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Autore: SakiJune    30/07/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Gli echi delle realtà alternative sono, nell'ordine:
Gordon: il canon di "Downtime", in cui il suo nome è Gordon James. Danny è un personaggio del romanzo e non c'entra nulla con Danny Pink, ovviamente ;)
Kate: la linea temporale in cui, seducendo l'Ottavo Dottore, avrebbe potuto rimanere incinta e per questo lui aveva cambiato gli eventi (storia citata più volte in questa saga),
Turlough: semplicemente lo scenario presentatogli dal Giocattolaio nella shot "Turlough's Nightmare".


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La notizia dell’elezione del nuovo Lord Presidente di Gallifrey vibrava gioiosa sulle principali testate di psicodiffusione.

Lo scandalo in cui era stata coinvolta l’Agenzia a seguito dell’arresto di Zendarotethlestar e i dettagli dei complotti orditi da Vansell per ordine del Consiglio o di propria iniziativa avevano condotto ad uno sdegno collettivo, una più graduale sfiducia verso le alte sfere e infine ad elezioni anticipate, e la campagna elettorale era stata tra le più accese dell’ultimo secolo. Finalmente Prydon aveva l’appoggio dell’opinione pubblica, finalmente era il suo momento, era la svolta; l’attesa aveva dato i suoi frutti… e forse, forse…

Non era più tempo di aspettare. Lord Jelpax sentiva di non dover rendere ormai conto a nessuno, tutto ciò che gli importava era seguire l’istinto e rimediare alle proprie azioni passate.

Dimenticò la prudenza, nonostante fosse consapevole che nemmeno i più alti protocolli di cifratura avrebbero impedito al suo nemico di intercettare la connessione che si apprestava ad aprire.

Figuriamoci, Vansell non aveva più potere su di lui. Che solo provasse a fermarlo! Lui, o chiunque altro… l’Agenzia era stata messa sotto inchiesta, ridicolizzata e di sicuro non avrebbe ricevuto alcun tipo di mandato dal nuovo Consiglio che ora lui presiedeva...

Riuscì a collegarsi alla TARDIS, che aveva già impostato la rotta per Trenzalore. Sullo schermo balenarono i volti pallidi dei suoi due occupanti.

- Theta Sigma, ascoltami. Ritorna, ti scongiuro, in nome di tutto ciò che per te è più prezioso…

Gli occhi velati del Curatore, le iridi ormai quasi trasparenti, sembrarono giudicarlo.

- In nome di ciò che per me è più prezioso… ti ho preso in parola e non la tradirò.  Mi daresti la certezza che nulla è accaduto o accadrà a Kedredaselus, rompendo il patto siglato in Tribunale?

Jelpax chinò la testa. - Farò tutto quanto in mio potere… sono stato eletto Lord Presidente. Vorrà pur dire qualcosa!

Un filo di voce, quasi indecifrabile, quasi inaccettabile: - Congratulazioni. Ma non lo faremo, non rischieremo. La legge è al di sopra anche della tua carica. Il destino è comunque al di sopra di tutti noi.

-  Te lo dissi già allora, senza di te al mio fianco non posso farcela. Tutto è cambiato completamente. Avrai altre rigenerazioni, questo posso assicurartelo. Ritorna a casa… posso essere un Presidente fantoccio, potrai prendere ogni singola decisione, ma non arrenderti! Quella stupida profezia attenderà!

- La felicità di mia figlia non può attendere. Non più. - Ma Thistle sembrava tutt’altro che felice. Il suo volto pallido era una maschera di dolore.

- Ma ti dico che… cambierà tutto… farò di tutto...

- Certo, ho fiducia in te. Avrai successo. Buona fortuna, Jelpax, amico mio.

La comunicazione con la TARDIS si era interrotta.

Jelpax sentì il vuoto farsi strada nei suoi cuori e il significato più profondo di quel vuoto attraversargli la mente. Non aveva sentito la porta aprirsi, né i passi attraversare la stanza e fermarsi dietro di lui.

Lo schiocco di una lingua contro il palato, nel silenzio, lo sorprese e lo atterrì.

