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Autore: ClodiaSpirit_    18/07/2015    1 recensioni
Darren, un ragazzo ricco con una vita a dir poco perfetta. Una nuova scoperta lo porta quasi all'esasperazione, a perdere se stesso. Saprà non lasciarsi sfuggire via la sua vita? Cosa avrà in serbo per lui il destino? Chris, un ragazzo povero ma ricco d'animo, cresciuto senza la presenza dei suoi genitori e che ha saputo cavarsela fino ad adesso. Tutto si ricollega nel giorno in cui qualcuno fradicio e zuppo d'acqua si presenta davanti alla sua porta. Che cosa lo aspetterà?
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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¦ Roberta' space: EHILÀ PRODI! Lo so, in questo momento la simpatia non fa proprio al nostro caso dato che, insomma, é passato un anno dall'ultimo aggiornamento. Abbiamo le nostre colpe, ma i fattori esterni hanno contribuito a peggiorare la situazione. La scuola, prima di tutto. Non pensavo, personalmente, che sarebbe stata così pesante. Compiti su compiti, interrogazioni su interrogazioni, nuove materie, tantissimo materiale da studiare... Non avevo mai un po' di tempo libero. La mia scrivania e i libri erano i miei migliori amici. MA FORTUNATAMENTE É FINITA! Essendoci trovate stremate dopo un anno, io e Claudia abbiamo ben pensato di dare una dignitosa fine a questa lunga, lunghissima fanfiction. Questo é uno fra gli ultimi capitoli... É finito tutto, piangiamo insieme. *crying* Il nostro Darry viene a scoprire il perché del rapimento e si riconcilia col papà... Un capitolo dedicato al rapporto padre-figlio c: Chissà che succederà nel prossimo... secondo voi tornerà con Chris?! Ah, chi lo sa! Per chi volesse sapere la canzone, è Good Guys di Mika. Spero che vi piaccia, dopo tutto questo tempo c.c Al prossimo capitolo, non ci metteremo molto, promesso!
Bacini, Robs
 
 
Chapter 32.
 

If we are all in the gutter
It doesn’t change
who we are
cause some of us
in the gutter
are looking up at the stars.

Where all the good guys, were all the good guys
where all the good guys gone?

 


