve nascondersi.” 

“Non ho bisogno di niente, sto bene così. E la discussione finisce qui.” si alza, un po’ barcollante e si dirige verso la porta 

“Non provare a scappare, James. Abbi le palle di fare l’uomo, per una volta” non mi ascolta, esce, sbattendo la porta ed io rimango sola, immersa nel silenzio. 

Che cosa devo fare? Vorrei aiutarlo, ma lui non me lo permette e non ne comprendo il motivo. Potremmo superarlo, insieme, come abbiamo sempre fatto, eppure sembra quasi che preferisca lasciarsi divorare lentamente da questa cosa che gli opprime l’anima. 

Prendo il telefono e digito il numero di mia madre

“Pronto?” mi risponde. 

“Mamma, sono preoccupata per James” le dico tutto subito, senza mezzi termini, in modo che possa seriamente capire che la situazione per me è grave. 

“Perché?”

“Continua a bere, ogni sera torna a casa in uno stato pietoso. Si sveglia a mezzogiorno, trascorre le sue giornate seduto sul divano in mutande a guardare la TV, per poi uscire la sera ed andare ad ubriacarsi”

“E’ solo un ragazzo, prima o poi smetterà.” 

“No, mamma. Non è più solo un ragazzo, è un uomo e deve smettere di buttare via la sua vita così”

“Sei proprio come tuo padre” sussurra “Ti preoccupi sempre troppo. James è ancora un bambino, Bella, crescerà, non so quando, ma lo farà. Adesso devo andare, ci sentiamo” e riattacca, senza aspettare una mia risposta.

Non capisco perché anche lei faccia così, ma poi mi dò della stupita anche solo per aver pensato di parlarne con lei. 

Lei, che forse è messa addirittura peggio di James. 

Non è mai stata una mamma straordinaria, una di quelle che ci tiene alla felicità dei proprio figli, ma almeno prima se avevamo un qualsiasi problema potevamo contare su di lei. Da quando è morto papà, lei ha smesso di interessarsi. 

Pensa che siamo abbastanza grandi per occuparci di noi stessi, perciò ha voluto che andassimo a vivere da soli. 

Non posso biasimarla, non dopo quello che ha passato. Crescere due figli da sola non è facile, soprattutto quando non hai nessuno su cui contare economicamente. 

E poi, guardando le foto di mio padre, capisco perché non le piaccia averci troppo intorno. Siamo identici a lui, in tutto e per tutto. E ciò la fa soffrire, perché ogni nostro singolo gesta le ricorda nostro padre. 

Il suono del campanello mi distrae ed io scendo le scale, per andare a controllare chi ci sia alla porta. 

“Ciao, sono venuto per l’autografo” è il postino. Annuisco, prendendo la penna che mi porge e firmandogli il mio ultimo libro. 

“Grazie mille, non hai idea di quanto questo valga per me” i suoi occhi sono lucidi, trasmettono calore e felicità. 

“Ti va un caffè?” sputo fuori, all’improvviso. 

“Mi farebbe molto piacere, Isabella” 

“Chiamami Bella” lo correggo immediatamente, spostandomi dalla soglia per farlo entrare. Lui si fa avanti “Comunque io sono Jacob” dice, allungandomi una mano, che stringo prontamente. 

“Accidenti, che presa!” e ride. Lo trovo molto dolce, sicuramente è completamente diverso da Edward. Mi fermo tre secondi a pensare per quale motivo io abbia paragonato Jacob a quello stronzo, poi però le chiacchiere del postino mi fanno dimenticare questo piccolo dettaglio. 




“Dove vai?” fermo mio fratello, che sta per uscire. 

“Ad un locale. Non ti chiedo se ti va di venire, perché tanto sarebbe un ‘no’” mi dice. 

“Berrai?” 

“Non sono cose che ti riguardano” da quando abbiamo discusso, questa mattina, ha iniziato a trattarmi male. E’ freddo, distante, sembra quasi che abbia smesso di vedermi come la sorellina più piccola della quale prendersi cura. 

“Sì, invece” ribatto. 

“Ciao, Bella.” ed esce, di nuovo. Sembra che gli piaccia particolarmente scappare, sottrarsi alle mie domande. 

Trascorro la serata a guardare un film, fino a quando qualcuno bussa alla porta. Mi chiedo per quale motivo non abbiano suonato il campanello e mi dirigo verso l’ingresso. 

“Che ci fai tu, qui?” 

“Non te l’ha detto James?”

“No, perciò vai via” gli dico, cercando di convincerlo ad andarsene.

“Non posso, l’ho promesso a tuo fratello” mi dice, con ovvietà. 