- Vansell. - Si voltò, ostentando tranquilla autorità.

- Gli abiti cerimoniali iniziavano già a prudere? Perché di nuovo qui, hai dimenticato di svuotare l’armadietto?

Lui non rispose alla provocazione e lo lasciò proseguire. Sapeva che l’ironia era riservata alle prime battute, avrebbe dovuto attendere per capire cosa volesse in realtà. Ricattarlo, probabilmente.

- Saeculadoxiousparchbrightshoremas sarà soddisfatta di sapere che proprio tu, dopo averle consigliato come agire, abbia fatto marcia indietro in virtù del tuo nuovo status.

Era stato avventato, se ne rendeva conto più che mai; ma non doveva dargli più importanza di quanto ne meritasse. Prese tempo. - Perché odi così tanto il Dottore? Di cosa vuoi vendicarti?

- Vendicarmi? Esatto, di che cosa? - rise Vansell. - Ripeto, l’Inquisitore ha certo più ragioni di me. Millennia era sua Cugina, non mia. Ha accettato volentieri il tuo compromesso, se ricordi. In quanto a me, sono qui per servire, lo sono sempre stato. È il Consiglio a decidere la linea da seguire, io posso soltanto prendere qualche iniziativa in base alle proiezioni e ai nodi critici finora gentilmente forniti dalla tua squadra…

Jelpax ammirò brevemente il suo senso dell’umorismo, ancora troppo sconvolto per prenderlo sul serio.

- Ma mentirei se dicessi che non odio Theta. La sua arroganza ha sempre distrutto ogni cosa.

- La sua? E da quando hai degli scrupoli a mentire? L’hai fatto per tutto il tempo in cui ti sei finto nostro amico. Comunque hai ragione. Il nuovo Consiglio avrà una linea diversa. Non vi saranno più complotti, né segreti.

Vansell fece una smorfia, quasi fosse dispiaciuto di dover ricorrere a misure così estreme, o semplicemente lo considerasse un ingenuo in tutto e per tutto. - D’accordo. Se non sei con me, non ho scelta. Non sei il mio uomo.

Jelpax sgranò gli occhi. Lo staser era puntato verso di lui.

- E di certo non sei il mio Presidente.

 

Cercò di chiamare aiuto per via telepatica, ma si accorse con orrore che la stanza era stata sigillata per impedirlo, con una tecnologia simile a quella usata nelle carceri.

Poteva ancora percepire la rete di pensieri ronzare all’interno della Cittadella, ma ne era tagliato fuori. Pensieri di Signori del Tempo che lo acclamavano, qualcuno che già sollevava dubbi o critiche, ma con una speranza e una fiducia di fondo - che forse non meritava totalmente ma che, morendo, avrebbe inevitabilmente disilluso.

Deglutì, cercando una parola che potesse salvarlo.

 

Poi vide i LED sulla plancia della Sezione Pseudonirica accendersi uno dopo l’altro. Rimase immobile, non osando sperare, e il cono di materializzazione apparve, discreto e luminoso.

- Ma è il mio.

Vansell non ebbe il tempo di voltarsi. Una mano gli afferrò il polso, torcendolo così forte da fargli cadere lo staser, che il suo aggressore raccolse prontamente.

- Damon…

- Questo è per Lord Narvin. - Vansell ondeggiò all’impatto del primo colpo, ma rimase in piedi. - E questo è per… tutto il resto…

Damon premette il pulsante una seconda volta e Vansell crollò finalmente a terra, gli occhi vitrei, con un ultimo spasmo del corpo - entrambi i cuori ormai immobili.

 

“Dovevi essere tu, allora…”

 

- Damon, - ripeté Jelpax, mentre mani e ginocchia iniziavano a tremargli dal sollievo improvviso e presto offuscato dalla consapevolezza dello scandalo che ne sarebbe conseguito. Ma più di tutto, più che alla morte di Vansell, aveva assistito alla morte dell’innocenza.

 

“Dovevi essere tu, dall’inizio, da sempre...”

 

Ma quale innocenza? Cosa doveva essere rimasto di lui, dopo quel viaggio infernale?

