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Autore: Evans92    18/07/2015    2 recensioni
Alex è un musicista, vive a New York in un appartamento che divide con altri due ragazzi. Le sue giornate sono all'avventura e lui ama la sua vita così: senza regole, senza legami. Fino al giorno in cui conosce Dylan, collega e amico di suo padre.
Nonostante vengano da due mondi opposti e siano profondamente diversi tra loro si creerà un legame, che sconvolgerà tutto quello che credevano di sapere e che insegnerà ad entrambi cosa vuol dire vivere.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sesto capitolo
 
Ero stato giorni indeciso se andare o no da Dylan per parlargli di quello che era successo fuori dal Seventeen, ero stato ore a chiedermi cosa fosse giusto fare. 
Una parte di me voleva cercarlo, rivederlo, e discuterci, magari avrei voluto anche scusarmi, dirgli che mi dispiaceva di averlo sconvolto, che era un uomo sposato e che non avrei neanche dovuto provare a baciarlo.. Ma un'altra parte di me aveva paura. Non sapevo dire di preciso di cosa, ma la paura mi attanagliava lo stomaco ogni volta che anche solo pensavo di riavere Dylan davanti. 
E così dopo un lungo periodo di inerzia, in cui mi presi il mio tempo per riflettere riuscii a prendere la mia decisione. 
Io ero Alexander Larsen e avrei fatto quello che in qualsiasi altra situazione avrei fatto.
Ma ne sarei fregato.
Al diavolo Dylan, al diavolo il suo profumo, al diavolo la sua lingua. 
Era stato solo un bacio, ed era un problema più suo che mio. 
Dopotutto era stata solo la follia di una notte.
 
Non avevo quasi neanche avuto il tempo di godermi la mia nuova decisione, che al ristorante vidi entrare Emma Montgomery, seguita da altre due signore, tutte e tre, con abiti eleganti dai colori stravaganti. 
Quando la riconobbi, con i suoi capelli biondo platino e la silhouette perfetta, rimasi a bocca aperta, con le forchette che stavo lucidando in mano, a chiedermi come fosse possibile una cosa del genere.
Possibile che quella famiglia non potesse lasciarmi in pace? 
Mi girai deciso ad ignorarla, con il cuore che batteva troppo forte e la mia memoria che aveva deciso che quello era il momento perfetto per ricordarmi come fosse il sapore di Dylan. 
Chiusi per un secondo gli occhi e presi un leggero respiro. Li avevo finito.. Ora dovevo solo allontanarmi senza farmi vedere e sarei stato salvo..
-Alexander!-
Maledetti capelli rossi.
Mi voltai con un sorriso fintissimo sul viso e vidi Emma venirmi incontro, mentre le sue amiche mi guardavano perplesse
-Signora Montgomery, non l'avevo riconosciuta..-
Lei rise e aveva persino una bella risata. Non era fastidiosa ne stridula. Tutto in quella donna era perfetto così come in Dylan.
Loro erano perfetti.
Deglutii e sorrisi mentre lei diceva
-Io invece con quei capelli ti ho visto subito.. Dylan mi aveva detto che lavori qui.. Ma credevo fosse qualcosa di temporaneo, Ingrid non mi ha mai detto nulla-
Era normale che Dylan le avesse raccontato tutto. Eppure mi sentii lo stesso infastidito. Scacciai con forza quella sensazione dalla bocca dello stomaco e alzai le spalle
-Non dico tutto a mia madre-
Lei mi guardò per un attimo stupita poi sorrise
-E chi è che lo fa? Io ho 30 anni e ancora le nascondo che odio la musica classica e che preferisco Britney Spears a Mozart-
Mio malgrado mi ritrovai a ridere anch'io
-Che notizia indecente-
Lei annuì 
-Come stai? Dylan era molto preoccupato per te dopo..-
-L'arresto?-
Lei arrossì un po
-Si..-
-Oh benone, insomma..- Ancora quel fastidio.. Mi schiarii la gola -Grazie a Dylan- mi appoggiai al muro, Dio... Iniziavo a sentirmi stanco, quella conversazione mi stava togliendo tutte le energie -Anzi, mi dispiace aver creato così tanto disturbo-
Ma quel ragazzo così educato ero davvero io??? Dovevo essere proprio agitato per ricordarmi di essere un tale diplomatico.. Comunque Emma parve apprezzare perché tornò a sorridere
-Ma quale disturbo? È il suo lavoro! Era indeciso se parlarmene o meno per via di Oliver e Ingrid, ma tranquillo, manterrò il segreto-
Questa volta ad arrossire fui io. 
Mi sentivo la testa in un pallone, in cui la sua bella voce femminile mi arrivava ovattata, lontana.. Quella situazione era così surreale che non sapevo cosa fare, cosa dire, cosa pensare.. Non mi ero mai trovato in una situazione simile prima d'ora.. Ero inerme di fronte alla sua solarità alla sua sicurezza.. Lei era così luminosa, che tutte le mie ombre mi sembravano più chiare a mano a mano che le restavo accanto.
-E poi almeno grazie a te ha bevuto della birra era dai tempi del college che non accadeva- 
Le sorrisi. 
Le aveva detto anche del bacio? No, non poteva essere così serena se aveva saputo del bacio.. A meno che non l'avesse presa come una cazzata giovanile.. E la lingua di suo marito nella mia bocca com'era giustificabile? E le sue mani su di me? 
Dylan mi aveva toccato. 
Eppure lei ora mi stava facendo sentire come se avessi immaginato tutto, perché era impossibile che con una donna simile accanto, lui toccasse me.
Smisi di fregarmene in quel momento e ricominciai ad avere mille dubbi in testa, domande, ricordi, paure che non sapevo spiegarmi e che sarebbero rimasti sempre dei punti irrisolti della mia vita.
E lei continuò a parlare non accorgendosi di niente, mentre io mi auto convincevo che mi avesse baciato per pietà, per convincermi a fidarmi di lui, perché ero il figlio di un amico. E basta. 
Emma intanto mi disse che era lì perché doveva scegliere un posto in cui organizzare una serata di beneficienza e che quel ristorante era il luogo più adatto, con quella sala grande, le vetrate aperte che davano l'impressione che quel locale fosse sempre arioso e luminoso, quei colori chiari, le rose nei vasi, e le tende di raso. Poi con un personale del genere era davvero il posto giusto. 
E io ero così sconvolto che mi ritrovai a darle ragione, e a non pensare che a quel genere di serata sarebbero andati anche mia madre e mio padre, Dylan.. E che avrei dovuto vederli tutti, e affrontarli di nuovo. Non ci pensai, risi per la battuta sul personale e annuii incitandola quasi a farlo li, il suo gran gala per ricconi. 
Poi le sue amiche la chiamarono e lei mi salutò, baciandomi sulla guancia, lasciandomi addosso il suo profumo così dolce, che mi fece girare la testa. La guardai cercare il direttore e poi tornai al mio lavoro. 
Distrutto.
 
