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Autore: Eneri08    16/07/2015    2 recensioni
Cosa succederebbe se Hera, dea del matrimonio, dopo l'ennesimo tradimento di Zeus, decidesse a sua volta di tradirlo con un comune mortale, e se dalla loro unione nascesse una figlia semidea? L'appassionante storia di tre ragazze semidee che andranno incontro al loro cupo destino tra guerre, primi amori e satiri che mangiano lattine.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Era, Grover Underwood, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incontriamo Pandora in un cabaret jazz
 
Le Arai entrarono senza troppe cerimonie. Noi indietreggiammo; sentimmo un respiro affannato provenire dal divano. Probabilmente, la signora Ross si era girata nel sonno ed aveva smesso di russare. Una delle Arai si portò un dito alle labbra in segno di silenzio;
-Shh, non vorrete svegliare la mammina, vero?- 
Isabelle cercò di sferrare un fendente ad una di loro, senza pero' ucciderla. Quella, per tutta risposta, estrasse gli artigli, e graffiò il suo viso. Isabelle cadde all'indietro; Magalie la prese sotto le ascelle e la trascinò lontano dallo scontro. Io cercai di distrarle lanciandogli degli oggetti addosso, che puntualmente schivarono tutti. Ridacchiando, le due vecchie malefiche si avvicinavano sempre di più. Erano a qualche centimetro da me, quando alle mie spalle sentii un rumore di un fucile che era stato caricato. Mi voltai.
Sandy mi tirò indietro, e si mise di fronte a me; puntava un fucile a pompa con doppia canna verso le vecchiette.
-Fuori. Dalla. Mia. PROPIETA'!- Sibilò fra i denti mentre teneva il fucile puntato con ancora indosso la maglia dei Chicago Lions e il grembiule con su scritto "Alla mamma migliore del mondo"; incominciò a sparare alle Arai. I proiettili normali non avevano un grande effetto sui mostri, ma essendo un fucile a pompa, la forza con cui il proiettile colpiva le vecchiette le costrinse ad indietreggiare. Mentre sparava colpi a destra e manca, urlò alla figlia: 
-ISABELLE! PRENDI LE CHIAVI DELL'AUTO!- Isabelle ci strattonò per un braccio, afferrò le chiavi sulla credenza della cucina e ci scaraventò con forza nella vettura. La signora Ross sbucò dal vialetto di casa ed entrò come una furia nella vettura. Un'Arae era quasi riuscita ad entrare nell'auto, ma fortunatamente Sandy le aveva sbattuto la portiera sul suo brutto muso facendola cadere a terra. L'altra, si era spiaccicata sul parabrezza, mentre noi stavamo andando in retromarcia sul vialetto. Sandy Ross azionò i tergicristalli e le spazzole cominciarono a muoversi, costringendo l'Arae ad assumere orribili smorfie. Ce ne liberammo definitivamente quando Sandy inchiodò con l'auto e scaraventò l'Arae su un albero. 

Eravamo sulla strada per New Orleans. Isabelle si stava curando i graffi sulla guancia, prima che si infettassero; neanche Magalie se la passava molto bene. I puntini blu che aveva qualche giorno prima erano diventati enormi macchie color cobalto ed aveva un'aria sempre più malaticcia, anche se faceva di tutto per non farlo notare. Con uno strilletto energico, chiese alla signora Ross,
-Signora Roooooss, lei come ha fatto a conoscere il signor Ares?- Si sentì qualcuno sbuffare sottovoce.
-Oh, miei dei.- Era Isabelle, che si massaggiava le tempie doloranti.
-Ooooh, è una storia così carina.- Disse col suo solito tono caramelloso;
-Vedete ragazze, non dovete farvi mettere i piedi in testa dai vostri ragazzi, dovete essere voi a comandarli a bacchetta! All'inizio ed Ares ci odiavamo; era un brutto maschione senza cervello. Durante la partita di rugby, lui venne a prendersela con me perché era un tifoso della squadra avversaria, ed io per tutta risposta gli diedi un cazzotto in faccia; da lì in poi, Ares non mi diede un attimo di tregua, ripetendo tutte le volte che ero stata la prima donna in tutta la sua eterna vita ad aver osato tirargli un pugno sull'occhio. Così, alla fine cedetti... ed ebbimo Isabelle. Era così carina quando era piccolo, ho alcune foto di quando faceva il bagnetto nel mio portafoglio, volete vederl...
-No! Non le vogliono vedere!- Sbottò Isabelle.