“Non mi interessa, non trascorrerò un’altra serata come quella di ieri” 

“Fidati, neanche io ci tengo, ma purtroppo è così.” io scuoto il capo

“No, tu non entri.” gli dico, puntandogli un dito contro

“Non vorrai veramente lasciarmi fuori” gli sorrido perfida e chiudo, prima che possa fermarmi, la porta, afferrando al volo le chiavi. 

Sono stronza? Forse un po’ sì, ma infondo fa caldo, perciò non può lamentarsi di niente. 

Torno a guardare il mio film, mentre Edward continua a bussare, tentando invano di convincermi a farlo entrare.  




E’ da circa un’ora che non lo sento più lamentarsi, perciò penso che se ne sia andato. 

Quella che all’inizio era una leggera pioggerella, si sta trasformando in un temporale estivo, forse un po’ troppo violento. Qualcuno suona al campanello e quando mi avvicino e guardo dallo spioncino, capisco che Edward è ancora qui, completamente zuppo, che aspetta che io lo faccia entrare. 

Gli apro immediatamente “Sei ancora qui?” gli chiedo, incredulo. 

“Te l’ho detto, l’ho promesso” mi spiega. 

Sono stupita, lo ammetto. Non pensavo che fosse così leale, da stare sotto la pioggia per un’ora, pur di non rompere un giuramento fatto ad un amico. 

“Vai a darti una risciacquata in bagno, io cercherò di procurarti dei vestiti. Quelli di James dovrebbero starti” gli dico, cercando di essere il più gentile possibile.

“Tranquilla, non serve.”

“Sì, invece. Sei zuppo fino al collo” mi sorride e per qualche secondo mi perdo ad osservare la forma del suo viso e le sue fossette tanto tenere. 

Quando mi riprendo mi dò della stupita e salgo velocemente le scale, diretta verso la camera di James. Frugo nell’armadio, alla ricerca di un paio di boxer, di una maglietta ed un paio di pantaloncini. Una volta trovati li piego e li poggio sul letto. 

Poi mi ricordo che in bagno non c’è nemmeno un asciugamano, perciò torno in sala, ne prendo uno e mi dirigo verso la porta chiusa del bagno. Busso, cercando di attirare l’attenzione di Edward, ma lui non mi risponde. 

Decido di entrare e, il più svelta possibile, lascio l’asciugamano accanto al lavandino, quando lui, sentendomi, apre la porta scorrevole della doccia e rimane fermo qualche istante a guardarmi, incuriosito. 

“Se volevi fare la doccia con me, bastava chiedere” ammicca. Io, spaventandomi, cacciò un urlo degno della migliore gallina starnazzante.

“Mi hai fatto prendere un colpo!” urlo, voltandomi verso di lui, quando il cuore mi si blocca. 

Edward è mezzo nascosto dalla porta scorrevole, mentre il resto è completamente scoperto. Ed è così… Oh, Dio. 

Distolgo subito lo sguardo, arrossendo come non mai e cardando di coprirmi il volto con una mano.

“Ma sei nudo” esclamo, completamente rimbecillita da cotanta bellezza. 

“Strano, non credevo di essere l’unico a lavarsi senza vestiti” se è possibile, divento ancora più rossa.  

“Adesso esco. Comunque se vuoi…” gli indico l’asciugamano, per poi voltarmi e correre via, imbarazzata come non mai. 

Mi dirigo in cucina, dove mi sciacquo il viso ed i polsi. Che cazzo, sono bollente! 

“Bella!” sento Edward che mi chiama ed io torno in sala, dove lui mi aspetta 

“Ah, eccoti qua. Grazie per i vestiti, li laverò e te li porterò la prossima volta” 

“Tu sai fare la lavatrice?” domando, leggermente divertita. 

“Sai com’è, o impari, o spendi cifre esorbitanti ogni anno in lavanderia”. 

“Esagerato!” esclamo. 

“Forse un po” e sorride. Ed io mi perdo. 

E’ strano notare come, all’improvviso, io abbia cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Forse è perché sto lentamente iniziando a cambiare idea sul suo conto, ma posso davvero fidarmi di lui? No, quello mai. 

“Allora…” sussurra Edward “Che vogliamo fare, adesso?” mi domanda. Osservo l’orologio, accorgendomi che esso indica le dieci. 

“Non so. Guardiamo un film?” chiedo. 

“No, non ho voglia. Piuttosto parliamo” dice, avvicinandosi un po’. 

“E di cosa, di grazia?” 

“Di te, magari. Te l’ho già detto, mi incuriosisci molto…” 

“Non capisco, sinceramente. Sono una persona come tutte le altre”

“Non è vero. Sei strana, tu” 

“Ah, grazie” dico, pensando che la sua sia un’offesa. 