Darren picchiettava freneticamente le dita sui braccioli di legno della sedia su cui sedeva, intento a guardare il labirinto di strade che si districavano in modo geometrico oltre le grandi finestre del palazzo. Su Londra aleggiava una nube minacciosa, carica di pioggia, che dipingeva il cielo di un triste grigio. Con lo sguardo Darren passava a rassegna, uno per uno, i tetti delle case sperando di scorgere Chris alla finestra, nel caso fosse riuscito a riconoscere il tetto della sua umile abitazione, calda e accogliente. Erano passati cinque giorni dall'ultima volta che lo aveva visto. Era in quel luogo, la sua casa, da altrettanto tempo e, ancora non aveva scoperto il perché di questo curioso ritorno a casa. Ogni notte sognava Chris. I suoi occhi cerulei e le sue grida lo tormentavano come un incubo, un terribile incubo che lo faceva svegliare di soprassalto con ogni centimetro della sua pelle, bagnato. Gli mancava come non mai. Si chiedeva dove fosse, se stesse bene, se fosse coccolato da mani amiche come quelle di Marie. Darren si rammaricava, si infuriava con sé stesso perché, seppur la situazione non lo permetteva, non era riuscito a portare Chris in salvo. Si incolpava e si odiava, profondamente. Sperava di poterlo vedere ancora.
A interrompere il flusso dei suoi pensieri fu una voce femminile, che fece irruzione della camera da letto.                                                          
«Signorino Darren» disse, dirigendosi verso di lui.                                                                                                                                                                     «Qual é il suo nome?» chiese, dandole le spalle. La sua voce era bassa, un po' tremante. «Geneviève, signorino»                                                                 «Geneviève» ripeté Darren, masticando il nome con un ottimo accento francese. Si voltò verso destra quando la vide spegnere il fuoco.
«Che fate?» domandò.                                                                                            
«Ho l'ordine di portarvi dal padrone» a quelle parole lui tremò. Un sentimento di rabbia si fece strada dentro di lui, fino a fargli ribollire il sangue. Intuiva che dietro tutta questa messinscena non poteva che esserci il suo amato padre, che amava tanto attirare l'attenzione, ma in cuor suo sperava che non fosse stato proprio lui ad ordinare quel brusco rapimento. Si alzò con troppa forza, tant'é che barcollò pericolosamente, rischiando di cadere e farsi male se le mani di Geneviève non avessero evitato il peggio. «Signorino, tutto bene?» chiese, apprensiva. Darren sospirò e annuì. Si fece guidare dalla donna, uscendo dalla camera. Percorse quei lunghi corridoi lussuosi. Le pareti in pietra erano decorati con quadri e targhette commemorative, volte ad esaltare la memoria e le azioni di ogni componente della sua enorme famiglia.
Lui e Geneviève arrivarono in fondo al corridoio e salirono una breve scala a chiocciola, alla cui estremità si trovava una porta in legno, socchiusa. Un'altra trovata del padre: la camera da letto in cima ad una torre.                                                                                                                                    
«Andate pure, Geneviève» disse Darren, alzando una mano. «Non c'é bisogno che mi introduciate» la donna tentennò ma poi sorrise, tornando sui suoi passi. Darren spinse la porta verso l'interno e questa si aprì. Gli apparve una camera circolare, ben arredata e piena di arazzi e tappeti. In una parte della stanza vi era il grande letto in legno. Era un ambiente un po' cupo in quel momento, per via del sole che lentamente lasciava il posto all'oscurità e per la luce fioca di una moltitudine di candele, sparse per la stanza. Darren non saliva lì da molto tempo ormai e non si stupì quando notò che tutto era al proprio posto. Il tempo aveva paralizzato qualsiasi cosa. Darren quasi si spaventò quando si trovò davanti un giovane uomo dai capelli biondi che lo osservava curioso.                                                                                                                                             