Dopo un'ora e venti minuti di viaggio, la signora Ross ci scaricò davanti ad un albergo a cinque stelle. Sandy ci guardò con sguardo interrogativo.
-Care, avete abbastanza soldi?- Stavamo per aprire bocca, quando Isabelle sovrastò le nostre voci;
-No, dacci i soldi, donna.
-Oh, pasticcino, potresti anche chiederlo meglio!
-Mamma... tu non mi chiami mai pasticcino.
-Ops! Hehe!- Fece una risatina nervosa; -Su, ora prendete i soldi e sloggiate dalla mia Mase... macchina.-
Mise la mano nella tasca dei suoi pantaloni e ci porse tre sacchetti colmi di dracme.
-Che me ne faccio di 'sta roba, ma'?!
-Non c'è tempo!- Urlò, visibilmente sotto stress; la macchina ripartì, con un vistoso sbuffo di fumo. Isabelle si grattò la nuca pensierosa.
-Da quant'è che abbiamo una Qashqai...?

Magalie strizzò gli occhi ed urlò,
-Hotel Su... Sush... Sushi... ehmm, no. Hotel Sunshine!- Entrammo nell'enorme hall dall'aspetto sobrio, illuminata da un milione di luci sul soffitto, che le davano un colorito cangiante sull'oro. 
Nella reception, un uomo dalla corpotura monumentarea indossava un frac viola. I suoi capelli erano radi e corti, con un riporto all'indietro. I suoi baffi erano enormi e folti; si vedeva che era un uomo che ci teneva alla manutenzione di tali. Appena ci vide, ci sorrise, mostrando i bianchissimi denti.
-Mister Baffetto? Che cosa ci fai qui?
-Buonasera, signorina Hall. Suo padre mi ha dato l'incarico di servive l'hotel Sunshine finché tutti i membri della famiglia Hall non saranno tornati all'abitazione.
-Oh, fantastico! Voglio una stanza sull'attico! Per me e le mie amiche!- Il tizio della reception ci guardò dall'alto in basso, poi si voltò, prese delle chiavi e le consegnò a Magalie.
-E' un piacere servire la famiglia Hall. Spero che riporterà il mio comportamento a sua madre, o magari a suo padre... Sono cento dracme d'oro cada uno per notte.-
Gli consegnammo i nostri sacchetti. Appena ebbe fra le sue grinfie le dracme, schioccò le dita, e chiamò in tono viscido il facchino;
-LOBBY? Brutto scan... LOBBY VIENI SUBITO QUI!- 
Un ragazzo smilzo, afroamericano, dai voluminosi capelli afro e la faccia coperta di lentiggini, arrivò correndo. Mr. Baffetto si schiarì la gola;
-Lobby, accompagna le nostre ospiti nell'attico, ed informale sull'Hotel Sunshine.- Lobby ci accompagnò fin sull'attico, dove un'enorme vetrata dava la vista sul quartiere snob di New Orleans. Lobby prese una Diet Coke dal frigo bar, e me ne lanciò una. Magalie era già andata in bagno, e stava aprendo il getto della doccia. Isabelle incominciò a fare telefonate al servizio in camera, ordinando tutta la roba che trovava sul menù, o che per lo meno potesse entrare nel suo stomaco. Lobby si sdraiò sul divano.
-Allora, ragazze, l'hotel Sunshine è diretto dal divino Apollo.
-Papino!- Si sentì dal bagno.
-...Come stavo dicendo, l'hotel è diretto da Apollo. Questo hotel è riservato esclusivamente ai semidei, e né i mortali e né i mostri possono entrarci; infatti questo hotel è nascosto dalla Foschia e dallo scudo protettivo del nostro direttore.
-Quindi anche tu sei un semidio?- Chiesi, curiosa.
-Mh-hm. Sono figlio di Tiche, la dea della fortuna.
-Non sei molto fortunato se lavori come facchino in questo hotel!
-Dipende dai punti di vista. Qui posso mangiare, dormire, incontrare e provarci con le belle semidee, e tutto questo gratuitamente!- Mi scappò una risatina.
-Ora è meglio che vada, ci si vede, Walle.
-Come fai a sapere il mio nome?
-Scherzi? Qui tutti sanno il tuo nome, sei una star!-

L'hotel era talmente incantevole che non ci accorgemmo dello scorrere del tempo. Fummo coccolate con massaggi e trattamenti di bellezza, ci rimpinzammo come degli Sparkle e perdemmo molto tempo nelle attività. Anche se eravamo state viziate dai trattamenti di lusso della SpA dell'hotel, Magalie sembrava stare sempre peggio. Gli occhi sembravano infossati sotto enormi occhiaie violacee; stava diventando sempre più magra e le macchie azzurrine si erano estese in gran parte del corpo, coprendo a volte interi arti, come il suo braccio destro. Isabelle chiese preoccupata,
-Sei sicura di stare bene, idiota? Non è che hai preso, che so, il vaiolo, la malaria o chissà che? Perché se è infettiva stammi lontana.
-Oh, sto bene! Non vi preoccupate ragazze, mai stata meglio!- Anche se il suo corpo sembrava che stesse andando in decomposizione, il tono di voce era più alto ed energico che mai. Non mi feci tante domande, perché il tempo che ci aveva concesso Zeus stava quasi per giungere al termine, e noi non avevamo ancora trovato quel maledetto vaso. 