“Non te la prendere, il mio era un complimento” 

“E da quando essere strana è bello?”

“Da sempre, credo. Almeno, io ho sempre ammirato gli strani, perché sono diversi da tutti gli altri. Sono semplicemente loro stessi, non hanno bisogno di seguire la moda, la massa, che finge di essere perfetta. Vivono in un mondo tutto loro, che li rende felici. Strano non è brutto, strano è vero. Gli strani sono semplicemente dei geni incompresi.” mi spiega. 

“Io, però, non sono felice” 

“Potresti esserlo, se lo vorresti” sono persa ad ascoltare il suono della sua voce, ad ammirare le movenze delle sue labbra. Lui è, ormai, a qualche centimetro di distanza e mi guarda, forse perso come me ad osservare i dettagli dell’altro. 

“Sei bellissima” mi dice, ad un certo punto. 

“Non è vero” ribatto. E lui ride “ Mi piace il fatto che smentisci ogni mia frase, non tutti sono in grado di farlo”

“Oh, io sono molto brava in quello” lui annuisce “Lo so” risponde. Le sue mani volano al mio viso ed incominciano ad accarezzarlo. Mi lascia una lunghissima carezza sulla guancia, che si ricopre di brividi. 

“Vorrei baciarti” sussurra “Non puoi” gli rispondo. 

“Perché?” 

“Perché io ti odio.” 

“Anche io ti odio, tanto, davvero troppo.” le nostre labbra si sfiorano, ed io non posso non desiderare quello che sta per accadere. Manca davvero poco, un millesimo di secondo, ma al Destino devo stare davvero sul cazzo, perché il campanello si mette a suonare proprio nell’istante in cui Edward decide di poggiare finalmente la sua bocca sulla mia. 

“Chi cazzo è?” esclama, contrariato. Io mi allontano, dirigendomi verso la porta. Jacob mi saluta contento 

“Ciao Bella, sono passato a trovarti” mi dice. Rispondo al suo sorriso, ma sento già i passi di Edward che si avvicinano “Cosa vuoi?” chiede brusco, rivolto a Jacob. 

“Chi è lui, Isabella?” mi domanda il postino. Direi che questa è una situazione abbastanza scomoda e per qualche strano, incomprensibile motivo, mi sento anche in colpa. Come se fossi la moglie che assiste all’incontro dell’amante col marito. 

“Lui è Edward” mi limito a dire “Un amico di mio fratello” aggiungo poi. 

“Ah” esclama, quasi soddisfatto, Jacob. 

“L’amico che stavi baciando” sottolinea Edward, mentre sul volto di Jacob si dipinge l’imbarazzo. O forse la rabbia, non ne sono sicura. 

“Non ci stavamo baciando” gli dico, spostando tutta la mia attenzione da Jacob a lui “Ah, no? E che cosa stavamo facendo, allora? Giocando a carte?” chiede, quasi incazzato.

“Lo sapevo che eri così. Stavi per baciarmi, solo perché così poi avresti potuto vantarti di ciò. Mi fai schifo” esclamo, nera. 

“Okay, ho capito, io me ne vado” se ne esca Jacob, interrompendo la nostra discussione. La parte più logica di me, mi urla di corrergli dietro e dirgli che tra i due, è lui la mia scelta. Ma l’istinto mi dice altro. 

“No, Bella. Io ti stavo baciando perché era quello che desideravo fare. E lo volevi anche tu” 

“Sì, lo ammetto, va bene? In quell’istante volevo baciarti anche io, ma solo perché tu e le tue stupide frasi fatte mi avete distratto. Mi hai fatto credere di essere diverso, da quello che realmente sei, perciò, ti prego, ora vattene e lasciamo vivere in pace” e torno in casa, ma è inutile, lui continua a seguirmi, imperterrito. 

“Cosa vuoi, ancora?” 

“Te, ecco cosa voglio.” 

“Smettila, ti prego, Edward. Smettila di prendermi per il culo, perché sono stanca delle persone come te” 

“Tu non sai come sono, non ne hai idea, perciò smettila di giudicarmi, di puntarmi il dito contro, come se tu fossi perfetta” è così che si è sentito? Giudicato? Ripensando a tutte le nostre conversazione, forse è vero, l’ho trattato male, senza conoscerlo. 

“Scusa” sussurro, rendendomi conto dei miei errori “Hai ragione”. E’ spiazzato, lo so, perché neanche lui credeva che mi sarei arresa così facilmente, che ammettessi i miei sbagli con così poca difficoltà.

“Non smetti mai di stupirmi” mi dice “E’ un bene?” gli domando. Lo vedo annuire e sorrido. Senza un perché, così, all’improvviso, iniziamo a ridere come due deficienti. 

