Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Rossini    15/07/2015    1 recensioni
Sono passati secoli dagli eventi narrati nelle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco. Oggi quelli che una volta venivano chiamati i Sette Regni sono una pacifica comunità che è riuscita a trovare un ordine e a mantenerlo per lunghissimo tempo. La sola idea che qualcosa possa sconvolgere questo stato di assoluta armonia, rafforzata da secoli di pace e concordia, sembrerebbe ridicola. Eppure, il principe Daniel - terzo in linea di successione al Trono - sta per imbattersi in qualcosa di nuovo, mai prima d'ora visto in nessun angolo delle terre conosciute...
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2
IL PIROMANTE
 
 

                La ferita continuava a bruciare e la febbre ad aumentare, e non ci volle molto prima che Daniel cadde in un sonno profondo. E vide Cowain, e la baia con le onde, e il sole che lo riscaldava,oh quanto era bello, e Xalandra che lo coccolava; vide tutto ciò che nella sua sventurata vita si era poi rivelato il luogo più ameno di sempre. Aveva forse raggiunto la fine della sua vita? Le storie narrano da sempre che chi è in procinto di morte riveda in un baleno tutta la propria vita, generalmente tutti gli avvenimenti più belli, e stranamente non lo sorprese di non aver avuto alcuna visione su suo padre,o sua madre e i suoi fratelli,o di tutti quei bugiardi ruffiani di corte. Beh,quantomeno il dolore sembrava cessato... forse una volta e per tutte. Ma qualcuno lo stava chiamando,qualcuno stava tentando di riportarlo a quella brutta e gelida realtà...e il dolore riprese;si stava svegliando...chi mai poteva volergli così male?
                «Signore,svegliatevi!Svegliatevi, vi prego!» disse Cordell dando qualche sberla sulla guancia di Daniel. «S-Sono... vivo?» chiese Daniel riaprendo,con un pizzico di amarezza,gli occhi stanchi.
                Ciò che vide però non fu la bufera,la neve e il ghiaccio tipici del monte Cabuk: si trovava in un edificio di modeste dimensioni, vecchio e malandato, una catapecchia insomma; di sicuro non una delle sue camere lussuose giù a Cowain,ma certamente era meglio che restare fuori tra la neve. Al centro di quella dimora c’era un fuoco acceso sul quale era posto un piccolo pentolone che emanava un profumino niente male. Daniel era disteso su un lettino ed era quasi interamente nudo; alla sua sinistra c’era Cordell che sfoggiava una smorfia in volto, un misto tra un sorriso e quella espressione sempre seria tipica del suo servitore; alla sua destra il suo vecchio salvatore era ricurvo sulla ferita al fianco, armeggiando con bende e strane lozioni.
                Il dolore riapparve e con esso anche il calore in testa causato dalla febbre.
                «Cosa era quella creatura? Non avevo mai visto nulla del genere prima d’ora» disse Daniel ricordando con disgusto e paura i lineamenti di quel demone. «Non lo sappiamo» dissero all’unisono Cordell e l’uomo anziano. Daniel parve chiaramente insoddisfatto dalla risposta.
                «Siete un Gran Maestro?» chiese Daniel speranzoso al vecchio che sembrava sapere il fatto suo con quei medicamenti. «No, giovanotto, mi spiace... non riuscirò a guarire quella ferita, è una ferita magica...». Daniel fu pervaso dalla rabbia; stava morendo e non sapeva nemmeno per colpa di chi o cosa.
                «E allora perché mi state guarendo?» urlò al vecchio. «Perché non è importante che io vi guarisca del tutto,cosa che non so davvero fare, è importante che vi tenga in vita e in forze fino a che voi non siate in grado di arrivare da solo alla Grande Quercia»
                «E per quale motivo? Non posso nemmeno scegliere dove morire? Non andrò a quella stramaledettissima Grande Quercia...voglio morire qui,vicino al fuoco...»
                «E questo dovrebbe diventare un primo cavaliere?» disse il vecchio a Cordell che parve non avere alcuna risposta a quella domanda. Poi continuò: «Ragazzo, se arriverai alla Grande Quercia, il Piromante potrà guarirti; lui sono sicuro che ne abbia tutte le capacità»
                «Il Piromante? Chi è costui? È un Gran Maestro?» disse Daniel, nuovamente speranzoso «Mi salverà? Se lo farà gli farò avere il doppio del suo peso in oro come riconoscenza! Non voglio morire qui: voglio tornare a Cowain!»
