Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: GERARD_GAY_IS_WAY    15/07/2015    0 recensioni
"Piacere, io sono Calum!", mi salutò con un dolce sorriso sulle labbra e con quegli occhi, neri, profondi.
"Uhm ci-ciao, io sono Ariel", mi presentai, con un piccolo sorriso e con le guance rosse.
E oh, Calum, tu sarai sicuramente il mio piccolo pezzo di paradiso.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 1
Quando decisi di prendere l’aereo per Sydney, non avevo di certo pensato alle conseguenze. Una volta arrivata, uscì da quel caldo aeroporto e mi fermai sul marciapiede. La gente usciva ed entrava dall’aeroporto, in lacrime, sorridenti. Alcuni correvano, pur di riuscire a vedere al più presto gli amici, la famiglia. Altri partivano. La gente si abbracciava, si salutava, piangeva, rideva.
«Thomas, hai preso tutto? Dai, dobbiamo andare a casa, oddio!» una signora, piuttosto giovane, uscì dall’aeroporto, trascinando delle valigie, aiutata da un uomo.
«Tesoro, ti prego, calmati. Non devi agitarti e per, favore dammi queste valigie. Sai che non puoi fare tanti sforzi, ti ricordo che hai mio figlio nella tua bellissima pancia. E-» l’uomo si fermò, cercando con la sguardo qualcosa o qualcuno e quel qualcuno stava venendo proprio da.. me? L’uomo si girò completamente dalla mia parte, guardando infuriato il bambino che continuava a saltellare felice verso di me e iniziò a chiamarlo.
«Thomas, torna subito qui, dobbiamo andare a casa. La mamma ha bisogno di riposarsi!» non vedendo alcun cambiamento, gridò più forte il nome del piccolo.
«Ehi, ciao! Io sono Thomas, tu chi sei? Una principessa?» mi sentì tirare, verso il basso, l’enorme maglietta che indossavo e quando abbassai lo sguardo, vidi un bambino dai lineamenti dolci. Il mio sguardo si addolcì al sentire quella frase e gli sorrisi, intenerita.
«O-oh ciao Thomas, sai che hai un nome davvero bello? Quanti anni hai? Sembri davvero grande! Io sono Ariel, piacere!» mi presentai, sorridendo leggermente e abbassandomi completamente alla sua altezza. Thomas, alle mie parole, gonfiò il petto, orgoglioso di se stesso. Al sentire il mio nome, vidi i suoi occhi illuminarsi e la sua bocca si spalancò, come se fosse sorpreso.
«Ma allora è vero! Sei una principessa, ti chiami Ariel, come quella del cartone animato che piace alla mia fidanzata!» una piccola risata uscì dalle mie labbra. Però, veloce il ragazzino!, pensai. «Eh, si! Sono già grande, ho sei anni e vado già a scuola! Visto, ho anche la fidanzata.» disse, mentre sistemava gli occhiali sul suo naso. Era davvero un bambino dolce. Sorrisi e alzai lo sguardo, trovando i genitori a pochi metri da noi, mentre ci raggiungevano.
«Woah, devi essere, sicuramente, molto bravo a scuola!» dissi con un sorriso sulle labbra, mentre lui annuiva, incerto.
«Io sono molto bravo ma le maestre dicono che sono troppo agitato e questo non è per niente vero!» disse, mentre il suo tono cambiò, diventando più basso e sul suo viso si formò un broncio.
Stavo per ribattere, quando la voce del padre mi fermò, facendomi distogliere lo sguardo dal bambino dai capelli rossi. Quando puntai lo sguardo verso il padre, notai una coppia di due giovani adulti. Il padre, come il figlio, aveva dei capelli rossi e sul mento c’era un sottile strato di barba, anch’essa rossa. Gli occhi azzurri, grandi, che mi guardavano incuriositi, spiccavano sul viso, chiaro, molto chiaro. Le labbra erano rosse e sottili e sul suo viso si poteva notare un leggero sorriso. Girai, poi, lo sguardo sulla madre e il pancione crescente si poteva già notare. La madre era tutto il contrario del bambino che, a mio parere, era la fotocopia del padre. Solo gli occhi aveva preso da lei, verdi, di un verde acceso e a dir poco bellissimo. Al contrario dei miei, di uno stupido e noioso marrone. Ritornando alla madre, quest’ultima aveva un sorriso stampato in faccia, un sorriso gentile. I capelli erano neri e lisci, come la seta. Il viso dolce e rotondo, le guance piene e rosse risaltavano sulla pelle bianca come il latte. Erano davvero una coppia bellissima, anzi una famiglia bellissima.
La donna, scostò un ciuffo di capelli dal suo viso e «Ciao, scusa per Thomas, gli piace fare amicizia con tutti, cioè solo con quelli che gli vanno a genio» rise e continuò «E tu sei tra questi. Comunque, piacere io sono Camille e questo è mio marito Brad» disse presentandosi e nel mentre si portò una mano sul pancione, continuando «E oh, come dimenticare! Questa piccoletta nel mio pancione è Diana, la nuova arrivata, beh è in arrivo, sono già al sesto mese e oh mio dio» si mise le mani in faccia dall’emozione «Scusa per questa piccola scenetta...» concluse, con un sorriso imbarazzato per l’accaduto, mentre il marito l’abbracciava da dietro, guardandola come se fosse la cosa più bella, preziosa e fragile del mondo. Mi intenerì quella scena e le sorrisi dolce.
