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Autore: juniper_goblinfly    18/07/2015    2 recensioni
Ormai sono passati parecchi mesi dall'attentato ai danni di Charlie Hebdo e sembra che questa storia sia ormai stata cancellata dalla mente delle persone. Questo è un piccolo omaggio al coraggio di alcune persone e per non dimenticare.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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JE SUIS CHARLIE
 
 
 
 


Lo chiamo Fato. Altri preferiscono Sesto Senso. Parlo di quella strana sensazione che si prova certi giorni, quel pizzicore dietro la nuca che ti avverte che qualcosa presto succederà, che tu lo voglia o no, bella o brutta che sia. Io lo chiamo Fato perchè non è possibile fermare quel fastidio, quel tedio che ti accompagna fino al momento in cui non accade ció che deve accadere. Non puoi evitarlo, è il Destino che lo ha deciso. E ora posso dire che le persone hanno sempre ragione quando parlano di " destino crudele ".
Io, in fondo, fino a quel mattino non potevo lamentarmi della mia vita, ne ero felice, mi soddisfaceva e non ho mai incontrato periodi troppo bui o difficili. Posso dire con orgoglio di aver raggiunto tutti i traguardi che mi ero prefissata. In questo momento, peró, mi rendo conto di quanto tutto ció fosse effimero e di poco valore rispetto a tutte le cose che ho perso. Ho perso il mio futuro.
Non mi ricordo molto di quel giorno. Era iniziato come ogni altra giornata lavorativa, fatta eccezione per un fastidioso prurito sulla nuca. Quella era l'unica nota che stonava nella mia solita routine. Non volli dare ascolto al presentimento che mi urlava di rimanere sul divano, con il mio caffè, e prendermi un giorno libero dal lavoro. Dopotutto me lo sarei meritato.
Spensi la TV con un sospiro, decidendo di ignorare qualsiasi strana idea mi saltasse in mente, per poi prepararmi. Un giorno uguale agli altri, sempre la solita identica vita. Speravo in qualcosa che spezzasse la monotonia delle mie giornate perchè, contrariamente a quanto si possa pensare, la vita di una giornalista non è poi così avventurosa. Nella testa continuavo a ripetermi una frase, quella che mi avevano detto al mio primo colloquio di lavoro, tanto per distrarmi e motivarmi. Quasi lo canticchiavo tra me e me, credendo fermamente in quelle cinque, semplici parole: " les mots apportent la liberté ". la Pensavo di poter cambiare il mondo grazie a quella frase, ma non immaginavo che la stessa libertá per cui combattevo poi mi avrebbe condannata.
Successe tutto troppo in fretta.
Ero al lavoro da qualche ora, revisionando il mio articolo, quando il trambusto proveniente dal piano inferiore mi spinse ad uscire dal mio studio. Inizialmente non capii cosa stesse succedendo, mi sentivo un pesce controcorrente. Io scendevo e gli altri si accalcavano per salire. Non pensai nemmeno per un secondo che potesse essere pericoloso, volevo solo sapere quale fosse la ragione di tutta quella agitazione. Non era un incendio, gli allarmi non erano scattati, non era nemmeno un terremoto, lo avrei sentito. Mi fermai sulla tromba delle scale, osservando i corpi stesi a terra e ascoltando i mugolii soffocati che provenivano da alcuni di essi. Non riuscii a muovere un passo, nemmeno per tornare indietro sui miei passi e cercare di sfuggire a qualsiasi cosa stesse accadendo. Non potevo crederci. Era surreale, impossibile. Il pizzicore sulla nuca era terminato, lasciando solo la dura e amara consapevolezza che presto, come gli altri, anche io mi sarei trovata a terra senza vita.
Solo dopo interminabili secondi - o forse secoli - riuscii a riscuotermi, a realizzare che non dovevo trovarmi lì. Corsi nuovamente al mio studio, sprangando la porta, mentre dietro di me sentivo dei passi svelti salire le scale. Nel corridoio si alternavano spari, voci diverse e concitate che parlavano una lingua a me sconosciuta, così strana e dal tono minaccioso. Presi velocemente i fogli su cui stavo correggendo le bozze del mio prossimo articolo. Scrissi con foga, certa che qualsiasi cosa avessi fatto, scappare o rimanere ad aspettare, mi avrebbe portato comunque nelle fauci del leone, dritta verso la morte.
Feci appena in tempo a posare la penna sulla scrivania, quando la porta venne buttata giù da un uomo massiccio, con la pelle scura. Stringeva tra le mani un'arma da fuoco, non saprei dire quale nè di che tipo, ma qualunque cosa fosse la impugnava sicuro, come fosse l'allineamento del suo braccio. Nei suoi occhi non c'era rimorso o paura, nessuna traccia, i miei invece traboccavano di terrore. Tuttavia nulla lo fermó dall'esplodere l'ennesimo colpo verso l'ennesima vittima. Non sentii dolore, fu fin troppo veloce e quasi non mi accorsi di essere morta.
Solo di una cosa mi pento: non aver ascoltato quell'insistente pizzicore sulla nuca, comunemente chiamato presentimento. Sentivo che qualcosa sarebbe successo, lo desideravo, ma non speravo certo in qualcosa di simile.
Non sono nè un'eroina nè una martire, per cui sono conscia del fatto che, fra tutte le vittime che quel gesto senza senso ha provocato, il mio nome non verrà ricordato. Non è importante, non per gli altri.
Ora sono riversa sulle mie ultime parole, ormai macchiate di rosso ma ancora leggibili, mente qualcuno mi porta via, sperando di potermi salvare. Volevo comunque lasciare il mio nome a qualcuno, sperando che nel trovare il corpo avrebbero poi trovato anche quel piccolo rettangolo di carta. Volevo che qualcosa di me rimasse al mondo.
Il mio nome è Charlotte, ma mi chiamano Charlie, come la redazione per cui lavoro, e le mie ultime parole su quel foglio sono queste: " Je suis Charlie et j'écris pour la liberté ".
 
 
 
 


Note: ormai sono passati alcuni mesi dal fatto di cui ho trattato nel  racconto, ma proprio per questo motivo mi è sembrato d’obbligo pubblicarlo. Per non dimenticare e, anche se in minima parte, rendere omaggio al coraggio di alcune persone.
Grazie per la lettura, per essere arrivati fino a qui e, se vi va, vi invito a lasciare una recensione con i vostri pensieri.
Juniper_goblinfly
  
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