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Autore: _The story at the End_    16/07/2015    2 recensioni
Uno stupido gioco: ecco come iniziava ogni avventura.
Lo sapevo più di chiunque altro, io che passavo le serate a leggere libri.
"Vediamo se hai il coraggio di entrare". La frase con cui iniziava ogni film horror e ovviamente io, che non mi do mai ascolto, sono entrata.
Perché il mio ego non se ne sta apposto ogni tanto?
Perché, se Bertold non avesse pronunciato quella frase, la solita frase su cui perdo il controllo, mi sarei sicuramente rifiutata: "è una femmina è ovvio che non ci entra! "
E io, che sono una femmina, sono stata tanto stupida da cacciarmi in questo guaio.
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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La mia mano venne risucchiata dallo specchio e per la sorpresa caddi in avanti.
Stranamente, tra tutto ciò su cui potevo soffermarmi a ragionare, la  prima cosa che diede la necessità a gli occhi di collegarsi con il cervello fu la palla. Quella stupida, stupidissima palla, brutta, sporca e scuoiata si trovava a pochi centimetri dalla mia faccia.
Mi venne voglia di calciarla con tanta forza da farla finire su Giove.
Mi alzai. Ero caduta su un suolo polveroso e le mie mani erano sporche di terra. Mi facevano male i polsi per la caduta. Mi accorsi che la terra era bagnata. Bagnata da un liquido rosso: sangue.
Ebbi appena il tempo di formulare il pensiero "Dove diamine sono...?" e guardarmi in  giro che sentii una voce tirata e stanca che diceva "Ciao." Per poco non mi venne un infarto.
Mi voltai e vidi un ragazzo. Era poco più grande di me con i capelli neri sudati e appiccicati al volto sporco di fango. La maglietta bagnata era attaccata alla pelle e lasciava intravedere una possente muscolatura. Abbassando lo sguardo vidi la sua sua gamba o quello che ne rimaneva. sulla stoffa del pantalone, ormai ridotta a pezzi, si distinguevano alcuni brandelli di pelle. Al polpaccio mancavano cinque centimetri di fasce muscolari e il bordo frastagliato della ferita rivelata che lo strato epiteliale era stato strappato; capii all'istante che era un morso, un morso enorme.
" vuoi rimanere li a fissarmi finché non muoio?".
Morire. Quella parola mi riaccese il cervello. Caddi in ginocchio e ringraziai il cielo di aver portato con me lo zaino.
Era uno zainetto di tela che mi portavo sempre dietro e c'era tutto quello che mi seviva: acqua, cibo, il coltello e l'acqua ossigenata. Mi sembrava un miracolo. La portavo con me perché mi facevo spesso male e visto che, quando ero piccola, stavo per morire per una brutta infezione ho imparato a disinfettare le ferite.
Quando la tirai fuori il ragazzo fece un sorriso tirato. Ruppi con il coltello la stoffa rimanente e spruzzai la soluzione sulla ferita e in particolare dove c'era l'ombra di un'infezione. Subito il ragazzo si contorse dal dolore, irrigidendo i muscoli e digrignando i denti ma senza urlare. Avevo fatto un corso di pronto soccorso qualche anno fa e devo dire che mi è sempre piaciuto curare le ferite e osservare com'è fragile il corpo umano così le mani andavano col pilota automatico. L'acqua ossigenata inizio a fare le bolle e a sfrigolare.
"Come odio quando da bambino mi dicevano che non brucia". Disse il ragazzo, ancora inriggidito dal dolore. Rriuscì a farmi scappare un sorriso, cosa non da poco; e mentre sorridevo lo guardai più attenta mente: aveva le lentiggini ed era stranissimo visto che aveva i capelli neri; ancora più inusuali però erano i suoi occhi. Due pozzi di un blu inchiostro che pareva nero. Un blu così scuro, ma accesso e vivace allo stesso tempo, che poteva spiazzare chiunque e che mi lasciò senza fiato. E il suo sorriso, nel mezzo di quel viso stanco e sporco, era come l'unica stella che splendeva nel cielo, capace di illuminati.
"Mi hai salvato la vita" disse lui. Non sapevo come interpretare quel ringraziamento visto che aveva un tono di voce amareggiato, come se fosse stato costretto da qualcuno a ringraziarmi.
"Non è ancora detto" incalzai io mentre abbassavo lo sguardo sulla ferita. Ormai ciò che mi stava in torno aveva perso consistenza e rimaneva solo la ferita. Dipendeva tutto da me.
L'emorragia si era fermata grazie al laccio emostatico che aveva improvvisato il ragazzo con un lembo della sua camicia. Potevo fare di meglio. Ci misi un po a slacciare il doppio nodo poi slegai lentamente la stoffa perché so che in questi casi bisogna far attenzione a non togliere velocemente il laccio o l'emorragia sarebbe refluita. Lo riallacciai più in alto, questa volta raccolsi un legnetto e lo usai come manopola per stringere meglio ma non feci più di un giro per paura di fermargli la circolazione, non me lo sarei mai perdonato se avesse perso una gamba a causa mia. Finito quello mi dedicai a lavare la ferita. Con la stoffa della mia felpa pulii la pelle martoriata e tolsi i granelli di terra. Avevo le mani che tremavano, ora che la vedevo meglio mi venne quasi da vomitare  e ansimavo per  lo sforzo di fargli meno male possibile ma lui non batté ciglio né protestò. Tirai fuori la bottiglietta d'acqua ma prima che potessi versarne il contenuto sulla fetita il ragazzo mi urlò di non farlo e me la strappò dalle mani.
"L'acqua è troppo preziosa" quindi bevve avidamente e finì in pochi secondi la metà dell'acqua contenuta nella bottiglia .
Quell' informazione mi fece riflettere perché se quell'acqua era preziosa voleva dire che non c'è n'era altra...
Mi guardai intorno per la prima volta, con una crescente consapevolezza.
Eravamo in una grotta e al di fuori di quella, il deserto. Avrei dovuto provare una terrore puro eppure ero curiosa, ansiosa e meravigliata. Troppe emozioni in un solo momento, quasi mi spuntò un sorriso sulle labbra. Era impossibile tutto questo.
"D-dove siamo?"