                «Figliolo,il Piromante sarà colui che ti inizierà sulla strada del Primo Cavaliere, esattamente come fece con tutti i tuoi predecessori... è un individuo pieno di conoscenza e saggezza».
                Daniel ritrovò un po’ di ottimismo, poteva ancora salvarsi, diventare Primo Cavaliere e fare la bella vita senza che nessuno potesse più dirgli cosa fare; al di fuori del re certamente. Ma chi poteva mai opporsi al Primo Cavaliere? Possedere tutti quei segreti e conoscenze e quelle arti divine doveva certamente incutere timore in ogni persona con un po’ di sale in zucca, re incluso.
                «Bene, quanto dista la Grande Quercia? Mi auguro che quantomeno, mentre ero impegnato a morire, ci siamo avvicinati un bel po’» disse Daniel al suo servitore con un po’ di ironia. «Sì signore, la Grande Quercia è proprio qui fuori» rispose Cordell repentinamente. «Bene, allora sono pronto ad andare... prima finiamo, meglio è per tutti quanti; fammi strada Cordell» disse Daniel alzandosi dal letto. «Ragazzo, il tuo servitore non ti seguirà,come pattuito in precedenza» intervenne il vecchio.«Ogni primo cavaliere, da tempi immemori, fa il viaggio da solo, incontra il Piromante da solo, si allena e apprende da lui da solo e scende giù dal monte Cabuk da solo; e non ci saranno cambiamenti o eccezioni alla regola, perché il Piromante è sì saggio e disciplinato ma conosce, come tutti quanti, la rabbia e l’oltraggio, e poiché tiene al rispetto delle tradizioni, l’infrangerle potrebbe certamente causarne l’ira». Cordell non parve stupito da quelle parole, probabilmente il vecchio doveva avergliele ripetute una infinità di volte mentre Daniel era svenuto.
                «Deve essere un tipo interessante questo Piromante... ma quanti anni ha? È da secoli che praticamente addestra i primi cavalieri... e anche voi non scherzate... quanti anni avete,vecchio?». L’anziano uomo parve indaffarato a ricordare, come se davvero fosse difficilissimo dare risposta a quelle domande. Dopo una pausa, perso tra i suoi pensieri o ricordi, l’anziano uomo rispose «Non saprei, effettivamente non so rispondere alle tue domande, ragazzo». Daniel parve contrariato. La grinta ritrovata era presto svanita di fronte all’ignoranza di quel vecchio che sì lo aveva salvato, anche se solo in parte, ma che anche non aveva dato risposte soddisfacenti a tutte le sue domande.
                «Davvero non sai quanti anni abbia questo Piromante? Ma lo hai mai visto? Come è fatto? E come è possibile che tu non sappia la tua età? Sai almeno come ti chiami?» incalzò Daniel con altre domande, convinto che forse avrebbe ottenuto risposte se avesse continuato ad insistere. Poi un briciolo di buon senso prese il sopravvento, forse quell’uomo, chiaramente troppo vecchio, non era davvero in grado di rispondere, doveva essere un demente ultracentenario, magari la sua testa giocava brutti scherzi e la sua memoria lo aveva abbandonato.
                Daniel si calmò, abbassò i toni e cominciò a rivestirsi, ormai convinto che quell’uomo non potesse più dargli alcuna risposta; ed infatti l’anziano uomo sembrava nuovamente perso tra i suoi pensieri, impegnato forse a ricordare qualcosa che non sapeva più. Daniel scambiò uno sguardo col suo servitore: anche Cordell sembrava aver capito che quell’uomo era strano, ma la cosa non lo aveva turbato tanto quanto facesse con Daniel. Allo sguardo, Cordell rispose con il tipico gesto della mano che si usa quando ci si riferisce a chi deve avere problemi con la testa. Poi il vecchio parve ritornare alla realtà e rispose: «Ragazzo, non ho mai visto il Piromante, solo i futuri primi cavalieri lo incontrano di presenza...e non conosco la sua età, è lì da sempre, è li da prima che io diventassi il guardiano della Grande Quercia, la sua dimora, ma ti assicuro che è sempre la stessa persona...la sua voce infatti la riconoscerei ovunque: eseguo il suo volere sentendola nel vento, nel fuoco e oltre le porte...»