«Voi siete il signorino Darren?» domandò a voce bassa. Lui annuì, guardando oltre le spalle dell'uomo, un po' più basso di lui. Solo in quel momento si accorse che davanti ad una piccola finestra si stagliava la figura di un uomo, fasciato da una vestaglia color porpora, assorto dal panorama. «Piacere» esordì l'altro «sono il dottor Wood.»                                                                      
Darren strinse lui la mano e si rese conto in quel momento che non era un servo. Indossava un panciotto nero sopra una camicia bianca e dei pantaloni grigi, lunghi fino alle calzature scure. «Darren, il figlio» gli occhi cerulei del medico si illuminarono. «Finalmente un parente con cui parlare di questo pover'uomo» Darren lo guardò con aria interrogativa. Il dottor Wood sorrise.
«Mi avevano detto che non era rimasto nessuno»                                                                                    
«Come sta?» sussurrò Darren, osservando il padre un po' troppo taciturno.                                                                                                                     
«Piacere» esordì l'altro «sono il dottor Wood» Darren strinse lui la mano e si rese conto in quel momento che non era un servo. Indossava un panciotto nero sopra una camicia bianca e dei pantaloni grigi, lunghi fino alle calzature scure. «Darren, il figlio» gli occhi cerulei del medico si illuminarono. «Finalmente un parente con cui parlare di questo pover'uomo» Darren lo guardò con aria interrogativa. Il dottor Wood sorrise. «Mi avevano detto che non era rimasto nessuno» «Come sta?» sussurrò Darren, osservando il padre un po' troppo taciturno. L'uomo sorrise tristemente. «Beh, signori-» esordì. «Chiamatemi Darren» lo interruppe. «Darren, mi hanno chiamato da qui circa due settimane fa in preda alla disperazione. Suo padre non mangiava, aveva repentini sbalzi d'umore, tosse e febbre molto alta. Quando sono arrivato io, la situazione era già precipitata nell'incurabile. «Purtroppo lo é ancora perché suo padre si é ammalato di una grave polmonite. L'apparato respiratorio ha cominciato a cedere, giorno dopo giorno. Se non fosse stato così testardo, l'avrei curato riducendo del tutto la possibilità...» si bloccò, osservando l'espressione attenta di Darren. Non sapeva se fosse il momento giusto, ma doveva mettere il figlio di fronte alla reale situazione, da buon medico.                                                                                                  
«Continuate, dottore» Darren lo incitò. Aveva notato nello sguardo di quell'uomo una strana inquietudine ed era pronto ad accettare qualsiasi sentenza. Il dottore si riscosse.
«Ecco, diciamo che se avessimo provveduto in tempo, l'aspettativa di vita sarebbe senz'altro stata più lunga mentre, adesso, si é ridotta all'osso. A suo padre rimane una settimana di vita, se non cinque giorni»  Pronunciò quelle ultime parole in modo cauto, neutro. Si aspettava uno scatto d'ira, un'imprecazione soffocata, un pianto, ma non un semplice segno di assenso. Darren se lo aspettava. Sapere però che avrebbe perso anche lui, aveva mosso qualcosa dentro il suo animo.
L'uomo alla finestra tossì e si voltò. «Dottor Wood, il mio prigioniero é arrivato?» domandò con voce rauca. L'uomo guardò Darren e sorrise. Si allontanò e accompagnò il malato fino al letto. «Lasciateci soli, James» Darren notò come il padre stentasse a camminare, appesantito da un dolore che vinceva su tutto. Si mosse piano verso il letto quando James Wood lo bloccò per un braccio. «Non sia troppo rude con lui» lo fissò severo. «Se ha bisogno, vicino al comodino c’é una campanella. Muova la corda e sarò qui in un minuto» Darren annuì e lo vide scomparire nella semioscurità che infestava l'ambiente. Riprese a camminare un po' inquieto con la sensazione che Mr Wood lo stesse osservando.
 

