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Autore: SakiJune    17/07/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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- L'inizio del capitolo si riferisce a "The Day of the Doctor" e al capitolo 21 di "A Taste of Honey", l'ultima frase che Twelve riesce a dire a Clara, a sua volta mooolto reminiscing di una certa scena con Rose XD
- Anche il libro poliziesco era in "A Taste of Honey" e "Fangirls". È sempre quello, solo che ora sappiamo come se l'era procurato Clara ;)

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- Le parole esatte, ti prego.

Il Curatore chiuse gli occhi. - “Signorina, avrei bisogno di parlare con il suo amico. Quello alto, con il farfallino. Può dirgli di aspettarmi? È piuttosto importante.”

Ada si coprì la bocca con le mani.

- Non avrei più voluto lasciarla andare.

“Clara Oswald… io…”

Bruciava ancora.

In quel cimitero sterminato in mezzo all’oceano del suo dolore, i nomi sulle lapidi erano ancora perfettamente leggibili. E rivedere Clara aveva riaperto più di una ferita…
- Come hai fatto? Come ci sei riuscito?

- Ho pensato a dove stava andando. Non alla sua fine, ma a quel nuovo inizio che ci attendeva… ci abbiamo messo un po’ ad ingranare, ma poi ha incontrato te. Oh, oh! - Ricacciò indietro le lacrime e le mise una mano sul braccio: - Thistle ti ha raccontato del libro?

Ada sorrise. - Sì.

 

Non è che Thistle si fosse messa a stalkerare Clara, semplicemente le piaceva passeggiare per Shoreditch. Intorno alla Coal Hill, magari, ad orari in cui sarebbe stato possibile incontrarla... per caso.

Sempre per caso, quel giorno si era vista arrivare un libro in faccia.

McGillop era un appassionato di romanzi polizieschi, ma proprio il suo fanatismo l’aveva reso capace di indovinare il colpevole, in media, a pagina dieci, e di spazientirsi tanto da smettere di leggere dopo aver avuto la conferma sbirciando il finale.

Lei avrebbe desiderato saper leggere lentamente. Era comodo, mentre lavorava, scorrere le informazioni in un batter d’occhio, e senza dubbio era un sollievo non dover più nascondere le sue capacità, ma… invidiava gli esseri umani perché sapevano godersi una storia riga per riga, evocare nella mente un dettaglio alla volta…

Ci aveva provato, su quella panchina davanti alla scuola, coprendo ogni volta la pagina con un foglio e concentrandosi. Un paio di capitoli più tardi, un’ombra aveva oscurato la sua visuale.

- Se voi della UNIT avete l’ordine di pedinarmi, potreste almeno farlo come si deve.

Lei era scattata in piedi, un groviglio di emozioni nello stomaco: imbarazzo, felicità, timore, frustrazione.

Clara Oswald era davanti a lei con un’espressione divertita.

Lei era corsa via. Aveva dimenticato il libro e tutto ciò che desiderava dirle. Si era sentita così stupida per aver perso quell’occasione...



- Spotswoode, - mormorò Ada. Il Curatore la fissò con aria interrogativa. - Il colpevole. Uno degli spasimanti della Canarina. Me lo ricordo ancora...

- Sono stato a New York quando il tuo bisnonno era procuratore distrettuale, ci è mancato poco che l’universo implodesse perché il garzone di un fioraio è finito addosso alla TARDIS con la bicicletta... Ci pensi?

Ada lo fissò senza capire. Lui ridacchiò e le versò un’altra tazza di tè.

- Oh, dunque, tutto è cominciato quando Gordon e io siamo andati su Gingko…



Thistle aveva avuto altre occasioni di incontrare Clara e non le aveva sprecate.

Non era più fuggita, anzi, il giorno dopo si era presentata alla stessa ora con un frappuccino e un sorriso di scuse. Non aveva voluto il libro indietro e l’aveva convinta che no, non era stata Kate a mandarla, voleva solo fare amicizia.

Quando idealizzi qualcuno alla luce di ricordi altrui, rimani inevitabilmente deluso. Se hai decine di anni per fantasticarci su, la differenza rispetto alla realtà può diventare abissale. Eppure, Clara si era dimostrata proprio come lei l’aveva sempre immaginata: graziosa, determinata, intelligente, piena di vita.

Ogni volta sperava che non fosse l’ultima, anche se era consapevole che la festa di compleanno di Gordon Stewart avrebbe rappresentato un confine. Sarebbe stata costretta a parteciparvi. Mettersi su la sciarpa e gli occhiali, portare un regalo e fare finta di niente davanti al primo bacio dei suoi genitori.

Meravigliata e straziata.

L’orgoglio di essere loro figlia, di tutti e tre, non era mai stato così forte in lei.

Ma Clara non era più tornata, dopo. Nessuno l’avrebbe mai più vista sulla Terra.