Quando il momento di ridarella giunge al termine, mi chiede “Perché quel tizio continua a romperti le palle?” 

“E’ il mio vicino di casa, è normale che sia così” spiego, ovvia. 

“Non è vero, Bella, non è affatto normale. Tu gli piaci, e l’hai appena rifiutato. Per me.” le ultime parole le sussurra, quasi vergognasse. 

“Non l’ho fatto per te” mento. 

“E perché, allora?” 

“Non mi andava di prenderlo in giro, semplice” sembra quasi deluso dalla mia esclamazione. China il capo e si porta una mano ai capelli, che inizia a scompigliare. Io inizio ad avvicinarmi a lui

“Non mi andava di prenderlo in giro perché il mio interesse appartiene già a qualcun altro” mi avvicino di più “Qualcuno che ho odiato così forte, senza neanche un motivo preciso, semplicemente perché mi faceva andare fuori di testa” un altro, ultimo passo “Qualcuno che ho scoperto essere dolce, profondo ed anche incredibilmente intelligente” ormai siamo faccia a faccia. Non possiamo più scappare. 

“E chi sarebbe, questo qualcuno?” mi chiede. Come risposta mi avvicino ed, in punta di piedi, poggio le mie labbra sulle sue. 


Un anno dopo… 


“Vorrei proporre un brindisi a Bella ed al suo fantastico libro, che ha permesso di fare un film così bello e che ha avuto un successo strepitoso!” urla James, alzando in aria il bicchiere di champagne, imitato subito da tutti gli altri. 

Le mie guance iniziano ad imporporarsi e sento il viso andare a fuoco. Sono in tremendo imbarazzo, mentre tutti mi fissano, alcuni felici, altri orgogliosi. 

“Brava, sorellina” mi dice James, avvicinandosi e stampandomi un bacio sulla guancia “Direi che ormai possiamo dirci ricchi sfondati” esclama. Io rido “E’ solo un film” gli ricordo. 

“Sì, ma se tutti i libri che scrivi avranno lo stesso successo di questo, direi che diventeremo milionari” scuoto il capo 

“Magari… Anche se ammetto che non mi serve essere piena di soldi. Tutto quello che voglio è un tetto sopra la testa, possibilmente da dividere con una persona importante” e come se avesse sentito le mie parole, Edward mi si avvicina, abbracciandomi da dietro. 

“Brava, amore” mi sussurra ad un orecchio, così che possa sentire solo io. Mi volto tra le sue braccia e lo bacio, come se fosse la prima volta. 

“Ehi, ehi” ci richiama mio fratello “Vi ricordo che non siete soli” e ridacchia, come un ragazzino. 

“E lo dici a noi? Tu e Victoria  siete molto peggio!” esclamo, voltandomi verso colei che ormai è mia cognata “Che ci posso fare… E’ così sexy” sospira, osservandola da lontano.

James si allontana da noi, per raggiungere la sua anima gemella ed io rimango qualche secondo a guardarli. Sono perfetti insieme, innamorati più che mai. Mi ritrovo a ringraziare mentalmente Victoria che, forse senza neanche rendersene conto appieno, ha salvato quella che è la vita di James, rendendolo un uomo ed una persona migliore. 

“Stanno bene, insieme” mi dice Edward, che, come me, li guarda emozionato “James sembra essere davvero molto innamorato. Mi chiedo solamente quando arriverà la fatidica proposta” io sorrido, furba “ Fidati, più presto di quello che pensi” gli rispondo, lanciando una veloce occhiata alla tasca della giacca di mio fratello, dove so esserci l’anello che ha comprato per Victoria. 

Edward mi fa voltare verso di lui, poggiandomi le mani sui fianchi “ Mi piace quando fai quel sorrisino” mi rivela

“Ah, sì?” lui annuisce. 

“In realtà, mi piace tutto di te” ammette. 

“Anche il mio essere orgogliosa e pesante?” 

“Soprattutto quello” ride ed è anche più bello. 

“Ti amo, Bella” dice, sincero come non mai. I suoi occhi sono lucidi e la sua voce trema leggermente. E’ la prima volta che me lo dice, da quando ci conosciamo.

“Io di più” e ci perdiamo di nuovo in uno dei nostri baci. 

Nostri, perché solo noi sappiamo cosa proviamo ogni qualvolta che le nostre labbra si incontrano. 

Noi che non ci siamo sopportati, noi che, infondo, ci siamo voluti sin dalla prima occhiataccia. 

Noi, che ci amiamo come pochi e che ci siamo trovati in questo vasto mondo, per non lasciarci mai più. 


The end. 

  
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