«Oh, non si preoccupi» risi, portandomi una mano dietro la testa con fare imbarazzato «Piacere, comunque, io sono Ariel e oh, sono nuova di qui, arrivo da Chicago.» dissi, abbassando lo sguardo per i ricordi, per poi rialzarlo dopo qualche secondo «E, ehm, complimenti, cioè sono felice per voi e per il nuovo arrivo. Uh, siete proprio una bella famiglia!» dissi con un sorriso sincero sulle labbra, dondolandomi sui talloni, imbarazzata.
«Oh, grazie Ariel, sei davvero un tesoro. Ma, come mai da Chicago all’Australia? È davvero un bel cambiamento! E dove devi andare? Stai aspettando qualcuno?» mi chiese Camille con tono incuriosito, spostando poi lo sguardo su suo marito che stava prendendo il cellulare dalla tasca del suo giaccone.
«Io, uhm-» fui interrotta dalla suoneria di un cellulare, quello di suo marito Brad, che si allontanò di poco per non interromperci. Come facevo a dire a Camille che, in un momento di pura follia e rabbia, avevo preso un volo a caso? Ma in qualche modo io mi sentivo legata a questa città. Mi toccava dirle la verità, magari mi avrebbero aiutata; anche se, l’idea di piombare così nella loro vita e chiedere aiuto non mi piaceva per niente. Non volevo essere, di nuovo, un peso per qualcuno.
«Continua Ariel, puoi dirmi qualunque cosa. Io- io non lo so ma c’è qualcosa in te che mi porta a fidarmi. Inoltre mi ricordi una persona davvero molto importante per me.» disse, guardandomi attentamente.
«Io ho, uhm, ho avuto casini con mio padre e sono scappata e ho preso un volo a caso, solo per stare il più lontano possibile da lui. Io sono qui per caso, non so niente di questa città, non ho un posto dove stare, non so dove andare o cosa fare.» dissi, guardando la strada, per non incontrare il suo sguardo, per non vedere la sua reazione. E poi successe. Mi aspettavo di tutto ma non un abbraccio e un ‘Stai tranquilla, ti aiuteremo noi’. All’inizio rimasi ferma, rigida ma poi ricambia, con una stretta leggera.
Fummo interrotte dall’arrivo di suo marito che ancora guardava il cellulare.
«Tesoro, ho-» si fermò, guardandoci stranito e con un sorriso divertito «Ehi, cosa sta succedendo? Thomas, tu ne sai qualcosa?» chiese Brad, confuso. Il piccoletto in risposta alzò le spalle.
«Lo prendo come un no, allora.», rise, scompigliando i capelli di Thomas e continuò «Volete spiegarmi?»
«Mi stava raccontando che non sa dove andare e non ha un posto dove poter stare, potremmo ospitarla noi? Solo-» disse, cercando di convincere il marito ma fu interrotta proprio da quest’ultimo che, sul viso, aveva un’espressione contrariata.
«Cosa? No! Non sappiamo niente di lei, non se ne parla. Potrebbe essere chiunque.» poi si girò verso di me «Scusa ma credo che anche tu, se fossi nella mia stessa situazione, avresti reagito così. Senti non sappiamo niente di te, di dove sei, la tua famiglia, quanti anni hai, il tuo cognome, il motivo per cui sei qui, a Sydney. Non posso fidarmi subito, al primo momento. Abbiamo bisogno di conoscerti prima, poi potremmo anche aiutarti. Verrai a casa nostra, adesso e durante il viaggio ci spiegherai un po’ la tua situazione. Poi ti troveremo un posto dove stare, magari un hotel vicino a noi, così se hai bisogno di qualcosa, ci raggiungi.» concluse, rivolgendomi un piccolo sorriso. Aveva ragione, anche io avrei fatto così e ad ogni modo, mi stavano già aiutando molto. Annui, mormorando un ‘grazie, davvero.’ e loro mi sorrisero. Brad, poi si girò verso Camille e continuò «Senti, Alec sta per arrivare, ha detto che si ferma in fondo alla strada, qui c’è troppo casino e poi non riusciremo più ad uscire. Andiamo dai, vieni Thomas, anche tu Ariel.» disse, prendendo le valigie e i borsoni e iniziando a camminare.
Camille mi affiancò, mentre teneva per mano il piccolo Thomas. «Alec è un nostro caro amico, è sposato e ha tre figli. Penso che abbiano la tua età, a parte la piccola Sophie, l’amichetta di questa piccola peste.» disse, rivolgendo il suo sguardo a Thomas che continuava a saltellare e faceva finta di combattere contro qualsiasi cosa. I bambini sono strani, pensai, ridendo per la scenetta.