Alla fine la serata di beneficienza si tenne al ristorante, e io ero tra i camerieri scelti per servire le portate. 
Il direttore ci disse di indossare la divisa speciale, quella con i risvolti dorati, e anche se con un po di riluttanza, lo feci. Attaccai i capelli in un codino, e arrivai al locale con le ginocchia molli. Quando vidi Derek negli spogliatoi tirai un leggero sospirò di sollievo. Almeno non sarei stato solo.
-Ti hanno incastrato?-
Derek mi sorrise
-È una serata importante, dobbiamo fare bella figura- 
-Con te in divisa sarà un successone assicurato- gli feci l'occhiolino e lui arrossì abbassando lo sguardo, dopo un po disse
-Nella lista degli invitati ho letto Larsen..-
Mi uscì una smorfia
-Si, i miei genitori-
Derek non conosceva bene la mia storia, sapeva solo che i rapporti con la mia famiglia non erano dei migliori, e allora premuroso si limitò a chiedermi
-Tutto ok?-
Gli sorrisi infilando i guanti bianchi e poi sollevai strafottente un sopracciglio mentre gli tenevo la porta aperta
-È sempre tutto ok bellezza!-
Bastò per farlo ridere, e questo mi fu sufficiente per riacquistare un po di forza utile per iniziare quella serata.
 
