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Autore: Margo Malfoy    17/07/2015    2 recensioni
Cosa succederebbe se un’agente di polizia alle prime armi e con poca esperienza venisse sedotta dal sospettato principale di uno dei casi più importanti cui sta lavorando?
E se non dovesse essere solo lei a pagare caro questo errore fatale?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Felton, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Qualche giorno dopo l’umore di Malia non era migliorato. In macchina non faceva altro che rimuginare su tutti gli errori che aveva commesso da quando era stata assunta, primo tra tutti quello di aver intrapreso una sorta di relazione con Tom: se lei non avesse accettato il primo invito del ragazzo, in quel momento avrebbe potuto gioire del suo arresto come il resto dei suoi colleghi. Ora non le importava nemmeno che qualcuno di loro avesse potuto scoprire che stava andando in prigione, a parlare con Tom. D’altra parte avevano già saputo che avevano cenato insieme due volte, sapere che lei teneva al suo rilascio non avrebbe di certo inferto un colpo più sorprendente. Quanto sperava di poter ritornare al giorno in cui Emma, Rupert e Daniel si presentarono a casa sua... avrebbe iniziato quel lavoro che tanto le piaceva per il verso giusto, evitando di farsi sedurre dal sospettato principale del suo primo caso; avrebbe alzato le mani al cielo congratulandosi con gli altri detective quando Oldman avesse comunicato la colpevolezza di Tom; si sarebbe presentata in tribunale con un sorriso smagliante esattamente come gli altri, non con l’espressione abbattuta che si prospettava essere il suo biglietto da visita il giorno del processo e anche tutti quelli seguenti.
In macchina si era rifiutata di accendere la radio: da tre giorni tutti i notiziari non facevano altro che parlare dell’arresto di Tom Felton, “il celebre agente di Los Angeles che considera i suoi dipendenti come proprietà personale”. Malia non sopportava di ascoltare quelle sciocchezze, per tanto neanche veritiere. Tom era arrogante, prepotente, sfrontato e presuntuoso, non si curava di trattare con educazione i suoi dipendenti, ma Malia non pensava fosse capace di ucciderne uno solo perché quello voleva licenziarsi.
In più, oltre alle esagerazioni legate all’arresto a al brutto carattere di Tom, erano state messe in giro nuove voci sul fatto che lui fosse un drogato e che effettivamente costringesse le sue dipendenti ad andare a letto con lui. Venuta fuori la storia di Lisa, decine di ragazze si erano presentate in Centrale per testimoniare contro Tom, dicendo che anche loro erano state forzate ad andarci a letto.
Praticamente arrivata nel parcheggio, Malia ricevette una telefonata di Rupert, ma non rispose, guadagnandosi altre due chiamate di Emma e Daniel che, visto che non aveva risposto neanche a quelle, l’avevano tempestata di messaggi chiedendole dove fosse. Uscendo dall’auto, Malia iniziò a percorrere a passo svelto le scale, fino a presentarsi di fronte ad un guardia che la condusse fino alla sala delle visite. Camminando lungo i corridoi affiancati dalle celle, la guardia cercò in tutti i modi di far tacere i prigionieri, ma niente servì a sopprimere i loro fischi di approvazione quando Malia passava di fronte alle loro celle.
« Ehi, bambola! » gridò un ragazzo castano con la voce roca, « Chi sei venuta a trovare? Ti va di passare un’ora anche con me dopo? »
Malia lo ignorò, continuando a camminare incoraggiata dalla mano della guardia posata sulla sua spalla. Era un’alta donna di colore che intimava parecchia paura.
« Ma guardatela » disse un altro. « È una dei detective di Felton! » urlò ai suoi compagni, poi tirò per la giacca di pelle Malia, che non riuscì ad evitare di avvicinarsi di più alla cella dell’uomo. « O sei solo un’altra delle sue troiette? »
Si scostò con rabbia dalla presa dell’uomo e si aggrappò alle sbarre con un’espressione folle che le illuminava il bel viso. « Di’ un’altra parola e ti assicuro che ringrazierai Dio per essere dietro quelle sbarre dove io non posso toccarti »
L’uomo rise, altri fischiarono, altri ancora diedero di nuovo a Malia della troietta e, se la donna che l’accompagnava non l’avesse costretta a continuare a camminare, lei sarebbe rimasta lì per rispondere a tutti gli insulti di quegli uomini.
« Li devi ignorare » le consigliò la donna, spingendola oltre un angolo. Da lì entrarono in una stanza dove c’erano altri cinque detenuti che parlavano con loro amici o famigliari. La donna la condusse fino ad un tavolo grigio con due sedie dello stesso colore in fondo alla sala.
« Vado a chiamarlo » le comunicò infine la donna, scomparendo di nuovo dietro l’angolo che avevano appena girato. Aveva fatto cenno a Malia di sedersi, eppure lei non l’aveva fatto: era rimasta in piedi di fianco al tavolo, fissando con gli occhi sbarrati le altre persone presenti in sala. Nel tavolo di fianco al suo c’era un uomo con un paio di bambini che parlavano con una donna che, anche se si sforzava di sorridere, aveva il volto rigato dalle lacrime. La bambina si voltò verso Malia e le rivolse un gran sorriso, salutandola con la mano piccola. Malia le sorrise a sua volta e, senza riuscire a spiegarsi il perché, quel gesto le fece crescere nel petto ancora più tristezza.