Eppure la sua voce, quando finalmente parlò, era la stessa che conosceva così bene. Un poco infantile e deferente, solo più risoluta.

- Si fida di me, signore?

Jelpax trasse un sospiro. - Oh. Con tutto me stesso.

- Devo rientrare e occuparmi di ciò che sta accadendo là dentro. Non c’è tempo.

L’involontaria ironia di quella frase, insieme all’euforia provocata dallo shock, disegnò sul volto di Jelpax un sorriso sghembo, ma Damon era serio.

- Ho un piano. Ma perché funzioni, l’intera Matrice dev’essere approssincronizzata con la linea temporale del Dottore.

Il dolore tornò; avrebbe significato perdere Theta completamente, impedire anche alle sue incarnazioni precedenti di tornare in futuro. Ma si fidava, con tutto se stesso, l’aveva pur detto. - Lo… lo farò.

- Si allontani prima che può, signore.

- Ma… - Accennò al cadavere, ma poi qualcosa nello sguardo di Damon gli fece comprendere che il cosiddetto scandalo era l’ultimo dettaglio di cui avrebbe dovuto preoccuparsi. - D’accordo. E… poi?

- Ho uno stabilizzatore metabolico e non ho timore di usarlo. Non ho nulla da perdere, e lei… - Lo sfiorò e una scarica di ricordi investì Jelpax, calda e intensa. - È arrivato fin qui, sarebbe un terribile spreco non andare avanti. Lord Presidente. Addio.



E fu di nuovo dall’altra parte.

Certo che poteva controllare i propri pensieri. Aveva in sé il potere più grande dell’Universo - no, non l’amore… il dolore.

Fece sì che il Giocattolaio percepisse la sua presenza, questa volta, un’anima viva fra le ombre ormai sempre più flebili che ancora si aggrappavano testarde ai confini del suo territorio in espansione.

Si nascose perché il Giocattolaio potesse trovarlo, tentò di sfuggirgli perché questi si convincesse che portasse con sé qualcosa di molto prezioso.

Funzionò.

Il Mandarino schioccò le dita e fece apparire una nuova versione del labirinto con cui aveva torturato il Dodicesimo Dottore.

Damon era in trappola... esattamente dove voleva trovarsi.

Gridò quando si vide portar via l’anello, ma il Giocattolaio gridò ancora più forte, dapprima di esultanza

(finalmente, la vita del Dottore in suo potere)

e poi di orrore, mentre il suo nuovo regno gli si accartocciava intorno come cartapesta

(una vita che si spegneva in un silenzioso fragore, trascinandolo con sé)

 

La Matrice esplose.

 

La realtà dell’intero universo tremò.

 

A Gordon parve di tornare bambino e risentì il dondolio di una barca, rivide il pavimento cosparso di giocattoli

(Aloysius, il vecchio orsacchiotto Aloysius)

e il suo amico immaginario, Danny, figura impalpabile eppure fidata e sorridente.

Ebbe l’impressione di avere un nome diverso, il che era ancora più assurdo… e di camminare in un parco, guardando in su, la mano di suo nonno che stringeva la sua…

 

… E Kate quasi ricordò di aver ingannato il Dottore, dietro una maschera nera di velluto e pizzo, il corpo ancora acerbo e la voglia di rivalsa - verso chi, verso cosa? Non sapeva, non voleva pensarci, voleva solo lui. I capelli ricci davanti agli occhi, le dita eleganti che battevano il tempo della musica che suonava nella stanza, l’aria di chi si trova ad una rimpatriata fra vecchi amici e non riconosce più nessuno. Di certo non aveva riconosciuto lei...

 

… Victor Turner annaspò nel sonno. Da tempo quel vecchio incubo non tornava a fargli visita, e si scoprì terrorizzato come lo era stato in seguito all’apparizione del Giocattolaio, quella terribile notte.

I capelli biondi impastati di sangue a coprire gli occhi spalancati e immobili del Dottore, e quella pietra fra le sue mani-

- Ehi, sveglia.

Tegan era sulla soglia della stanza, in vestaglia, le mani sui fianchi, un tono aspro e seccato.