Mi muovevo fra le persone in frac, in giacca e cravatta e lunghi abiti da sera, tenendo in equilibrio un vassoio e sorridendo come un idiota a chiunque. Quei tipi che si credevano tanto superiori a me non sarebbero stati in grado di fare un passo in quella situazione.
Stavo iniziando a sperare che in mezzo a tutte quelle persone non avrei visto nessuno dei miei parenti (o dei loro amici) quando la voce di mia madre, sovrastò il vociare di tutta la nobiltà della zona, il quartetto d'archi e persino la barriere del suono e dello spazio, colpendomi dritto al cervello. 
Mi voltai pietrificato verso il punto in cui l'avevo sentita e li vidi.
Oliver, Ingrid, Dylan e Emma. 
Ognuno con un espressione diversa in faccia, che mi fissavano come uno strano insulso quadretto comico.
Peccato che non ci fosse nulla da ridere.
 
-Che ci fai qui? E vestito in quel modo? E.. Con un vassoio in mano?- 
Mia madre stava per avere una crisi isterica mi sembrava ovvio. 
Le sorrisi come facevo con tutti i clienti
-Desidera una tartina al salmone madame?- 
Lei si portò una mano sul viso sconvolta
-Non posso crederci.. Oddio Oliver non posso..- 
Mio padre parlò con la sua voce distaccata solo in quel momento. Fino ad allora si era limitato a fissarmi inespressivo, tanto da convincermi che lo shock gli avesse procurato una specie di paralisi. Meno male non era così. Non volevo averlo sulla coscienza. 
-Alexander fa poco lo spiritoso, e Ingrid smettila, almeno ha un vero lavoro e non spaccia erba come temevamo- 
Ingrid annuì e io alzai gli occhi al cielo
-Papà mi deludi.. Potrei fare benissimo entrambi-
L'occhiataccia di mio padre mi convinse a non insistere e con riluttanza mi voltai verso la super coppia del momento. 
Emma indossava un abito lungo blu che le stava d'incanto, e Dylan uno dei suoi soliti completi che lo mettevano in risalto senza eccedere troppo. 
Avrei voluto vomitare.
Sorrisi in modo un po' meno arrogante e un po più teso
-Le piace come è stato organizzato tutto signora Montgomery?-
Sentivo il suo sguardo su di me, mentre io mi ostinavo a tenerlo fisso sulla moglie. Era dalla sera del bacio che non ci vedevamo ed era strano. 
Avevo il cuore in gola e la salivazione azzerata. Che cavolo... Avevo baciato un numero infinito di uomini, perché solo con lui doveva essere così fastidioso?
-Oh si è tutto perfetto! E anche tu stai benissimo con questa divisa-
Arrossii un po
-Grazie.. Personalmente credo che tutto questo color oro sia un po eccessivo-
Mio padre intervenne
-Che t'importa devi lavorare non fare una sfilata di moda.-
Mi voltai verso di lui e scoppiai a ridere
-Questo cos'era? Il proverbio del giorno? Rilassati grande Oliver, so servire tartine meglio di chiunque altro. E anche a stappare bottiglie non sono male- gli feci un occhiolino e mio padre divenne rosso di rabbia. 
Quello fu il segnale per allontanarmi. Con un leggero inchino beffardo mi allontanai verso altri ospiti.
Il suo sguardo mi seguì e quella volta, tornare a sorridere fu davvero faticoso.
 
