Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Nevermorewriter    16/07/2015    1 recensioni
"Nonostante fossi un bambino, ero sempre stato molto taciturno, introverso, alla compagnia degli altri preferivo quella della mia mente. Amavo creare delle storie e perdermi in esse, fingere di essere qualcun altro e di vivere in un mondo diverso dal mio.
Il mio idillio solitario si interruppe il giorno in cui lei mi chiese:
- Posso giocare con te? - ."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Giunsi in quella città con l’arrivo dell’autunno.
Ricordo ancora l'accoglienza del vento che soffiava leggero, mentre il paesaggio perdeva i colori rigogliosi e sgargianti dell'estate per tingersi delle sfumature di giallo e arancione.
La mamma che disfaceva i bagagli, il papà che sistemava i mobili delle camere.
La casa era vecchia, eppure per me era totalmente nuova: un altro mondo, un'altra vita. Eravamo molto felici, in quei giorni.
Venne il momento di iscrivermi alle scuole elementari, nonostante io, cocciuto come ogni bambino, non volessi saperne di crescere.
Eravamo tutti al primo anno, tutti sconosciuti gli uni per gli altri, tutti spaventati ma anche eccitati dalle novità che si affacciavano nella nostra tranquilla vita di bambini.
Oggi, i volti della maggior parte miei compagni non sono che macchie sbiadite nella mia memoria,  disegni dal tratto incerto e claudicante di un bambino.
Qualche altro volto è più chiaro: persone che avrei trovato nelle scuole successive, o che avrei incontrato dopo anni.
Ma un solo volto è definito, una fotografia perfetta ed immortale, più chiaro del mio stesso volto: il volto di lei.
Nonostante fossi un bambino, ero sempre stato molto taciturno, introverso, alla compagnia degli altri preferivo quella della mia mente. Amavo creare delle storie e perdermi in esse, fingere di essere qualcun altro e di vivere in un mondo diverso dal mio.
Il mio idillio solitario si interruppe il giorno in cui lei mi chiese:
- Posso giocare con te? - .
Non era la prima volta che un altro bambino mi chiedeva di poter giocare. Io acconsentivo, perché sebbene preferissi giocare con la mia fantasia, ancora non avevo regole che precludessero l'accesso ad altri. Tuttavia, dopo qualche volta si stancavano di giocare con me, ed io tornavo a giocare da solo.
Lei no.
Ogni giorno, a scuola, mi chiedeva di giocare insieme. All'uscita, percorrevano lo stesso pezzo di strada a piedi, camminando l'uno accanto all'altra, continuando il nostro gioco.
Un giorno, mi portò un libro. Disse che la storia che aveva letto somigliava molto ad una delle nostre.
Ricordo distintamente il suo sorriso in quell'occasione, il suo invito a condividere il suo mondo come lei condivideva il mio.
Lo presi e lo lessi la sera stessa, finiti i compiti. Il giorno successivo lo restituii, ci scambiammo opinioni sulla storia, su come andava migliorata, su come poteva finire diversamente.
Fu solo il primo di molti altri libri. Non avevo mai letto prima, ma da allora la passione continuò a crescere. Dalle fiabe per bambini passai ai racconti ed infine ai romanzi.
Continuammo a scambiarci opinioni su queste storie e a modificarle a nostro piacimento,  quando non ne creavamo di nostre. Ci trovammo a fare la stessa cosa alle medie, alle superiori.
Fu al terzo anno di superiori che improvvisamente mi accorsi di quanto era bella. Forse,  dentro di me, l'avevo sempre saputo.
Ma ricordo ancora il giorno in cui lo capii: era estate, il frinire delle cicale copriva ogni altro suono,  lei si stava togliendo una ciocca di capelli che le era finita sugli occhi i suoi capelli lunghi e scuri, il suo sguardo dolce e amichevole, le sue labbra rosee piegate in un sorriso.