Era sera. Avevamo perlustrato ogni centimetro cubo della città, ma niente. Mi accorsi che eravamo capitate in una strana stradina di un quartiere malfamato; avevamo ormai perso la strada, perciò non ricordavamo come tornare all'hotel. Eravamo davanti ad un negozio che vendeva voodoo, quando una donna afroamericana con un turbante in testa, ricoperta di scialli e con una collana di ossi di pollo, aprì la porta. Appena ci vide, i suoi occhi rotearono dietro la testa, puntandoci il suo indice su di noi.
-Sciagura a voi! Ricordate, se il male risorge per voi è la fine!- Ci allontanammo piano piano, poi, con voce allegra, ritornò con i suoi enormi occhi a guardarci;
-E non dimenticatevi di tornare nel mio negozio per dei souvenir!- A quel punto, scappammo. Non sapevamo dove andare, fino a quando non notammo un enorme cartello su cui c'era dipinta una scritta:
"The door to hell". Pareva essere un cabaret fatiscente. Magalie piagnucolò;
-Non mi piace questo posto! Forza, entriamo!- Io ed Isabelle ci guardammo; cercammo di fermarla, ma lei fu più lesta e ci trascinò. 
Scendemmo da delle scale, che erano illuminate dalla luce verdognola proveniente dalle torce. I gradini erano lastricati in una pesante pietra levigata. Ogni passo che facevamo, rieccheggiava nell'ombra, fino a quando non giungemmo davanti ad una porta di bronzo nera, su cui sopra c'era un'insegna luminosa su cui c'era scritto "exit". Magalie la spalancò come se nulla fosse, sembrava quasi che si sentisse a casa. Tutti i presenti ci puntarono gli occhi addosso quando entrammo, e smisero di parlare per qualche secondo. Poi, ripresero a parlare. La porta dietro di noi fece un rumore agghiacciante; si chiuse e si bloccò. 
Isabelle cercò di forzarla, ma invano. Ormai eravamo rinchiuse là dentro.
-Vabbè, ci sarà un'altra uscita, no?- Dissi speranzosa. Non so a chi stessi parlando, probabilmente a me stessa. Magalie prese un tavolino.
-Ragazze, voglio andare via!
-Allora perché ti sei seduta?
-Non lo s... cameriere, ci porti tre Bloody Mary, grazie.- Ordinò in falsetto. Poi, ci arpionò i polsi e ci costrinse a sedere.
-Bella musica, eh? Non mi piace per nulla.
-Sei un po' indecisa oggi, idiota.
-Voglio andarmene di qui!- Singhiozzò. Anche se avessimo voluto andarcene, ormai era impossibile. Non solo perché Magalie ci teneva in una salda stretta dalla quale nemmeno Isabelle riusciva a liberarsi, ma anche perché l'unica porta che avevo visto era bloccata. Il cameriere ci portò le bibite, che non erano neanche Bloody Mary, ma erano un liquido rossastro che ribolliva come lava solforica. Aspettate, precisiamo: anche se fossero stati Bloody Mary, non l'avrei bevuto comunque, ma quei cosi erano imbevibili per qualsiasi essere umano, se non volevi ritrovarti un buco nello stomaco. Letteralmente. Magalie esultò euforica.
-Oh, bene bene, sono arrivate le nostre bibite, finalmente!- E si scolò tutti e tre i bicchieri. Isabelle mi diede una gomitata sulle costole.
-Pssst! Questo posto è strano, e perché l'idiota sembra non essere un'idiota? E guarda bene nella faccia del cameriere.- Lo guardai attentamente. Non c'era niente di strano, se non per la mascella che stava penzolando e la divisa sporca e strappata. Aguzzando lo sguardo, notai che molti dei presenti erano ridotti in quella condizione. Ma alcuni invece sembravano... dei mostri! Mi aggrappai alla sedia di velluto nero per non svenire. Il mio sguardo si era fatto vitreo e fissava davanti a sè. Così, notai che una giovane donna dall'aria immortale stava suonando un pezzo jazz con una tromba.
Indossava un frac nero con un papillon verde. I suoi capelli corvini erano corti quanto quelli di Magalie ed erano raccolti all'indietro in uno striminzito codino, mentre la frangia le solleticava le sopracciglia. I suoi occhi ametista puntavano dritti su Magalie. Faticai a riconoscerla, ma senza dubbio quella era Pandora.

Nota delle autrici
Siamo ai capitoli finali! Woooo!
-La trinità delle sfigate

Curiosità
Mr. Baffetto è così ossessionato dai suoi baffi che, in caso di incidente, li ha assicurati per diecimila dracme d'oro.


 
   
 
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