 

***

"Benvenuta nel paese delle meraviglie". lo disse senza ridere, con una nota di malinconia.
"Dove siamo?" Ripetei con più determinazione.
"Scusa."  Disse a disagio, capendo che la battuta non era piaciuta.
Si schiarì la gola e poi parlò " senti... probabilmente non ci crederai... come te lo dico... io...non..."
"Dove siamo?". Era in difficoltà ma non chiedevo molto. io ero agitata e avrei voluto con tutte le mie forze uscire da quella grotta ma qualcosa dentro di me lo impediva. In quel momento la terra iniziò a tremare.
"Forse non ci sarà bisogno che te lo spieghi".
Il terremoto si intensificò,  sembrava si  stesse avvicinano,  anche se non è possibile. A quel punto non mi trattenni più e uscii.
"Non è per niente una buona idea. Aspetta!" Mi girai  e lo vidi.
I miei occhi lo vedevano? Si.
 Il cervello ci credeva? No.
I muscoli reaggivano?  I muscoli erano partiti per qualche meta esotica, probabilmente, perché rimasi impalata li anche se sarei voluta scappare. Ciò che osservavo a bocca aperta era un dinosauro.
"Okay. Okay. Ora torna dentro." Disse lui urlando per sovrastare il rumore provocato dallo spostamento dell'enorme animale. Non reagivo e allora lui si alzò,  sembrava impossibile nelle condizioni in cui era; mi prese il viso con modi per niente gentili e mi urlò in faccia: " Se ti vede sei spacciata, lo capisci? TI AMMAZZA! Torna dentro." Pronunciò le parole scandendole come si fa con gli stranieri che non parlano la tua lingua. A quel punto annuii distrattamente e tornai nella grotta. Mi sedetti in un angolo a guardare un punto fisso, senza pensare a niente, senza riuscire a elaborare. Lui mi si sedette accanto, trascinando dietro la gamba inerme.
"Ora... ora calmati." Disse un pò impacciato.
"Sono calma" ed era vero. Era come se il mio cuore non battesse. Avevo il gelo nelle vene. Il problema era che non credevo a quel che vedevo mente lo vedevo. Ero calma. Ed era questo che più mi spaventava.
"Ci è andata bene" Disse lui sentendo i passi allontanarsi.
"Non è un sogno vero? Cioè era davvero un... ho visto davvero quello che credo di aver visto?"
"Mi dispiace" disse a mò di affermazione. Annuii e rimasi a fissare il nulla ancora per un po. Lui appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi come se non fosse accaduto niente.