A fine serata ero così stanco, emotivamente parlando, che ero crollato su una sedia, come se avessi corso la maratona di New York in 5 minuti. 
Mi sciolsi i capelli mentre la sala si svuotava e mi piegai in avanti prendendo una serie di respiri profondi. 
Non mi ero più avvicinato ai fantastici 4 per tutta la serata. 
Avevo visto Dylan e Emma ballare, parlarsi, ridere, civettare come una coppia di stupidi adolescenti in calore, e tanto mi era bastato per confermare la mia teoria di una vita: un bacio non significava un cazzo.
Derek si avvicinò e io gli sorrisi
-Stanco?-
Lui alzò le spalle e mi si sedette accanto
-Un po tu?-
-No, sempre meglio servire questo genere di eventi che parteciparvi- 
Lui rise
-A volte dimentico che tu sei cresciuto in mezzo a questo genere di cose-
Mi uscì una smorfia e decisi di cambiare discorso. 
La voce di mio padre che mi salutava con un "niente mancia per te, dopotutto non vuoi i miei soldi no?" Era più che sufficiente a non farmi desiderare di pensare al passato.
-Hai fatto colpo su qualcuno mio bel modello?-
Derek mi guardò e poi alzò le spalle
-Non su chi vorrei io-
Oh.
Forse dovevo limitare le battutine, non potevo creare un casino con Derek.
Risi un po nervoso
-Ci vuole ben poco per far colpo su chi vuoi tu-
Mi guardò infelice, e si sporse verso di me, rimasi per un attimo incantato a guardarlo.. Era davvero bello.
-Vieni a casa con me questa sera- 
La sua voce decisa e bassa mi diede i brividi
-Non è una buona idea-
-Alex per favore..-
Sorrisi mentre lui si avvicinava sempre di più
-Sei proprio un novellino Derek non si prega mai nessuno-
Lui arrossì imbarazzato
-E allora cosa dovrei fare? Baciarti e basta?-
Rabbrividii di nuovo pensando a me in un vicolo che.. Scossi la testa
-No.. No.. Ma dovresti..ecco..-
-Sei in imbarazzo Alex?-
Ero confuso.
Volevo baciarlo, volevo scoparci e distrarmi. Derek sarebbe stato perfetto per quel compito. Era bello, simpatico, dolce.. E soprattutto non etero e non impegnato.. Però.. Però era il figlio del mio capo! Non potevo farlo.. La sua mano mi sfiorò la guancia..
-Alex..- 
Gli guardai la bocca.. Non era la sua, ma poteva andar bene lo stesso.. Feci per toccarla quando un'altra voce più bassa e più roca chiamò il mio nome. 
Sussultai come scottato mentre mi allontanavo veloce da Derek e mi voltavo.
Dylan ci guardava con una strana espressione sul volto che non riuscivo a decifrare. 
Ma non mi importava farlo perché una sola domanda mi assillava in quel momento.
Perché cazzo Dylan era ancora lì?
 