                «Di che porte parli?» lo interruppe Daniel.
                Il vecchio riprese: «Giù, dentro la Grande Quercia, risiede il Piromante, oltre enormi porte in acciaio di Valyria... solo i primi cavalieri le oltrepassano... io posso solo eseguire il suo volere ascoltando la sua voce proveniente dall’altra parte».
                Se prima l’idea di incontrare il Piromante sembrava allettante, la conoscenza di quei dettagli cominciò ad incutere un po’ di timore anche in Daniel. Effettivamente, pensò, qualcuno che insegna arti divine non doveva essere di questo mondo. Il vecchio proseguì: «Io.. .non ricordo più il mio nome, forse non l’ho mai avuto, non che qualcuno qui avesse mai avuto bisogno di usarlo in ogni caso, sono solo... e non ricordo più cosa c’era nella mia vita prima di aver udito la voce del Piromante ed eseguito il suo volere... so soltanto che son qui per servirlo e per condurre i futuri primi cavalieri al suo cospetto».
                Quel discorso rattristò Daniel: doveva essere davvero dura e deprimente vivere e parlare da soli e morire sperduto tra la neve in solitudine, senza qualcuno pronto a versare qualche lacrima o anche solo dire qualche parola sul tuo cadavere. Il vecchio si alzò, andò verso un armadio posto in un angolo della baracca, lo aprì e cercò tra il pentolame qualcosa; ne estrasse una lunga torcia di legno – sembrava pregiato – si avvicinò nuovamente al fuoco e la accese, infine la porse a Daniel dicendo: «Questo legno è sacro, è preso dalla Grande Quercia, ti illuminerà la strada e ti indicherà la via fino al Piromante. Prendilo».
                Daniel lo afferrò, la fiamma danzava e crepitava come fosse alimentata dalla magia, era un piccolo fuocherello ma illuminava forse più del fuoco acceso al centro della stanza, e sicuramente emanava più calore. Daniel Lannister fu subito ammaliato da tanto splendore e quel calore riaccese in lui il desiderio di possedere quei meravigliosi poteri da Primo Cavaliere. Il fuoco – Daniel ne era quasi certo – stava anche rinvigorendo il suo corpo: la ferita al fianco faceva molto meno male e la febbre sembrava essersi abbassata in un attimo.
                «Non lasciare che si spenga prima di aver incontrato il Piromante» aggiunse il vecchio.
                «Perché? Cosa succede se si spegne?» chiese Cordell. Anche Daniel parve interessato alla domanda,ma molto più alla risposta.
                «Non lo so, non ho mai permesso che si spegnesse» rispose il vecchio mostrando un brutto sorriso soddisfatto. Se quel vecchio voleva impaurire il secondogenito della casa reale ci stava certamente riuscendo: il possedere quel ramoscello infuocato, che fino a qualche secondo prima era auspicio di grandi cose, adesso gli metteva ansia e paura. Cordell, che leggeva Daniel come un libro aperto, intervenne per rassicurarlo: «Non capiterà nulla, è solo una torcia». Ma Daniel sapeva di non avere in mano una torcia qualsiasi, quella fiamma gli metteva paura: era magia, e con la magia non c’era da scherzare; fino a qualche minuto prima era quasi morto a causa di una ferita magica.
                Era inutile perdere altro tempo, tanto quel viaggio doveva essere portato comunque a termine, e passare altro tempo in compagnia di quel vecchio non lo rassicurava per niente; così Daniel andò alla porta, facendo molta attenzione a che la torcia non si spegnesse, e la aprì.
                Si ritrovò in cima al monte Cabuk: di fronte si stagliava un’enorme quercia, era davvero grande, forse era la cosa più grande mai vista da Daniel fino a quel momento, neppure i più grandi palazzi nobiliari della capitale erano così grandi. E stranamente non era spoglia, come ci si aspetterebbe da qualsiasi quercia in mezzo alla neve e al ghiaccio, ma aveva un mucchio di foglie colorate, rosse, gialle, arancio, come se per quella quercia non fosse ancora arrivato l’inverno, ma fosse soltanto autunno. Dalla cima non si riusciva a vedere nulla guardando in giù: la nebbia copriva tutto; lasciava solo emergere la casetta del vecchio, un po’ di neve e la Grande Quercia.