 
 
                                                                                                                                                            **
 
 
 
 
Darren si prese un paio di minuti per osservare il padre in lontananza: aveva il capo bianco chinato verso il basso, le mani strette riunite in grembo, violacee, lunghe come ricordava ma ossute; la veste gli stava visibilmente larga, come se coprisse un corpo fatto interamente di nude ossa senza il minimo strato di pelle e muscoli. Dopo un po' l'uomo alzò lo sguardo nella sua direzione. Gli occhi color smeraldo non erano più vispi, ma spenti e circondati da rughe, così come tutto il viso; rugoso ma anche pallido e smagrito. Sorrise sornione quando vide la figura del figlio a pochi passi, con un'espressione incredula. Darren prese posto ritrovandosi il viso del padre, Richard, a pochi metri. Si rendeva conto in quel momento di quanto fosse invecchiato, di quanto la malattia l'avesse fatto marcire in poco tempo.                                                                                                          
«Padre» disse piano.                                                                                           
«Ne é passato di tempo da quando sei scappato, facendo sì che ti smarrissi fra la popolazione» gli occhi scuri di Richard erano puntati in quelli chiari del figlio.: Con quelle parole Darren ripensò ai momenti in cui scappare era risultata la via migliore per evitare le gravi e offensive intolleranze del padre, troppo conforme ai canoni tradizionali per accettare che il suo bel unigenito non fosse come gli altri. Richard aveva provato totale ripugnanza verso Darren. Era stata una vergogna dover ammettere a sé stesso che l'unico erede non aveva intenzione di sposare la figlia di qualche uomo proveniente da un buon partito; era stato difficile pensare, durante la sua mancanza, che aveva perso Darren e che lo aveva guardato scappare senza tentare di fermarlo «Se volevate che tornassi bastava chiedermelo, dato che sapevate dove mi trovavo» disse atono. «Invece di utilizzare un modo così brusco.»                 
«Non saresti mai tornato.»                                                                                           
«Se foste stato più incline ad accettare la mia natura, sarei tornato. Se solo vi foste fatto sentire.» Darren spostò il suo sguardo su un punto indefinito sulle sue mani, sospirando. La ferita bruciava ancora, fortemente.                                                                  
«Sono per te così estraneo? Non sono più tuo padre? Hai smesso di darmi del tu?»
«Non reputo padre colui che ha ripudiato suo figlio soltanto perché, amava una persona di sesso diverso a un’altra, non reputo padre chi caccia così, i propri figli. Che li fa e poi, li butta via.» Richard gli rivolse uno sguardo serio. Quella sentenza lo aveva colpito come una doccia fredda. Per la prima volta il duo ego traballava, insieme al suo orgoglio.                 
«Io non ti ho buttato via. »
« Per favore, se solo avessi potuto, mi avresti cacciato via. Avevi già i tuoi sospetti eppure non hai voluto mai parlarne. Non hai mai voluto affrontare l’argomento. » sputò quelle parole come fossero sangue, appena uscito fuori da qualche ferita lì, sparsa da qualche parte sul suo corpo. Suo padre, storse il naso. E sospirò. « Non l’ho mai fatto perché sapevi com’ero diventato dopo la morte di mamma. »
« Non è una giustificazione. Non puoi sempre mettere in mezzo lei. Lei non c’entra niente. Lei non c’è più. » la sua voce suonò quasi spezzata al pensiero dell’unica donna nella sua vita, sua madre. Richard si mosse il labbro inferiore e abbassò la testa, come se si fosse appena pentito.                  
«Ci ho pensato su, durante la tua mancanza. Odiavo l'idea che tu, sangue del mio sangue, potessi donare le nostre ricchezze e il tuo dolce animo... ad un uomo.» l'ultima parola vibrò tra le sue pallide labbra dura come una bestemmia, come un'eresia. Darren si inferocì. La speranza di un padre diverso, scomparì come un'ombra.
«Chris non metterà in cattiva luce la tua famiglia!» ringhiò. Le mani stringevano i braccioli. Le nocche erano diventate di un bianco puro. Sul suo viso si espandeva una macchia di rossore. «Allora é così che si chiama. Chris. Di che estrazione sociale é?» suo padre abbozzò un sorrisetto curioso ma anche spettrale.