Doveva aver gridato. Non ricordava di averlo fatto, ma doveva aver urlato e l’aveva svegliata. - Credevo avessimo finito con queste sciocchezze. Vediamo di rilassarci, sì? Domani c’è un bel po’ di lavoro da fare, non hai scuse.

Non riusciva a parlare. Era vero, da tempo non gli era più successo nulla di simile, e gli sembrava una sconfitta. Ogni muscolo del viso e delle mani tremava e provava vergogna davanti a lei, era così umiliante.

- Coraggio. - Lei cambiò espressione e andò a sedersi sul bordo del suo letto. C’era un limite oltre il quale non poteva più fare la dura e fingersi insensibile, e sentiva di averlo superato.

Si chinò a baciarlo e lui, meravigliato, non si ritrasse…



Trenzalore. Un nome spaventoso, un pianeta come tanti. Un destino che il Curatore aveva già abbracciato con ogni fibra del suo essere.

E ogni fibra del suo essere si sciolse nella luce dai mille filamenti, intima e infinita oltre la finestrella scheggiata di una TARDIS plurimillenaria e colma di ricordi.

Un giorno, Clara Oswald vi sarebbe entrata, per salvare ognuna delle sue vite… ma non era ancora quel giorno.

Thistleswincetlungbarrowmas gridò, lontana da quella luce eppure troppo vicina per non sentire quel distacco immane.




Ansimante e sconvolto, Jelpax uscì dalla cabina di teletrasporto e si lasciò cadere in ginocchio, scostando in malomodo chiunque si precipitasse ad aiutarlo, finché non si creò il vuoto intorno a lui.

Persino i droni dei Commentatori si tennero a distanza, programmati a non infrangere la legge. Ma quando lui ebbe allungato il braccio verso uno di essi, il suo proprietario - un ragazzino, nulla più di uno stagista e ancora agli ultimi anni di Accademia, eseguì una breve sequenza di comandi sul dispositivo che recava al polso, settandolo per una dichiarazione ufficiale. Il collega più anziano sembrò risentirsene, grugnendo “Tutte a te le fortune, Beaureglammorth!”, ma fu una reazione istintiva e senza conseguenze, dopodiché rimasero entrambi a guardare.

Jelpax afferrò il drone e riversò nella sua memoria tutto ciò che ritenne necessario affinché la Cittadella intera venisse a conoscenza della verità su quanto stava accadendo. Non poteva iniziare il suo mandato con delle omissioni, o peggio delle menzogne.

Lo doveva al Dottore, lo doveva a Damon.

E alla propria dignità, che valeva assai più del potere e della gloria.

Poi svenne, la mente ancora colma di frammenti d’anime sagge che gli sorridevano come ad elargirgli una silenziosa benedizione.





L’Inquisitore ascoltò in silenzio.

Senza la Matrice a supportare le parole di quella testimonianza, in un altro frangente vi sarebbero stati ragionevoli dubbi sulla sua veridicità, ma in tanti anni Thistleswincetlungbarrowmas non aveva migliorato le proprie difese mentali. Ognuno dei presenti lesse come sulle pagine di un libro tutto ciò che aveva vissuto.

A Saecula pareva di essersi risvegliata al mondo reale da uno stato di perenne rancore. Forse non aveva perdonato il Dottore, ma la sua morte aveva senza dubbio cambiato le carte in tavola. Accanirsi contro i suoi discendenti non aveva più alcun senso!

Il suo dovere, dopotutto, era accertare e punire le responsabilità dei suoi simili - ma la colpa era comunque di quelle entità immensamente potenti che avrebbero continuato a manovrare la realtà, il sogno, l’ordine, il caos, la vita, la morte e il tempo. E anch’esse, certo, erano spinte da un vento continuo...



Tra le colonne del Panopticon la luce filtrava discreta, arabeschi d’ombra tracciati tutt’intorno, e l’eco di una riappacificazione senz’altri testimoni.

- Mi dispiace. Continuo a pensare che ne valesse la pena, ma sul tuo viso leggo più sofferenza di quanta ne avresti patita se avessi proposto la tortura anziché l’esilio.