                «Entra nella Grande Quercia, segui le radici che, nel corso dei secoli, hanno scavato nel monte Cabuk la strada verso il Piromante e giunto alle porte d’acciaio porgigli i tuoi omaggi» disse il vecchio varcando verso l’esterno l’uscio di casa propria. Daniel si rivolse al suo servitore: «Cordell, spero di rivederti un giorno... se non dovessi fare ritorno, grazie di tutto; sei stato un fedele servitore. E un buon amico»
                «Oh non dite così, Signore... farete certamente ritorno, esattamente come tutti i Primi Cavalieri prima di voi, vostro zio Constant incluso... certo lui non era ferito come voi quando facemmo il viaggio insieme, ma riuscì comunque a completare il viaggio da solo» disse Cordell. «Cosa? Tu eri lì con lui? Lo hai accompagnato nel suo viaggio? Perchè non me lo hai mai detto?»
                «Signore, voi non me lo avete mai chiesto... e vostro zio Constant, dopo aver scalato metà monte e aver visto in lontananza la Grande Quercia volle proseguire da solo, e mi rimandò alla Capitale. Quindi, posso garantirvi che tecnicamente non ero mai arrivato in cima»
                «Come riuscì a vedere la Grande Quercia in lontananza, se a malapena io riuscivo a vedere te e il tuo asino a pochi metri di distanza?»
«Stranamente,quel giorno non ci fu né la nebbia né la bufera... sembrava quasi un bel viaggio in mezzo alla neve». Daniel non fu troppo sorpreso, ormai stava cominciando a farci l’abitudine con gli eventi sfortunati che lo perseguitavano nella sua vita: prima l’esilio giù a Cowain,poi il viaggio più lungo e faticoso della storia dei Primi Cavalieri, poi la bufera proprio nel giorno della scalata del monte Cabuk, poi il demone che attentava alla sua vita e infine il vecchio rimbambito…
Daniel si voltò senza dire una parola né a Cordell né al vecchio e si diresse verso la Grande Quercia.
La Grande Quercia aveva un’enorme apertura al centro, come se fosse chiaramente designata per esserne l’ingresso. Daniel entrò: dentro doveva essere buio pesto, ma la torcia che aveva in mano illuminava tutto quanto nel raggio di circa cinque metri; c’erano solo grosse radici che si avvolgevano su se stesse e che scavavano nella terra una sorta di tunnel verso il cuore del monte Cabuk. Il tunnel certamente non era stato scavato da uomini e chiaramente molte parti di questo erano difficilmente percorribili: molte volte Daniel dovette cercare un appoggio lungo la parete scavata scoscesa e molte volte dovette aggrapparsi a qualche grossa radice, ma la cosa che più lo preoccupava non era il dover fare attenzione a dove mettesse i piedi, piuttosto la paura di dover fare tutte quelle cose senza che quella torcia si spegnesse. Perché sì, quel maledettissimo vecchio, che pure gli aveva salvato la vita e che meritava la sua riconoscenza, gli aveva messo una paura indescrivibile. Ed effettivamente Daniel si rese conto che probabilmente sarebbe morto davvero senza quella torcia, perché il buio era così fitto che uscire da lì o proseguire in avanti, tra le radici e i terrazzamenti,era praticamente impossibile.
La ferita aveva ripreso a fare molto male e la febbre ad aumentare e, cosa non del tutto inaspettata, anche la fiamma nella torcia stava cominciando lentamente ad affievolirsi. Daniel capì che bisognava accelerare il passo, perché morire da solo al buio, agonizzante e dentro un albero era l’ultimo dei suoi desideri. Scese quello che sembrava l’ultimo terrazzamento e raggiunse una zona piana, che faceva ben sperare in un percorso un po’ più comodo e pianeggiante. E così fu: le radici iniziarono a scomparire dentro la roccia,la terra si appianò e divenne un enorme spiazzo. Ed eccole lì, di fronte a lui c’erano davvero quelle enormi porte in acciaio Valyriano di cui quel vecchio pazzo gli aveva parlato. Erano altissime, quasi un terzo di tutta la Grande Quercia; avevano delle incisioni lungo tutta la lunghezza in un carattere che Daniel non conosceva, doveva essere qualche lingua antica, ed erano circondate da tantissime torce spente. Subito Daniel corse ad accenderle una per una, prima che quella che teneva in mano lo abbandonasse nell’oscurità. L’enorme luce che si scaturì rassicurò l’animo del Lannister e placò il dolore alla ferita. «Una cosa è certa,da ora in poi porterò sempre con me qualche ramoscello di questo albero, così, per ogni evenienza, non si sa mai con la fortuna che mi ritrovo» disse Daniel che sembrava ormai sicuro che la sua vita dipendesse da quelle torce.