 

***

"Perfetto!" Risposi qualche minuto dopo mettendo su un sorriso isterico. "Ora. Tu mi spiegherai com'è possibile tutto questo. " dissi rivolgendomi a lui. "E io ti ascolterò." aggiunsi alzandomi. Lo guardai aspettando una risposta. Ero arrivata ad una conclusione: "è  inutile continuare a ragionare. Ormai qualsiasi cosa succederà me la lascerò scivolare addosso." Annunciai come risposta al suo sguardo sorpreso.
"Wow. L'hai presa bene la faccenda del dinosauro." Ma già al suono di quella parola la mia convinzione scemò, pronunciarla aveva significato confermare che era reale. Non era una cosa che potevo farmi scivolare addosso. Era una cosa che poteva farmi scivolare la vita dalle mani.
"Come ti chiami". Cos'è voleva flirtare?
"Clara, e tu?" Dissi un pò scocciata.
"Hunter."
"Hunter. Sai che non è questo quello che voglio sapere da te."
" Okay. Ti faccio un quadro generale di come funziona." Fece un bel respiro e iniziò: pratico e coinciso." è un gioco."
"Ti sembra un gioco, questo? "
"Non interrompere! Un orribile gioco. Se tocchi la superficie del decimo specchio, come hai fatto tu,  vieni risucchiato qui ." Dieci specchi, come quelli sulla parete, me li ricordavo bene. Quando passai la mano sull'ultimo venni trasportata qui. Sì alzò e andò zoppicante all'entrata della caverna. "Guarda Lì.  C'è un riflesso." Misi le mani a cannocchiale e vidi ciò che mi stava indicando. Era il riflesso di qualcosa di luccicante. Annuii. "10 km. La distanza dallo specchio. Dobbiamo attraversare questa distanza e arrivare a quel riflesso, che poi sarebbe lo specchio che dobbiamo attraversare. Questo specchio ci servirà per passare nell'altro mondo, come ha fatto quello che ti ha portata qui. Lo scenario che ci ritroveremo davanto sarà più vicino nel tempo ai giorni d'oggi. dieci specchi, dieci mondi da attraversare senza morire."
"E se muori...?"
"Menomale che non dovevi interrompere. Se muori prima di aver oltrepassato l'altro specchio ritorni a zero. Devi riattraversarli tutti e dieci. Se muori e non hai ancora attraversato il primo specchio, ovvero nella nostra situazione attuale... beh... sei morto sul serio... non ricomincerai la partita. Questa è la nostra prova d'ingresso. Dobbiamo dimostrare di essere  capaci di proseguire."
"Quindi dobbiamo arrivare lì. "
"Sì ma non ho finito. Quando attraverseremo gli specchi tutte le ferite scompariranno. L'importante è arrivare dall'altra parte ancora vivi. Solo che dall'altra parte c'è un campo di battaglia ancora peggiore."
"Quindi se riesco a portarti fin lì la tua gamba... puff... e guarirà".
"La fai facile. I dieci mondi non presentano mai scenari uguali, ad esempio ora siamo nel mesozoico, se ritorniamo al primo specchio potremmo  ritrovarci nel  triassico".
"Ma ci saranno sempre i dinosauri o..? "
"Ci sono alcuni schemi che si ripetono. I primi due specchi sono mondi abitati solamente da animali. I primi tre si trovano nella preistoria e negli ultimi tre ci sono dei conflitti con armi da fuoco".
"In cosa dovrebbe aiutarmi?"
"Non lo so! Per prepararti? Sei tu che volevi sapere tutto! Ora fammi finire. Nei mondi popolati da uomini saremo in mezzo a un campo di battaglia, tra due linee di fuoco. Il più delle volte abbiamo entrambi gli schieramenti contro, altre volte dobbiamo scegliere contro chi combattere. "
"Passando in mezzi ai fuochi incrociati? Nelle cosidette terre di nessuno?"
 "Già. Un'ultima cosa: Se mi uccidi non morirò. "

   
 
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