Poi la donna entrò di nuovo spingendo Tom come prima aveva fatto con Malia e lo fece avvicinare al tavolo, congedandosi subito dopo. Tom e Malia si guardarono per un attimo e poi lei fece una cosa che non aveva mai fatto: lo abbracciò. Gli lanciò le braccia al collo e lo strinse senza nessun altro fine, senza nessun interesse che andasse al di là di dimostrargli il suo dispiacere. Lui si irrigidì subito, prima di rilassarsi un po’, probabilmente non se l’aspettava.
Quando si sedettero si fissarono negli occhi per un altro istante e poi Malia sussurrò: « Mi dispiace ». Aveva la voce rotta, lo sguardo sul tavolo grigio, incapace di guardarlo ancora come se incontrare i suoi occhi blu per un altro istante avesse potuto farla sentire ancora più in colpa.
« Perché sei venuta? »
Malia non lo sapeva. Non aveva niente da dirgli, voleva solo vederlo, per capire che era ancora lì, che c’era lo stesso.
« Io volevo solo... vederti »
« Allora posso tornare a marcire nella mia cella adesso »
« Tom sai che non sono stata io » gli sussurrò Malia abbassandosi sul tavolo.
« Davvero? » chiese Tom alzando le sopracciglia. « Tu eri l’unica che sapeva » le sussurrò a denti stretti. « Tu hai preso la dannata impronta dal mio portafogli, tu sapevi della mazza da golf, tu ti sei fatta spogliare da me, mi hai sedotto e hai cenato con me per incastrarmi. Sei sempre stata tu! »
« I–io ti ho sedotto? » chiese Malia indignata. « Sono stata io che ti ho invitato a cena? Io che ti ho spogliato nel mio ufficio lasciandoti con addosso solo un paio di mutande quando chiunque sarebbe potuto entrare? Io che sono entrata a casa tua senza dirti niente, facendomi trovare in soggiorno? Dimmi Tom, sono stata io a sedurti? »
Tom non rispose e la guardò con sguardo supplichevole. « Tirami fuori di qui »
Malia l’avrebbe mangiato vivo. Prima le addossa la colpa di tutto e poi le chiede di aiutarlo? Però capiva che era stressato, spaventato e arrabbiato e che aveva agito d’impulso, d’altronde lei aveva fatto la stessa cosa quando era al suo posto.
« Il processo è domani » gli fece notare Malia.
« Lo so, ma posso stare qui qualche altro giorno se tu trovi il vero colpevole »
Malia sbuffò e si alzò dal tavolo. « Ci proverò »
 
Quando il giorno seguente i detective e Oldman scesero insieme dal settimo piano per raggiungere il tribunale, Malia stava pensando a quanto si stesse sentendo male Tom. Tutte le volte che lei si era dovuta presentare in tribunale le avevano consigliato di immaginarsi vincente, anche se mai era riuscita ad entrare in aula con quella certezza. Si immaginava uscire dal tribunale con un gran sorriso stampato in volto per tutti i giorni precedenti, ma il giorno del processo quella convinzione sembrava sempre scivolargli dalle mani, lasciandola cadere in una depressione che solo la sentenza del giudice era riuscita a far svanire.
Erano tutti in aula quando Tom entrò con il suo avvocato. Malia lo guardò camminare con la tuta arancione, gli occhi blu che gli brillavano alla luce dei neon. Lo fissava in ogni movimento, pregando chissà quale dio perché lo decretassero innocente.
Alcune persone in aula erano nervose. Continuavano a guardarsi intorno, ticchettavano con le dita sulle sedie, si passavano le mani lungo gli abiti eleganti. Si passavano le mani lungo gli abiti, lì Malia ebbe la sua illuminazione. Un flash che le illuminò gli occhi con un lampo di follia e speranza insieme: l’uomo che aveva trovato il corpo di Lisa e che sembrava tanto nervoso quel giorno in cui Malia, Emma, Rupert e Daniel arrivarono sulla scena del crimine. Lei se lo ricordava, si passava nervosamente le mani sulla camicia scozzese e lei aveva detto che ci avrebbe parlato, ma non l’aveva mai più rivisto. E così, con quella pista che le diceva di fiondarsi a casa sua per parlarci, si alzò dalla sedia in fretta e furia.
« Dove cavolo vai? » le chiese Rupert.
Ma lei ancora una volta non rispose: si fiondò fuori dalla porta, guadagnandosi le occhiatacce di tutti i presenti e scomparendo subito dopo.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Ehilà!
Ecco qui il nuovo capitolo, che accende una piccola speranza riguardo il futuro di Tom. Non credo ci sia molto da dire sul capitolo, a parte che il nostro Tom è spaventato all’idea di rimanere in prigione e che quindi, come avete notato, tratta Malia piuttosto maluccio all’inizio.
Comunque spero che il capitolo vi piaccia e che mi facciate sapere cosa ne pensate perché i vostri commenti sono importantissimi!
Ringrazio come sempre tutti i lettori!
A presto 
   
 
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