Thistle sarebbe stata sopraffatta da quel vuoto, senza la responsabilità del suo impiego alla UNIT e l’affetto incondizionato di suo padre. Quante volte lui aveva dovuto ripeterle che non era questione di scegliere fra la sua vita e quella di Kedred? Che Trenzalore non era mai stato in discussione, che se non avesse giurato a se stesso di rivedere Ada sarebbe stato disposto a partire subito per quell’ultimo viaggio? E su questo punto lei era d’accordo. Voleva ritrovare sua madre, anche se ciò avrebbe significato doverle confessare l’assurdo ricatto in cui erano tutti coinvolti.

Come poteva, come poteva dirglielo ora?

Spezzare il suo unico cuore?

Ma aveva fatto i conti senza il suo intuito materno; ad un certo punto era stato impossibile nasconderle la verità.

 

- Tutti credono che tu abbia sacrificato nove rigenerazioni per liberare Gallifrey. Sappiamo che non è così.

Il Curatore sorrise. - È tecnicamente corretto.

- L’hai fatto per me, - affermò Ada. Non era presunzione; era gratitudine, piuttosto. - Ma soprattutto l’hai fatto per Thistle. Perché avesse un futuro. Sapevamo che non poteva nascere su Freon, che era il momento di rischiare tutto quanto. Il resto...

Il resto era stato un effetto collaterale, talvolta esaltante, più spesso oscuro. Gallifrey non era stato che un laboratorio per Rassilon e Omega

(e per l’Altro, ma l’Altro non era lui, non più di un romanzetto senza pretese stampato sulla carta riciclata da un vecchio libro di magia nera)

e l’Universo stesso non era che un cestino di giocattoli, per Gallifrey.

Vansell aveva giocato con la sua famiglia, spingendo Jelpax a misure estreme. Potevano essere certi che Kedred fosse vivo? In quegli anni aveva rassicurato Thistle che non vi erano dubbi su questo, ma lui non ne era così sicuro. Nemmeno Ada lo era, in verità, sarebbe mai stato ancora realistico credere in qualcosa? Ma se c’era una possibilità di riunirli, non voleva più essere un ostacolo.

- Non verrò su Trenzalore, non possiamo morire insieme. E non tornerò su Gallifrey.

Lui tentò di farla ragionare: - Non ci sono altre possibilità, spero tu te ne renda conto. - Sentì che non sarebbe riuscito a fermarla, che aveva già preso la sua decisione, ma doveva tentare-

- Sii il mio cavaliere fino in fondo, Tom Smith. Prima le signore. - Allungò la mano a coprire la sua. - Sarà libera. Qualsiasi strada scelga...

 

E accadde così, semplicemente.

Ada si fermò davanti al quadro, il 15 gennaio del 2034, e decise che l’attesa di Thistle era già stata troppo lunga.

Si sfilò l’anello e sentì che qualcuno era pronto a raccoglierlo, o forse… forse, lo sperò soltanto. Perché lui non voleva mai lasciare andare nessuno, ma così… così era giusto che fosse, ogni volta, e anche quest’ultima volta. Entrambi dovevano sacrificarsi, senza rimandare oltre. Thete, con le sue imprese millenarie, la sua generosità, la sua sete di avventura, la sua compassione... non era che un Signore del Tempo, per quanto straordinario. Ma Thistle era il suo sangue, la sua creatura, e il suo futuro era ancora tutto da scrivere.

Tanti…

Tanti anni.

E tanto…

Tanto amore.

Un’umana, né bella né coraggiosa, tantomeno eroica, nient’altro che una madre, chiuse il cerchio di quella profezia.



 

Se Damon avesse mai letto Harry Potter, avrebbe trovato un’analogia fra quella scena e il finale in cui Harry rinuncia alla Bacchetta di Sambuco.

Istupidito e sconvolto, vide la Finestra congelarsi, il legame fra i due mondi spezzarsi. La sua impressione di essere percepito da lei era stata una triste illusione... Ada aveva semplicemente usato il quadro per disfarsi di ciò che l’aveva tenuta in vita fino a quel momento.

Lui lo raccolse.

Si sentiva stranamente calmo. Il dolore usciva da lui in rivoli acidi e lui lo lasciò fluire.

- Ha fatto la sua scelta. E la farà anche il Dottore. Così come, a mio tempo, anch’io… - sussurrò la sua guida, materializzatasi al suo fianco. Era uno spettro, come tutti… ma era anche l’autore del dipinto e di quel piccolo nido di nostalgia, perciò sembrava mantenere in sé e intorno a sé una forza che non scaturiva dalla semplice rabbia o dal desiderio di rivalsa… e proprio per questo più potente.