-Possiamo parlare?-
Annuii più per gentilezza o spossatezza che per un reale desiderio di trovarmi di nuovo solo con lui a parlare. 
Derek mi guardò interrogativo ma mi lasciò andare, uscimmo fuori, sul retro del ristorante, dove c'erano solo due bidoni della spazzatura e qualche gatto randagio. 
Per un po nessuno dei due disse nulla, e quel silenzio mi gravò addosso come un macigno, e fu per liberarmene che mi accesi una sigaretta a sbottai
-Non mi scuserò per averti baciato- Dylan sollevò il viso verso di me, gli occhi azzurri leggermente sgranati ma la bocca ancora serrata, le mani serrate infilate nelle tasche dei pantaloni di alta sartoria. -Quindi, se è per questo che sei qui.. Vattene-
Dylan sospirò, poi scosse la testa e abbassò lo sguardo mormorando
-È davvero tutto un casino- 
-Nulla è un casino invece. Sono solo un moccioso che si è preso una cotta per l'amico di papà, che male c'è? Mi consolo in fretta Dylan, tranquillo-
Voltò il viso verso di me e disse solo
-Io ti ho baciato-
-Vuoi fustigarti per aver assecondato i miei capricci? Chiamami quando stai per iniziare non vorrei perdermi lo spettacolo-
-Vuoi stare zitto un secondo?- sbuffò e si passò una mano fra i capelli spettinandoseli e io incredibile ma vero feci quello che mi disse lui e tacqui all'istante, il mio cuore batteva così forte che per un po rimase l'unico rumore nella strada. 
-Io non ho assecondato nulla. Io ti ho baciato- ripeté con tono duro e io arrossii mentre mi sforzavo per non distogliere lo sguardo dal suo. Si morse il labbro istintivamente mentre continuava a guardarmi e per me fu davvero troppo. Se aveva intenzione di provocarmi, di dirmi quelle cose e aspettarsi che io sarei rimasto buono buono a guardarlo, si sbagliava di grosso. Perché dopotutto non amavo tanto parlare. 
Lo baciai e questa volta non provò nemmeno a spostarsi, questa volta saggiò le mie labbra e la mia lingua, ma non fu neanche impetuoso come la prima volta. Questa volta se lo aspettava. Questa volta mi aveva chiesto di parlare a posta. Sorrisi per quella piccola consapevolezza, e Dylan sollevò una mano e la incastrò nei miei capelli attirandomi a se, facendo scontrare le nostre bocche e prendendo il controllo del bacio e del mio corpo.
Mi piaceva.
Mi piaceva essere travolto e non travolgere.
Mi piaceva sentire il suo respiro affannato che si mischiava con il mio. 
Mi piaceva avere le sue dita che mi accarezzavano i capelli stringendoli. 
Quando si allontanò appoggiò la fronte contro la mia, e chiuse per un secondo gli occhi. Io no. Rimasi a guardarlo. Aggrappato alla sua giacca, sentendo distintamente ogni centimetro che ci separavano in altezza. Poi Dylan si riappropriò delle mie labbra e le succhiò leggermente facendomi genere piano, lo schiacciai contro la parete, e sentii che tutto ciò non era poi così tanto indifferente al suo corpo. E mi chiesi come potesse essere li con me quando fino a un quarto d'ora prima lo avevo visto sorridere alla moglie, mi chiesi come fosse possibile che gli piacessi io se gli piaceva anche lei, mi chiesi perché per la prima volta non riuscivo a fregarmene e basta. Come avevo sempre fatto. Probabilmente senza saperlo mi ero fatto molti uomini sposati, qualcuno conoscevo anche la loro lei.. Eppure non mi era mai importato.. Con Dylan continuavo a pensarci, con Dylan era un problema..
Mi scostai un po e lui appoggiò la testa contro il muro, non allontanandomi, ma limitandosi a guardarmi
-Gli altri?- 
La mia voce uscì incerta e tremolante, ma avevo bisogno di perdere tempo, di riacquistare un po di lucidità. 
-Sono andati via- 
Deglutii
-Tutti?-
-Si-
-E tu?-
-Per lavoro devo restare a New York-
-Lavoro Dylan? Sul serio?-
Sorrise in modo sghembo, mentre guardava la mia bocca muoversi
-Non è una scusa Alex, devo davvero lavorare-
-Alle 2 di notte?-
-No, alle 8, di domani mattina-
-Allora ti conviene andare a dormire-
Sospirò 
-Alex..-
-Dimmi-
-Vieni con me-
Un brivido. Mi scostai ancora di un altro mezzo passo. Questa volta il mio cuore dopo tanto correre aveva frenato bruscamente
-Non verrei a casa tua per parlare Dylan-
Fui categorico in questo, non volevo una storia d'amore ma non volevo neanche perdere tempo, dovevo essere chiaro, e lui mi guardò sorpreso, forse un po spaventato perché dopotutto anche se aveva avuto tempo per pensarci, si stava mettendo in qualcosa che non era pronto ad affrontare, qualcosa che era troppo grande perfino per lui, che era un uomo vissuto, che di sicuro non s'intimidiva facilmente, poi lentamente annuì.
Sgranai leggermente gli occhi. 
Non poteva fare sul serio.
Stavo per farglielo notare quando Dylan ribaltò le nostre posizioni e mi ritrovai contro il muro, con il suo corpo che formava una gabbia umana intorno a me
-Vieni a casa mia. Poi li vedremo. Ho bisogno di stare un po' solo con te-
-Sei..-
-Una notte sola Alex- mi interruppe lui e poi accostò la bocca alla mia ma non mi baciò, la sfiorò e basta, sensualmente, facendomi tremare dentro. Lo guardai incantato e lui ripeté
-Una notte e mai più-
Sospirai.
-L'altra volta sei scappato..-
Dylan quasi sbuffò
-È dall'altra volta che non riesco più a dormire-
-Ti serve un sonnifero?-
-Forse..- 
Sorrise e io scossi la testa
-Non sono una specie di pasticca per uomini etero confusi-
-Non ho detto questo-
-So cosa hai detto-
-Alex..-
Un sospiro basso e lungo.
Poi piano annuii e mi sentii debole ma sincero. 
Bastava che pronunciasse il mio nome per farmi crollare. Da quando avevo così poca volontà?
Pensai che avrei fatto sesso con lui, mi sarei tolto lo sfizio, e poi tutto sarebbe tornato come prima. 
Si, era la cosa giusta da fare. 
Ti fa male un dente? Basta toglierlo nel modo più veloce e indolore possibile. 
Avevo bisogno di riprendere in mano la mia vita. 
E ok, forse Dylan era un dente del giudizio particolarmente fastidioso, ma mi aveva lasciato la possibilità di decidere e alla fine in quell'enorme caos mi ci ero messo da solo, eppure sapevo con disarmante chiarezza la verità.
Sapevo che la mia era stata una libertà fittizia, ipocrita come poche altre cose nella mia vita.
Perché io non avevo mai avuto scelta.
Lo sapevo io, lo sapeva lui. 
E non importava a nessuno dei due.
 
 
 
 
 
 
   
 
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