«Non ti importa.» Richard sorrise. Nella testardaggine del figlio riconosceva un po' del suo carattere. Era con lo stesso atteggiamento che aveva passato i mesi: imponeva la sua intolleranza su ogni idea, su ogni momento in cui si pentiva di averlo offeso. Notò gli occhi di Darren luccicare rabbiosi. Era davvero furioso. Richard si sentì in soggezione. Che tipo di mostro era? Aveva attirato a sé tutto il rancore del figlio, tutti i suoi sentimenti per niente affettuosi e adesso si sentiva bruciare dai sensi di colpa. L'aveva accettato in cuor suo quando aveva ordinato al suo miglior scagnozzo di rintracciarlo tra la povertà e di riportarlo a casa. L'arrivo del dottor Wood lo aveva spinto ancor di più a chiudere ogni discussione col figlio. Restavano pochi giorni e poi si sarebbe spento.
«Non ti importa. » ripeté Darren. «Così come non ti importa che io sia qui. Che io stia cercando di farmi piacere il fatto stesso di essere qui. Sono passati mesi, giorni. Non ti importa nemmeno che io sia felice. E che lo sia con un altro uomo. » Richard guardò fisso suo figlio e cercò di trovare le parole giuste.                                                                                          
«Credi che per me sia stato facile? Non averti con me fino ad adesso? Credi che, avrei dovuto accettare subito la tua situazione senza neanche ribattere o pensarci? » le parole di suo padre suonavano amare e metalliche. Richard si aggiustò, alzandosi un po', sul letto.                                     
«E per me invece? Cosa mi dite?! Mi sono ritrovato da solo. Anche più solo di voi se è per questo. Ma ho combattuto. Ho lottato. E non sarà stato facile. Non sarà stato bello. Ma ho ricevuto tutto ciò di cui avevo bisogno: amore e comprensione. Non sapete quanto ho pianto per aver desiderato di non essere cacciato subito via come un cane quella notte! Non sapete quanto ho cercato di capirvi. Io stesso pensavo di essere un mostro! » Darren alzò le braccia in aria, frustrato.                                                                        
« E questo posso capirlo. Credimi. » Richard sembrava sincero. Per una volta nella sua vita, sembrava essere tornato l'uomo che era prima della morte di sua moglie.
« Mi dispiace. Mi dispiace se sono stato un padre diverso. Un padre cattivo. Un padre che era tale soltanto nel suo appellativo e non nei fatti, nei gesti. Vorrei tanto rimandare indietro il tempo, ma non si può. Quello che ho fatto è stato. » Darren guardò suo padre sospirare e avanzare piano nelle lenzuola. Nonostante tutto quello che lui gli aveva fatto passare, provava pena. E provava affetto. E provava anche una grandissima rabbia. Ma più di tutto, predominava la voglia di perdonarlo, di farlo andare via in pace e privo delle sue colpe.
« Non dico che sei stato il peggiore, ma sono stato ferito. Questo non so se riesci a capirlo. Mi sono fatto più volte tante domande. Su me stesso. Sulla mia vita. Su che cosa volessi veramente. » si lasciò andare. Semplicemente tirò fuori tutto ciò che aveva da dire e suo padre lo ascoltò. Appena finì, lui gli rivolse uno sorriso sincero e tentò di prendere le mani di Darren, ma lui le ritrasse. Abbassò lo sguardo e sospirò, trattenendo la tosse: «So che é difficile da credere, Darren, ma ti ho accettato, così come sei. L'idea di lasciare questo mondo senza prima aver risolto con te, era terribile. Così ti ho fatto rintracciare ed ora eccoti qui» si passò una mano sulla fronte. «É stata anche tua madre a convincermi. Non ne sarebbe stata contenta lei, che amava il mondo, la natura, la gente e tutti i tipi di amore possibili. Lei ti avrebbe abbracciato e ti avrebbe scoccato un bacio in fronte. Per il rispetto e l'amore che provo nei suoi confronti, e nei tuoi, decido di dirti: sì, ama chi ti credi di amare.»
Darren era profondamente scosso dal lungo discorso in cui si era dilettato suo padre. Non pensava che da quelle dure battute iniziali potessero scaturire poi sincere parole. Era contento e le lacrime gli bagnavano le guance. Piangeva per Chris, per la mancanza che gli bruciava nel petto; piangeva per suo padre, che era riuscito ad abbandonare le sue idee tradizionaliste per accettare il modo d'amare del figlio, e che l'aveva fatto soffrire tanto; piangeva per il ricordo della madre, che l'avrebbe seriamente elogiato per quella scelta nobile ma condannabile in quel tempo; piangeva perché si era reso conto che il destino era stato favorevole con lui, perché gli aveva donato una bella famiglia, gli aveva donato delle sfide per crescere, gli aveva donato l'amore per far sì che riuscisse nel suo percorso. La prima cosa che fece fu quella di stringere il padre. Era ancora più fragile di come appariva. Richard sorrise, il calore familiare gli era mancato, gli era mancato il suo bambino, il suo ragazzo adesso diventato adulto. In quell'esatto momento Darren sentì il padre tossire e poi accasciarsi sul suo corpo.
 
 

 

 
   
 
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