- Questi sono i segni dell’amore, Lord Jelpax. Ho vissuto il loro amore così intensamente da esserne ancora inondata. È come l’energia dello Scisma, non riesci più a staccartela di dosso. E nemmeno vorresti… no, non lo vorresti…

- Avrei voluto che tornasse. Ho provato a convincerlo.

- C’ero. Ho sentito, - sospirò.

- Quindi mi credi. Non desideravo che finisse davvero così, dovevo fare in modo che mi credessero, dovevo conquistare la loro fiducia una volta per tutte...

- Ma sarebbe finita davvero così. Sarebbe finita comunque. - Nonostante tutto, Thistle era ormai totalmente convinta della sua buona fede.

- Dopo altre dodici vite! Dopo la gloria infinita di averlo come guida suprema! - s’accalorò Jelpax, ma la risposta lo lasciò senza parole:

- La gloria ora le appartiene, Lord Presidente. A lui, la pace.

Per un attimo, un imbarazzante attimo, egli non riuscì a sostenere il suo sguardo. Forse la responsabilità sulle sue spalle era troppo grande, ora. Forse già ne sentiva la stanchezza.

Non siamo poi così diversi, pensò Thistle d’improvviso, e ciò la fece sentire in qualche modo degna della propria eredità. Pronta a riprendere il suo vero percorso di vita.

Era davvero come Kate le aveva detto per telefono, tanti anni prima. Un oceano di distanza non aveva trattenuto la verità - il futuro era davanti a lei, ora; ciò che le era parso lontanissimo, quand’era sulla Terra, stava per tornare fra le sue mani.

 

E poi non percepì più nulla che non fosse l’uomo appena entrato. Sentì i suoi pensieri intrecciarsi ai propri in una silenziosa tempesta di passione, sofferenza, sollievo.  Le loro anime erano già strette l’una all’altra prima ancora di percorrere quei pochi passi che dividevano i loro corpi.

 

No, non c’era mai stato nessun altro.

E se mai aveva creduto di poter desiderare qualcosa di diverso, era stato un terribile errore...

 

Sebbene Kedred non avesse subito una rigenerazione com’era accaduto a lei, il suo aspetto era profondamente mutato - gli occhi s’erano fatti opachi, la fronte pallida, i bei capelli bruni più radi e sottili. La prigionia e la solitudine avevano scavato le sue guance e arrochito la sua voce. Le ferite che al tempo del loro matrimonio avevano appena iniziato a rimarginarsi erano tornate a sanguinare.

Ma era vivo, era libero, era ancora suo. Era sicura di riuscire a guarirlo un’altra volta.

 

Jelpax scivolò, ormai inosservato, fuori da quell’intimità, giurando a se stesso di proteggere ciò che tanti sacrifici avevano reso possibile.




Noi naufraghi di Gallifrey approdammo alla tua riva.

Tutte le stelle di Kasterborous vennero a spegnersi nei tuoi occhi

E, ormai riflessi nel tempo, oggi implorano il tuo perdono.

 

Kate Stewart rilesse quelle parole con un sospiro. Le sue labbra tremarono, ma nascose il proprio turbamento davanti a Gordon, che pure non volle mostrarsi troppo commosso. Lui la vide scrollarsi i calcinacci dalle scarpe, in quel sotterraneo che si rivelava ora per ciò che era sempre stato - vuoto e abbandonato, senza più la TARDIS a creare gli ambienti spartani e luminosi della Galleria.

La suoneria di un cellulare squillò, rompendo il silenzio spettrale. Gordon si affrettò a rispondere e sua madre lo vide illuminarsi in volto. - Dimmi, Gwen… ci siamo? Oddio, ci siamo? Mamma, ci siamo! - Kate gli sorrise, un istinto più forte a spazzar via quella desolazione dal suo cuore. Quella settimana, per Billie ogni giorno poteva essere quello buono, ed era finalmente arrivato. - Sì, di corsa… no, Gwen, era metaforico, sì…

La vita.

Comunque.

Sempre.

 

 

   
 
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