Poi una profonda voce baritonale, robusta e impetuosa, la stessa che aveva pronunciato quelle strane parole che avevano scacciato il demone del monte Cabuk echeggiò in quella specie di caverna e fece trasalire Daniel. Da oltre le porte fu chiaramente udibile: «Chi si presenta al mio cospetto?».
«Daniel Lannister, secondogenito della casata reale e terzo in linea di successione al trono, aspirante Primo Cavaliere» rispose immediatamente Daniel intimorito da quella voce, così grave e decisa. Daniel si aspettava altre domande che però non arrivarono. Poi aggiunse ancora in tono impaurito: «Sto parlando con il Piromante?». La voce rispose: «È così che una volta un Primo Cavaliere, Ser Gilligan Alonne di Forte Roccioso, decise di chiamarmi, ed è da allora che gli uomini si riferiscono a me con quel nome, il Piromante». Nuovamente ci fu una pausa che sembrò un’eternità. Poi la voce oltre le porte disse «Entra». Per Daniel più che un invito sembrò un ordine, ma sicuramente in ogni caso non si sarebbe sognato minimamente di disobbedire.
Le gigantesche porte d’acciaio cominciarono ad aprirsi nel mezzo come se fossero tirate dall’interno; Daniel valutò che sarebbe stata necessaria come minimo una cinquantina di uomini per smuovere quelle porte, o quantomeno un marchingegno ben costruito; o forse chiunque si nascondesse oltre quelle porte era così forte da riuscire a farcela da solo, o stava usando la magia… Il timore cominciò a scomparire e subentrò la curiosità: voleva vedere il fantomatico Piromante. Le porte non si aprirono completamente, l’apertura permetteva il passaggio di due, massimo tre uomini; Daniel sbirciò oltre le due porte e vide una enorme fenditura nella parete rocciosa che dava su uno strapiombo; doveva essere un fianco del monte Cabuk. In ogni caso da lì non si riusciva a vedere quasi nulla perché, e c’era da aspettarselo, la nebbia oscurava la vista di quello che doveva essere un bel paesaggio di montagna. Al centro di quell’antro un grande fuoco, il più grande mai veduto, alto circa sei metri, scoppiettava e illuminava l’area circostante. Daniel oltrepassò le porte, curioso di vedere in faccia il possessore di quella voce terrificante e ieratica allo stesso tempo, si voltò in cerca del Piromante e lo vide; tutto poteva aspettarsi tranne che quello. Era una belva enorme, ricoperta di scaglie cremisi, occhi da rettile, quattro zampe artigliate e denti aguzzi, due grosse ali richiuse adornavano la sua schiena mentre un paio di corna la sua testa: quello era chiaramente un drago, un drago come quelli che si narrano nelle grandi leggende o nelle storie per bambini. La reazione di Daniel fu spontanea: un urlo acuto e incontrollato, come fanno le ragazzine quando vedono per la prima volta la decapitazione di un malvivente, uscì alla vista di quell’imponente belva; le gambe presero a correre da sole in cerca di una via di fuga. Daniel corse il più velocemente possibile indietro verso il tunnel nella Grande Quercia, superò le porte e passò l’atrio lasciandosi alle spalle la luce delle torce e del grande falò, raggiunse l’ultimo terrazzamento del tunnel ormai immerso nell’oscurità e cominciò ad arrampicarsi alla cieca, non riuscendo chiaramente a superarlo. E così la curiosità divenne terrore, e la paura di morire solo e agonizzante dentro la Grande Quercia divenne quasi un desiderio rispetto al pensiero di quello che invece gli sarebbe toccato cadendo tra le grinfie di quel drago.