La sua bellezza mi colpì come un fiume in piena, travolgendomi in un mare di sensazioni che non avevo mai provato, di cui conoscevo i nomi grazie ai libri, ma che fino ad allora erano rimasti solo tali, nomi astratti senza un significato reale.
Nonostante questo, continuammo a comportarci come prima l'un con l'altro, senza alcun cambiamento.
Fu solo l'inverno dell'ultimo anno di liceo che le dissi cosa provavo. Avevo passato un anno intero a farmi coraggio; un anno intero a ripetermi che non volevo perdere quello che avevamo.
Inverno, la neve ricopriva il giardino della scuola, le mie parole creavano una leggera condensa nell'aria, così come il respiro di lei.
Le sue labbra di velluto incontrarono le mie, le mie paure vennero spazzate via, il cuore mi salì alla gola, palpitando per la gioia. Mi bastava uno sguardo per capire che lo stesso valeva per lei.
Le nostre mani si intrecciarono indissolubile, mentre ci sussurravamo le parole che avevamo tenuto dentro di noi per tanti anni.
Furono mesi meravigliosi, ero felice come mai prima di allora.
Poi, venne il momento di iscriversi all'università.
Io volevo diventare un professore, lei una scienziata. Mi diceva sempre di voler vedere la luna, per scoprire se era davvero abitata dalle creature delle nostre storie. Io invece volevo passare la passione per le storie ad un'altra generazione.
L'università per cui avrei dovuto fare richiesta si trovava a molte ore di treno dalla sua.
Piansi molto, nei giorni precedenti al separamento, e credo che lo stesso fu per lei. Quando eravamo insieme, però, continuavamo a ridere: forse perché ci facevamo forza, forse perché non volevamo accettare che la realtà stava vincendo sulle nostre fantasie.
Ci salutammo passando un intero giorno insieme,  prima di trasferirci entrambi in città diverse. Ci promettemmo di continuare a sentirci e di provare a continuare la nostra relazione.
Il mio telefono squillava ogni minuto per segnalare un suo nuovo messaggio, la sera passavamo ore a parlare, ed ogni tanto riuscivamo ad incontrarci.
Poi, i messaggi cominciarono ad arrivare sempre più tardi. Prima ad intervalli di minuti, poi di ore, di giorni. Le chiamate finirono, e non parlammo più di vederci.
Gli impegni all'università mi impedivano di essere presente, e lo stesso valeva per lei. Ci facemmo nuovi amici, per forza di cose, nonostante i nostri caratteri solitari.
Così la nostra rottura non fu improvvisa, ma solo l'unico epilogo possibile di una strada che era stata segnata nel giorno in cui ci eravamo salutati, prendendo due treni diversi.
I miei sentimenti non erano cambiati, ma per quanto pensassi che il tempo, il cosmo, il caso ci avrebbero riuniti,  questo non avvenne. La speranza di poter stare insieme divenne troppo dolorosa per entrambi, al punto da essere preferibile una rottura di quel rapporto tanti speciale quanto nocivo.
Sono passati cinque sette anni da allora. Ho ventisei anni adesso, cerco lavoro come professore al liceo, ho avuto qualche ragazza bel frattempo e non ho più sentito parlare di lei. L'ultimo suo messaggio risale a cinque anni fa. Anche se volessi scriverle di nuovo, non ho il suo numero attuale, non so dove abiti, non so neanche se si ricorda di me o se ha trovato qualcun altro.
Scrivo queste parole per te, mia lei, per dirti che ti amo, ti amo ancora dopo tutti questi anni, amo ancora il tuo sguardo che si perdeva nel mio quando eravamo ragazzi,  amo ancora il tuo sorriso all'ombra delle palme in estate,  amo ancora il tocco delle tue mani sulle mie.
Spero che le mie parole possano raggiungerti, un giorno, forse.
Fino ad allora, addio. Ti aspetterò per sempre, vicino alla luna.
 
T. K.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Nevermorewriter