- Il Dottore non ha scelta! Se ama sua figlia, dovrà andare a Trenzalore! - Acido. Amaro. Una scintilla di curiosità. - Ma lei… credevo…

- Che non restasse più nulla di me? Sì, è ciò che crede anche Jelpax. Ha tentato; non abbastanza. Ragazzo, temo che la tua generazione abbondasse di sciocchi sentimentali o terribili fanatici. Jelpax mi è stato fedele anche quando la ragione mi aveva abbandonato ed ero fuori di me… sì, mi ha obbedito anche quell’ultima volta, ma qualcosa dev’essere andato storto. Qualche stringa gli è sfuggita? Ma non mi piace ragionare in questi termini. Preferisco definirmi un pensiero persistente. Lo siamo tutti, qui. Ma devi andare ora, devi salvarlo. Devi salvarli tutti. - Scostò un arazzo scoprendo una porta, che sembrava scivolare dentro e fuori dalla realtà. O dal sogno. - Presto.

Damon gli tese la mano: - So quanto lui le fosse devoto. Sarebbe felice se potesse tornare a guidare il pianeta, se ci salvasse dai ricatti e dalla paura.

- Oh, no, non è più il mio tempo. Lo è stato, e ho rovinato tutto. È stato il tempo di Romana, e anche per lei non è stato semplice, è scivolata nell’oscurità più volte. La mia amata… so che è molto più felice ora. Da qui non posso vederla, non so dove sia, ma… posso sentirla ridere. Non rideva mai, quand’ero con lei. Il nostro era un amore triste. Puoi immaginare un amore triste?

Damon annuì. Gli occhi chiari di Ada, circondati da rughe profonde; quell’ultimo sospiro della sua fragile anima umana...

- Ora tocca a Jelpax. Nonostante tutto, è arrivato il suo tempo. Vai. Salvalo. Salvali tutti, ragazzo mio.  E poi devi distruggere questo luogo. Il tempo trascorre anche qui, nel suo modo obliquo e ridondante, e presto l’intera Matrice sarà infettata… corri. Trova la strada, ragazzo, e non fidarti di nessuno.

La porta si dischiuse e Damon lo percepì, pur non staccando gli occhi dal volto dell’ex Lord Presidente di Gallifrey. - Grazie, Lord Borusa.



Era trascorso del tempo, sì.

Il caos aveva preso forme più definite.

Dopotutto, non era quel Guardiano ad essersi insinuato nella discarica della Matrice. Non sarebbe riuscito a divertirsi in un parco giochi disordinato, non era nella sua natura.

Al posto del vuoto senza direzioni in cui aveva annaspato durante il viaggio di andata, una realtà apparentemente concreta, seppure fuori fase e ancora in costruzione. Damon si ritrovò ancora più nudo e indifeso, la sua anima riflessa dal lustro pavimento a scacchiera, scenografie teatrali a delimitare lo spazio altrimenti tendente all’infinito. Tentò di chiudere la mente contro qualsiasi cosa stesse infettando quel luogo… ma come poteva, se lui stesso era pura mente?

- Puoi.

Riconobbe i pensieri di Narvin e questa volta fu lui ad aggrapparsi ad essi, sporgendosi pericolosamente oltre l’orlo del piano di realtà su cui si trovava e precipitando nel suo bozzolo, fragile e danneggiato, che galleggiava fra gli elementi del cantiere sottostante. Sentì che era mutato profondamente. Non ripeteva più il proprio nome in modo ossessivo, non pensava più a Vansell come l’unica fonte del Male, poiché vi era un nemico più grande a minacciarli tutti...

- Saremo presto strumenti del suo gioco. Ma tu hai ancora una strada per uscirne, lo sai… non è la più semplice, ma è l’unica. E poi sai già che cosa fare, hai con te la soluzione.

Damon pregò anche lui, allo stesso modo in cui aveva pregato la sua guida: - Lord Narvin… venga con me. Si riprenda la vita che le appartiene.

L’altro ebbe un sospiro colmo di ironia e rassegnazione. - Ci sta assorbendo tutti. Qualcuno
(Magnus maledetto Magnus)
gli ha dato il benvenuto, di sua volontà. Se Lord Borusa ti ha detto di distruggerci, non esitare. È stato già fatto prima. La sopravvivenza della nostra civiltà non dipende dalla Matrice. Non dipende nemmeno dallo Scisma. Rialzarvi e combattere, restare uniti… è tutto ciò che conta.

Damon guardò in su: dagli strappi sulla superficie del bozzolo intravide una figura che si muoveva nella loro direzione, in controluce, la sagoma di un uomo alto dal curioso copricapo che indossava una ricca tunica. Nonostante non potesse distinguere i suoi lineamenti, seppe che stava sorridendo. Ma non a lui. Capì improvvisamente chi fosse, ma il terrore lasciò il posto alla fredda determinazione. Sentì di avere ancora un margine d’azione, di essere protetto. Certo che poteva nascondersi. Certo che doveva combattere… e ora sapeva anche come. Ma non subito. C'era qualcos'altro, prima, di altrettanto urgente.
"Ora tocca a Jelpax. Nonostante tutto, è arrivato il suo tempo. Vai. Salvalo. Salvali tutti, ragazzo mio."
E quando riuscì finalmente ad affacciarsi nella realtà, capì a cosa si riferiva Lord Borusa.

 

   
 
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