«CORDELL! AIUTO! CORDEEEELL!» urlò Daniel in cerca del suo servitore; sperava che l’eco del tunnel riuscisse a portare la sua voce su fino all’apertura nella Grande Quercia, dove forse ancora Cordell lo stava aspettando. Ma Cordell non lo stava aspettando, probabilmente aveva già iniziato a scendere il monte Cabuk. Poi la voce del drago raggiunse il Lannister impietrito e rannicchiato sotto il terrazzamento, avvolto dal suo mantello e dall’oscurità. «Quando hai finito di frignare, torna qui al falò così potrò guarire quella brutta ferita».
Quello era un drago, un drago vero in scaglie ed ossa, ed era enorme e rosso e parlava. E parlava! I draghi non parlavano mai nelle storie e nelle leggende, perché mai quello parlava? Forse era diverso, forse non era aggressivo o carnivoro...ma sì che era carnivoro! Aveva i denti, ed erano aguzzi e affilati come le spade delle Guardie Reali. Ma sembrava stranamente educato, gentile, forse, anche se a modo suo, e si stava offrendo di curargli la ferita. In fin dei conti, Daniel che scelta aveva? Non poteva di certo tornare su. Daniel ritornò lentamente verso le porte illuminate, non era certo che fosse il coraggio a farlo camminare, doveva essere la disperazione; le raggiunse, si appoggiò sulla porta di sinistra e allungò la testa; cercò con lo sguardo il drago nel punto dove lo aveva visto la prima volta e lì lo trovo, accovacciato come in attesa.
«Su avanti, entra» disse il drago. Ma Daniel non si mosse, restò immobile ancora terrificato in mezzo alle due porte. Il drago si alzò e si avvicinò alle porte, poi proseguì «O dentro o fuori, se stai lì in mezzo non posso chiuderle». Daniel si lasciò persuadere ed entrò nella spelonca. Il drago, con neppure troppo sforzo, usando le zampe anteriori e la testa, spinse le porte richiudendole. Calò il silenzio, e ciò era un male, perché la tensione e l’ansia aumentarono e il terrore di essere divorato cominciò a prendere il sopravvento dentro Daniel.
«Suvvia, calmati» disse il drago cercando di calmare il giovane futuro primo cavaliere. «Ti prego: risparmiami e ti ripagherò il doppio del tuo peso in oro, e devo dire che, notando la tua stazza, la cifra non sarà indifferente» disse il Lannister cercando di persuadere il drago. «E cosa ci faccio col tuo oro? Calmati, calmati, non ho intenzioni malvagie, non ti mangerò. Sono il Piromante, sono qui per mostrarti la via del Primo Cavaliere»
«SEI UN DRAGO!»
«Piromante. Da adesso vorrei essere chiamato Piromante, o Maestro se preferisci, non mi piace
essere chiamato con il termine generico di quelli della mia specie, non mi riferirò a te dandoti dell’umano o della scimmia e gradirei che tu mi porgessi la stessa delicatezza. Hai detto di chiamarti Daniel, giusto?». Daniel annuì, poi aggiunse: «Ma sei un drago! E i draghi non si erano forse estinti secoli fa, con la morte della Madre dei Draghi, quella Daenerys Targaryen?». Il drago parve infastidito e anche un po’ annoiato da quelle domande, forse ogni Primo Cavaliere giunto in sua presenza nel corso dei secoli gliele faceva. Poi rispose: «Morti, tutti morti. Sono Nidhogg Targaryen, il Primo del mio nome e della mia dinastia e, con tutta probabilità, anche l’ultimo drago vivente in questo continente, ma per te sarò sempre e soltanto il Piromante, il Maestro che ti inizierà, attraverso l’uso e la conoscenza della Piromanzia, sulla gloriosa via del Primo Cavaliere»
«Piromanzia?» chiese Daniel che intanto aveva ritrovato un briciolo di calma, poiché il drago non sembrava davvero avere delle intenzioni malvagie. «La Piromanzia è l’arte segreta di chi sa maneggiare e controllare il fuoco e il calore; la fiamma crea, la fiamma guarisce e la fiamma distrugge!» rispose Nidhogg,e mentre diceva quelle parole il grande falò al centro della caverna divampò raggiungendo quasi il soffitto, mentre la ferita al fianco del giovane Lannister cominciava lentamente a rimarginarsi.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Rossini