«Oh, uhm, così la sua fidanzata si chiama Sophie; prima mi ha parlato di lei. Io, comunque, ho diciassette anni. Gli altri due figli come si chiamano, invece?» chiesi, con curiosità, sistemano la borsa sulla mia spalla.
«Hanno la tua stessa età, bene! Magari potrei farteli conoscere, sono davvero dei bravi ragazzi. La ragazza si chiama Mandy e il ragazzo Tyler. Oh, Tyler è davvero un bel ragazzo ma beh, sai, è gay ed è anche felicemente fidanzato.» disse, portandosi una mano alla bocca, per nascondere una piccola risata. Risi anche io. Avevo intenzione di conoscerli, almeno avevo qualche amico qui a Sydney.
«Oh, spero davvero di riuscire a conoscerli!» dissi, abbassando lo sguardo «Da dove arrivate tu e la tua famiglia?» chiesi, lei mi guardò confusa, non capendo. Mi schiarii la voce «Cioè, eravate all’aeroporto, avete fatto un viaggio, beh, cioè, dove siete andati?» chiesi, facendo un piccolo sorriso.
«Siamo andati a trovare i miei genitori a Londra, sai adesso ci sono le vacanze estive e abbiamo pensato di andare a trovarli.» disse, io annuii soltanto, non sapendo più cosa dire. «Uh, tu vai ancora scuola? Ti iscriverai in una scuola qui a Sydney, no?» mi chiese. Mi irrigidì. Non avevo di certo pensato all’argomento ‘scuola’. Come facevo adesso? Per fortuna, avevo tutta l’estate davanti e potevo pensare a cosa fare, se andare avanti o no.
«Io- io non lo so, in realtà. Non ho proprio pensato alla scuola e non saprei neanche dove iscrivermi o come fare. Non voglio abbandonare, però. Per fortuna, ho tutta l’estate davanti..» dissi, passandomi una mano tra i capelli, frustrata.
«Capisco. Per qualunque cosa, chiedi a noi.» sorrise, guardandomi e girando poi lo sguardo sul marito, che stava salutando con un abbraccio un uomo. «Quello è Alec Baker, il nostro caro amico. Ah, comunque, noi siamo la famiglia Ryan.» concluse, prima di raggiungere suo marito.
«Vieni, Ariel. Ti presento Alec, questa ragazza è Ariel, verrà a casa nostra oggi e poi per questa sera le troveremo un posto dove stare.» disse Brad, presentandomi al suo amico.
«Ciao Ariel, è un piacere conoscerti. Benvenuta a Sydeny!» disse con un sorriso, invitandomi a salire sulla macchina insieme agli altri tre. In risposta, sorrisi e mormorai un ‘grazie’, salendo e sedendomi sui posti dietro, insieme a Thomas e a Camille.
Aggiustai la valigia ai miei piedi e misi il borsone e la borsa sulle mie gambe.
«Allora, Ariel, hai voglia di raccontarci il motivo per cui sei qui?» mi chiese Brad, guardandomi dallo specchietto e io con un sospiro, iniziai a raccontare, a malincuore, tutto: dai miei primi giorni fino alla litigata con mio padre e alla mia partenza.
Loro mi guardarono con dispiacere e dissero che mi avrebbero aiutata, in qualunque modo.
«Qual è il tuo cognome, cara?» mi chiese Camille, mentre accarezzava la testa del piccolo Thomas che, durante il viaggio, si era addormentato sulle sue gambe.
«Io mi chiamo Ariel.. Hale.» dissi, abbassando lo sguardo sulla mia borsa di tela. Per un momento, tutti si fermarono. La tensione all’interno di quell’auto si poteva percepire benissimo, anche da lontano.
«Ma Hale non è-» iniziò a dire Brad, ma la moglie lo fermò subito.
«Come si chiamava tua madre, Ariel?» mi chiese Camille, guardandomi intensamente.
Cosa stava succedendo? Per caso, conoscevano la mia famiglia?
«Si chiamava Ambra», sorrisi, al ricordo di mia madre ma poi mi accorsi dello sguardo assente di Camille e continuai «Ambra Johnson. La conosci? Conosci la mia famiglia?» chiesi, ansiosa.
«Lei era la mia migliore amica.»
 
 
SAAALVEH
oh mio dio sono viva e scusatee, davvero, sono una cacca
comunque, ho abbastanza problemi a casa e si, non avevo voglia di scrivere
in questo caapitolo Ariel conosce la famiglia Ryan RICORDATEVI DI QUESTA FAMIGLIA, sono molto importanti
Poi si scopre che sua madre, Ambra, era la migliore amica di Camille uhm but buuut sua mamma era di Chicago oPS e niente, w i ragazzi con i capelli rossi
la mia crush infatti ha i capelli rossi LOL
e vabb, non so più che scrivere e addio
vi dico solo che ho già scritto il capitolo DUE UEHUEHUEHEH quindi lo pubblicherò presto
vabb,  vadOOO CIAO BELA CIENTAH
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: GERARD_GAY_IS_WAY